Sentenza n. 461 del 1995

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SENTENZA N.461

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 6 marzo 1995, depositato in Cancelleria il 18 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione del CIPE in data 11 ottobre 1994, recante "Programma nazionale di aiuti al prepensionamento in agricoltura, in attuazione del regolamento CEE n. 2079/92" ed iscritto al n. 9 del registro conflitti 1995. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli; udito l'avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.Con ricorso notificato in data 6 marzo 1995, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione del CIPE 11 ottobre 1994, recante "Programma nazionale di aiuti al prepensionamento in agricoltura, in attuazione del regolamento CEE n. 2079/1992", per violazione degli artt. 8, numero 21, e 16 nonchè del titolo VI dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, fra cui, in particolare, quelle di cui al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, all'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, e agli artt. 3 e 4 del d. lgs. 16 marzo 1992, n. 266, nonchè per violazione del principio di legalità sostanziale. Secondo la ricorrente, la deliberazione impugnata sarebbe lesiva delle attribuzioni provinciali per il fatto di prevedere che gli aiuti in questione vengano erogati sulla base di un unico programma nazionale invece di rimettere alla Provincia la determinazione, mediante un programma provinciale, degli interventi da attuare nel proprio territorio. Tanto più che lo stesso regolamento CEE prevede espressamente che i programmi possano essere "a livello nazionale o regionale" (art. 4, comma 1). La ricorrente rileva poi che il programma nazionale approvato dal CIPE non si limita alla fissazione di criteri generali, volti ad assicurare un certo grado di uniformità agli interventi delle diverse Regioni e Province autonome in vista di interessi unitari, ma definisce in tutti i dettagli il regime degli aiuti, dettando una minuziosa disciplina sostanziale e procedurale che sarebbe pertanto lesiva delle attribuzioni provinciali. La Provincia contesta altresì la lesione della propria autonomia organizzativa, conseguente dalla indicazione specifica contenuta nel programma degli organi regionali chiamati a dare attuazione allo stesso; nonchè la lesione della propria autonomia finanziaria, derivante dal fatto di avere affidato all'A.I.M.A., e non direttamente alla Provincia, la liquidazione degli aiuti e l'erogazione dei paga menti previsti. La deliberazione del CIPE sempre secondo la ricorrente violerebbe inoltre il principio di legalità sostanziale. Essa non troverebbe, infatti, idonea base legislativa nè nel regolamento comunitario, che si limita a dare fondamento ad atti normativi e amministrativi delle autorità competenti degli Stati membri senza interferire sul riparto interno delle competenze, nè nel decreto-legge n. 621 del 1994, convertito dalla legge n. 737 del 1994 (impugnato dalla stessa ricorrente con separato ricorso presentato in data 4 febbraio 1995), che è intervenuto dopo l'approvazione da parte del CIPE del programma in questione. Secondo la ricorrente, infatti, il principio di legalità non potrebbe ritenersi rispettato attraverso il richiamo a posteriori in un atto legislativo del provvedimento amministrativo emanato in assenza di un fondamento legislativo. Nè il decreto-legge n. 621 del 1994 potrebbe, comunque, ritenersi idoneo a costituire legittimo fondamento per un intervento statale di indirizzo o di vincolo nei confronti delle Regioni e Province autonome, in quanto lo stesso non definisce nè gli interessi unitari da tutelare nè i criteri ed i limiti di detta tutela. Infine, sempre a giudizio della ricorrente, gli stessi profili di violazione dell'autonomia della Provincia riscontrabili nel decreto-legge n. 621 del 1994 e contestati dalla stessa ricorrente nel richiamato ricorso avverso tale atto normativo inficerebbero anche la delibera del CIPE qui impugnata. La Provincia chiede, pertanto, a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al CIPE, approvare un programma nazionale attuativo del regolamento CEE n. 2079/92 con i contenuti di cui al programma approvato con la delibera del CIPE dell'11 ottobre 1994, vincolando l'attività amministrativa della Provincia autonoma di assegnazione ed erogazione degli aiuti ivi previsti; e per l'effetto annullare la stessa delibera del CIPE.

