SENTENZA N. 399
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 12 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), come modificato dagli artt. 81 e 82 del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione delle norme sul trattamento di quiescenza dei di pendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1993 dalla Corte dei conti, sez. IV giurisdizionale, sul ricorso proposto da Imperoli Iride, iscritta al n. 54 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale dell'anno 1994.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.
Ritenuto in fatto
1. - Con decreto n. 278 del 22 novembre 1957 il ministro della difesa respingeva l'istanza con la quale la signora I. Imperoli chiedeva che le venisse riconosciuto il diritto al trattamento pensionistico di riversibilità in seguito al decesso del proprio marito E. Colaprete, già in godimento della pensione privilegiata indiretta per la morte del proprio figlio Salvatore, capitano pilota, deceduto per causa di servizio in data 12 marzo 1948 e avuto da precedente matrimonio.
Impugnato tale provvedimento in via giurisdizionale, nel corso del susseguente giudizio la Corte dei conti ha sollevato d'ufficio - con ordinanza 16 giugno 1993 - questione di legittimità costituzionale "degli artt. 11 e 12 della l.15 febbraio 1958, n. 46 (ora artt. 81 e 82 del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092) e corrispondenti norme in materia di pensioni di guerra", ritenendo violati gli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione "nella parte in cui non è previsto anche il beneficio della riversibilità della pensione indiretta in favore dell'altro coniuge ovvero dei minori di età (figli)".
Ad avviso del giudice a quo la "ratio" delle norme censurate andrebbe ricercata nella esigenza di "non far venire meno ai familiari del dipendente o pensionato i necessari mezzi economici, di cui essi fruivano nel momento dell'avvenuto decesso del genitore titolare della pensione" e quindi nella esigenza di "assicurare al nucleo familiare quelle risorse economiche di carattere continuativo" che sarebbero "imprescindibili" per la vita futura dei componenti il nucleo medesimo. In altri termini, tale essendo la "ratio dell'istituto della riversibilità" non sarebbe comprensibile la mancata previsione dello stesso nel caso in cui il "titolare di pensione indiretta all'atto del decesso del coniuge (genitore) si sia risposato ed abbia anche avuto dal nuovo matrimonio la prole".
In ordine al contrasto con gli artt. 29 e 31 della Costituzione, osserva il giudice a quo, che la mancata previsione del beneficio della riversibilità - nella fattispecie - si ripercuoterebbe negativamente sull'equilibrio dei rapporti tra coniugi in quanto lederebbe il principio della parità giuridica sancito dall'art.29 della Costituzione atteso chè i benefici pensionistici economici suddetti sarebbero subordinati alla circostanza che il titolare della pensione indiretta resti in vita restando - per contro - esclusi nel caso di decesso dello stesso beneficiario.
Di più, detta esclusione - risolvendosi il beneficio della riversibilità in interventi o incentivi economici a sostegno della unione familiare - verrebbe a costituire un ostacolo per la formazione della unione familiare (art. 31 della Costituzione).
2. - Dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri - rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato - chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
In particolare si assume che la disparità censurata nella specie può "al più" considerarsi di mero fatto e non certamente giuridica posto che diversa sarebbe "la situazione di base del percettore di pensione diretta rispetto a quello di pensione indiretta" il quale ultimo verrebbe a costituire adempimento di un preciso obbligo di solidarietà sociale.
Quanto alla censura concernente l'equilibrio nei rapporti tra coniugi si rileva che - sulla base della costante giurisprudenza costituzionale - "l'imposizione di limiti e condizioni per il conseguimento della pensione di riversibilità" non contrasta con l'art. 31 Cost. in quanto e da un lato la libertà di formare una famiglia non può ritenersi concretamente limitata dal ridimensionamento di una mera aspettativa, futura ed incerta come quella di conseguire una pensione di riversibilità, e dall'altro l'istituto della famiglia - tutelato dalla Costituzione - risponderebbe a scopi etico-sociali ben "più pregnanti di quelli che sarebbe dato rinvenire in un rapporto istituito con finalità così limitate e ristrette" (Corte cost., sent. n. 3 del 1975).
In particolare, secondo la più recente giurisprudenza costituzionale, il vincolo del matrimonio - attenendo ai diritti intrinseci ed essenziali della persona umana - è e deve rimanere frutto di una libera scelta autoresponsabile nella quale non deve incidere alcunchè di estraneo (sent. n.109 del 1991).
Da ultimo si osserva che la tesi prospettata dalla Corte dei conti potrebbe provocare "una riversibilità a catena" in quanto la pensione acquisita dalla vedova (o dal vedovo) del titolare di pensione indiretta potrebbe trasferirsi anche ad un eventuale nuovo coniuge ovvero all'orfano, cioé a soggetti non legati da alcun rapporto con "la persona dell'originario trattamento pensionistico".
