ORDINANZA N. 340
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13 febbraio 1995 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verbania nel procedimento penale a carico di Di Stefano Claudio, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1995 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
RITENUTO che con ordinanza del 13 febbraio 1995, emanata dopo aver pronunciato sentenza di merito in un procedimento penale svolto con il rito del giudizio abbreviato, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verbania ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione; che il giudice a quo impugna l'art. 275 citato in quanto, in relazione al titolo di reato (già) devoluto alla cognizione del rimettente (omicidio volontario), una volta esclusa l'insussistenza di esigenze cautelari, la norma stessa non consente l'applicazione di misure diverse dalla custodia in carcere; che, secondo l'ordinanza di rinvio, mentre non è censurabile che in relazione a più gravi titoli di reato, tra cui quello accennato, il legislatore abbia stabilito una presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari - superabile, come detto, con puntuale verifica e motivazione della loro non ricorrenza in concreto - risulta viceversa incongruo l'aver stabilito che la garanzia di dette esigenze debba essere in ogni caso affidata allo strumento della custodia cautelare in carcere; che la riferita disciplina sarebbe, in questa prospettiva, irragionevole e altresì lesiva del precetto dell'art. 27, secondo comma, della Costituzione, il quale ultimo esclude che la custodia possa costituire una forma di espiazione anticipata di pena; per ovviare a tali censure, conclude il rimettente, occorrerebbe affidare al giudice il potere di valutare nel caso concreto la sufficienza di una misura diversa ai fini cautelari, secondo un meccanismo di presunzione semplice (di adeguatezza della custodia detentiva) superabile di volta in volta secondo le evenienze del singolo procedimento, analogamente a quanto stabilito dallo stesso art. 275 in relazione al presupposto dell'esistenza delle ragioni di cautela; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che, come risulta dalla stessa esposizione dell'ordinanza di rinvio, il giudice a quo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, dopo aver provveduto - contestualmente alla statuizione sul merito dell'imputazione, con la sentenza resa in data 14 dicembre 1994 all'esito del giudizio abbreviato - sulla richiesta di rimessione in libertà dell'imputato, e precisamente dopo aver respinto detta richiesta, nell'assunto dell'esigenza di non pregiudicare il diritto dell'imputato di impugnare il provvedimento reiettivo; che, dunque, per un verso il giudice a quo ha già fatto applicazione della norma denunciata di incostituzionalità, mentre per altro verso lo stesso giudice, avendo provveduto - negativamente - sulla richiesta dell'imputato ha perso ogni potere di controllo sullo status libertatis, potere che, in ipotesi, potrebbe riespandersi solo a seguito di una nuova domanda di parte, attesa la tassatività delle ipotesi in cui al giudice è consentito provvedere di ufficio alla revoca o sostituzione delle misure cautelari personali, ex art. 299, comma 3, del codice di procedura penale (cfr. ord. n. 435 del 1993), ipotesi che non ricorrono nella fattispecie del giudizio a quo; che, per entrambi i profili detti, la questione sollevata risulta priva del necessario requisito della pregiudizialità e della rilevanza rispetto al processo a quo e pertanto va dichiarata manifestamente inammissibile, in conformità del costante orientamento di questa Corte (da ultimo, ex plurimis, ord. n. 285 del 1994). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27, secondo comma, della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verbania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 20/07/95.