SENTENZA N.401
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 19, della legge della Regione Siciliana 15 giugno 1988, n. 11 (Disciplina dello stato giuridico ed economico del personale dell'Amministrazione regionale per il triennio 1985-1987 e modifiche ed integrazioni alla normativa concernente lo stesso personale), promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 1994 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sui ricorsi riuniti proposti da Nobile Vito ed altri contro Presidenza della Regione Sicilia ed altro, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 13 novembre 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto in fatto
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana -- nel corso di un giudizio di appello, proposto da dipendenti dell'amministrazione regionale della Sicilia cessati dal servizio in date antecedenti al 2 gennaio 1985, avverso la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia aveva rigettato le domande di annullamento dei decreti di liquidazione delle rispettive indennità di buonuscita, nei quali non era stata computata l'indennità di contingenza -- con ordinanza emessa il 16 novembre 1994 (pervenuta alla Corte il 10 gennaio 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge della Regione Siciliana 15 giugno 1988, n. 11 (Disciplina dello stato giuridico ed economico del personale dell'Amministrazione regionale per il triennio 1985-1987 e modifiche ed integrazioni alla normativa concernente lo stesso personale), nella parte in cui dispone l'inclusione nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita anche dell'indennità di contingenza, ma con decorrenza (solo) dal 1° gennaio 1985.
Affermata la rilevanza della questione, osserva il rimettente come la Corte costituzionale abbia ritenuto non fondata (con sentenza n. 243 del 1993) altra questione di legittimità della stessa norma, allora sollevata sotto il profilo della disparità di trattamento tra lavoratori appartenenti alla medesima categoria in ragione della data di cessazione dal servizio. Ritiene tuttavia -- alla stregua dei princìpi enunciati nella citata sentenza -- la non manifesta infondatezza di quanto prospettato dagli appellanti circa la configurabilità di una disparità di trattamento fra diverse categorie di lavoratori subordinati e, in particolare, fra lavoratori pubblici e privati, nonché fra lavoratori pubblici dipendenti dalla Regione Siciliana e lavoratori pubblici ai quali la legge 29 gennaio 1994, n. 87, ha riconosciuto un parziale computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita, applicabile anche ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed a quelli per i quali i rapporti non siano ancora giuridicamente esauriti.
Considerato in diritto
1. -- Viene nuovamente censurato l'art. 19 della legge regionale siciliana del 15 giugno 1988, n. 11, nella parte in cui consente il computo dell'indennità di contingenza nell'indennità di buonuscita, soltanto a decorrere dal 1° gennaio 1985. Il giudice a quo sospetta la violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione e, nel prendere atto della sentenza n. 243 del 1993 con cui questa Corte ha dichiarato non fondata la questione, più che prospettare un profilo ulteriore di illegittimità costituzionale rispetto a quelli a suo tempo esaminati, introduce due nuovi tertia comparationis.
Il rimettente Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana esaurisce la propria motivazione circa la non manifesta infondatezza, con la mera prospettazione di una possibile disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati nonché tra lavoratori pubblici dipendenti della Regione Siciliana e lavoratori pubblici destinatari della legge 29 gennaio 1994, n. 87.
2. -- La questione non è fondata.
Nella sentenza n. 243 del 1993 questa Corte ha affermato la ragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore siciliano nell'individuare la data del 1· gennaio 1985 quale discrimine temporale a partire dal quale consentire il computo del beneficio de quo nell'indennità di buonuscita. Tale momento segna infatti la decorrenza del nuovo ordinamento giuridico ed economico del personale, improntato al principio della contrattazione collettiva.
E' qui da ribadire il surriportato giudizio di ragionevolezza, mentre va ancora una volta sottolineata la discrezionalità di scelte siffatte allorché ad esse conseguano benefici per i destinatari.
2.1. -- Non è pertinente dedurre, in contrario, l'asserito collegamento tra il sistema retributivo dei dipendenti regionali e quello dei lavoratori subordinati privati. Invero l'art. 1 della legge regionale 24 luglio 1978, n. 17, si è limitato ad agganciare la disciplina degli "adeguamenti retributivi derivanti da variazioni del costo della vita ... da corrispondere a titolo d'indennità di contingenza", stabilita per i dipendenti della Regione Siciliana, a quella prevista per il settore privato dell'industria; senza con ciò toccare il tema dell'inclusione di detta indennità nel computo dell'indennità di buonuscita, solo successivamente disposta per i dipendenti del settore privato dall'art. 1 della legge n. 297 del 1982, che ha sostituito l'art. 2120 del codice civile. Norma, quest'ultima, la cui applicabilità ai dipendenti in questione, se certamente non è preclusa -- giusta quanto ritenuto dalla pure invocata sentenza n. 236 del 1986 di questa Corte --, non è comunque da considerarsi costituzionalmente obbligata.
2.2. -- Inconferente è anche il tertium comparationis rappresentato dal trattamento dei lavoratori pubblici destinatari della legge n. 87 del 1994, a base della quale infatti è il quadro di valutazione delle compatibilità finanziarie, tenuto ben presente dalla Corte, che nella citata sentenza n. 243 del 1993 aveva rimesso alla volontà politica i tempi dell'intervento. Con la normativa in essa contenuta si sono stabiliti il modo e il tempo del computo dell'indennità integrativa nel calcolo della buonuscita: in particolare, per questo secondo aspetto, la contribuzione relativa a detto emolumento, ai fini della sua inclusione, è stata prevista dal 1° dicembre 1994. A tale data è logicamente collegato, in quanto dies a quo della prescrizione decennale, l'altro termine del 30 novembre 1984, che dunque non può essere utilizzato, per l'evidente diversità di rationes, quale argomento a sostegno dell'asserita discriminazione tra i dipendenti regionali e i pubblici dipendenti in generale, il cui diritto a vedersi riconosciuto il computo in questione consegue alla richiamata decisione di questa Corte e ad essa si conforma (cfr. sentenza n. 103 del 1995).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge della Regione Siciliana 15 giugno 1988, n. 11 (Disciplina dello stato giuridico ed economico del personale dell'Amministrazione regionale per il triennio 1985-1987 e modifiche ed integrazioni alla normativa concernente lo stesso personale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 1996.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1996.