Infine si rileva che i requisiti posti dalla legge per la concessione di pensione di riversibilità concernono la discrezionalità del legislatore e sono in quanto tali sottratti al sindacato di costituzionalità.
Considerato in diritto
1. La Corte dei conti dubita della legittimità costituzionale degli artt. 11 e 12 della l. 15 febbraio 1958, n. 46 (ora artt. 81 e 82 del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092) e corrispondenti norme in materia di pensioni di guerra, nella parte in cui escludono il beneficio della riversibilità della pensione indiretta in favore del coniuge ovvero dei minori di età (figli).
Detta mancata previsione creando - secondo la Corte remittente - una ingiustificata disparità di trattamento tra la vedova del titolare di pensione diretta e quella del titolare di pensione indiretta violerebbe gli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione.
2. La questione non è fondata.
Converrà preliminarmente chiarire che il giudizio a quo, come risulta dalla stessa ordinanza di rinvio, concerne il diniego di pensione privilegiata di riversibilità nei confronti del coniuge del titolare di pensione indiretta.
Orbene, per quel che concerne il trattamento privilegiato di riversibilità - ovvero quello previsto, indipendentemente dalla anzianità di servizio quando la morte del dipendente statale è conseguente ad infermità o lesioni riconducibili a fatti di servizio, rectius derivanti dall'adempimento degli obblighi di servizio - l'art. 92 del testo unico sulle pensioni civili n. 1092 del 1973 stabilisce che "spetta ai congiunti la pensione privilegiata nella misura ed alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra". In virtù di detto rinvio, possono fruire del trattamento di riversibilità, in ordine di precedenza (art. 57 e segg. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915), le seguenti categorie di superstiti: a) il coniuge e gli orfani (figli legittimi, ai quali sono equi parati i legittimati, gli adottivi, i figli naturali riconosciuti o giudizialmente dichiarati e coloro che siano stati affiliati nelle forme di legge: art. 46 d.P.R. n.1092 cit.), b) i genitori legittimi o che abbiano legittimato il dante causa ed i soggetti ad essi assimilati ovvero gli adottanti, i genitori naturali, gli affilianti.
Dal contesto normativo richiamato emerge che il sistema delle pensioni indirette è regolato da specifiche norme che stabiliscono un rigido ordine di precedenza: esse si fondano, tranne poche eccezioni, sul principio che la pensione va attribuita, una sola volta, a quello fra i soggetti che alla data di morte del dante causa sia collocato prima nell'ordine di precedenza. Sicchè la legittimazione delle predette categorie si fonda sul criterio dell'esclusione, nel senso che la presenza di aventi diritto appartenenti alle categorie in posizione prioritaria esclude i soggetti appartenenti a categorie successive. Tale criterio della esclusione risulta corretto da quelli della coesistenza e del consolidamento: in particolare nell'ambito di ciascuna categoria vige (eccezion fatta per la seconda che comprende il padre e la madre) il principio della legittimazione plurima, in virtù del quale con il coniuge superstite possono concorrere gli orfani o soggetti ad essi equiparati ed al concorso potevano, altresì, essere chiamati i collaterali (per questi ultimi vige attualmente la disposizione contenuta nell'art. 5 della legge 6 ottobre 1986, n. 656, che abrogando la lettera c) dell'art.57 nonchè l'art. 65 del d.P.R. n. 915 del 1978, esclude i collaterali dal novero dei soggetti chiamati a beneficiare della pensione di cui alle norme citate).
Ne consegue che il diritto al trattamento di riversibilità non può risorgere in capo ad un soggetto appartenente ad una categoria esclusa, allorchè il titolare, appartenente alla categoria precedente ammessa al godimento, l'abbia successivamente perduto per morte.
Infatti, la mancanza di congiunti di ordine precedente aventi diritto alla pensione di riversibilità va sempre riferita alla data della morte del dipendente o del pensionato, salvi i casi di consolidamento della pensione (art. 66 d.P.R. n. 915 del 1978).
Criterio del tutto peculiare è, infatti, quello del consolidamento per effetto del quale in alcune ipotesi tassativamente previste dalla legge, sul presupposto della sussistenza di una comunanza di interessi tra i componenti del gruppo familiare, la pensione viene acquisita da un soggetto (padre) e venuto a mancare quest'ultimo, si consolida in favore della madre. Si rileva, altresì, che il consolidamento non presuppone una originaria contitolarità del diritto, essendo ciascun soggetto titolare di una propria autonoma posizione, che si realizza secondo ordine successivo nel caso di morte.
