SENTENZA N. 373
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 4, 5 e 6 del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito nella legge 17 ottobre 1994, n. 590, dell'art. 1, comma 2, della stessa legge 17 ottobre 1994, n. 590, nonchè dell'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge 24 giugno 1994, n. 401 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), promosso con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, notificato il 24 novembre 1994, depositato in cancelleria il 2 dicembre 1994 ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 1994. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1995 il Giudice relatore Francesco Guizzi;
uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La Provincia autonoma di Bolzano solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 4, 5 e 6, del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito nella legge 17 ottobre 1994, n. 590, dell'art. 1, comma 2, della stessa legge n. 590, nonchè dell'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge 24 giugno 1994, n. 401 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), non convertito in legge, in riferimento agli articoli 3, terzo comma; 4, primo comma, numero 7; 9, primo comma, numero 10; 16, primo comma; e agli articoli 89, 99, 100 e 101 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e alle norme di attuazione di cui al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, come modificato dal decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267.
La Regione Trentino-Alto Adige ha competenza primaria, ai sensi dell'art. 4, numero 7, dello Statuto, sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, mentre la Provincia autonoma ha competenza concorrente per l'igiene e sanità (art. 9, numero 10).
Sia la Regioneche le Province autonome hanno esercitato le loro competenze statutarie in tali materie: e, così, la legge regionale 30 aprile 1980, n. 6, disciplina l'ordinamento delle unità sanitarie locali, e le leggi provinciali di Bolzano 29 luglio 1992, n. 30, e 10 novembre 1993, n. 22, il servizio sanitario provinciale.
La Provincia, richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale e, in particolare, alla sentenza n. 354 del 1994 (che ha dichiarato illegittimo l'art. 19, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nella parte in cui qualifica norme fondamentali di riforma economicosociale tutte le disposizioni ivi indicate, e non soltanto i principi da esse desumibili), osserva che il decreto-legge impugnato detta una minuziosa regolamentazione sulla nomina e revoca dei direttori generali delle USL, in contrasto con l'orientamento affermato da questa Corte.
Nel ricorso si muovono, poi, specifiche censure alle disposizioni del decreto-legge.
L'art. 1, comma 1, prevede, per la nomina dei direttori generali, un potere sostitutivo del Consiglio dei ministri che è illegittimo, perchè le norme statutarie non contemplano, in tale materia, alcuna competenza del Governo statale.
Il decreto-legge non osserva, d'altronde, le prescrizioni statutarie in tema di bilinguismo e proporzionale (artt. 89, 99, 100 e 101, Statuto), rispettate dalla precedente disciplina statale, e specificamente dall'art. 3, comma 10, del decreto legislativo n. 502, che ora è abrogato, insieme con il terzo periodo del comma 6 di detto art. 3.
Anche il comma 2 dell'art. 1 sarebbe lesivo dell'autonomia provinciale, giacchè non afferma un principio, ma commina direttamente la nullità delle nomine effettuate in difformità dall'art. 3, commi 9 e 11, del decreto legislativo n. 502 (la Provincia, fra l'altro, ha attuato il decreto legislativo n. 502 del 1992 con la legge provinciale n. 22 del 1993).
Quanto al comma 4 dell'art. 1, non rientra nella competenza dello Stato, bensì in quella della Provincia, stabilire il compenso degli amministratori, ordinari e straordinari, e definire la disciplina di organizzazione delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere; e neanche spetta al Consiglio dei ministri il potere sostitutivo della nomina dei commissari straordinari e del collegio dei revisori, dal momento che la Provincia ha competenza sullo stato giuridico ed economico del personale sanitario, ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, modificato dal decreto legislativo n. 267 del 1992.
Si impugna altresì il comma 5 dell'art. 1, non avendo la legge statale titolo per dichiarare la validità, o meno, delle nomine dei direttori generali deliberate dalle Province autonome; e, comunque, sarebbe incostituzionale quella parte della norma che pone il riferimento temporale del 24 giugno 1994, alla luce di ciò che si è detto circa l'ambito della competenza provinciale. Anche il comma 6 incorrerebbe in rilievi di incostituzionalità, essendo la materia della verifica e della vigilanza devoluta alla competenza provinciale, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
2. - La Provincia impugna poi l'art. 1, comma 2, della legge di conversione (n. 590 del 1994), nella parte in cui fa salvi gli effetti prodotti dal decreto-legge n. 401 del 1994, non convertito in legge. Se è vero che il terzo comma dell'art. 77 della Costituzione abilita il legislatore a dettare una regolamentazione retroattiva dei rapporti, la relativa disciplina non può prescindere (come questa Corte ha chiarito nella sentenza n. 89 del 1966) dal rispetto delle norme costituzionali. L'art. 1, commi 1 e 3, del decreto- legge n. 401 attribuiva alla Conferenza Stato-Regioni il potere di proporre al Presidente del Consiglio interventi per l'organizzazione e il funzionamento delle USL, esautorando la Provincia; e, infatti, lesiva delle norme statutarie sarebbe la sospensione - disposta dall'art. 1, comma 3 - della procedura di nomina dei direttori generali.
3. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità e, in subordine, per l'infondatezza del ricorso.
La Provincia non sarebbe legittimata a evocare il parametro di cui all'art. 4, numero 7, dello Statuto, poichè sostituirebbe la Regione che ha competenza sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri; mentre essa ha competenze gestionali. Non pertinente (e non sviluppato) è il richiamo agli artt. 89, 99, 100 e 101 dello Statuto: d'altronde, i principi del bilinguismo e della <proporzionale> non sono toccati dalle disposizioni in esame.
L'Avvocatura affronta, poi, le singole censure mosse all'art. 1 del decreto-legge.
Con riguardo ai commi 2 e 5 (concernenti le nomine) essa eccepisce la mancanza di interesse della ricorrente: l'art. 4, comma 4, della legge provinciale n. 22 del 1993 statuisce, infatti, che gli attuali amministratori straordinari delle unità sanitarie locali assumano a tempo pieno le funzioni di direttore generale; avendo la Provincia provveduto con la legge, e non con atti amministrativi, non vi sarebbe "invasività" dei commi citati. Quanto alle censure mosse al comma 1, che risulterebbe eccessivamente dettagliato, essa replica che detto comma non lo è più della normativa statale previgente; e, in ogni caso, il carattere dettagliato delle norme statali rileva al solo fine di valutarne la <cedevolezza> (cfr. art. 4, comma 9, della legge provinciale n. 22 del 1993), ma non sotto il profilo della sua legittimità costituzionale. Circa il potere sostitutivo ivi contemplato, l'Avvocatura osserva che in materia sanitaria la Provincia si trova sullo stesso piano delle Regioni a statuto ordinario e che il comma 6 introduce un principio generale cui le Regioni e le Province autonome debbono adeguarsi, sottolineando che la verifica dei risultati di gestione è comunque affidata alla Provincia, la quale può ben definire le modalità secondo cui debba svolgersi.
4. - Nell'imminenza della pubblica udienza, la ricorrente ha presentato memoria, ricordando come entrambe le Province autonome abbiano regolamentato il funzionamento e l'organizzazione delle nuove aziende speciali e, in particolare, la figura del direttore generale. Mentre quella di Trento ha dettato una disciplina organica del servizio sanitario provinciale con la legge 1° aprile 1993, n. 10, il cui art. 16 riguarda il direttore generale dell'azienda, la Provincia di Bolzano, in attesa della promulgazione di una nuova legge organica, ha approvato una normativa transitoria (art. 4 della già menzionata legge provinciale n. 22 del 1993) che pone norme di raccordo con il decreto legislativo n. 502 del 1992. La figura e lo status del direttore generale delle USL-aziende speciali sono, dunque, compiutamente definiti dalla legislazione provinciale.
La violazione delle competenze provinciali è evidente e immediata, ad avviso della Provincia di Bolzano, in quanto la normativa statale oggetto della presente impugnazione è così dettagliata da non richiedere il previo adeguamento a essa della legislazione provinciale, secondo lo schema dell'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
La ricorrente insiste, poi, sulla illegittimità del potere sostitutivo contemplato dalle norme impugnate, che non prevedono neanche la previa audizione della Provincia, secondo quanto richiederebbe, invece, il principio di leale collaborazione (sentenza n. 37 del 1991).
Considerato in diritto
1. - La Provincia autonoma di Bolzano solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 4, 5 e 6, del decreto-legge n. 512 del 1994 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito nella legge n. 590 del 1994, dell'art. 1, comma 2, della stessa legge n. 590, nonchè dell'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge n. 401 del 1994, decaduto per mancata conversione nei termini costituzionali.
La Provincia ritiene che le disposizioni impugnate ledano l'ambito delle sue competenze, quale risulta definito dagli articoli 3, terzo comma; 4, primo comma, numero 7; 9, primo comma, numero 10; 16, primo comma, e dagli articoli 89, 99, 100 e 101 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige.
2. - In via preliminare, va esaminata l'eccezione di inammissibilità mossa dall'Avvocatura dello Stato: la Provincia avrebbe competenza gestionale essendo regionali le attribuzioni sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, e non sarebbe dunque legittimata a invocare il parametro di cui all'art. 4, numero 7, dello Statuto.
