Sentenza n. 306 del 1996

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SENTENZA N. 306

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 3, 8, 13 e 14, comma 1, limitatamente alle parole "e 2", della legge della Regione Siciliana, approvata il 24 marzo 1996, dal titolo "Disposizioni integrative in materia di urbanistica e di territorio e ambiente. Norme per il quartiere Ortigia di Siracusa. Interventi per il quartiere fieristico di Messina. Deroga in favore di imprese alberghiere", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 1 aprile 1996, depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 1996.

Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 1996 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi l'Avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il ricorrente, e gli avvocati Francesco Castaldi e Francesco Torre per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

1.-- Il Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana ha impugnato gli artt. 2, comma 3, 8, 13 e 14, comma 1, limitatamente alle parole "e 2", della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996 recante "Disposizioni integrative in materia di urbanistica e di territorio e ambiente. Norme per il quartiere Ortigia di Siracusa. Interventi per il quartiere fieristico di Messina. Deroga in favore di imprese alberghiere" per violazione degli artt. 9, 25 e 97 della Costituzione, e 12 e 14 dello statuto speciale.

In particolare l'art. 2, comma 3, della legge, che introduce un meccanismo di silenzio-assenso nella procedura di rilascio del nulla osta del Presidente dell'ente Parco o dell'assessore regionale per il territorio e l'ambiente ai fini della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria relativa ad opere abusive ricadenti nei parchi regionali e nelle riserve naturali, violerebbe gli artt. 9 e 97 della Costituzione, in quanto applica il silenzio-assenso ad attività amministrative ad elevata discrezionalità, mentre in materia ambientale vi sarebbe sempre la necessità di una pronuncia esplicita dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo ambientale; l'art. 8, che detta norme di accelerazione delle procedure in materia di autorizzazioni paesistiche -- disponendo, tra l'altro, che esse siano rilasciate dal Comune nell'ambito del procedimento di concessione o di autorizzazione edilizia, ovvero autonomamente in caso di progetto esente da concessione o autorizzazione, restando alla sovraintendenza competente per territorio solo il potere di annullare le determinazioni comunali entro 180 giorni --, ed esclude l'obbligo di formulare un piano paesistico per le aree vincolate di dimensioni inferiori a 1000 ettari, violerebbe gli artt. 9 e 97 della Costituzione, in quanto il trasferimento della competenza ai Comuni, privi di adeguate strutture tecniche, si tradurrebbe inevitabilmente in un indebolimento della tutela del paesaggio; la stessa disposizione, poi, nel prevedere al comma 6 che nelle more della adozione del piano paesistico le sovraintendenze competenti emanino un regolamento contenente prescrizioni, modalità e divieti relativi alle trasformazioni dell'aspetto esteriore dei beni, violerebbe gli artt. 12 e 14 dello statuto speciale ai cui sensi i regolamenti dovrebbero essere emanati con decreto del Presidente del Governo regionale; l'art. 13 della legge, che prevede la possibilità di attribuire la presidenza delle commissioni provinciali per la tutela dell'ambiente e la lotta contro l'inquinamento agli stessi dirigenti regionali preposti alla segreteria delle commissioni medesime, facendo così coincidere presidente e segretario della commissione, sarebbe in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione; l'art. 14, infine, in materia di scarichi idrici nei sistemi fognari da parte degli insediamenti del settore ittico-conserviero, nel consentire deroghe, anche in senso meno restrittivo, ai limiti di accettabilità stabiliti dalla legge regionale in conformità a quelli previsti dalla legge statale, contrasterebbe con l'art. 9 della Costituzione, comportando un vulnus al principio della tutela dell'ambiente, nonché con l'art. 25 della stessa Costituzione, in quanto condurrebbe a legittimare condotte sanzionate penalmente dalla legge statale.

2.-- Il Presidente della Regione Siciliana, costituitosi in giudizio, ha chiesto di respingere il ricorso come infondato deducendo: quanto all'art. 2, comma 3, della legge, che il silenzio-assenso sarebbe previsto dalla legge quadro in materia di aree protette, n. 394 del 1991, nonché da altre leggi anche statali recenti, e che il termine di 180 giorni previsto dalla legge sarebbe tale da consentire all'amministrazione di intervenire agevolmente; quanto all'art. 8, che la legge non rimetterebbe esclusivamente ai Comuni il controllo sul rispetto del vincolo paesistico, ma solo lo estenderebbe ad essi, lasciando ampi poteri in capo alle sovraintendenze; che la limitazione dell'obbligo di pianificazione alle sole aree di maggiore dimensione sarebbe ragionevole; che i regolamenti la cui emanazione è attribuita alle sovraintendenze non sarebbero quelli dell'esecutivo previsto dall'art. 12 dello statuto, ma sarebbero analoghi ai regolamenti dei parchi e delle riserve; quanto all'art. 13, che esso razionalizzerebbe l'organizzazione delle commissioni provinciali consentendo che i segretari, aventi gli stessi requisiti necessari per l'attribuzione delle funzioni di presidente, possano essere nominati essi stessi presidenti delle commissioni; quanto all'art. 14, che il vizio denunciato non sussisterebbe in quanto la disposizione derogatoria, limitata ad uno specifico settore tipico della storia industriale siciliana, avrebbe carattere eccezionale e temporaneo; la legge prevederebbe criteri che comportano comunque il rispetto dell'ambiente, ed opererebbe un bilanciamento non irrazionale fra l'esigenza di tutela dell'ambiente e quella di tutela del lavoro e dell'iniziativa economica privata; quanto alla dedotta violazione dell'art. 25 della Costituzione, la legge regionale inciderebbe sulla fattispecie penale solo indirettamente, in via provvisoria e per una ipotesi assolutamente specifica come quella relativa agli insediamenti del settore ittico-conserviero.

3.-- Nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 26 del 21 maggio 1996 è stata pubblicata la legge impugnata, come legge 18 maggio 1996, n. 34, con omissione delle disposizioni o parti di disposizione impugnate dal Commissario dello Stato.

Considerato in diritto

Oggetto del giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana sono gli artt. 2, comma 3, 8, 13 e 14, comma 1, limitatamente alle parole "e 2", della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996, per violazione degli artt. 9, 25 e 97 della Costituzione, e 12 e 14 dello statuto speciale.

Come accennato nella premessa in fatto, dopo l'instaurazione del presente giudizio la legge impugnata è stata promulgata come legge 18 maggio 1996, n. 34, con omissione di tutte le disposizioni o parti di disposizione impugnate dal Commissario dello Stato.

Indipendentemente da ogni questione che si possa prospettare intorno alla legittimità della promulgazione parziale delle leggi regionali siciliane in pendenza del giudizio di costituzionalità promosso nei confronti delle medesime dal Commissario dello Stato, con omissione delle parti oggetto dell'impugnazione, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 205 del 1996, nn. 493, 395 e 64 del 1995) deve ritenersi cessata la materia del contendere, in quanto l'avvenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo oggetto della deliberazione legislativa, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualsiasi efficacia, così privando di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1996.