ORDINANZA N. 192
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, e 29, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), promossi con ordinanze emesse:
1) il 12 ottobre 1995 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Vitale Alessandra e l'INPS, iscritta al n. 855 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1995;
2) il 2 novembre 1995 dal Pretore di Venezia nel procedimento civile vertente tra Annarella Maria Grazia e l'INPS, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di costituzione di Vitale Alessandra, Annarella Maria Grazia e dell'INPS;
udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.
RITENUTO che nel corso di una controversia previdenziale promossa da una lavoratrice, dipendente di un'impresa operante nel settore siderurgico, nei confronti dell'INPS, per ottenere il riconoscimento del diritto al versamento di accrediti contributivi pari al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto di lavoro e quella del compimento del sessantesimo anno di età, il Pretore di Milano, con ordinanza del 12 ottobre 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, e 29, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), nella parte in cui non prevedono per le donne che usufruiscano del prepensionamento ivi stabilito il medesimo riconoscimento dell'anzianità contributiva ed assicurativa degli uomini;
che il giudice a quo, nel sollevare tale eccezione, ha chiarito che la ricorrente, collocata in prepensionamento all'età di quarantanove anni, si era vista riconoscere dall'INPS una maggiorazione d'anzianità fino a cinquantacinque anni di età e non per dieci anni, come invece richiesto;
che il medesimo giudice, richiamate le sentenze n. 371 del 1989 e n. 503 del 1991 di questa Corte, ha aggiunto che, essendo ormai l'età pensionabile uguale per gli uomini e per le donne, la facoltà prevista per queste ultime di ottenere il pensionamento cinque anni prima (ossia a cinquantacinque anni) non può venire a determinare uno svantaggio nel riconoscimento dei periodi di anzianità contributiva, poiché le donne hanno diritto di lavorare fino alla stessa età degli uomini;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituita la ricorrente, concludendo per l'accoglimento della questione sollevata dal Pretore, con argomentazioni analoghe a quelle sostenute da quest'ultimo;
che nel giudizio si è costituito anche l'INPS, che ha concluso chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata, richiamandosi alla sentenza n. 345 del 1994 di questa Corte ed osservando che la lamentata lesione costituzionale non sussiste, poiché la disparità in oggetto è da ricondurre alla diversità dell'età pensionabile degli uomini rispetto a quella delle donne;
che nel corso di una controversia previdenziale promossa da altra lavoratrice nei confronti dell'INPS il Pretore di Venezia, con ordinanza del 2 novembre 1995, ha sollevato identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
CONSIDERATO che i giudizi, per l'identità delle questioni, vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;
che i giudici a quibus lamentano che, a parità di anzianità contributiva e di età anagrafica, gli uomini possano godere di una maggiorazione dell'anzianità contributiva ed assicurativa di cinque anni in più rispetto a quella riconosciuta alle donne;
che questa Corte, con sentenza n. 64 del 1996, ha deciso un'analoga questione di legittimità costituzionale, interpretando l'art. 8 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 19 luglio 1994, n. 451, nel senso che esso, prevedendo un piano di pensionamento anticipato dei lavoratori siderurgici di età non inferiore a cinquant'anni se uomini ed a quarantasette se donne, attribuisce ai dipendenti medesimi una maggiorazione dell'anzianità contributiva fissata, per entrambi i sessi, nella misura di dieci anni;
che la corretta interpretazione del sistema vigente non consente, quindi, di ravvisare le lesioni dei principi costituzionali lamentate dai giudici a quibus;
che la questione - relativa sempre a lavoratrici del settore siderurgico - deve essere dichiarata manifestamente infondata, perché fatta oggetto di precedente decisione, senza che le presenti ordinanze di rimessione prospettino profili diversi di censura.
Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, e 29, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, dal Pretore di Milano e dal Pretore di Venezia con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 maggio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 7 giugno 1996.