L'eccezione va disattesa. Se è vero, infatti, che l'art. 4, numero 7, conferisce alla Regione la potestà di emanare norme legislative sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, va pure considerato che il decreto-legge in esame incide prevalentemente sulle modalità di funzionamento delle unità sanitarie locali e, dunque, su profili gestionali in ordine ai quali non può certo negarsi la competenza della Provincia. Ne è riprova, d'altronde, la legislazione provinciale che è stata emanata sulla gestione delle unità sanitarie locali: si pensi, in proposito, alla legge provinciale 29 luglio 1992, n. 30 (Nuove norme sulla gestione delle unità sanitarie locali), e soprattutto alla legge provinciale 10 novembre 1993, n. 22 (Conferimento di incarichi provvisori per la funzione di direttore sanitario per gli ospedali delle unità sanitarie locali, ammissione ai concorsi per il profilo professionale degli psicologi nelle USL e norme sul riordino del servizio sanitario provinciale), che pone, all'art. 4, norme di raccordo con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sulle quali si tornerà fra breve.
3. - Si deve quindi passare al merito.
La ricorrente denuncia il carattere eccessivamente dettagliato della normativa introdotta dal decreto-legge e a tal fine richiama la sentenza n. 354 del 1994, che ha dichiarato illegittimo l'art. 19, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992 - come sostituito dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 - nella parte in cui qualifica norme fondamentali di riforma economico-sociale tutte le disposizioni ivi indicate, e non soltanto i principi da esse desumibili. La sentenza n. 354 attiene, invero, ai principi fondamentali di riforma economico- sociale con particolare riguardo alle attribuzioni provinciali in materia di addestramento e formazione professionale, mentre nella fattispecie ora in esame la competenza provinciale - sancita dall'art. 9, numero 10, dello Statuto speciale - è di rango "secondario", essendo soggetta ai limiti indicati dall'art. 5 dello stesso Statuto. Ma anche in questo caso vi è l'esigenza, costituzionalmente rilevante, che la legislazione statale - la quale incide sulle materie di competenza regionale e provinciale - si articoli per principi: la normativa di dettaglio, adottata dallo Stato nelle materie attribuite in via generale alla competenza regionale o provinciale, può trovare fonda mento, eccezionalmente, nell'interesse nazionale; ma in tal caso il controllo di costituzionalità sull'apprezzamento compiuto dal legislatore dovrà essere quanto mai rigoroso, a tutela dell'autonomia legislativa e amministrativa garantita alle regioni e alle province autonome (v. per tutte la sentenza n. 177 del 1988).
Ora, il carattere estremamente dettagliato della disciplina introdotta dal decreto-legge n. 512 del 1994, nelle parti impugnate, risulta di tutta evidenza, giacchè la previsione di poteri sostitutivi senza che vi sia obbligo di motivazione, la comminatoria di nullità delle nomine, le norme sui compensi, quelle sulla vigilanza e la verifica dei risultati amministrativi e di gestione, incidono così gravemente sulla sfera di autonomia provinciale da lasciare spazio soltanto alla mera esecuzione, contraddicendo i canoni che devono informare il rapporto tra la legislazione statale e quella regionale e provinciale (quest'ultima si adegua ai principi e norme che determinano i limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale: art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266). Nè si rinviene un preminente interesse nazionale che possa giustificare l'applicazione, in ambito provinciale, della normativa statale in esame.
È importante ricordare, a tal riguardo, come la Provincia autonoma di Bolzano, nelle more del compiuto riordino del servizio sanitario provinciale, abbia introdotto norme di raccordo con il decreto legislativo n. 502 del 1992, prevedendo, all'art. 4 della già ricordata legge provinciale n. 22 del 1993, un meccanismo imperniato sulla continuità della gestione amministrativa, in base al quale gli amministratori straordinari delle unità sanitarie locali assumono le funzioni di direttore generale sino all'entrata in vigore della nuova disciplina del servizio sanitario provinciale.
La ricorrente ha dunque esercitato con tempestività la propria potestà legislativa, conformemente alle attribuzioni statutarie e in termini rispettosi del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Principio che risulterebbe inciso, semmai, proprio dall'applicazione, in ambito provinciale, delle norme sulla nomina dei direttori generali introdotte dal decreto-legge impugnato.
Va infine rilevato come l'abrogazione del comma 10 dell'art. 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, operata dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge, seppur conseguente alla soppressione del precedente sistema di nomina del direttore generale tra gli iscritti nell'elenco nazionale istituito presso il Ministero della sanità, finirebbe per ledere le prescrizioni statutarie in tema di bilinguismo e proporzionale (articoli 89, 99, 100 e 101 dello Statuto); e ciò rappresenta un ulteriore motivo di illegittimità delle disposizioni impugnate, nella parte in cui si applicano alla Provincia autonoma di Bolzano.
4. - Devono considerarsi infine assorbite le restanti censure mosse al decreto-legge n. 512 del 1994, e all'art. 1, comma 2, della legge di conversione (n. 590 del 1994), nella parte in cui questo fa salvi gli effetti prodotti dal decreto- legge n. 401 del 1994, non convertito in legge.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 4, 5 e 6, del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito nella legge 17 ottobre 1994, n. 590, nella parte in cui si applica alla Provincia autonoma di Bolzano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 25 luglio 1995.