Sentenza n. 412 del 1993

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SENTENZA N. 412

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Valle d'Aosta notificato il 6 e L'8 aprile 1993, depositato in cancelleria il 15 successivo, per conflitto di attribuzioni sorto a seguito della nota del Ministero del Tesoro, prot. n. 319660, in data 10 febbraio 1993, relativa al rifiuto della chiusura del conto corrente acceso dalla Regione Valle d'Aosta presso la Tesoreria Centrale dello Stato, ed iscritto al n. 13 del registro conflitti 1993.

 

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 1993 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

 

uditi l'avvocato Gustavo Romanelli per la Regione Valle d'Aosta e l'avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso regolarmente depositato e notificato la Regione Valle d'Aosta ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione alla nota del Ministro del tesoro in data 10 febbraio 1993, con la quale quest'ultimo ha rifiutato di estinguere il conto corrente intestato alla predetta Regione presso la tesoreria dello Stato, respingendo la corrispondente richiesta che la ricorrente aveva formulato a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 6, secondo comma, del decreto legislativo 28 dicembre 1989, n. 431 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta in materia di finanze regionali e comunali). Secondo la ricorrente, il rifiuto opposto dal Ministro del tesoro appare lesivo delle norme statutarie sulle competenze in materia di finanza regionale e sull'autonomia finanziaria della Regione stessa e, in particolare, degli artt. 3, primo comma, lettera f), 4, 12, 13 e 50, terzo comma, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4).

 

La premessa posta a base del ricorso muove dalla convinzione della Regione ricorrente che il ricordato art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989 contiene una deroga al sistema della tesoreria unica stabilito per tutti gli enti e gli organi pubblici, comprese le regioni e le province autonome, dall'art. 40, quarto comma, della legge 30 marzo 1981, n. 119 (Legge finanziaria 1981) e dall'art. 2, primo comma, della legge 29 ottobre 1984, n. 720 (Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici). In particolare, tali articoli, i quali impongono alle singole regioni di far affluire tutte le somme loro destinate dal bilancio dello Stato a un conto intestato a ciascuna di esse presso la tesoreria statale (salve le somme detenute dalle regioni stesse per le disponibilità a breve termine, in misura comunque non eccedente il limite del tre per cento delle entrate previste dal bilancio regionale di competenza), avrebbero subìto una deroga a favore della Regione Valle d'Aosta ad opera del ricordato art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989, il quale stabilisce che "il regime di gestione delle disponibilità finanziarie e delle giacenze di tesoreria della regione e degli enti locali da essa dipendenti compete alla regione medesima in armonia con i principi del citato titolo IV della legge 5 agosto 1978, n. 468".

 

Sulla base di quest'ultima disposizione la Regione Valle d'Aosta con lettera del 6 maggio 1992 ha chiesto al Ministro del tesoro di disporre la chiusura del conto corrente, ad essa intestato, aperto presso la tesoreria dello Stato, nonchè il conferimento del saldo al tesoriere regionale e, per il futuro, l'erogazione a quest'ultimo di ogni finanziamento statale direttamente attribuito alla Regione medesima. Di fronte al rifiuto del Ministro di dar corso alla richiesta, basato sul rilievo che la Regione Valle d'Aosta sarebbe tuttora tenuta al rispetto dei vincoli della tesoreria unica, la ricorrente ha sollevato conflitto assumendo che lo Stato ignorerebbe l'esistenza della ricordata deroga a favore della Valle d'Aosta, deroga che ha già avuto attuazione nella Regione con la legge regionale 7 aprile 1992, n. 16. La ricorrente conclude chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato porre limiti e vincoli alla gestione delle giacenze di tesoreria della Regione Valle d'Aosta.

 

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si é costituito solo formalmente chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato e facendo riserva di ulteriori memorie.

 

3.- In prossimità dell'udienza la ricorrente ha depositato una memoria, con la quale afferma che la propria tesi interpretativa appare suffragata dall'art. 50, secondo comma, dello Statuto, il quale prevede che l'ordinamento finanziario della Regione potrebbe essere modificato soltanto a seguito di un accordo con la Regione stessa. Pertanto, come ha riconosciuto questa Corte con la sentenza n. 95 del 1981, senza il consenso della Valle d'Aosta non sarebbe legittimo imporre a questa un obbligo di deposito delle proprie giacenze finanziarie presso la tesoreria dello Stato. Nè questa decisione sarebbe stata contraddetta dalla successiva sentenza n. 242 del 1985, che ha pure escluso la riespansione del sistema di tesoreria unica alla Valle d'Aosta. Tantomeno, poi, la pretesa di estensione di tale sistema alla Regione potrebbe basarsi sulla sua pretesa inerenza a una funzione di indirizzo e coordinamento ovvero a quello di coordinamento finanziario, mancando del tutto nel vincolo della tesoreria unica i requisiti minimi di un istituto di coordinamento.

