Sentenza n. 105 del 1996

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SENTENZA N.105

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2738, comma 2, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 1994 dal Tribunale di Pistoia nel procedimento civile vertente tra la Ditta ArredamentiBaccioni e Buscaglia Francesca, iscritta al n. 402 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice relatore Renato Granata.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso del giudizio civile tra la ditta Arredamenti Baccioni e Buscaglia Francesca il Tribunale di Pistoia con ordinanza del 27 aprile 1994 ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2738, secondo comma, cod. civ., in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il giudice civile possa conoscere del reato di falso giuramento al solo fine del risarcimento nell'ipotesi in cui la sentenza di assoluzione pronunciata nel giudizio penale non abbia efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato.

In particolare il giudice rimettente osserva che - una volta prestato il giuramento deferito o riferito - l'altra parte, la quale né è ammessa a provare il contrario né può chiedere la revocazione della sentenza qualora il giuramento sia stato dichiarato falso, può tuttavia domandare il risarcimento dei danni nel caso di condanna penale per falso giuramento. Altrimenti, soltanto se la condanna penale non può essere pronunciata perché il reato è estinto, il giudice civile può conoscere del reato al solo fine del risarcimento. Tale limitazione però - ritiene il giudice rimettente - si giustificava nel precedente regime degli effetti del giudicato penale. Ma il principio dell'unità della giurisdizione ha subito una progressiva erosione ad opera della giurisprudenza costituzionale ed è stato superato dal nuovo codice di procedura penale. In particolare l'art. 652 prevede che, affinché la sentenza irrevocabile di assoluzione (pronunciata a seguito di dibattimento o all'esito del giudizio abbreviato accettato dalla parte civile costituita) esplichi efficacia di giudicato (quanto all'accertamento che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), occorre che il danneggiato si sia costituito parte civile o sia stato posto in grado di costituirsi parte civile mediante avviso o notifica del decreto di citazione nei termini, e che lo stesso non abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'art. 75, comma 2, cod.proc.pen. Se, dunque, risulta estremamente ridotto l'ambito in cui si esplica l'efficacia del giudicato penale nei giudizi civili per il risarcimento del danno e le restituzioni, la norma di cui all'art. 2738 cod. civ. - che, consentendo al giudice civile di conoscere incidentalmente del reato ai fini del risarcimento del danno solo nell'ipotesi in cui in sede penale si sia fatto luogo a declaratoria di estinzione, esclude e comunque vanifica il diritto del danneggiato di esercitare l'azione di risarcimento del danno in sede civile in ogni altra ipotesi e quindi anche quando la sentenza di assoluzione non esplichi alcuna efficacia nei suoi confronti - risulta contrastare, secondo il giudice rimettente, col precetto di cui all'art. 24, primo comma, della Costituzione e rappresenta comunque una disciplina irragionevole ed ingiustificata (art. 3 della Costituzione).

2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata sotto il profilo che il restringimento dell'efficacia extrapenale della sentenza penale e l'abbandono del primato del processo penale con il conseguente affermarsi dell'autonomia tra quest'ultimo ed il processo civile, consentono di pervenire ad una interpretazione adeguatrice della disposizione censurata. Ed infatti - osserva l'Avvocatura - la lettera dell'art. 2738 cod. civ. non esclude, di per sé, l'interpretazione secondo cui è, in generale, consentito al giudice civile di valutare incidenter tantum la sussistenza del reato di falso giuramento (al fine di decidere in ordine alla fondatezza o meno della domanda di risarcimento danni avanzata dal soccombente nel giudizio civile deciso all'esito del giuramento decisorio), non solo quando la condanna penale non può essere pronunciata perché il reato è estinto, ma anche quando vi sia stata pronuncia di assoluzione passata in giudicato, allorquando la stessa non faccia stato nel giudizio civile di danno.

Considerato in diritto

1. -- E' stata sollevata questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione - dell'art. 2738, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui non prevede che il giudice civile possa conoscere del reato di falso giuramento al solo fine del risarcimento nell'ipotesi in cui la sentenza di assoluzione pronunciata nel giudizio penale non abbia efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato, per sospetta violazione del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, primo comma, della Costituzione) e del principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione). Ciò sul presupposto interpretativo che il secondo periodo del secondo comma della disposizione censurata non solo esprima in positivo il contenuto precettivo reso palese dalla lettera della norma, ossia essere possibile per il giudice civile la cognizione incidenter tantum del reato di falso giuramento ove questo sia estinto e quindi non possa pervenirsi ad un accertamento di responsabilità in sede penale; ma anche contenga implicitamente una preclusione derogatoria della generale disciplina dettata dal nuovo codice di rito circa gli effetti del giudicato penale (nella specie, assolutorio) nel giudizio civile. Da tale presupposto interpretativo, che ravvisa la esistenza di una preclusione all'accertamento incidentale del giudice civile anche in tutti i casi in cui in generale il giudicato penale assolutorio non fa stato nel giudizio civile per il risarcimento dei danni patiti dalla parte offesa in conseguenza della commissione di un qualsiasi altro reato (art. 652 cod.proc.pen.), occorre muovere in quanto non implausibilmente argomentato dal giudice rimettente, oltre che conforme al dato testuale della disposizione censurata. Vero è che il secondo comma dell'art. 2738 cod. civ. esprime, con riferimento alla fattispecie del reato di falso giuramento, principi comuni ad ogni altro genere di reato: ed infatti il primo periodo, nel prevedere una ragione di danno risarcibile per effetto della falsità del giuramento accertata di norma nella sua sede propria, che è il processo penale, è espressione del più generale principio secondo cui ogni reato che abbia cagionato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, obbliga il colpevole al risarcimento del danno (art. 185, secondo comma, cod.pen.). Però il precetto, contenuto nel secondo periodo, alla stregua del quale, se la condanna penale non può essere pronunciata perché il reato è estinto, il giudice civile può conoscere del reato al solo fine del risarcimento del danno, ancorché assimilabile al canone generale secondo cui l'estinzione del reato non comporta l'estinzione delle obbligazioni civili (art. 198 cod. pen.), ben può essere interpretato - in mancanza, per quanto risulta, di una diversa lettura sia in giurisprudenza che in dottrina - nel senso della statuizione, a contrario, di una preclusione all'accertamento incidentale del giudice civile nei casi diversi da quello espressamente previsto.

