SENTENZA N. 170
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 82, nono comma, alinea 2 e 4, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), nel testo modificato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, promosso con ordinanza emessa il 9 novembre-15 dicembre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania sul ricorso proposto da Loredana Berruti contro Ministero per i beni culturali ed ambientali ed altri iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 1997 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto in fatto
1. -- Con ordinanza depositata il 22 dicembre 1995, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, primo comma, 42, secondo comma, e 97, primo e secondo comma, della Costituzione, eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 82, nono comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), nella parte in cui, disponendo che il Ministro per i beni culturali e ambientali può, nel procedimento di rilascio della concessione in sanatoria di opere edilizie insistenti su aree soggette a vincolo paesaggistico, annullare la determinazione dell'amministrazione ad esso preposta "entro i sessanta giorni successivi alla relativa comunicazione", omette di individuare univocamente il momento di decorrenza del periodo entro il quale vi é legittimo esercizio del potere di controllo dell'organo statale, la medesima norma prescrivendo che allo stesso deve essere data "immediata comunicazione".
2. -- Nella specie, il Ministro per i beni culturali e ambientali aveva annullato, con decreto del 12 agosto 1994, il "nulla osta" del Sindaco di Anacapri datato 27 agosto 1993. Il titolare del diritto sull'immobile aspirava, invero, al provvedimento di concessione edilizia per la sanatoria dell'opera eseguita, in agro del predetto Comune, in contrasto col titolo autorizzativo. Egli, onde accedere ai benefici introdotti dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 ed escludenti le sanzioni altrimenti connesse all'illiceità dell'edificazione, aveva fatto richiesta affinchè l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo gravante sull'intero territorio di Anacapri si esprimesse ex post circa la compatibilità ambientale dei lavori. Della valutazione veniva richiesto il Comune del luogo della costruzione avendo la Regione Campania - con le leggi 1° settembre 1981, n. 65 e 23 febbraio 1982, n. 10 - delegato le attribuzioni in materia ai Comuni, dismettendo quelle ad essa, come agli altri soggetti regionali, derivanti dall'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Il Sindaco di Anacapri rilasciava il 27 agosto 1993 l'attestato della positiva valutazione del manufatto in relazione ai criteri di tutela dell'area insulare.
3. -- Il 7 giugno 1994, secondo l'incontestata affermazione della parte privata, l'atto in questione perveniva all'organo territoriale del dicastero, cioé la Soprintendenza di Napoli, perchè, ai sensi delle istruzioni contenute nella circolare ministeriale del 31 agosto 1985, n. 8 (in Gazzetta ufficiale n. 266 del 12 novembre 1985), fosse poi inoltrato al Ministro per i beni culturali e ambientali, cui compete il potere di controllo. L'ufficio periferico si mostrava di avviso opposto a quello dell'autorità comunale e ne dava notizia alla sede centrale con nota del 28 giugno 1994 corredante la trasmissione dei documenti. In conseguenza, il Ministro per i beni culturali e ambientali annullava, con decreto del successivo 12 agosto, il "nulla osta" del Sindaco di Anacapri.
4. -- Il provvedimento veniva impugnato dinanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Campania al quale il ricorrente esponeva, tra l'altro, che l'annullamento in questione doveva ritenersi privo di efficacia essendo il suo autore decaduto dal relativo potere per decorso del termine perentorio fissato dall'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, nel testo modificato e integrato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431. Sosteneva che dies a quo del periodo utile alla redazione del provvedimento era quello in cui l'ufficio periferico del Ministero aveva ricevuto la comunicazione delle determinazioni prese dall'autorità cui era demandata la protezione dell'interesse ambientale, dal che non poteva non considerarsi tardivo il decreto del Ministro in data 12 agosto 1994.
5. -- Il giudice rimettente, prima di analizzare la censura riguardante la asserita intempestività nell'esercizio del potere repressivo da parte del Ministro, dava conto che la corrente interpretazione giurisprudenziale dell'art. 82 più volte citato attribuiva esclusivo rilievo al momento di ricevimento degli atti da parte dell'organo di vertice al fine di valutare l'eventuale avverarsi della preclusione nell'adozione del decreto di controllo. Quindi, e ciò in punto di rilevanza della questione, la doglianza avrebbe meritato la reiezione per non essere disputabile la tempestività nell'adozione del provvedimento conclusivo una volta fatto decorrere il termine dalla data in cui il Ministro era stato investito delle proprie attribuzioni col recapito dell'affare. Ma era appunto la ricostruzione ermeneutica di "diritto vivente" a provocare il dubbio di costituzionalità della norma. Essa, in una lettura siffatta, entrerebbe in conflitto con i significati essenziali del diritto individuale di azione e della proprietà privata, nonchè del buon andamento della pubblica amministrazione, tutti assistiti da norme di rango costituzionale, laddove non prevede "alcun preciso e univoco referente temporale per la decorrenza del termine ivi disposto [...] potendosi dilatare surrettiziamento il dies a quo da parte di una qualunque delle Amministrazioni interessate (ente locale, Soprintendenza, Ministero)".
