SENTENZA N. 528
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge riapprovata il 24 gennaio 1995 dal Consiglio regionale delle Marche, avente per oggetto: "Inquadramento del personale degli IACP delle Marche", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 13 febbraio 1995, depositato in cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 1995.
Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1995 il Giudice relatore Massimo Vari;
uditi l'avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'avvocato Valerio Onida per la Regione.
Ritenuto in fatto
1.-Con ricorso regolarmente notificato e depositato (Reg. ricorsi n. 11 del 1995), il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge riapprovata dal Consiglio regionale delle Marche nella seduta del 24 gennaio 1995, recante "Inquadramento del personale degli IACP delle Marche", per contrasto con gli artt. 117 della Costituzione; 2, comma 1, lettera r), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale); 1, comma 3; 30; 31 e 32 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).
Rammentato che la legge impugnata ha formato oggetto di rinvio da parte del Governo anche per violazione dell'art. 97, terzo comma, della Costituzione, il ricorrente osserva che, in attuazione dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha dettato disposizioni espressamente destinate (come da art. 1, comma 3) a costituire per le regioni "principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione". Vengono richiamate le norme de gli artt. 30, 31 e 32 che, anche al fine del contenimento della spesa per il personale, hanno imposto alle amministrazioni pubbliche di ridefinire l'assetto degli uffici e delle piante organiche e di curare l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale. Si invoca, in particolare, l'art. 31 che, come mezzo a fine, ha vietato nuove assunzioni presso le amministrazioni pubbliche, con disposizione recentemente ripresa dall'art.22 (commi 6 e 7) della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Viene, perciò, denunciata la normativa regionale sopra ricordata che prevede la parziale copertura, attraverso procedure riservate al personale dipendente, dei posti di organico rimasti vacanti a seguito della ristrutturazione degli Istituti autonomi per le case popolari, effettuata ai sensi dell'art. 66 della legge regionale 4 novembre 1988, n. 42. E ciò senza la previa definizione delle oggettive e reali esigenze di risorse umane nell'ambito di una razionale riorganizzazione delle strutture pubbliche e senza darsi carico dei principi di coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento, ma ispirandosi, piuttosto, a principi di favore per i dipendenti in servizio, dal cui accesso definitivo a superiori qualifiche funzionali conseguirebbe l'apertura di nuove vacanze di organico nelle qualifiche di provenienza nonchè uno "sbilanciamento in alto" della dotazione di personale, a sua volta prodromico di nuovi reclutamenti o -nella migliore delle ipotesi -di una mobilità di tipo residuale. 2.-Si è costituita in giudizio la Regione Marche chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.
La Regione resistente, rammentato che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, le disposizioni invocate vincolano le regioni a statuto ordinario non tanto in relazione alla mera qualifica formale di principi fondamentali, quanto in relazione alla natura oggettiva di normazione di principio che le disposizioni vengono a manifestare, rileva che l'impugnazione "non può essere ritenuta ammissibile senza la precisa indicazione del principio che si assume posto dal decreto legislativo n. 29 del 1993, nonchè violato dalla norma impugnata". Nè sarebbe condivisibile la tesi -che parrebbe sottesa alle affermazioni contenute nel ricorso -secondo la quale tutte le disposizioni del decreto legislativo n. 29 del 1993, a norma dell'art. 1, comma 3, dello stesso, costituirebbero principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. E questo non senza soggiungere che la legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha espressamente previsto, all'art. 22, comma 37, che "le disposizioni riguardanti la gestione del rapporto di lavoro costituiscono norme di indirizzo per le regioni che provvedono nell'ambito della propria autonomia e capacità di spesa" e che "le regioni si avvalgono altresì della disciplina sulle assunzioni prevista per gli enti locali non in dissesto".
Secondo la Regione, è, comunque, da escludere il lamentato contrasto con i principi della legislazione nazionale: infatti, la legge impugnata opera proprio sul presupposto che gli Istituti autonomi per le case popolari abbiano già effettuato l'intervento di ristrutturazione organizzativo previsto e disciplinato dall'art. 66 della legge regionale n. 42 del 1988, che viene ora portato a compimento dalla norma in esame, secondo lo stesso procedimento di ridefinizione degli organici previsto in generale dagli artt. 30 e 31 del decreto legislativo n. 29 del 1993.