3. - Ciò premesso, si rileva che la fattispecie - oggetto del giudizio a quo - è quella descritta dall'art. 57 del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra (d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915) in base al quale la pensione privilegiata di riversibilità spetta, in mancanza di altri congiunti, a titolo di assegno alimentare, al padre che abbia raggiunto l'età di anni cinquantotto, o sia comunque inabile a qualsiasi proficuo lavoro, oppure alla madre vedova.
In applicazione dei principi dianzi richiamati, se il padre (unico genitore superstite) del dipendente deceduto - al quale, verificatesi le condizioni di cui all'art. 57 del d.P.R. n. 915 del 1978, sia stato attribuito il trattamento di riversibilità - successivamente muore, come è avvenuto nella fattispecie di cui è causa, il diritto alla riversibilità si estingue. Il che appare coerente con i principi ispiratori della normativa censurata, preordinata, da un lato, ad assicurare una graduazione di diritti alla pensione di riversibilità fondata sulla prossimità del grado di parentela (legittima, naturale e civile), e dall'altro alla necessità di assicurare la par condicio, ovvero di trattare alla stessa stregua soggetti facenti parte (rispetto al dipendente o pensionato statale) di uno stesso gruppo o categoria.
In questa prospettiva vigono ed operano i criteri di esclusione, di concorso e di consolidamento dianzi ricordati.
Se questo è il congegno che racchiude la normativa censurata è chiaro come, tranne i casi di consolidamento previsti in via tassativa, la posizione inerente alla pensione sia dunque rigorosamente statica e non dinamica in quanto, come già rilevato, anche venendo a morte i congiunti che, in ordine prioritario avessero fruito della pensione, di questa non possono beneficiare i congiunti che li seguono nell'ordine, essendo ininfluenti gli eventi successivi alla data indicata dalla legge (morte del dante causa).
L'ordinanza di rinvio non muove dalla considerazione dei principi ora indicati, posti a base della disciplina censurata, fondandosi esclusivamente sulla pretesa funzione assistenziale che il trattamento di riversibilità verrebbe ad acquistare tanto nel caso di morte del titolare di pensione diretta quanto in quello di pensione indiretta.
É subito da rilevare, in questo quadro, che la pensione diretta non è equiparabile a quella indiretta, in quanto i già indicati criteri di individuazione e di graduazione dei beneficiari, posti dalla legge, per il trattamento privilegiato indiretto di riversibilità si fondano sulla tutela dei vincoli di sangue e della conseguente solidarietà familiare. Intesa, quest'ultima, non come prius bensì come posterius, sicchè i contenuti di detta solidarietà non sono connotabili a priori o sulla base di situazioni di fatto bensì operano sulla base dei principi afferenti alle pensioni privilegiate indirette. Sicchè l'esclusione, il concorso, il consolidamento nonchè la tassatività dei titoli di acquisizione, postulando la sussistenza di uno status familiae del beneficiario rispetto a quello concernente il congiunto, tutelano il legame di quest'ultimo con il primo.
Con la conseguenza che, una volta attribuita al beneficiario del trattamento di riversibilità, la pensione indiretta realizza la sua finalità risarcitoria e cessa di operare. É questa la ragione della sua inidoneità ad esplicare ulteriori effetti, che sarebbero propri di una diversa funzione (assistenziale) e contraddistinti da diversi titoli di acquisizione (seconda moglie del genitore superstite) non predeterminati nè predeterminabili.
Come si è osservato, il collegamento tra i vari ordini beneficiari previsti dalla legge è di carattere statico e strettamente riferibile alla data di decesso del titolare. Ed anche nell'ambito della riversibilità ordinaria, il raffronto prospettato dal giudice a quo tra vedova di titolare di pensione diretta e vedova di titolare di pensione indiretta colloca in un'unica fattispecie due situazioni non omogenee, l'una delle quali esclude l'altra trattandosi, per l'appunto, di situazioni diversamente connotabili in ordine alla fonte, all'oggetto della tutela nonchè al momento della loro efficacia.
Diversità che non possono non interessare e riflettersi sulla tutela dei superstiti. Con la conseguenza che nessuna comparazione è possibile tra le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo.
Cade, per queste ragioni, il contrasto con l'art. 3 della Costituzione e restano assorbiti le ulteriori violazioni denunciate con riferimento agli artt. 29 e 31 della Costituzione che su quella norma si sono fondati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 12 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), come modificato dagli artt. 81 e 82 del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sez. IV giurisdizionale, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/11/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Gabriele PESCATORE, Redattore
Depositata in cancelleria il 23 Novembre 1994.