 

4.- In prossimità dell'udienza ha depositato una memoria anche la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

L'Avvocatura dello Stato, premesso che in base all'art. 2, primo comma, della legge 29 ottobre 1984, n. 720 e all'allegata tabella "B", tutte le regioni, comprese quelle a statuto speciale, sarebbero vincolate al sistema della tesoreria unica, ricorda che queste norme sono state riconosciute come legittime da numerose sentenze della Corte costituzionale (a cominciare dalla sent. n. 242 del 1985), che in particolare hanno affermato essere quel sistema conforme a un'esigenza dell'intera comunità nazionale, espressione del potere statale di coordinamento finanziario ai sensi dell'art. 119 della Costituzione.

 

Secondo l'Avvocatura dello Stato, é in relazione a tale giurisprudenza, e non all'isolata decisione n. 95 del 1981, che va interpretato l'art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989. Quest'ultimo, infatti, dopo le affermazioni di questa Corte sulla tesoreria unica, avrebbe potuto essere interpretato come deroga a quel sistema soltanto ove avesse previsto una deroga espressa allo stesso. Al contrario, la mancanza di questa induce a interpretare l'art. 6, secondo comma, come una norma sulla gestione delle giacenze di tesoreria relative ai fondi che la Regione non é tenuta a conferire alla tesoreria centrale. Interpretata come disposizione intesa a consentire alla Regione di ripartire le risorse tra le diverse destinazioni, l'art. 6, secondo comma, si manifesterebbe in perfetta armonia con le norme sulla tesoreria unica, offrendo altresì una chiave di lettura diversa alla legge regionale del 1992, citata dalla ricorrente, e una giustificazione del fatto che la Regione ha continuato a rispettare le regole della tesoreria unica per oltre due anni dopo l'entrata in vigore del ricordato art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989.

 

Considerato in diritto

 

l. - La Regione Valle d'Aosta ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione alla lettera del Ministro del tesoro in data 10 febbraio 1993, con la quale è stata respinta la sua richiesta di disporre la chiusura del conto corrente intestato alla Regione medesima presso la tesoreria dello Stato, il versamento del saldo al tesoriere regionale e, per il futuro, l'erogazione diretta a quest'ultimo di ogni finanziamento statale devoluto alla Regione stessa. Ad avviso della ricorrente, dopo l'entrata in vigore dell'art. 6, secondo comma, del decreto legislativo 28 dicembre 1989, n. 431 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Valle d'Aosta in materia di finanze regionali e comunali), il quale dispone che < il regime di gestione delle disponibilità finanziarie e delle giacenze di tesoreria della regione e degli enti da essa dipendenti compete alla regione medesima, in armonia con i principi del citato titolo IV della legge 5 agosto 1978, n. 468>>, il predetto rifiuto lederebbe tanto le proprie competenze in materia di < finanze regionali e comunali>> (artt. 3, lettera f, e 4 dello Statuto speciale), quanto l'autonomia finanziaria assicurata alla Regione medesima dagli artt. 12, 13 e 50, terzo comma, dello stesso Statuto speciale (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4).

 

2. - Il ricorso va rigettato.

 

La Regione ricorrente fonda la pretesa lesività dell'atto impugnato nei confronti delle proprie competenze in materia finanziaria sopra l'asserita violazione del già ricordato art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989, articolo che, nell'interpretazione della stessa ricorrente, sottrarrebbe le disponibilità finanziarie attribuite dallo Stato alla Regione al regime generale della tesoreria unica stabilito per tutte le regioni e le province autonome dalla legge 30 marzo 1981, n. 119 (art. 40) e dalla legge 28 ottobre 1984, n. 720 (art. 2), e successive modificazioni.

 

Emanato in forza della delega affidata al Governo dalla legge 5 agosto 1981, n. 453, al fine di completare il trasferimento delle funzioni attribuite dallo Statuto speciale alla Valle d'Aosta, il decreto di cui il citato art.6 è parte opera il trasferimento alla medesima Regione delle funzioni necessarie al pieno svolgimento della competenza che l'art. 3, lettera f), dello Statuto speciale assegna alla stessa in materia di < finanze regionali e comunali>: una competenza che, come le altre previste dal citato art. 3, questa Corte (v. sent. n. 547 del 1989) ha definito di tipo concorrente, secondo un'interpretazione riecheggiata dal predetto art. 6, secondo comma, che vincola l'esercizio delle funzioni ivi menzionate al rispetto dei principi della legge sulla contabilità generale (rispetto che nel caso è riferito al titolo IV della legge n. 468 del 1978).

 

Come emerge dai lavori preparatori, la formulazione dell'art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989 è tutt'altro che chiara.