6. -- Per la dichiarazione di non fondatezza della questione, rimessa d'ufficio al giudizio di questa Corte, ha fatto domanda il Presidente del Consiglio dei ministri che é intervenuto a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con atto del 3 giugno 1996. Il rappresentante del Governo ha posto a sostegno del proprio assunto che "l'omessa previsione di [...] dettagli, anche di carattere procedurale, attiene alla discrezionalità legislativa", da ciò inferendo che quella sollevata "é una questione di interpretazione che non presenta alcuna rilevanza ai fini della legittimità costituzionale della norma".
Considerato in diritto
1. -- La questione di legittimità costituzionale sollevata dall'ordinanza in epigrafe riguarda l'art. 82, nono comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, nella parte in cui non prevede alcun preciso ed univoco referente temporale per la decorrenza del termine di "sessanta giorni successivi alla relativa comunicazione", entro cui il Ministro per i beni culturali ed ambientali può annullare, nel procedimento di rilascio della concessione in sanatoria di opere edilizie insistenti su aree soggette a vincolo paesaggistico, la determinazione della amministrazione competente. L'estrema genericità della disposizione citata non consentirebbe - secondo l'ordinanza di rinvio - "alcuna procedimentalizzazione della relativa azione, non potendosi ragionevolmente fissare, con criterio univoco, il dies a quo per la decorrenza del termine assegnato al Ministro per l'annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, non collegabile peraltro nè ad un termine che dovrebbe essere imposto all'ente locale per la < < immediata comunicazione>>, nè a quelli, parimenti indeterminabili, di avviso al privato". Si determinerebbe così la lesione delle norme contenute negli artt. 24, primo comma, 42, secondo comma, nonchè 97, primo e secondo comma, della Costituzione.
2. -- La questione non é fondata sotto tutti i profili prospettati.
Il sistema normativo attualmente applicabile alla sanatoria di opere eseguite su aree sottoposte a vincolo si é articolato, nel tempo, in una serie di modifiche legislative, dirette ad attuare il complesso bilanciamento degli interessi tra Stato e Regioni, sotto lo specifico profilo della connessione tra tutela delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico e disciplina del condono edilizio.
Ed infatti, nella formulazione originaria dell'art. 32, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il parere favorevole al rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria doveva essere espresso, entro 120 giorni (poi 180 giorni, a seguito del d.l. 23 aprile 1985, n. 146) dalla domanda, soltanto dalle "amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso". Tali amministrazioni sono quelle isituzionalmente competenti ad emettere l'autorizzazione o il nulla osta in via normale, ovvero competenti alla tutela dell'interesse preso in considerazione dal vincolo, il quale può derivare da numerose leggi, che hanno ad oggetto la salvaguardia di diversi interessi (esemplificativamente: legge 29 giugno 1939, n. 1497 sulle bellezze naturali; legge 30 dicembre 1923, n. 3267 sui vincoli idrogeologici; legge 2 febbraio 1974, n. 64 sulle zone sismiche; legge 24 dicembre 1976, n. 898 sulle servitù militari, e così via, oltre ad altre leggi speciali o regionali parimenti impositive di vincoli).
In materia paesaggistica, in particolare, le amministrazioni "preposte alla tutela del vincolo" vanno, secondo questo criterio, individuate in quelle regionali, tenendo conto della delega conferita nell'art. 82, nono comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dall'art. 1 del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431. Successivamente, però, nel tentativo - come si legge negli atti parlamentari - di rendere uniformi nel territorio nazionale i diversi criteri adottati per la formulazione di questo parere, demandato alle regioni (o anche ad enti locali subdelegati), l'art. 12 del d.l. 8 maggio 1987, n. 178 veniva a prescrivere che il predetto parere, previsto dall'art. 32 citato, "per le aree soggette a vincolo paesaggistico ambientale é reso dal Ministero per i beni culturali e ambientali". Senonchè, la Corte costituzionale, con sentenza 9 marzo 1988, n. 302, dichiarava la illegittimità costituzionale dello stesso articolo del d.l. 12 gennaio 1988, n. 2 (reiterativo di quello n. 178 del 1987) per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., in quanto contrastante con i principi individuati nella sentenza n. 151 del 1986, che stabiliva che "l'intervento statale soccorre in caso di inerzia della Regione, ovvero ad estrema difesa del vincolo".
