Sentenza n.242 del 1985

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SENTENZA N. 242

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38, comma secondo e terzo, della legge 7 agosto 1982, n. 526 recante "Provvedimenti urgenti per lo sviluppo dell'economia", promosso con ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, notificato il 7 settembre 1982, depositato in cancelleria il 14 successivo ed iscritto al n. 39 del registro ricorsi 1982.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 25 giugno 1985 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avv. Gustavo Romanelli per la regione ricorrente, e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 7 settembre 1982, la Regione autonoma della Valle d'Aosta ha chiesto che la Corte dichiari l'illegittimità costituzionale dell'art. 38, secondo e terzo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 526 (intitolata "Provvedimenti urgenti per lo sviluppo dell'economia").

La ricorrente censura le norme impugnate, per aver preso in considerazione le sole "entrate proprie" delle Regioni Sicilia e Trentino-Alto Adige (nonché Province autonome di Trento e Bolzano), esonerandole dall'applicazione degli artt. 31 della legge n. 468 del 1978 e 40 della legge n. 119 del 1981: senza affatto menzionare le corrispondenti entrate delle altre Regioni a statuto speciale, compresa la Valle d'Aosta che pur si troverebbe, sotto questo aspetto, "in condizione analoga" (se non "poziore") rispetto alla Sicilia ed al Trentino-Alto Adige. Con ciò, sarebbero stati anzitutto violati gli artt. 136 della Costituzione e 50 dello Statuto della Valle, avendo questa Corte già dichiarato - mediante la sentenza n. 95 del 1981 - l'illegittimità costituzionale del citato art. 31 della legge n. 468, per quanto concerneva la Regione Valle d'Aosta. Se, dunque, l'art. 38 della sopravvenuta legge n. 526 dovesse interpretarsi nel senso di aver reso applicabile alla Valle l'art. 31, esso si porrebbe in evidente contrasto con il giudicato della Corte e sarebbe comunque viziato per le medesime ragioni allora evidenziate dalla predetta sentenza.

Ma, anche nella parte in cui le norme impugnate richiamano l'art. 40 della legge n. 119 del 1981, che vieta alle Regioni di mantenere presso le aziende di credito disponibilità superiori al 12% delle entrate previste dai loro bilanci di competenza, le norme stesse non potrebbero applicarsi alla Valle, tanto più che il quarto comma dell'art. 40 fa espressa eccezione per i fondi destinati alle Regioni a statuto speciale. Ne segue che un'interpretazione adeguatrice del denunciato art. 38 toglierebbe "motivo di doglianza" alla Regione ricorrente; mentre, se dovesse prevalere l'interpretazione opposta, occorrerebbe affermarne l'illegittimità costituzionale, sempre per contrasto con l'art. 136 della Costituzione e con l'art. 50 dello Statuto speciale. Una legge ordinaria successiva non potrebbe infatti - come già rilevato da questa Corte - porsi in contrasto con l'ordinamento finanziario della Valle, in quanto adottato d'intesa fra lo Stato e la Regione.

Per altro, la ricorrente aggiunge che, in tal caso, sarebbe anche violato l'art. 3 della Costituzione, perché si opererebbe "una discriminazione in danno della Regione Valle d'Aosta priva di qualunque ragionevolezza". Ed occorrerebbe allora, per sanare il vizio, disporre l'inclusione della Regione medesima nell'ambito della normativa denunciata.

2. - Il costituito Presidente del Consiglio dei ministri contesta viceversa, in primo luogo, che le norme impugnate contraddicano la citata sentenza n. 95 del 1981. Nel far riferimento all'art. 31 della legge n. 468 del 1978, le norme stesse avrebbero soltanto eliminato le "incertezze interpretative" riguardanti il regime delle entrate proprie della Sicilia e del Trentino-Alto Adige, senza affatto estendere il campo di applicazione di tale disciplina, al di là di quanto risultava nell'ordinamento precedente.