2.Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato. Secondo il resistente, il decreto-legge n. 621 del 1994, convertito dalla legge n. 737 del 1994, costituirebbe una legittima base normativa per l'attuazione del regolamento CEE n. 2079/92, recependo, mediante un rinvio materiale, il programma nazionale definito ed approvato dal CIPE nell'esercizio delle sue funzioni di coordinamento della politica economica nazionale con le politiche comunitarie. Nè, a giudizio del resistente, avrebbe rilevanza il fatto che la deliberazione del CIPE abbia temporalmente preceduto il provvedimento legislativo, essendo comunque quest'ultimo, e non la deliberazione, lo strumento normativo di attuazione della norma comunitaria. La deliberazione del CIPE non potrebbe, pertanto, essere impugnata in sede di conflitto di attribuzione quale strumento autonomo di attuazione del regolamento comunitario. Da qui l'asserita inammissibilità del ricorso, nei cui confronti vie ne anche prospettato un dubbio di tardività. Il ricorso sarebbe comunque infondato in quanto il programma approvato verrebbe ad incidere non solo in materia di agricoltura, ma anche, e prevalentemente, in materia di politica del lavoro e pensionistica, sottratta alla sfera delle attribuzioni della Provincia autonoma.

3.In prossimità dell'udienza la Provincia autonoma di Trento ha presentato una memoria nella quale si contestano le eccezioni opposte dall'Avvocatura dello Stato in ordine alla asserita tardività del ricorso nonchè alla presunta non idoneità della deliberazione del CIPE 11 ottobre 1994 ad essere oggetto di autonoma impugnazione. Nel merito, la ricorrente riafferma l'insufficienza del decreto-legge n. 621 del 1994, successivo alla deliberazione del CIPE, a costituire valido fondamento giuridico per tale atto ad esso precedente, nonchè la lesione, sotto i profili denunciati, dell'autonomia provinciale da parte dei contenuti del programma nazionale.

Considerato in diritto

1.Il regolamento CEE n. 2079/92 dispone che gli Stati membri possono istituire, quale misura di accompagnamento delle modifiche previste nell'ambito delle organizzazioni comuni dei mercati, un regime comunitario di aiuti al prepensionamento in agricoltura, cofinanziato dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione Garanzia (art. 2, numero 1), ed applicare il regime in questione sull'intero territorio degli stessi Stati "tramite programmi pluriennali a livello nazionale e regionale" (art. 4, numero 1) In attuazione di tale regolamento il CIPE, con deliberazione dell'11 ottobre 1994, ha approvato il Programma nazionale di aiuti al prepensionamento in agricoltura, precisando nei vari paragrafi dello stesso, la sua delimitazione geografica; la descrizione della situazione strutturale delle aziende, dei lavoratori e dei redditi agricoli; la descrizione dei regimi vigenti in materia di pensionamento e prepensionamento; le condizioni per l'ammissione al regime di aiuti; la natura degli stessi aiuti; le competenze amministrative; le stime relative alle persone ed alle superfici interessate; i costi del programma e la sua compatibilità con altre misure nazionali e comunitarie; i dati sulla sua attuazione da trasmettere alle autorità comunitarie. Con il ricorso in esame la Provincia autonoma di Trento solleva conflitto nei confronti dello Stato, ritenendo la delibera del CIPE lesiva della propria sfera di attribuzioni sotto profili diversi e, in particolare, per avere la stessa delibera approvato un programma nazionale: a) in una materia riservata alla competenza esclusiva della Provincia, che avrebbe dovuto provvedere all'attuazione del regolamento CEE mediante l'adozione di un proprio programma provinciale; b) caratterizzato da una disciplina dettagliata, che avrebbe sottratto alla Provincia ogni spazio di intervento se non puramente esecutivo; c) lesivo, sotto molteplici aspetti, dell'autonomia organizzativa provinciale; d) lesivo dell'autonomia finanziaria della stessa Provincia, per aver affidato all'A.I.M.A. anzichè alla Provincia la liquidazione e l'erogazione degli aiuti; e) lesivo del principio di legalità sostanziale, risultando sprovvisto di una specifica base legislativa; f) lesivo, infine, dell'autonomia normativa, amministrativa e finanziaria provinciale per gli stessi motivi già fatti valere dalla Provincia in sede di impugnativa del decreto-legge n. 621 del 1994 (Reg. Ric. n. 9/95). La ricorrente chiede, pertanto, a questa Corte di voler dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al CIPE, approvare un programma nazionale di aiuti al prepensionamento in agricoltura, attuativo del regolamento CEE n. 2079/92, con i contenuti di cui al programma approvato con la deliberazione del CIPE in data 11 ottobre 1994 e, di conseguenza, annullare la delibera stessa con il relativo programma.