Osservato, poi, che il meccanismo del concorso parzialmente riservato realizza un processo di mobilità interna, logicamente antecedente a qualsiasi altra forma di mobilità esterna, la Regione rileva che le procedure concorsuali previste dalla norma contestata sono, comunque, disciplinate in modo tale da valorizzare le professionalità acquisite, in corrispondenza con il criterio di organizzazione posto dall'art. 5, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n. 29 del 1993.
3.-In prossimità dell'udienza, la difesa della Regione Marche ha presentato una memoria, in cui, nel ribadire le argomentazioni già svolte, si deduce che con la rideterminazione dei contingenti organici proprio a seguito della ristrutturazione di cui all'art. 66 della legge regionale n. 42 del 1988, gli enti in questione sono stati già oggetto di un organico intervento di riorganizzazione. Inoltre sono stati adottati, in attuazione del decreto legislativo n. 29 del 1993, nuovi regolamenti organici e nuove piante organiche (IACP di Ancona, delibera 12 giugno 1995, n. 7), mentre sulla rilevazione dei carichi di lavoro degli Istituti autonomi per le case popolari regionali è stato ottenuto giudizio di congruità dal Dipartimento della funzione pubblica. Si rileva, altresì, che la previsione di procedure concorsuali parzialmente riservate al personale in servizio "realizza in concreto una ottimale valorizzazione delle risorse umane già disponibili presso l'ente, con risultati del tutto equivalenti alle altre forme di mobilità" ed in linea con il criterio organizzativo della flessibilità di cui all'art. 5, comma 1, lettera f) dello stesso decreto n. 29 del 1993, senza un aggravio dei costi per un preteso "sbilanciamento in alto" della dotazione di personale, in quanto il livello complessivo dei costi non risulta alterato dal modo di copertura dei nuovi posti in organico.
Ribadito che l'art. 22, commi 11 e 37, della legge n. 724 del 1994 ha sottratto alla disciplina del divieto di assunzione le Regioni e gli enti da queste dipendenti, si deduce che, comunque, non possono essere invocate disposizioni e principi che regolano l'accesso di nuovo personale dall'esterno, non senza osservare, conclusivamente, che le modalità transitorie di copertura di posti vacanti, previste dalla legge impugnata, sono analoghe a quelle disciplinate, per consimili fattispecie, da altre leggi regionali "di cui il Governo ha consentito il corso" (legge regionale Lazio 29 agosto 1991, n. 41, art. 3, commi 7 e 8; legge regionale Marche 31 ottobre 1984, n. 31, art. 97).
Considerato in diritto
1.-Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge riapprovata dal Consiglio regionale delle Marche il 24 gennaio 1995 recante "Inquadra mento del personale IACP delle Marche". La disposizione impugnata stabilisce, ai commi 1 e 2, che i posti di organico vacanti a seguito della ristrutturazione degli Istituti autonomi per le case popolari effettuata in base all'art. 66 della legge regionale 4 novembre 1988, n. 42 siano coperti, in via transitoria ed esclusivamente in fase di prima applicazione, per selezione riservata al personale della stessa amministrazione appartenente alle qualifiche funzionali dalla prima all'ottava, secondo le percentuali stabilite all'art. 97 della legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31. La stessa norma prevede, altresì, al comma 3, che la metà dei posti della qualifica di dirigente risultanti dalla ristrutturazione medesima sia attribuita, sempre in via transitoria, attraverso concorsi per titoli di servizio professionali e di cultura integrati da colloquio, ai dipendenti in possesso di diploma di laurea provenienti dalla ottava qualifica funzionale (carriera direttiva) della stessa amministrazione, che abbiano maturato un'anzianità di nove anni di effettivo servizio nella predetta qualifica.
2.-Secondo il ricorrente la legge impugnata si porrebbe in contrasto con le norme del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, destinate, in attuazione della delega contenuta nell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, a costituire per le regioni "principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione", giusta l'espressa previsione dell'art. 1, comma 3, del medesimo decreto n. 29 del 1993. Si tratta degli artt. 30, 31 e 32 che, anche al fine del contenimento della spesa per il personale, hanno imposto alle amministrazioni pubbliche, prima di poter procedere a nuove assunzioni, di ridefinire l'assetto degli uffici e delle piante organiche e di curare l'ottimale distribuzione delle risorse umane anche attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità.
