SENTENZA N. 134
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione siciliana approvata il 4 agosto 1995 dall'Assemblea regionale (Provvedimenti straordinari in favore delle ditte di trasporto STAT, Camarda e Drago ed Emanuele Antonino, vittime di attentati incendiari di natura mafiosa. Provvidenze per i danni causati da atti criminosi), promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 12 agosto 1995, depositato in cancelleria il 22 agosto successivo ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 1995.
Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1996 il Giudice relatore Massimo Vari;
uditi l'Avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il ricorrente e gli Avvocati Laura Ingargiola e Francesco Castaldi per la Regione.
Ritenuto in fatto
1.-- Con ricorso notificato il 12 agosto 1995, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 5, 11 e 97 della Costituzione, nonché agli artt. 1 e 17, lettera f), dello Statuto speciale, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione siciliana approvata il 4 agosto 1995 (Provvedimenti straordinari in favore delle ditte di trasporto STAT, Camarda e Drago ed Emanuele Antonino, vittime di attentati incendiari di natura mafiosa. Provvidenze per i danni causati da atti criminosi).
Premette il Commissario che la legge denunciata -- con la quale si prevede un "beneficio a favore di tre sole imprese di trasporti in deroga alle vigenti disposizioni nazionali e regionali in materia di ristoro dei danni subìti dalle vittime di richieste estorsive e quantificato in misura superiore ai danni accertati" -- reintroduce le disposizioni contenute in due precedenti delibere legislative, già impugnate con due distinti ricorsi, senza che le modificazioni introdotte, in ordine alle modalità e alle condizioni necessarie per l'erogazione del contributo, incidano sulla natura e sulla sostanza dell'intervento.
Secondo il ricorrente sarebbe violato il principio di buon andamento, a causa dell'irragionevolezza ed arbitrarietà della normativa regionale, come si desume dalla "carenza di ogni valutazione delle situazioni su cui la legge è chiamata ad incidere e, soprattutto, dalla incoerenza del provvedimento rispetto all'interesse pubblico perseguito".
Si lamenta, in particolare, che la legge vanifichi le finalità perseguite con la normativa statale di cui alla legge n. 172 del 1992 che, oltretutto, rispecchia un interesse unitario, e con la normativa regionale di cui alla legge n. 27 del 1993; finalità che sono quelle di incentivare la fattiva collaborazione delle vittime di richieste estorsive, tramite la subordinazione della erogazione dei contributi al perdurare del loro rifiuto e alla collaborazione con l'autorità giudiziaria, commisurando, inoltre, l'ammontare all'effettivo pregiudizio economico subìto, da cui viene detratto l'indennizzo corrisposto dalle imprese assicuratrici.
Viceversa, la legge regionale impugnata "rende ben poco conveniente per i soggetti interessati sottoporsi alla rigorosa e precisa procedura della legge n. 172 del 1992", "perseguendo...finalità diverse, quali quelle di assistenza ai lavoratori e di aiuto alle tre imprese".
Mancherebbe, inoltre, ogni valutazione degli elementi di fatto da parte del legislatore, che, prescrivendo l'obbligo di presentazione del rendiconto, ha omesso di considerare che le ditte STAT e Camarda e Drago lo avevano già prodotto. Dal rendiconto emergerebbe, tra l'altro, che le ditte in questione hanno utilizzato soltanto parzialmente per l'acquisto di un automezzo la somma precedentemente erogata sulla base dell'art. 146 della legge regionale n. 25 del 1993, destinando la parte rimanente al pagamento delle retribuzioni del personale dipendente. Ogni valutazione degli elementi di fatto preesistenti difetterebbe anche per quanto riguarda la ditta Emanuele Antonino, inserita nell'ultima stesura del disegno di legge, per la quale gli uffici della Regione non sono stati in grado di quantificare i danni subìti, né il preciso ammontare del risarcimento erogato dalla compagnia assicuratrice. Né il legislatore si è preoccupato di verificare preventivamente se la ditta in questione abbia o meno fatto ricorso alla legge n. 172 del 1992 (come, invece, risulterebbe al ricorrente).