Diverso é il discorso dell'Avvocatura dello Stato, circa l'art. 40 della legge n. 119 del 1981, come richiamato dall'art. 38 della legge 526 del 1982: l'art. 40 non concernerebbe, infatti, la "corresponsione alle regioni delle somme ad esse spettanti", bensì riguarderebbe "esclusivamente i limiti da osservare nei depositi presso le aziende di credito". Anche da questo lato, comunque, le norme censurate non avrebbero affatto innovato quanto all'ambito di applicazione dell'articolo stesso, non impugnato a suo tempo dalla Valle, sicché il ricorso dovrebbe considerarsi inammissibile per tardività. Ma il ricorso sarebbe anche infondato, sia perché la citata pronuncia della Corte e l'art. 50 dello Statuto speciale non interesserebbero la prevista "limitazione all'utilizzazione dei depositi bancari", sia perché le entrate proprie della Sicilia e del Trentino-Alto Adige, cui si riferiscono il secondo e il terzo comma del denunciato art. 38, non proverrebbero dal bilancio dello Stato o avrebbero "natura e destinazioni speciali".

3. - In una memoria depositata alla vigilia della pubblica udienza, la Regione ricorrente insiste nell'assunto che la censurata disciplina, riferendosi soltanto alla Sicilia ed al Trentino-Alto Adige, "appare tale da poter essere interpretata (o comunque da poter ingenerare il dubbio) che viceversa le norme in essa richiamate si applicano alle altre regioni a statuto speciale, comprese quelle a cui le norme stesse non erano fino allora applicabili": il che dimostrerebbe l'interesse della Valle "a sentir dichiarare" - quanto meno in via interpretativa - "che tali norme erano e rimangono inapplicabili nei suoi confronti". In particolare, ciò varrebbe per l'art. 31 della legge n. 468 del 1978: come sottolinea la memoria, parrebbe infatti "potersi concludere che entrambe le parti concordano nel ritenere che a seguito della sentenza n. 95 del 1981, l'art. 31... é divenuto inapplicabile nei confronti della Regione Valle d'Aosta e che tale inapplicabilità permane anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 38 della legge n. 526 del 1982".

Tuttavia, analogamente dovrebbe concludersi - contro l'avviso dell'Avvocatura dello Stato - anche per l'art. 40 della legge n. 119 del 1981. Sarebbe infatti decisiva la considerazione che l'art. 40 "individua i soggetti nei cui confronti trova applicazione la previsione del primo comma attraverso il richiamo all'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468"; né si potrebbe negare il "collegamento fra l'obbligo di tenere le disponibilità in conti correnti con il Tesoro e il divieto di mantenere disponibilità (se non entro precisi ristretti limiti) presso le aziende di credito".

D'altronde, la difesa regionale osserva che, diversamente, si determinerebbe un chiaro contrasto fra l'ordinamento finanziario della Valle ed il nuovo regime delle "liquidità finanziarie della Regione presso aziende di credito". Per rendere applicabile il regime stesso alla Valle d'Aosta, occorrerebbe pertanto un apposito accordo fra lo Stato e la Regione, ai sensi dell'art. 50, terzo comma, del rispettivo Statuto speciale.

In ogni caso - conclude la memoria - le situazioni in cui si trovano la Valle d'Aosta da un lato, la Sicilia ed il Trentino- Alto Adige dall'altro, sono sul punto "del tutto omogenee"; sicché non troverebbe fondamento giustificativo un'interpretazione diversa da quella che la Regione prospetta.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'art. 38, secondo e terzo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 526 - cui si riferisce il ricorso in esame - prevede, da un lato, che "agli effetti delle disposizioni contenute negli artt. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468, 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e 10 della legge 26 aprile 1982, n. 181, non sono computabili le somme costituenti entrate della regione Sicilia a norma dell'art. 36 dello Statuto della regione stessa e del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, e quelle alla medesima dovute o versate a norma dell'art. 38 di detto statuto, nonché quelle costituenti entrate proprie della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e Bolzano"; e, d'altro lato, precisa che "alle somme anzidette non si applicano le disposizioni recate dagli artt. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119". Tale disciplina viene congiuntamente impugnata - in sostanza - per non aver menzionato le entrate delle altre Regioni a statuto speciale, fra cui la ricorrente Valle d'Aosta, così discriminandola rispetto alla Sicilia ed al Trentino-Alto Adige, in violazione di una serie di precetti costituzionali e statutari.