Viene, in particolare, invocato l'art. 31 che, come mezzo a fine, ha vietato nuove assunzioni presso le amministrazioni pubbliche, con disposizione recentemente ripresa dall'art. 22 (commi 6 e 7) della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
La Regione Marche eccepisce pregiudizialmente che il ricorso sarebbe inammissibile, non essendo stato indicato il principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, violato dalla disposizione censurata.
3.-L'eccezione di inammissibilità va respinta.
L'onere di prospettazione che incombe al ricorrente per l'identificazione della questione di legittimità costituzionale può, nel caso concreto, ritenersi adempiuto attraverso lo specifico richiamo delle norme sulla razionalizzazione dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e sulla revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, che traggono origine dalla delega di cui all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che dopo aver dettato, al comma 1, principi e criteri direttivi, precisa, al comma 2, che "le disposizioni del presente articolo e dei decreti legislativi in esso previsti costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione". L'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 29 del 1993, emanato in attuazione di detta delega, ribadisce a sua volta il carattere di principi fondamentali, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, delle disposizioni in esso contenute, sia pure prevedendo che le regioni ordinarie si attengano ad esse "in relazione alle peculiarità dei rispettivi ordinamenti". Come giustamente ricorda la Regione resistente, il carattere di principi fondamentali delle disposizioni sopra rammentate va accertato non tanto in relazione alla mera qualifica formale contenuta nella legge, quanto in relazione alla natura oggettiva di normazione di principio che le disposizioni stesse vengano eventualmente a manifestare (in tal senso v. le sentenze di questa Corte nn. 482 del 1995, 355 del 1994, 354 del 1994 e 359 del 1993). Ma, se ciò sta a significare che, per denunciare la violazione dei principi fondamentali contenuti nelle norme richiamate, non è sufficiente una generica invocazione delle stesse, non può certo dirsi, nel caso di specie, che il ricorso, nel riferirsi a puntuali disposizioni dei richiama ti testi normativi, non espliciti anche i principi da esse desumibili che si assumono violati, principi che vengono, infatti, indicati in quelli che consentono la copertura delle vacanze d'organico solo all'esito d'una verifica dei carichi di lavoro nonchè della eventuale (e conseguente) riduzione di uffici e di personale e previa, in ogni caso, l'attuazione dei processi di mobilità tra regioni ed enti subregionali.
4.-Nel merito la questione è fondata. La Corte ha, infatti, già evidenziato il carattere vincolante per le regioni dei sopra accennati principi fondamentali, desumibili dagli artt. 30 e 31 del decreto legislativo n. 29 del 1993, segnatamente per quel che concerne la rilevazione del personale, la formulazione di proposte di ridefinizione degli uffici e delle piante organiche, nonchè il blocco delle assunzioni fino a quando non siano state approvate le proposte stesse. Nel contempo, la Corte ha ritenuto che la disciplina della ricognizione delle vacanze, posta dall'art. 32, in collegamento con i successivi artt. 33, 34 e 35, realizzi, con procedura appropriata, le finalità peculiari dell'istituto della mobilità, così come lo stesso si è venuto configurando, in stretta connessione con esigenze di interesse nazionale (sentenza n. 359 del 1993 già menzionata).
Orbene, la disposizione qui censurata prevede la copertura di posti vacanti attraverso concorsi riservati, a seguito della ristrutturazione effettuata negli Istituti autonomi per le case popolari in base all'art. 66 della legge regionale 4 novembre 1988, n. 42, senza tener conto della disciplina di cui al predetto decreto n. 29 del 1993.
La Regione resistente, nell'intento di sostenere una sostanziale equivalenza fra le due ipotesi di riordino degli apparati, si sofferma ad illustrare il contenuto del menzionato art. 66 della legge regionale 4 novembre 1988, n. 42, il quale prevede un riassetto, in parte dettato dalla stessa norma, sotto il triplice profilo dei livelli di articolazione dell'organizzazione amministrativa degli enti, del numero dei posti dirigenziali di nuova istituzione, dei criteri di accesso a detti posti in sede di prima applicazione della legge; e in parte demandato ai regolamenti degli enti medesimi, in particolare per quanto riguarda i contingenti organici.