Rilevato, poi, che la legge denunciata, pur introducendo, all'art. 1, comma 2, lettera e), l'obbligo della presentazione di una dichiarazione dalla quale risultino le eventuali ulteriori richieste di contributi presentate, non ne precisa però le conseguenze, per cui tale disposizione appare essenzialmente una fictio iuris, volta a superare le censure verso i precedenti disegni di legge, il ricorrente osserva che, se dovesse accedersi alla tesi che scopo della legge non è quello di risarcire i danni subìti dalle imprese, ma di recuperare la loro piena funzionalità finanziaria e patrimoniale, ripristinando i livelli occupazionali, l'iniziativa esorbiterebbe dalla competenza in materia di assistenza sociale attribuita al legislatore siciliano dall'art. 17, lettera f), dello Statuto speciale.
Considerando, infine, che la legge in questione configura un aiuto alle imprese, il Commissario dello Stato ritiene che tale aiuto sia da assoggettare alla procedura di verifica delle compatibilità con il regime comunitario di cui all'art. 93, paragrafo 2, del trattato CE; procedura che, avviata in occasione delle due precedenti iniziative legislative, risulta essere ancora in corso di definizione, e che, quindi, necessita di essere rinnovata. Di qui il contrasto con l'art. 11 della Costituzione, tanto più che il disegno di legge in questione non ha previsto una apposita clausola, volta a subordinare l'applicazione delle norme alla favorevole definizione della procedura comunitaria.
2.-- Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si è costituita la Regione siciliana, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
La difesa della Regione, sottolineati gli ingenti danni subìti dalle ditte di autotrasporto STAT e Camarda e Drago, a seguito di attentati mafiosi, e dalla ditta Emanuele Antonino, a seguito di due incendi dolosi, nega che le norme impugnate violino il principio di eguaglianza, in quanto dal raffronto tra la normativa relativa alle vittime di richieste estorsive (legge statale n. 172 del 1992 e legge regionale n. 27 del 1993) e le disposizioni oggetto del ricorso, emerge una diversità di situazione tra "colui che, avendo opposto un rifiuto a richieste di natura estorsiva o comunque non avendovi aderito, subisce un danno a beni mobili o immobili in conseguenza di fatti delittuosi e chi, invece ha subìto attentati incendiari di natura mafiosa non finalizzati a richieste estorsive". D'altra parte, la richiesta inoltrata ai sensi della legge n. 172 del 1992 dalla ditta Camarda e Drago è stata respinta dal Comitato del Fondo di solidarietà proprio poiché si riferiva a fatti esclusi da detta legge.
Osservato, poi, quanto al diverso trattamento riservato alle imprese in questione rispetto alle aziende di trasporto in crisi, che ben diverse sono le cause (gli attentati mafiosi) che hanno determinato la situazione di crisi riscontrabile nelle prime, si nega, altresì, la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, reputando "privi di pregio" -- in base alla diversità di situazioni -- i rilievi in ordine alla mancata previsione della verifica dei requisiti soggettivi e delle condizioni oggettive previsti dalla legge n. 172 del 1992, e in particolare del permanere del rifiuto alle richieste estorsive. Rilevato che, contrariamente a quanto assume il Commissario, la norma che subordina l'erogazione del contributo alla presentazione della dichiarazione di inesistenza di contributi analoghi non può essere reputata una semplice fictio iuris, la resistente asserisce, quanto agli obblighi derivanti dall'art. 93, paragrafo 3, del trattato CE, l'avvenuto avvio della prevista procedura, benché la giurisprudenza comunitaria e costituzionale consentisse alla Regione di limitarsi a rendere noto alla Commissione il presente disegno di legge "anche attraverso procedure informali".
Osservato infine, che una clausola volta a subordinare l'applicazione delle norme comportanti aiuti alle imprese alla favorevole definizione della procedura comunitaria, sarebbe comunque superflua, in quanto lo Stato membro non può dare esecuzione agli aiuti prima della decisione finale della Commissione, si rileva che lo stesso trattato (art. 92, paragrafo 2, lettera b) dichiara compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati ad ovviare ai danni prodotti da eventi eccezionali, tra i quali può annoverarsi anche l'aiuto recato dalle norme oggetto di giudizio.
