SENTENZA N. 179
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 1993, n. 243, promosso con ordinanza emessa il 4 maggio 1995 dal Pretore di Parma nel procedimento civile vertente tra Bertini Renzo e l'INAIL, iscritta al n. 828 del registro ordinanze 1995, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di costituzione dell'INAIL, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 16 aprile 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
udito l'avvocato Pasquale Napolitano per l'INAIL e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.-- Nel corso di una controversia previdenziale promossa da Bertini Renzo nei confronti dell'INAIL per ottenere l'indennizzo relativo ad un infortunio sul lavoro subìto in data 4 giugno 1993, il Pretore di Parma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, lettera b), della legge 15 luglio 1993, n. 243 - recte: dell'art. 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 1993, n. 243 -, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione.
Premette il giudice a quo, che l'art. 205, lettera b) del testo unico n. 1124 del 1965, regolando la materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in agricoltura, ha stabilito che debbano godere di tale tutela anche i proprietari, mezzadri, affittuari e loro familiari, con ciò sancendo il principio per cui il lavoratore autonomo in agricoltura usufruisce della tutela assicurativa se presta attività lavorativa con carattere di abitualità, anche se non di prevalenza o esclusività.
L'art. 14, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito nella legge 15 luglio 1993, n. 243, ha stabilito che i lavoratori di cui alla citata lettera b) dell'art. 205 sopra richiamato vengono individuati secondo i criteri previsti dalla legge 26 ottobre 1957, n. 1047; tale previsione, dovendosi leggere in una con l'art. 2, secondo e terzo comma, della legge 9 gennaio 1963, n. 9, porta, secondo il giudice a quo, a ritenere che, per poter godere della tutela assicurativa, i predetti lavoratori agricoli autonomi debbano prestare la propria opera in maniera esclusiva o, almeno, prevalente.
Da tale innovazione deriva che, a decorrere dal 1° giugno 1993, coloro i quali si trovavano in condizioni di fruire della tutela assicurativa secondo la normativa previgente non possono più beneficiare della stessa se non sono in possesso dei requisiti nuovi introdotti col citato art. 14 lettera b); situazione resa ancora più ingiusta dal fatto che la legge 15 luglio 1993, n. 243 non ha previsto alcuna normativa transitoria idonea a salvaguardare le situazioni pendenti alla data di entrata in vigore della legge medesima.
Il giudice a quo ha richiamato le sentenze n. 822 del 1988, n. 349 e n. 36 del 1985 e n. 210 del 1971 di questa Corte, secondo le quali il legislatore può incidere sfavorevolmente sui rapporti preesistenti anche in presenza di diritti soggettivi perfetti, ma la potestà di emanare norme siffatte non può trasformarsi in un regolamento arbitrario ed irrazionale della materia, tale da frustrare i più elementari principi di affidamento del cittadino nei confronti dello Stato.
2.-- Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituito l'INAIL chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. Secondo l'ente previdenziale la norma impugnata non ha fatto altro che armonizzare la materia degli infortuni sul lavoro dei lavoratori agricoli con quella delle altre forme assicurative gestite dall'INPS, senza che l'omessa previsione di una norma transitoria possa assurgere a violazione di rilevanza costituzionale.
3.-- E' intervenuto anche il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo nel senso che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. La difesa erariale ha premesso alcuni rilievi circa il contenuto dell'ordinanza di rimessione, nella quale si ravvisa mancanza di chiarezza in ordine all'interpretazione della norma impugnata. Inoltre ha osservato che il Pretore non ha motivato in modo adeguato se effettivamente il ricorrente avesse o meno diritto alla prestazione assicurativa richiesta.
Quanto al merito, l'Avvocatura ha rilevato che la modifica legislativa sospettata di incostituzionalità ha prescritto per i lavoratori agricoli la possibilità di fruire dell'assistenza per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali in base agli stessi criteri previsti per l'assicurazione di invalidità e vecchiaia; per cui nessun problema può esistere in ordine alla mancata previsione di una norma transitoria.
4.-- In prossimità dell'udienza di discussione, l'INAIL ha depositato una memoria nella quale, oltre a ribadire i precedenti rilievi, ha insistito nella declaratoria di inammissibilità della questione.
Considerato in diritto
1.-- Il Pretore di Parma dubita che l'art. 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito nella legge 15 luglio 1993, n. 243, nella parte in cui non prevede una norma transitoria idonea a garantire una adeguata tutela assicurativa nei confronti di quei lavoratori agricoli autonomi, quali coltivatori diretti, coloni, mezzadri che, in possesso dei requisiti richiesti dalla previgente normativa in materia di infortuni sul lavoro (abitualità dello svolgimento dell'attività agricola), nel passaggio dal vecchio al nuovo regime non si trovano più nelle condizioni richieste dalla nuova legge per fruire della tutela medesima (svolgimento di tale attività in modo esclusivo o prevalente), sia in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione.
2.-- Viene preliminarmente eccepita dall'INAIL e dall'Avvocatura dello Stato l'inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza della questione in quanto il giudice a quo - prima di dolersi che la nuova disciplina del 1993 sulla tutela infortunistica abbia frustrato l'affidamento del lavoratore ad usufruire di quanto disposto dalle norme del 1965 - avrebbe dovuto accertare che effettivamente spettasse al lavoratore la prestazione in base alla predetta normativa precedente.
L'eccezione non può essere condivisa dal momento che l'ordinanza di rimessione in realtà testualmente osserva - sia pure in modo sintetico - che "la nuova legge n. 243 del 1993 è connotata da un vuoto di tutela assicurativa contro gli infortuni nei confronti di coloro che, come il ricorrente, pur si trovavano nel possesso dei requisiti richiesti in base alla precedente normativa per godere della tutela massima, essendo iscritti ai soli fini INAIL e avendo versato i relativi contributi".
3.-- Queste ultime espressioni della ordinanza di rimessione danno lo spunto per ravvisare un diverso e fondato motivo di inammissibilità, al quale sembra che anche la difesa del Presidente del Consiglio faccia riferimento quando denunzia le carenze, perplessità e contraddizioni di detta ordinanza.
Va premesso in proposito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 311 del 1995, 822 del 1988, 349 e 36 del 1985), se "nel nostro sistema costituzionale non è interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti", si avverte che "dette disposizioni però, al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale, né arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto".
E' stata altresì più volte ribadita (sentenze nn. 311 del 1995, 378 del 1994 e ordinanza n. 565 del 1987) l'inammissibilità della richiesta di un intervento da parte di questa Corte per il riconoscimento di norme transitorie di natura essenzialmente discrezionale, salvo tuttavia che tali norme si impongano per esigenze logicamente conseguenziali alla razionalità del sistema risultante dalla stessa legge o, quando le stesse siano necessarie, trattandosi solo di riconoscere ed attuare un diritto già maturato.
4. -- Ed allora, per accertare se ricorrano queste ultime situazioni, o le condizioni del predetto legittimo affidamento su diritti soggettivi perfetti, o ancora l'evidente irrazionalità dell'immediato impatto della nuova disciplina su posizioni già acquisite, il giudice rimettente avrebbe dovuto preliminarmente precisare quantomeno a quale periodo e a quali fini si riferiva l'avvenuto versamento dei contributi assicurativi, ed indicare quali diritti nella specie potevano ritenersi già maturati, o se essi potevano dar luogo ad un legittimo affidamento.
Di fronte alla carenza di accertamento di questi essenziali elementi, deve ravvisarsi un difetto di motivazione sulla rilevanza, che determina l'inammissibilità della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 1993, n. 243, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Parma con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 maggio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 31 maggio 1996.