Ma l'oggetto dell'impugnazione rimane duplice. Sotto un primo profilo, cioé, la legittimità delle norme in discussione viene contestata, se ed in quanto si possa desumerne che l'art. 31 della legge n. 468 del 1978, riguardante il regime delle "giacenze di tesoreria delle regioni", ridivenga applicabile alla Valle d'Aosta, malgrado l'opposta decisione adottata dalla Corte mediante la sentenza n. 95 del 1981. Sotto un secondo profilo, le norme stesse sono invece denunciate nella parte concernente il richiamo all'art. 40 della legge n. 119 del 1981 (relativamente alle disponibilità depositabili dalle Regioni presso aziende di credito), in riferimento agli artt. 3 e 136 Cost., 12 e 50 dello Statuto speciale.

Per contro, nessuna contestazione specifica investe il secondo comma dell'impugnato art. 38, nella parte in cui si fa richiamo all'art. 10 della legge n. 181 del 1982 (circa il riparto delle somme spettanti alle Regioni ed alle Province ad autonomia differenziata, per il finanziamento dei consultori familiari, per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze, per la protezione della maternità e dell'infanzia). Su questo punto, infatti, la ricorrente ritorna a dolersi della "discriminazione" che sarebbe stata operata in suo danno, ma senza affatto chiarire in che consisterebbe la discriminazione stessa.

2. - Quanto al primo ordine di problemi, la difesa della Regione e l'Avvocatura dello Stato concordano giustamente nell'escludere che le norme impugnate valgano a riestendere, coinvolgendo la Valle d'Aosta, l'ambito di applicabilità dell'art. 31 della legge n. 468 del 1978.

Nella sua versione originaria, il primo comma di tale articolo prevedeva - in effetti - che tutte le Regioni, a statuto ordinario e speciale, avessero "l'obbligo di tenere le disponibilità liquide, limitatamente alle assegnazioni, contributi e quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato, in conti correnti non vincolati con il Tesoro". Ma la norma stessa é stata dichiarata costituzionalmente illegittima, appunto nei riguardi della Valle, mediante la predetta sentenza n. 95 del 1981: che l'ha ritenuta incompatibile con l'art. 50, terzo comma, del relativo Statuto, per essere stata adottata in difetto del necessario "accordo con la giunta regionale" e per aver contraddetto, comunque, i disposti della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, sull'ordinamento finanziario di quella Regione. Sicché la rinnovata applicazione dell'art. 31, primo comma, determinerebbe in tal senso - come é stato osservato nel ricorso - la congiunta violazione dell'art. 50 dello Statuto speciale e dell'art. 136 della Costituzione.

Per altro, nulla consente di ritenere che la normativa impugnata debba interpretarsi in questi termini. Al contrario, fin dal periodo intercorrente fra la pronuncia ed il deposito della sentenza n. 95 del 1981, é entrato in vigore l'art. 40, quarto comma, della legge 30 marzo 1981, n. 119 (legge finanziaria 1981), che ha novellato l'art. 31, primo comma, della legge n. 468, ma introducendo un'espressa eccezione "per i fondi di cui all'art. 38 dello statuto della Regione siciliana, nonché per quelli destinati alle altre regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano, in base ai rispettivi statuti". Mentre l'art. 38, secondo e terzo comma, della legge n. 526 del 1982 si é limitato - sul punto - a garantire più compiutamente, (o con una maggiore precisione) la Regione Sicilia: la quale, da un lato, s'era vista respingere il proprio ricorso avverso l'art. 31 della legge n. 468, sempre in virtù della sentenza n. 95 del 1981; e, d'altro lato, non era stata esplicitamente esentata dall'applicazione di tale disciplina - in conseguenza del citato art. 40, quarto comma, della legge n. 119 - se non "per i fondi di cui all'art. 38 dello statuto", cioé con riguardo alle somme annualmente versate dallo Stato "a titolo di solidarietà nazionale".