3.-- In udienza, la difesa della Regione ha depositato il parere della Commissione della Comunità europea, in data 10 gennaio 1996, secondo il quale i provvedimenti contenuti nella legge impugnata "non integrano un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, paragrafo 1, del trattato CE". L'Avvocatura dello Stato, per parte sua, ha affermato di rinunciare al ricorso, per quanto attiene alla censura relativa al contrasto con l'art. 11 della Costituzione, in riferimento all'art. 93 del trattato CE.
Considerato in diritto
1.-- Con il ricorso in epigrafe, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale approvata il 4 agosto 1995 (Provvedimenti straordinari in favore delle ditte di trasporto STAT, Camarda e Drago ed Emanuele Antonino, vittime di attentati incendiari di natura mafiosa. Provvidenze per i danni causati da atti criminosi), in riferimento agli artt. 3, 5, 11 e 97 della Costituzione, nonché agli artt. 1 e 17, lettera f), dello Statuto speciale.
Secondo il ricorrente, le disposizioni censurate, prevedendo, in deroga alle vigenti disposizioni nazionali e regionali in materia di ristoro dei danni subìti dalle vittime di richieste estorsive, la concessione di un beneficio in favore di tre sole imprese di trasporto, quantificato in misura superiore ai danni accertati:
-- contrastano con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, per la arbitrarietà e irragionevolezza della disciplina, che si contraddistingue per l'incoerenza rispetto all'interesse pubblico perseguito, la vanificazione degli obiettivi individuati, in via generale, dalla legge n. 172 del 1992 e dalla legge regionale n. 27 del 1993, l'omessa valutazione degli elementi di fatto preesistenti;
-- esorbitano, se si ritengano volte non a risarcire i danni subìti, ma a ripristinare i livelli occupazionali precedenti agli attentati, dalla competenza regionale in materia di assistenza sociale (art. 17, lettera f), dello Statuto speciale);
-- violano l'art. 11 della Costituzione, poiché dettano una disciplina in materia di aiuti alle imprese in assenza della preventiva definizione della procedura comunitaria disciplinata dall'art. 93 del trattato istitutivo dalla Comunità europea e senza prevedere una apposita clausola volta a subordinare l'applicazione delle norme alla favorevole definizione della procedura medesima.
2.-- Il testo legislativo censurato si colloca a conclusione di una lunga vicenda normativa, nell'ambito della quale precedenti disposizioni sullo stesso argomento, sottoposte dal Commissario dello Stato al giudizio della Corte, hanno condotto, a seguito della loro avvenuta abrogazione, a pronunce di cessazione della materia del contendere (sentenze n. 393 del 1995 e n. 127 del 1996). La legge in esame autorizza il Presidente della Regione a concedere un contributo straordinario in conto capitale alle società di autolinee STAT (art. 1), Camarda e Drago (art. 2) ed Emanuele Antonino (art. 3), che, come risulta dai lavori preparatori (v. la relazione allegata al disegno di legge della Commissione), hanno subìto attentati incendiari: le prime due negli anni 1991-1992, fruendo già di un contributo di cinquecento milioni, in base all'art. 146 della legge regionale n. 25 del 1993; la terza negli anni 1993-1994.
L'erogazione del contributo stabilito dalla legge di cui all'odierno ricorso è condizionata (art. 1, comma 2) alla presentazione, entro quindici giorni dalla entrata in vigore della legge, di una istanza corredata da documentazione, da cui risulti:
-- attestazione di impegno a restituire per intero il contributo, con gli eventuali interessi, se risulti accertato, con sentenza definitiva passata in giudicato, che gli attentati non sono di natura mafiosa;
-- piano semestrale di rientro occupazionale del personale licenziato a seguito degli attentati incendiari, comprensivo di dichiarazione d'impegno circa l'attuazione del piano a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di accreditamento, pena la restituzione del contributo;
-- rendiconto del contributo percepito ai sensi dell'art. 146 della legge n. 25 del 1993;
-- dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà dalla quale risulti l'inesistenza di altri contributi erogati da altri enti pubblici per danni specifici e conseguenziali causati dagli attentati subìti dalla ditta medesima;
-- dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà dalla quale risultino eventuali altre istanze e/o istruttorie in corso, finalizzate all'ottenimento di altri contributi e/o finanziamenti per i danni specifici e conseguenziali causati dagli attentati subìti dalla ditta medesima, all'infuori di quelle previste dalla legge stessa.