Ma tale disciplina, per un verso ispirata a rigide regole di uniformità e per il resto rimessa genericamente all'autonomia degli enti, non può assimilarsi a quella di cui al complesso normativo invocato a sostegno del ricorso, che prevede una puntuale regolamentazione di fasi procedimentali, fra loro teleologicamente concatenate, a partire da quella di avvio consistente nella rilevazione dei carichi di lavoro, disciplinata con norme del decreto n. 29 del 1993 e successivamente anche dell'art. 3 della legge n. 537 del 1993 e dell'art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, alle quali va riconosciuto, secondo questa Corte, il carattere di norme di riforma economico-sociale, sì da imporsi all'osservanza anche delle regioni (sentenza n. 406 del 1995). In definitiva, nel riassetto generale volto ad individuare le effettive esigenze di impiego, attraverso la prevista verifica dei carichi di lavoro e la valorizzazione dell'istituto della mobilità, i vincoli transitori alle nuove assunzioni concorrono ad attuare i fini stessi della riforma, alla cui riuscita si riconnette un interesse nazionale in chiave di efficienza ed economicità.
5.-Restano a questo punto da esaminare le ulteriori argomentazioni svolte dalla Regione che, a sostegno dell'infondatezza della questione, deduce, anzitutto, l'impossibilità di invocare disposizioni e principi del decreto legislativo n. 29 del 1993, che sarebbero da riferire, quanto alle limitazioni per il reclutamento, soltanto all'accesso di nuovo personale dall'esterno. In proposito, è sufficiente rammentare che, secondo la giurisprudenza costituzionale, anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore, comportando l'accesso ad un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento, tanto che ad essa si applica la regola del pubblico concorso (sentenza n. 313 del 1994).
Non migliore sorte merita l'ulteriore argomento che la resistente reputa di poter trarre dall'art. 22, comma 37, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale prevede che le disposizioni riguardanti lagestione del rapporto di lavoro costituiscono norme di indirizzo per le regioni che provvedono nell'ambito della propria autonomia e capacità di spesa, avvalendosi, altresì, della disciplina sulle assunzioni prevista per gli enti locali non in dissesto.
Va considerato che l'art. 3, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e, successivamente, anche l'art. 22, commi 6 e 7, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, lasciando fermi i principi posti dal decreto legislativo n. 29, in tema di verifiche delle esigenze funzionali finalizzate alla copertura dei posti, hanno il fine di regolare, con criteri di gradualità, i tempi, i modi ed i limiti quantitativi di esercizio della facoltà di copertura dei posti resisi disponibili, anche attraverso le procedure di mobilità.
Vero è che da queste ultime disposizioni vengono esonerati, al comma 11 di detto art. 22, gli enti locali non in dissesto e per effetto del rinvio di cui al comma 37 anche le regioni, posto che esse "si avvalgono, altresì, della disciplina sulle assunzioni prevista per gli enti locali non in dissesto".
Ma tale esonero, sottraendo le regioni ai ricordati più recenti vincoli in tema di copertura dei posti disponibili, non esclude che esse restino pur sempre tenute al rispetto delle altre disposizioni del decreto legislativo n. 29 del 1993, aventi ad oggetto l'individuazione delle esigenze funzionali degli apparati, nei limiti in cui esse costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione.
Quanto all'argomento secondo cui discipline analoghe a quella di cui alla norma impugnata sono state introdotte con altre leggi regionali "di cui il Governo ha consentito il corso", a prescindere dalla circostanza che le leggi richiamate sono anteriori al decreto legislativo n. 29 del 1993, è sufficiente rammentare che, secondo quanto già affermato da questa Corte, la mancata deduzione di un vizio di legittimità costituzionale da parte del Governo nel corso del procedimento di formazione di una legge regionale, ancorchè costituisca un evento che lo stesso Governo dovrebbe in ogni caso evitare, non comporta di per sè un autonomo vizio di legittimità costituzionale e non preclude, comunque, che quel vizio possa essere successivamente fatto valere nei modi e nei termini propri del procedimento in via incidentale (sentenza n. 122 del 1990).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Marche, recante "Inquadramento del personale degli IACP delle Marche", riapprovata il 24 gennaio 1995.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/95.
Mauro FERRI, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 29/12/95.