Ordinanza n. 434 del 1993

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ORDINANZA N. 434

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 3 marzo 1993 dal Pretore di Bergamo nel procedimento civile vertente tra la società Medusa s.n.c. e la società Gramour s.a.s. iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1993;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice relatore Renato Granata.

Ritenuto che nel giudizio civile promosso dalla società Medusa s.n.c. (con sede in provincia di Rimini) nei confronti della società Glamour s.a.s. (con sede in provincia di Perugia) - rimasta contumace - per il pagamento della fornitura di merce l'adito pretore di Bergamo ha sollevato, con ordinanza del 3 marzo 1993, questione di legittimità costituzionale in via incidentale dell'art. 38 cod. proc. civ. in riferimento agli artt. 24, comma 2, 25, comma 1, e 97 Cost. nella parte in cui non consente al giudice di rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio, anche nei casi diversi da quelli previsti dall'art. 28 c.p.c.;

che nella specie- rileva il giudice rimettente- difetta palesemente la sua competenza per territorio sicchè la scelta della società attrice di adire il Pretore di Bergamo appare del tutto arbitraria ed-in considerazione del modesto valore della lite-ha l'effetto di rendere eccessivamente dispendioso, e quindi in sostanza di limitare, l'esercizio del diritto di difesa per la società convenuta ove questa intendesse eccepire l'incompetenza per territorio del giudice adito, avendo essa sede a non breve distanza dal territorio del circondario;

che la mancata rilevabilità d'ufficio di tale incompetenza, consente all'attore di citare la parte avanti ad un giudice diverso da quello naturale precostituito per legge, senza che tale giudice possa far nulla per verificare la propria competenza a decidere nel merito;

che la possibilità, rimessa all'esclusivo arbitrio dell'attore, di scegliersi il foro competente, comporta anche lesione del principio con efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, (art. 97 Cost.) per il rischio di sovraccarico di un ufficio giuridico con parallela riduzione dei giudizi nell'ufficio che sarebbe stato competente;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato concludendo per la non fondatezza della questione, non essendo in particolare configurabile alcuna violazione nè del diritto di difesa (in quanto è riconosciuto al convenuto la facoltà di contestare la corretta individuazione del foro adito), ne del canone costituzionale della predeterminazione del giudice naturale.

Considerato che la prescrizione (contenuta nell'art. 38 c.p.c. nel testo originario prima della novella di cui all'art. 4 legge 26 novembre 1990 n.353) della non rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza territoriale del giudice adito fuori dei casi previsti dall'art. 28 c.p.c. è stata già sottoposta al vaglio di questa Corte che, con sentenza n.251 del 1986, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 24, comma 2, e 25, comma 1, Cost.;

che in relazione ai medesimi parametri la questione è manifestamente infondata atteso che il giudice rimettente non allega argomenti nuovi e diversi da quelli già esaminati dalla Corte;

che altresì manifestamente infondata è la questione di costituzionalità riferita all'art. 97 Cost., parametro questo che riguarda anche gli organi dell'amministrazione della giustizia, ma che è estraneo all'esercizio della funzione giurisdizionale <nel suo complesso ed in relazione ai diversi provvedimenti che nel contesto di tale esercizio possono o devono essere adottati> (v.da ultima, sent. n. 376/93);

che comunque l'inconveniente, lamentato dal giudice rimettente, ha una ricorrenza casuale che incide indifferenziatamente su tutti gli uffici giudiziari non esponendone alcuno ad un particolare rischio di sovraccarico.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 24, comma 2, 25, comma 1, e 97 della Costituzione, dal Pretore di Bergamo con l'ordinanza trascritta in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 14/12/93.