SENTENZA N. 200
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), promosso con ordinanza emessa il 13 giugno 1994 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Bruni Vittorio ed altri contro il Ministero della Difesa ed altro, iscritta al n. 638 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto in fatto
1. - Avverso il provvedimento con cui il Ministro della difesa ha negato la corresponsione dell'indennità prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), ed estesa dalla legge 15 febbraio1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), alcuni dipendenti, civili e militari, del Ministero della difesa, comandati a prestare servizio presso gli uffici della giustizia militare, proponevano ricorso avanti il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, chiedendo il riconoscimento dello specifico emolumento goduto dal personale amministrativo di tutte le magistrature. In subordine- ove l'impugnativa non avesse trovato accoglimento - essi eccepivano, per contrasto con gli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione, l'incostituzionalità della disposizione invocata. All'esito del giudizio, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di costituzionalità dell'art. 1 della legge n. 51 del 1989, nella parte in cui esclude dal godimento della indennità i dipendenti del Ministero della difesa -appartenenti ai ruoli militari ovvero ai ruoli civili ed in possesso di qualifiche funzionali diverse dalla IV o dalla V ovvero eccedenti il numero di 129 unità - distaccati temporaneamente a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare.
2. - Il rimettente premette che l'art. 1 della legge n. 51 del 1989 ha esteso al personale amministrativo del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei conti, dell'Avvocatura dello Stato e dei Tribunali militari il diritto a percepire lo speciale emolumento istituito dalla legge n. 221 del 1988 (la cosiddetta indennità giudiziaria). Per quanto concerne i Tribunali militari, esso ha esteso il beneficio soltanto al personale civile del Ministero della difesa, appartenente alla IV ed alla V qualifica funzionale, limitatamente a un contingente massimo di 129 unità. I ricorrenti - sebbene tutti assegnati a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare - non avrebbero dunque alcun diritto al beneficio e non rientrerebbero nella previsione della norma denunciata in quanto dipendenti militari del Ministero della difesa o dipendenti civili con qualifiche diverse da quelle indicate dalla legge ovvero appartenenti alle predette qualifiche, ma di numero eccedente il contingente complessivo delle 129 unità. L'emolumento in questione troverebbe giustificazione non in generiche finalità di "espansione retributiva", ma nel dato oggettivo costituito dalle particolari caratteristiche (qualificazione e gravosità) dell'attività lavorativa, sì che sarebbe in contrasto con il principio sancito dall'art. 3 della Costituzione, l'esclusione dal beneficio per la categoria cui appartengono i ricorrenti. Né può offrire idonea giustificazione alla privazione dell'emolumento che costoro siano civili o militari, o che alcuni non abbiano il possesso delle qualifiche indicate dalla norma, o infine l'esubero numerico in rapporto alle 129 unità.
Per tutti costoro, nessuno escluso, sussisterebbe infatti il requisito dell'impiego nelle strutture giudiziarie militari, che è a base del diritto al beneficio. Peraltro, anche a prescindere dalla legittimità dei provvedimenti amministrativi di assegnazione agli uffici giudiziari militari di personale che, per ruolo, qualifica e quantità è diverso da quello preso in considerazione dalla legge impugnata, resta il principio della necessità di corrispondere la retribuzione prevista per le mansioni effettivamente svolte dal dipendente, pena un ingiustificato arricchimento per l'Amministrazione, più volte affermato da questa Corte (sentenze nn. 296 del 1990 e 57 del 1989 e ordinanza n. 908 del 1988). Ne risulterebbe, dunque, un contrasto con il diritto alla retribuzione corrispondente alla qualità del lavoro prestato così come stabilito dall'art. 36 della Costituzione.
3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione. Il dubbio prospettato dal giudice a quo non avrebbe fondamento logico-giuridico in relazione a quanto già stabilito dal Consiglio di Stato nella decisione n. 1144 del 1993.
Nel respingere l'identica eccezione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento agli stessi parametri costituzionali, il Consiglio di Stato avrebbe chiaramente affermato la iniquità d'un esito positivo, in considerazione del trattamento già favorevole riservato al personale militare, rispetto a quello civile, con il godimento di specifiche indennità loro attribuite, e con una progressione economica - diversamente dagli altri dipendenti pubblici - connessa al grado e non alla qualifica. Di conseguenza, la questione dovrebbe dichiararsi infondata anche sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte che non ritiene comparabili situazioni fra loro intrinsecamente eterogenee. Per il personale civile la legge - <in attesa dell'istituzione di appositi ruoli organici > - avrebbe imposto, inoltre, un limite quantitativo allo scopo di frenare quei prevedibili fenomeni di corsa al <distacco>, con immaginabili rischi di sovraffollamento nell'assenza, appunto, di un ruolo organico. Anche in tal caso la discrezionalità del legislatore sarebbe stata esercitata con rispondenza a criteri di logicità e ragionevolezza e ispirata a ragioni di economicità, efficienza e buon andamento dell'amministrazione.