2.Vanno innanzitutto esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso prospettate dalla difesa statale. Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato si potrebbe, in primo luogo, dubitare della stessa tempestività del ricorso, proposto in data 6 marzo 1995, dopo che la delibera impugnata aveva già formato oggetto di un esplicito richiamo nell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 7 novembre 1994, n. 621, convertito dalla legge 17 dicembre 1994, n. 737, anch'esso impugnato dalla Provincia. Tale eccezione prospettata, peraltro, in termini problematici non può essere accolta, dal momento che il semplice richiamo alla delibera del CIPE contenuto nel decreto-legge n. 621 non poteva in alcun modo integrare una piena conoscenza da parte della Provincia della stessa delibera, conoscenza che, in mancanza di una comunicazione diretta, si è potuta realizzare soltanto il 5 gennaio 1995, al momento della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera in questione e del programma allegato. Un ulteriore motivo di inammissibilità che viene eccepito dalla difesa statale attiene al fatto che il decreto-legge n. 621 del 1994, nel richiamare la delibera del CIPE dell'11 ottobre 1994, ne avrebbe recepito materialmente il contenuto, eliminando così la possibilità di una autonoma impugnativa della stessa, in quanto "legificata" attraverso il decreto legge n. 621. Anche tale eccezione non può essere accolta. La semplice lettura dell'art. 1, comma 2, del decretolegge n. 621 consente, infatti, di rilevare come tale norma, nel formulare un semplice rinvio alla delibera del CIPE, non abbia inteso in alcun modo operare un rinvio materiale alla stessa nè tanto meno attribuire ai suoi contenuti la forza propria dell'atto legislativo. Nonostante il richiamo operato dal decreto-legge, la delibera del CIPE ha, pertanto, mantenuto inalterata la propria natura di atto amministrativo e la propria autonoma potenzialità lesiva suscettibile di essere fatta valere attraverso il conflitto di attribuzione di cui è causa.

3.Nel merito, il ricorso si presenta solo in parte fondato. Va innanzitutto ricordato che la Provincia autonoma di Trento, prima di proporre il ricorso in esame, ha provveduto ad impugnare, con ricorso in via principale, l'art. 1 del decreto-legge n. 621 del 1994 sotto profili in parte coincidenti con quelli fatti valere nei confronti della delibera del CIPE dell'11 ottobre 1994 e che questa Corte, con la sentenza n. 458 del 1995, ha dichiarato non fondata la questione proposta. In particolare, con tale sentenza, è stato escluso che l'adozione di un programma nazionale nella materia del prepensionamento in agricoltura, disciplinata dal regolamento CEE n. 2079/92, possa di per sè rappresentare una lesione alla competenza esclusiva della Provincia, mentre, di contro, è stato giustificato, per esigenze contabili connesse alla particolare natura del fondo impiegato per l'attuazione del regolamento in questione, l'affidamento all'E.I.M.A. (oggi A.I.M.A.) del compito di provvedere all'erogazione degli aiuti ai beneficiari indicati dalla Provincia. In ordine a tali profili, fatti valere anche nel ricorso in esame, non resta, dunque, che confermare il giudizio di infondatezza già formulato nella sentenza n. 458 del 1995. L'esame, in questa sede, può essere, pertanto, limitato ai motivi diversi da quelli prospettati nel precedente ricorso, attinenti specificamente alla delibera del CIPE dell'11 ottobre 1994 ed al relativo programma nazionale.