3.-- Vanno, anzitutto, dichiarate inammissibili le questioni sollevate in riferimento all'art. 5 della Costituzione e all'art. 1 dello Statuto speciale, in quanto il richiamo di tali parametri non è accompagnato da alcuna motivazione.
4.-- Quanto alle altre censure proposte dal Commissario dello Stato, occorre esaminare anzitutto quella attinente alla violazione del principio del buon andamento, che, in considerazione delle motivazioni che la sostengono, può reputarsi correlata alla violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, ancorché detti parametri vengano, nel contesto del ricorso, evocati in termini del tutto generali, senza specifica connessione con la censura stessa.
La questione non è fondata, nei sensi di cui appresso.
Come la Corte ha più volte affermato, la violazione del principio del buon andamento, nel caso di leggi a contenuto particolare e concreto, può essere invocata solo a fronte dell'arbitrarietà e della manifesta irragionevolezza della disciplina denunciata, desumibili anche dalla carenza di ogni valutazione degli elementi in ordine alla situazione concreta sulla quale la legge è chiamata ad incidere o dall'evidente incoerenza del provvedimento legislativo in relazione all'interesse pubblico perseguito (sentenza n. 306 del 1995).
Ma questa arbitrarietà e manifesta irragionevolezza non sono ravvisabili nella legge censurata.
Non si può condividere, infatti, la prospettazione del Commissario dello Stato, ad avviso del quale la legge impugnata vanificherebbe gli obiettivi perseguiti dal legislatore statale (con il decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 18 febbraio 1992, n. 172) e regionale (con la legge 26 ottobre 1993, n. 27) in materia di elargizioni in favore delle vittime delle estorsioni, ed essenzialmente quello di ottenere la collaborazione dei soggetti destinatari di richieste estorsive e di mantenerli fermi nel loro rifiuto, in quanto non sarebbe conveniente per le ditte destinatarie degli interventi legislativi qui censurati sottoporsi alla complessa procedura prevista dalle altre leggi testé rammentate, quando possono avvalersi di una normativa ad hoc.
Si tratta, infatti, di due forme di intervento differenziate sia per il tipo di contribuzione, rappresentata da un contributo di entità fissa secondo la legge impugnata, da una percentuale dell'ammontare del danno subìto nel caso delle leggi statale e regionale sopra ricordate; sia per i presupposti, costituiti dai danni subìti a seguito di attentati incendiari di natura mafiosa secondo la prima legge, dai danni conseguenti al rifiuto opposto a richieste estorsive in base alle altre due. Dal raffronto fra le discipline considerate non emerge, pertanto, quella manifesta irragionevolezza lamentata dal ricorrente, tanto più che la Regione si è comunque data carico di evitare la eventuale duplicazione dei benefici conseguenti agli interventi, come si evince dalla documentazione che deve accompagnare l'istanza per l'erogazione del contributo. Tra questa va, infatti, inserita anche una dichiarazione dalla quale risulti l'inesistenza di contributi erogati da altri enti pubblici per danni specifici e conseguenziali causati dagli attentati subìti dalla ditta medesima (art. 1, comma 2, lettera d), nonché una dichiarazione dalla quale risultino altre eventuali istanze in corso, finalizzate all'ottenimento di altri contributi in relazione a tali danni (art. 1, comma 2, lettera e). Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente -- ad avviso del quale quest'ultima previsione concreterebbe una mera fictio iuris -- la disposizione di cui alla lettera e) non può, sul piano logico-sistematico, non interpretarsi come volta a riaffermare la incompatibilità tra il contributo di cui alla legge regionale impugnata ed altri contributi e/o finanziamenti per i danni specifici e conseguenziali causati dagli attentati. Si deve quindi ritenere che, se le istanze o le istruttorie in corso al momento della presentazione dell'istanza di cui trattasi si concreteranno, successivamente, nella erogazione di finanziamenti, la ditta beneficiaria dovrà restituire il contributo regionale. Così interpretata, la disposizione di cui alla lettera e) appare sufficiente ad escludere, anche in futuro, ogni possibilità di sovrapposizione degli interventi.
