Sentenza n. 12 del 1995

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SENTENZA N. 12

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Prof. Gabriele PESCATORE Giudice

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 29 ottobre 1984, n. 720, recante "Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici", così come modificata dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, e dal decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito nella legge 24 marzo 1990, n. 58, iscritto al n. 73 del registro referendum.

Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

1.- L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare presentata da Roberto Calderoli, Roberto Maroni, Antonio Magnabosco, Vito Gnutti, Pierluigi Petrini, Elisabetta Castellazzi, sul seguente quesito: "Volete voi che sia abrogata la legge 29 ottobre 1984, n. 720, recante 'Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti e organismi pubblici', così come modificata dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, e dal decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6 ?".

2.- Con ordinanza depositata in data 1° dicembre 1994, l'Ufficio centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità della richiesta, provvedendo altresì ad integrare il quesito, che risulta quindi il seguente: "Volete voi che sia abrogata la legge 29 ottobre 1984, n. 720, recante 'Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici', così come modificata dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, e dal decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito nella legge 24 marzo 1990, n. 58 ?".

3.- Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato l'adunanza in camera di consiglio per il 9 gennaio 1995, disponendone comunicazione ai promotori della richiesta di referendum e al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352.

4.- Nessuno è intervenuto per i presentatori del referendum.

Considerato in diritto

1.- La richiesta di referendum abrogativo, sulla cui ammissibilità la Corte è chiamata a pronunziarsi, a seguito dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum del 1° dicembre 1994, che ne ha dichiarato la legittimità ed ha integrato il quesito, investe l'intero testo della legge 29 ottobre 1984, n. 720, come modificata dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, e dal decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito nella legge 24 marzo 1990, n. 58.

La normativa in questione si colloca all'esito di reiterati interventi legislativi, volti a realizzare condizioni per una maggiore governabilità dei flussi finanziari degli enti operanti nel settore pubblico, nel presupposto che la mancanza di un quadro organico di riferimento e di controllo finisse, tra l'altro, per favorire le tendenze alla progressiva dilatazione della spesa pubblica, a fronte dell'accentuazione della spesa per trasferimenti che, nel ridurre il margine di incidenza dei dati propri della gestione del bilancio dello Stato sul contenimento del fabbisogno, amplia, per contro, quello degli effetti dell'attività di spesa degli enti decentrati.

Il testo legislativo oggetto del quesito referendario tende, per l'appunto, ad apprestare una disciplina della materia ispirata a criteri di maggiore razionalità ed organicità, riferendosi, in particolare, ad un complesso di enti ed organismi suddivisi in tre categorie: quelli ricompresi nella tabella A, per i quali viene disposto il completo accentramento dei fondi in contabilità speciali presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato (art. 1); quelli della tabella B, per i quali viene richiamato il regime del versamento nei conti presso le tesorerie dello Stato previsto dall'art. 40 della già citata legge n. 119 del 1981 e successive modificazioni, consentendosi il parziale mantenimento dei fondi in deposito presso il sistema creditizio (art. 2, primo comma); le unità sanitarie locali, per le quali viene riconfermato (art. 2, secondo comma) il sistema, già ad esse applicabile, in virtù dell'art. 35 della legge n. 119 del 1981, nel testo allora vigente, del versamento dei fondi in contabilità speciali presso le tesorerie, con limitazione dei ritmi di prelevamento.

Altre disposizioni del testo normativo che si intende sottoporre a consultazione popolare (art. 1-bis, aggiunto dall'art. 24-bis del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359) attengono alle procedure di pignoramento e sequestro a carico degli enti ed organismi pubblici di cui alla tabella A; ovvero riducono (art. 3) il limite delle giacenze autorizzate presso aziende di credito, ai sensi del più volte richiamato art. 40 della legge n. 119 del 1981 e successive modificazioni.

3.- Tanto premesso sulle fondamentali linee della normativa considerata dal quesito referendario, va rammentato che l'art. 75 della Costituzione, nel definire l'ambito delle leggi sottratte al referendum, annovera, fra queste, le leggi di bilancio. Come questa Corte ha già avuto occasione di precisare (da ultimo, sentenza n. 2 del 1994), poichè le leggi di bilancio non sono definite dalla norma costituzionale, la relativa nozione va ricavata dalle caratteristiche assunte dalle leggi stesse nell'evoluzione dell'ordinamento, facendo, in particolare, riferimento, per l'attuale assetto della materia, alla disciplina della legge 5 agosto 1978, n. 468 (con le modifiche apportate dalla legge 23 agosto 1988, n. 362) la quale articola la procedura relativa in una serie di scansioni caratterizzate, tra l'altro, dalla presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria e della relazione previsionale e programmatica, per mettere capo, conclusivamente, alla legge finanziaria, ai provvedimenti collegati ed infine alla legge che approva il bilancio annuale e quello pluriennale, in termini di competenza e di cassa.