Considerato in diritto
1 Viene all'esame della Corte la questione di costituzionalità dell'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51, che attribuisce l'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali e, in tale ambito, anche al <personale civile del Ministero della difesa, inquadrato nella quarta e quinta qualifica funzionale, distaccato temporaneamente, in attesa dell'istituzione degli appositi ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità>. Esso sarebbe in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza, per l'illegittima disparità di trattamento che verrebbe ad intercorrere tra le 129 unità del personale civile del Ministero della difesa, appartenenti alla quarta e quinta qualifica funzionale, distaccate temporaneamente presso i tribunali militari, e le altre unità: - di personale civile dello stesso ministero, pure distaccato presso i tribunali militari, non appartenente a quelle qualifiche oppure in numero eccedente le 129 unità nelle anzidette qualifiche; - di personale militare dello stesso ministero, distaccato presso i predetti tribunali e appartenenti a varie qualifiche. Si assume anche il contrasto, ai sensi dello art. 36 della Costituzione, con il principio di corrispondenza del trattamento economico rispetto alle mansioni esercitate, pena l'ingiustificato arricchimento per la pubblica amministrazione (cfr. sentenze nn. 296 del 1990 e 57 del 1989).
2. - La questione è infondata. Come si è già rilevato nella sentenza n. 334 del 1992, la legge n. 51 del 1989, dopo vari passaggi legislativi, ha esteso l'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle giurisdizioni speciali, ivi compreso il <personale civile del Ministero della difesa, inquadrato nella IV e V qualifica funzionale distaccato temporaneamente, in attesa dell'istituzione di appositi ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità>.
Il fondamento dell'estensione di siffatto beneficio al personale amministrativo delle giurisdizioni speciali è stato da questa Corte ravvisato nel parallelismo tra le due categorie di personale (di magistratura e amministrativo) in servizio presso gli organi giurisdizionali, e giustificato, per i dipendenti civili del Ministero della difesa, limitatamente a coloro che, nella misura massima di 129 unità, risultano inquadrati nella IV e V qualifica funzionale. Non possono quindi avere ingresso, in questa sede, le ricognizioni effettuate dagli uffici ministeriali e dal Consiglio della Magistratura militare, secondo cui presterebbero servizio, di fatto, all'incirca altre 140 unità di personale, non tutte nelle qualifiche "privilegiate" dal legislatore.
3. - Quella impugnata è, expressis verbis, una disciplina transitoria della giurisdizione speciale militare che trae il suo funzionamento dall'apporto del personale, <distaccato temporaneamente>, <in attesa dell'istituzione di appositi ruoli organici>. Ruoli che, allo stato, risultano ancora irrealizzati, nonostante le pressanti sollecitazioni avanzate in proposito dal Consiglio della Magistratura militare. La questione di costituzionalità nasce in questo ambito organizzatorio, ed è alimentata dal suo mancato assestamento. Ma la disposizione, impugnata in base al principio costituzionale di uguaglianza, trova la sua ragione d'essere nell'esercizio della discrezionalità del legislatore, resa non irrazionale nelle sue scelte dalla clausola di transitorietà: perciò, solo in presenza di ruoli organici della giurisdizione - individuando le qualifiche e il numero dei posti - potrebbero adeguatamente compiersi le richieste valutazioni di razionalità. Ove, però, tale regime dovesse protrarsi oltre ogni ragionevole misura temporale, la Corte - nuovamente investita - non potrebbe fare a meno di riconsiderare l'orientamento sinora espresso. Nè può soccorrere il principio di corrispondenza dei trattamenti economici alle (pari) mansioni esercitate dai ricorrenti. Tale principio, infatti, non può penetrare, sul piano delle valutazioni costituzionali, nel cennato stadio di organizzazione (transitoria) della materia, anche se, sul diverso piano delle fattispecie concrete, non mancano le pronunce di alcuni giudici amministrativi che hanno dato una qualche rilevanza economica alla pari attività lavorativa svolta da quel personale civile eccedente le 129 unità previste dalla disposizione impugnata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/05/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/05/95.