2. -- Rispetto alla norma così individuata la questione di costituzionalità è fondata.

2.2. -- La preclusione contenuta nella disposizione censurata, se all'epoca dell'entrata in vigore del codice civile era coerente con il primato dell'accertamento del reato in sede penale rispetto all'accertamento in sede civile delle conseguenze risarcitorie del medesimo reato e con il principio dell'accessorietà dell'azione civile rispetto a quella penale, nel quadro del sistema risultante, prima dei ripetuti interventi di questa Corte (sentenze nn. 165 del 1975, 99 del 1973, 55 del 1971), dagli artt. 24, 25 e 27 del cod. proc. pen., oggi si presenta invece affatto eccentrica e disarmonica rispetto al ben diverso sistema complessivo dei rapporti tra giurisdizione penale e giurisdizione civile disegnato dal nuovo codice di rito (v., soprattutto, gli artt. 651-654 cod. proc. pen.), in quanto essa pone in essere - in tema di rilevanza del giudicato penale assolutorio nel giudizio civile per il risarcimento del danno - una disciplina del tutto differenziata rispetto a quella generale dettata dall'art. 652 cod. proc. pen., sia nel comma 1, con riguardo al caso della sentenza dibattimentale, sia nel comma 2, con riguardo al caso della sentenza resa all'esito di giudizio abbreviato. Nel caso, infatti, di sentenza resa a seguito di dibattimento, l'efficacia di giudicato in sede civile è esclusa quando il danneggiato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'art. 75, comma 2 (cfr. art. 652, comma 1, cod. proc. pen.); e parimenti tale efficacia di giudicato è esclusa nel caso di sentenza pronunziata, come nella specie, a norma dell'art. 442 alla mera condizione che il danneggiato, come è avvenuto nella vicenda oggetto del giudizio a quo, non abbia accettato il rito abbreviato.

Invece, nel caso particolare in cui la sentenza assolutoria abbia ad oggetto il reato di falso giuramento, il giudicato penale spiega un ben più esteso effetto preclusivo della pretesa risarcitoria del danneggiato, effetto che è escluso soltanto nel caso in cui "la condanna penale non può essere pronunziata perché il reato è estinto".

2.3. -- Tale disciplina differenziata viola il principio di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e, allo stesso tempo, rappresenta un impedimento per la parte offesa all'esercizio dell'azione diretta al conseguimento del danno risarcibile, con conseguente vulnerazione del principio della tutela giurisdizionale (art. 24 della Costituzione).

Da una parte, infatti, va ricordato che la Corte, anche recentemente (sentenza n. 60 del 1996), ha fatto riferimento al contesto delineato dal nuovo codice di procedura penale come archetipo generale rispetto al quale una disciplina differenziata è ammissibile soltanto se "sorretta da ragionevole ed adeguata giustificazione". Dall'altra, deve escludersi, con riferimento al problema in esame, che una ragione di specialità di disciplina possa rinvenirsi nella funzione di prova legale del giuramento, atteso che il successivo giudizio civile avente ad oggetto il risarcimento del danno non ha alcuna idoneità ad incidere su tale funzione, non essendo prevista, né possibile, la revocazione della sentenza che si fondi su un giuramento di cui successivamente sia accertata la falsità al solo fine di riconoscere una ragione di danno alla parte soccombente nel precedente giudizio.

2.4. -- Pertanto la disciplina dell'efficacia nel giudizio civile della sentenza penale di assoluzione dal reato di falso giuramento va ricondotta a legittimità parificandola a quella ordinaria, e quindi dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 2738, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui non prevede che il giudice civile possa conoscere del reato di falso giuramento al solo fine del risarcimento anche nel caso in cui la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata nel giudizio penale non abbia efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2738, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il giudice civile possa conoscere del reato di falso giuramento al solo fine del risarcimento anche nel caso in cui la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunziata nel giudizio penale non abbia efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 aprile 1996.