Nello stesso arco di tempo, peraltro, anche in sede di conversione del d.l. n. 2 del 1988, si introducevano rilevanti modifiche al testo vigente, ed infatti la legge di conversione 13 marzo 1988, n. 68 ha disposto che "per le aree soggette a vincolo paesistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, il parere prescritto dall'art. 32, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 é reso ai sensi del nono comma dell'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dall'art. 1 del citato d.l. 27 giugno 1985 n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431".
Si ha così, per le sole aree soggette a vincolo paesistico, una disciplina speciale, derogatoria di quella generale sul condono degli immobili insistenti su aree soggette a vincolo, che risulta, per quanto attiene al sub-procedimento di formulazione del parere, dal "rinvio" alle norme del nono comma del citato art. 82, il quale attribuisce alle regioni (o anche agli enti locali subdelegati) la competenza all'emanazione del parere in questione, restando salvi peraltro il potere sostitutivo del Ministro per i beni culturali, in caso di inerzia regionale, nonchè il potere di annullamento di ufficio del parere stesso.
Lo schema procedimentale previsto dalla legge di conversione 13 marzo 1988, n. 68, appare quindi coerente, sotto questo profilo, con le indicazioni della Corte costituzionale, che postulano un rapporto tra competenze statali e competenze regionali modulato alla luce del principio di cooperazione, cui si adegua appunto lo strumento della concorrenza di poteri (cfr. ordinanza n. 1035 del 1988).
E' in questo quadro, pertanto, che vanno esaminate le prospettate censure di illegittimità costituzionale della norma impugnata.
3. -- Va premesso che, ai sensi del nono comma del citato art. 82, le amministrazioni sono tenute a dare "immediata comunicazione" al Ministro per i beni culturali del parere formulato e a trasmettere contestualmente la relativa documentazione. Si tratta di una formula legislativa, che prescrive la massima sollecitudine possibile, pur garantendo un minimo di elasticità nella successione delle fasi regolanti i reciproci rapporti tra organi non inseriti nella medesima organizzazione burocratica, ma tuttavia chiamati a cooperare, con spirito di lealtà, in vista di un identico fine.
Ciò premesso, non sussiste la pretesa violazione dell'art. 24, primo comma, della Costituzione, poichè la norma che prescrive la perentorietà dei termini assegnati all'Amministrazione competente per provvedere, non solo conferisce all'interessato, in caso di inerzia dell'Amministrazione stessa, la legittimazione attiva a tutelare in via giurisdizionale la propria situazione soggettiva, ma gli conferisce anche la facoltà di rivolgersi direttamente al Ministro per i beni culturali. In ogni caso, va tenuto presente che le regole sul responsabile del procedimento amministrativo, sulla partecipazione e sul diritto di accesso del privato interessato (previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, nonchè dall'art. 7 della legge 12 giugno 1990, n. 142) assicurano un'ampia e costante azione di rilevazione e controllo ab externo dell'adeguatezza dell'azione amministrativa tanto degli apparati statali quanto delle autonomie locali, anche in carenza di una specifica procedimentalizzazione ex lege - come denuncia l'ordinanza del giudice rimettente - della fattispecie normativa in oggetto. D'altra parte, anche secondo un certo indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, l'eventuale tardività della trasmissione della documentazione é imputabile - a prescindere da eventuali, concorrenti responsabilità, anche di ordine penale, dei funzionari preposti - alle parti, nel cui interesse la trasmissione deve essere eseguita, le quali hanno l'onere di assicurarsi che ne sia stato curato il sollecito inoltro al Ministro per i beni culturali, qualora vogliano trarne gli effetti sostanziali conseguenti.
Sotto tutti questi profili, quindi, appare infondata anche la pretesa violazione dell'art. 97 della Costituzione.
Nè, infine, é sussistente la violazione dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione, poichè - indipendentemente dalla constatazione che la pretesa compressione dello ius aedificandi riguarderebbe comunque soggetti, che aspirano al consolidamento del godimento di fatto di un'opera edilizia realizzata senza titolo, su area paesaggisticamente vincolata e in modo astrattamente configurante reato - é da ricordare che questa Corte, proprio in materia di tutela dei valori ambientali, dei quali si vuole evitare una menomazione, ha ripetutamente affermato che non é illegittima la norma che preveda modi di godimento del bene, preordinati ad assicurare, come nel caso di specie, un congruo collegamento con la funzione sociale della proprietà (sentenze n. 417 del 1995 e n. 379 del 1994).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 82, nono comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), nel testo modificato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, sollevata, in riferimento agli artt. 24, primo comma, 42, secondo comma, e 97, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Campania con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 2 giugno 1997.
Renato GRANATA: Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI: Redattore
Depositata in cancelleria il 4 giugno 1997.