Così ricostruite, dunque, le norme in esame non incorrono in alcuno dei prospettati vizi di legittimità costituzionale.

3. - Quanto alla seconda delle due problematiche sollevate dal ricorso, l'impugnativa dev'essere respinta. É senza fondamento, infatti, che la difesa della Regione si appella anche in tal senso alla giurisprudenza della Corte, tornando ad invocare - in particolar modo - la sentenza n. 95 del 1981.

Nel quadro della complessa disciplina dettata dall'art. 40 della legge n. 119, vanno tenute accuratamente distinte le disposizioni del primo e del quarto comma: altro essendo il regime complessivo delle disponibilità che gli enti già indicati dall'"originario primo comma dell'art. 31 della legge n. 468 possono mantenere... a qualunque titolo presso le aziende di credito"; ed altro la sorte specificamente riservata alle somme provenienti dal bilancio dello Stato e destinate ad affluire negli appositi conti intestati alle Regioni presso le tesorerie dello Stato. Nella sentenza n. 95 del 1981, la Corte ha affrontato unicamente il secondo e non il primo ordine di questioni. Viceversa, é nella sentenza n. 162 del 1982 che la Corte ha preso chiaramente posizione circa l'ambito di applicabilità dell'art. 40, primo comma, della legge n. 119, affermando la competenza dello Stato a dettare misure del genere, in nome dell'indispensabile coordinamento finanziario e degli interessi nazionali concernenti la "disciplina del credito"; e precisando che non "ha rilievo, alla luce delle finalità perseguite, distinguere tra Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario, tutte ugualmente tenute in materia di credito a uniformarsi alla legislazione dello Stato".

A modificare tali conclusioni non valgono, d'altronde, i richiami del ricorso all'attuale ordinamento finanziario della Valle d'Aosta, stabilito dalla legge 26 novembre 1981, n. 690. L'incompatibilità fra tale ordinamento ed il primo comma del citato art. 40, che dovrebbe imporre anche in tal senso una sentenza interpretativa di rigetto, viene asserita ma non dimostrata. Ed é molto significativo, all'opposto, che gli interessi bancari non figurino affatto fra le entrate regionali elencate dall'art. 1 della legge n. 690 e che le giacenze di tesoreria non vengano considerate in alcun modo dalla legge medesima: il che conferma che, per modificare il regime di detti depositi, non era necessario alcun "accordo" fra lo Stato e la Regione, trattandosi di questioni non incidenti sull'autonomia finanziaria regionale, costituzionalmente o statutariamente garantita (come é stato ancora rilevato dalla sentenza n. 162 del 1982).

Certo, tutto questo non toglie che, in definitiva, la discutibile soluzione accolta dall'art. 38, secondo e terzo comma, della legge n. 526 del 1982 finisca per privilegiare due sole Regioni a statuto speciale. Ma la mancata inclusione della Valle d'Aosta, accanto alla Sicilia ed al Trentino-Alto Adige, non determina la violazione di alcuno dei parametri costituzionali e statutari addotti nel ricorso, per desumerne la lesione della "sfera della competenza assegnata alla Regione". Nel vigente ordinamento, infatti, nulla esige che le finanze delle varie Regioni differenziate vengano identicamente regolate; ed anzi gli stessi Statuti stanno a dimostrare che, in tal campo, le ragioni della specialità prevalgono spesso sulle ragioni dell'uniformità di trattamento.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, secondo e terzo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 526 ("Provvedimenti urgenti per lo sviluppo dell'economia") - sollevata dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento agli artt. 136 della Costituzione e 50 dello Statuto speciale - nelle parti concernenti l'applicazione dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, secondo e terzo comma, della legge n. 526 del 1982 - sollevata dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento agli artt. 3 e 136 della Costituzione, 12 e 50 dello Statuto speciale - nelle parti concernenti l'applicazione dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1985.