Ordinanza n. 39 del 1995

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ORDINANZA N. 39

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,Presidente

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 459, secondo e terzo comma, del codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse il 17 novembre 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Parma, iscritte ai nn. 152 e 153 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.

RITENUTO che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di _Parma ha sollevato, con due ordinanze di identico contenuto, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dell'art. 459, secondo e terzo comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non consente al giudice per le indagini preliminari di applicare immediatamente una pena diversa, anche diminuita fino alla metà del minimo edittale, oppure superiore, rispetto a quella richiesta dalla pubblica accusa nel procedimento per decreto, con subitanea definizione del processo";

che, ad avviso del remittente, l'obbligo per il giudice di restituire gli atti al pubblico ministero, nel caso in cui ritenga incongrua la misura della pena indicata nella richiesta, comporta una dinamica "farraginosa", che appesantisce anziché snellire il procedimento, ed incide negativamente nella organizzazione degli uffici giudiziari sotto il profilo del buon andamento dell'amministrazione, con pericolo anche di prescrizione dei reati;

che è intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha concluso per l'infondatezza della questione.

CONSIDERATO che, concernendo identica questione, i giudizi vanno riuniti e decisi congiuntamente;

che, secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt. nn. 376 e 428 del 1993 e ordd. nn. 434 del 1993 e 275 del 1994), il principio del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione, alla cui realizzazione l'art. 97 della Costituzione vincola la disciplina dell'organizzazione dei pubblici uffici, pur potendo riferirsi anche agli organi dell'amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, mentre è del tutto estraneo al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale, nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che costituiscono espressione di tale esercizio;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 459, secondo e terzo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Parma con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1995.