4.Il primo di tali motivi investe l'asserita lesione da parte della delibera del CIPE del principio di legalità sostanziale, conseguente all'assenza di un fondamento legislativo in grado di supportare la stessa delibera. Tale motivo non appare fondato. È vero come afferma la Provincia che il semplice richiamo alla delibera del CIPE contenuto nel secondo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 621 non può ritenersi un fondamento adeguato, essendo tale norma intervenuta successivamente all'adozione della delibera, senza indicare alcun limite sostanziale al potere di programmazione esercitato dallo Stato. Ma ciò non toglie che tale fondamento possa pur sempre essere individuato nello stesso regolamento CEE n. 2079/92, per la cui attuazione la delibera del CIPE è stata adottata. Tale regolamento che esprime una fonte primaria direttamente applicabile nell'ordinamento interno offre, infatti, indicazioni sufficienti a fondare e delimitare il potere che, attraverso l'atto impugnato, il CIPE ha inteso esercitare: in primo luogo, conferendo agli Stati membri, nella materia del prepensionamento dell'agricoltura, un potere di programmazione di livello nazionale (che la distribuzione delle competenze interne ha attribuito, a sua volta, al CIPE: v. art. 2 della legge 16 aprile 1987, n. 183, e art. 1, numero 24, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537); in secondo luogo, disciplinando sul piano sostanziale gli obbiettivi, le condizioni e le modalità cui il regime di aiuti al prepensionamento, definito in attuazione del regolamento n. 2079/92 dai singoli Stati, è tenuto ad ispirarsi. I vincoli derivanti nei confronti delle competenze della Provincia autonoma di Trento dal programma nazionale trovano, quindi, una base adeguata nella stessa disciplina comunitaria e nell'esigenza del rispetto di un obbligo internazionale assunto dallo Stato.

5.Il secondo motivo di censura che va esaminato, in quanto estraneo ai contenuti della sentenza n. 458 del 1995, concerne la lamentata lesione dell'autonomia organizzativa della Provincia. Tale motivo, nel ricorso, viene correlato a diversi aspetti del programma nazionale e, in particolare, al fatto che tale programma: a) individua nella Giunta l'organo provinciale competente a rideterminare per talune aree i limiti minimi della superficie aziendale ceduta e di quella destinata all'ampliamento dell'azienda (par. 4.2, quarto cpv., e 4.7, secondo cpv); b) affida la propria applicazione alla competenza dell'assessorato all'agricoltura della Provincia (par. 6, secondo cpv.); c) indica il numero degli agenti da impegnare nella Provincia per l'attuazione del programma, precisando che gli stessi dovranno operare nell'ambito degli assessorati all'agricoltura, degli enti di sviluppo agricolo o di altre strutture controllate dalla amministrazione provinciale (par. 5.3, primo e secondo cpv.). La censura è fondata. Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha riconosciuto che la ripartizione delle funzioni tra i vari organi delle Regioni e delle Province autonome rientra nella sfera dell'organizzazione interna regionale e provinciale riservata agli statuti ed alle leggi degli enti in questione. Una volta individuata la funzione, non spetta, pertanto, alla fonte statale determinare anche, con una disposizione di dettaglio, l'organo della Regione o della Provincia autonoma cui la stessa funzione deve essere affidata, così da interferire sulla ripartizione delle funzioni tra i diversi organi degli stessi soggetti (v. sentenze nn. 356 del 1995; 355 del 1993; 355 e 353 del 1992; 407 del 1989; 64 del 1987). Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al profilo in esame, con il conseguente annullamento in parte qua del programma nazionale approvato con la delibera impugnata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al CIPE, adottare la delibera 11 ottobre 1994 che ha approvato il "Programma nazionale per l'introduzione di un regime di aiuti al prepensionamento in agricoltura ai sensi del regolamento CEE n. 2079/92"; dichiara che non spetta allo Stato individuare, nel contesto di tale Programma, gli organi della Provincia autonoma di Trento competenti ad intervenire ai fini dell'attuazione di tale programma. Conseguentemente, annulla i paragrafi 4.2, quarto cpv.; 4.7, secondo cpv.; 5.3, primo e secondo cpv.; 6, secondo cpv., dello stesso Programma nella parte in cui vengono indicati gli organi della Provincia autonoma di Trento competenti all'attuazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 26/10/95.