Al tempo stesso, va ricordato che la Corte, sin dalla sentenza n. 16 del 1978, ha evidenziato l'esigenza di "una interpretazione logico-sistematica, per cui vanno sottratte al referendum le disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all'ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall'art. 75, che la preclusione debba ritenersi sottintesa".

Quanto ai nessi fra la normativa che si intende sottoporre a consultazione popolare e la procedura di bilancio quale risulta dalla menzionata legge n. 468 del 1978, occorre tener conto che quest'ultima trova uno dei suoi punti qualificanti nella introduzione del bilancio c.d. misto, fondato su strumenti rappresentativi che tendono a raccordare gestione di competenza e gestione di cassa, per esigenze di conoscenza e di più efficace regolazione della spesa pubblica, considerata nell'intero arco procedimentale che muove dalla fase di formazione dell'impegno per giungere a quella del compiuto esito della procedura, rappresentato dal pagamento.

Si mira così a rafforzare il ruolo di controllo e decisionale del Parlamento, secondo un disegno ordinatore al quale si salda la disciplina della legge n. 720 del 1984 che, come risulta dagli stessi lavori parlamentari, trae la sua ragione d'essere dalla finalità di conferire ai flussi finanziari del settore pubblico maggiore chiarezza e trasparenza, oltre che da quella del potenziamento delle disponibilità di tesoreria, riducendo, così, il ricorso al mercato finanziario, fondato sull'emissione di titoli del debito pubblico.

Tutto questo in quell'ottica di una sempre maggiore organicità della politica della gestione di cassa, alla quale già apparivano del resto orientate: le disposizioni della legge 6 agosto 1966, n. 629, intese a concentrare obbligatoriamente presso la tesoreria quante maggiori risorse possibili, fra quelle afferenti agli enti del settore pubblico; gli artt. da 25 a 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, in seguito modificata con la legge n. 362 del 1988, anch'essi espressivi di esigenze di conoscenza dei flussi finanziari dei medesimi enti pubblici; le norme della stessa legge n. 468 del 1978, con l'obbligo, per le regioni, di tenere le disponibilità da trasferimenti in conti correnti non vincolati con il tesoro (art. 31) e, per gli altri enti pubblici (art. 32), di dare attuazione alle prescrizioni della legge 6 agosto 1966, n. 629, allo scadere delle convenzioni di tesoreria; infine, gli artt. 35 e 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119 e successive modificazioni, la cui finalizzazione alle necessità di un più incisivo controllo sui flussi della spesa pubblica è stata evidenziata anche da questa Corte (v. sentenze nn. 162 del 1982, 132 e 412 del 1993).

Si desume, dalle disposizioni in materia, una graduale linea di sviluppo ed una coerenza di obiettivi, dimostrate anche dai rinvii che l'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, fa alle giacenze degli enti di cui agli artt. 25 e 31 della legge n. 468 del 1978, e che l'art. 2 della legge n. 720 del 1984 fa, a sua volta, all'impianto normativo della medesima legge n. 119 del 1981.

4.- Non può, quindi, negarsi lo stretto collegamento che intercorre fra la legge oggetto del quesito referendario e la procedura di bilancio, a fronte di disposizioni che incidono direttamente sul quadro delle coerenze macroeconomiche, manifestando così la loro essenzialità per gli equilibri finanziari previsti dalla manovra, solo a considerare che la gestione di tesoreria, e quindi il relativo assetto normativo, influisce sugli oneri dell'indebitamento, al quale la legge 5 agosto 1978, n. 468, riserva espressa considerazione, disponendo (art. 2, nono comma) che, con apposita norma della legge che approva il bilancio di previsione dello Stato, è annualmente stabilito l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare, in relazione alla indicazione del fabbisogno del settore statale, effettuata ai sensi del successivo art. 15, terzo comma. Vale a dire, attraverso l'indicazione, ad opera della relazione previsionale e programmatica presentata dal Ministro del tesoro di concerto con quello del bilancio, del fabbisogno stesso "con riferimento alle stime di cassa del bi-lancio e alle valutazioni dei flussi di tesoreria", nei cui saldi confluiscono, come è evidente, anche gli effetti del sistema di tesoreria unica.

Pertanto, le disposizioni legislative oggetto della richiesta referendaria, essendo strettamente collegate all'ambito di operatività delle leggi di bilancio, incorrono nella preclusione prevista, per queste ultime, dall'art. 75 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 29 ottobre 1984, n. 720 (Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici), così come modificata dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, e dal decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito nella legge 24 marzo 1990, n. 58, secondo il quesito integrato dall'Ufficio centrale per il referendum con ordinanza del 1° dicembre 1994.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l’11 gennaio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.