Neppure può convenirsi con la tesi del Commissario dello Stato, nel senso che sia mancata ogni valutazione dei presupposti di fatto da parte del legislatore regionale, in quanto questi, obbligando le ditte STAT e Camarda e Drago alla presentazione del rendiconto delle somme erogate ai sensi dell'art. 146 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25 (art. 1, comma 2, lettera c), non avrebbe considerato che il rendiconto medesimo già è stato prodotto, né avrebbe verificato per la ditta Emanuele Antonino l'entità dei danni subìti, come pure l'eventuale richiesta dei contributi di cui alla legge n. 172 del 1992. Mentre è di ovvia evidenza l'inconsistenza del primo argomento, è sufficiente ribadire, quanto al secondo, che la norma che dispone il contributo in favore della ditta da ultimo citata (art. 3) è stata approvata sulla scorta di elementi valutativi, di cui è traccia negli stessi allegati al ricorso del Commissario dello Stato, atti a dar ragione dell'entità del contributo, così come stabilita dal legislatore, dovendosi, per di più, considerare che l'erogazione del contributo stesso è condizionata alla presentazione, insieme alla istanza, della stessa documentazione di cui all'art. 1, comma 2, sopra ricordata, tale da escludere la duplicazione dei benefici.
5.-- Quanto alla censura relativa alla violazione dell'art. 17, lettera f), dello Statuto speciale, essa è sollevata dal ricorrente in riferimento alla ipotesi che i benefici previsti dalla legge impugnata si qualifichino come interventi non risarcitori bensí assistenziali, volti a ripristinare i livelli occupazionali delle ditte che hanno subìto gli attentati incendiari; benefici che esorbiterebbero, in tale prospettiva, dalla competenza regionale in materia di assistenza sociale.
La questione non è fondata.
La legge regionale impugnata non può, infatti, qualificarsi come rivolta a meri fini assistenziali: come ricorda la Regione resistente le stesse finalità della legge -- volta, secondo quanto risulta dall'art. 1, a stabilizzare le condizioni finanziarie e patrimoniali di aziende gravemente pregiudicate dagli attentati e a consentire il regolare prosieguo dell'attività, come pure la graduale ricostruzione del parco autobus ed il ripristino dei livelli occupazionali -- sono indicative di misure destinate a realizzare un più vasto intervento di sostegno delle attività economiche, a fronte, tra l'altro, di una patologia gravissima, quale la criminalità mafiosa. Sarebbe, pertanto, riduttivo ricondurre la legge alla materia della "assistenza sociale", come sostiene il ricorrente, ove si consideri che gli interventi previsti afferiscono ad una varietà di materie regionali (sia di competenza esclusiva che concorrente) che incidono nel campo delle attività economiche, delle comunicazioni, dei trasporti e dell'occupazione, sì da potersi reputare espressivi, particolarmente in relazione a quanto previsto dall'art. 14, lettere d) ed e), nonché dall'art. 17, lettera a), dello Statuto speciale, di un vero e proprio interesse della comunità regionale (sentenza n. 251 del 1993).
6.-- Quanto, infine, alla denunciata violazione dell'art. 11 della Costituzione, in ragione del mancato espletamento della procedura prevista dall'art. 93 del trattato CE, la difesa della Regione ha depositato in udienza il parere 10 gennaio 1996 della Commissione della Comunità europea, secondo il quale i provvedimenti contenuti nella legge impugnata non integrano un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, paragrafo 1, del medesimo trattato, mentre l'Avvocatura dello Stato ha dichiarato di rinunziare per questa parte al ricorso.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 4 agosto 1995 (Provvedimenti straordinari in favore delle ditte di trasporto STAT, Camarda e Drago ed Emanuele Antonino, vittime di attentati incendiari di natura mafiosa. Provvidenze per i danni causati da atti criminosi), sollevata, in riferimento all'art. 5 della Costituzione e all'art. 1 dello Statuto speciale, dal Commissario dello Stato con il ricorso in epigrafe;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dei medesimi artt. 1, 2 e 3, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato con il ricorso in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dei medesimi artt. 1, 2 e 3, sollevata, in riferimento all'art. 17, lettera f), dello Statuto speciale, dal Commissario dello Stato con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 29 aprile 1996.