 

Tuttavia, interpretato sulla base dei fini e dei criteri direttivi contenuti nella legge di delega e nell'ambito dei principi costituzionali relativi al rapporto tra ordinamento finanziario della Regione e poteri di coordinamento dello Stato nella stessa materia, l'art. 6, secondo comma, non può essere caricato del significato normativo che ad esso vorrebbe attribuire la ricorrente.

 

Infatti, se occorre mantenere la disposizione in questione nei limiti della delega entro i quali è stato concesso al Governo il potere legislativo delegato, si deve dire che l'art. 6, secondo comma, va interpretato come norma attributiva di funzioni tenute a svolgersi entro i confini propri di una competenza di tipo concorrente. In proposito, questa Corte, se si esclude l'isolata pronunzia n. 95 del 1981 (che ha ricondotto il vecchio art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468, in materia di giacenze di tesoreria delle regioni, a una modifica delle norme statutarie sull'ordinamento finanziario della Regione, richiedente, come tale, l'accordo con la Giunta regionale), a partire dalle sentenze nn. 162 del 1982 e 242 del 1985, aventi ad oggetto la nuova disciplina sulla tesoreria unica stabilita dall'art. 40 della legge n. 119 del 1981, ha riconosciuto, anche nei confronti delle regioni a statuto speciale e della Valle d'Aosta in particolare, la competenza dello Stato a dettare, in nome dell'indispensabile coordinamento finanziario e senza necessità di alcun accordo con le regioni, misure, come quelle in oggetto, sulle somme provenienti dal bilancio dello Stato e destinate ad affluire negli appositi conti intestati alle regioni presso la tesoreria dello Stato. Su questa linea, di recente la stessa Corte ha precisato che le norme sulla tesoreria unica (art. 40 della legge n. 119 del 1981 e art. 2 della legge n. 720 del 1984) non incidono sull'autonomia finanziaria delle regioni nel disporre delle proprie risorse e riflettono un interesse nazionale, legato all'esigenza di consentire allo Stato il controllo della liquidità e la disciplina dei relativi flussi monetari (v. sent. n. 132 del 1993, nonchè sent. n. 61 del 1987 e ord. n. 759 del 1988), un interesse che, per sua natura, richiede un trattamento uniforme su tutto il territorio nazionale, derogabile soltanto in caso di comprovate necessità locali nascenti da situazioni del tutto eccezionali.

 

L'insussistenza di quest'ultima evenienza nel caso della Regione Valle d'Aosta o la mancata dimostrazione della stessa inducono, dunque, a rigettare l'interpretazione del predetto art. 6, secondo comma, nel senso suggerito dalla ricorrente.

 

3. - Ricondotto nell'ambito del regime della tesoreria unica, l'articolo in esame, come suppone l'Avvocatura dello Stato, non può non riferirsi alle giacenze che le regioni e le province autonome possono tenere presso i propri tesorieri nei limiti del 3 per cento dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza delle regioni stesse, ai sensi dell'art.40, primo comma, della legge n. 119 del 198l.

 

Tale significato normativo che, riferito ad altre regioni, sarebbe del tutto pleonastico, in quanto ripeterebbe principi discendenti dalle norme costituzionali sull'autonomia finanziaria, esplicitati dalla legge 19 maggio 1976, n. 335 (v. artt. 21 e 33), assume in relazione alla Valle d'Aosta un valore diverso, dovuto al regime particolare per il quale, in base all'art.3 del medesimo decreto legislativo n. 431 del 1989, le risorse finanziarie attribuite dallo Stato agli enti locali della Valle d'Aosta sono direttamente corrisposte alla Regione. Questa disposizione, come specifica il secondo comma del medesimo articolo, è prevista al fine di permettere alla Regione di ripartire fra gli enti locali i finanziamenti così ricevuti insieme a quelli destinati agli stessi enti dal bilancio regionale < secondo criteri informati all'attuazione del programma regionale di sviluppo e dei programmi di attività degli enti locali, nonchè all'obbiettivo di adeguare i mezzi finanziari alle funzioni proprie o delegate agli enti medesimi>.

 

Vista alla luce di tale particolarità, l'autonomia di gestione delle disponibilità finanziarie e delle giacenze di tesoreria di cui può disporre la regione - sottolineata dall'art.65 secondo comma, del decreto legislativo n. 431 del 1989-può assumere un senso specifico nell'ambito del coordinamento della finanza regionale con quella locale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Ministro del tesoro, rigettare la richiesta della Regione Valle d'Aosta di disporre la chiusura del conto corrente intestato alla Regione medesima presso la tesoreria dello Stato, in applicazione degli artt. 40 della legge 30 marzo 1981, n. ll9, e 2 della legge 23 ottobre 1984, n.726.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/11/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Antonio BALDASSARRE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 23/11/93.