Sentenza n. 3 del 1975
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SENTENZA N. 3

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista  BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli art. 11, secondo comma, e 19 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), e successive modificazioni, e dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 febbraio 1972 dalla Corte dei conti - sezione III pensioni civili - sul ricorso di Di Lonardo Cleonice, iscritta al n. 69 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 2 maggio 1973;

2) ordinanza emessa il 13 ottobre 1972 dalla Corte dei conti - sezione IV pensioni militari - sul ricorso di Rotolo Marianna, iscritta al n. 418 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 326 del 19 dicembre 1973.

Udito nell'udienza pubblica del 6 novembre 1974 il Giudice relatore Luigi Oggioni.

Ritenuto in fatto

La signora Di Lonardo Cleonice, vedova di Vincenzo Navarra, già pensionato a carico della Cassa dipendenti enti locali, presentava istanza in data 20 gennaio 1970 agli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro per ottenere la pensione di riversibilità, a seguito del decesso del marito, avvenuto il 6 gennaio 1970.

L'istanza veniva respinta per difetto di condizioni poste dall'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, sugli Istituti predetti.

La Di Lonardo ricorreva alla Corte dei conti che, con ordinanza 22 febbraio 1972, sollevava questione di costituzionalità del succitato art. 6, secondo comma, nella parte in cui esclude il diritto a pensione delle vedove di pensionati di enti locali, con riguardo all'età del coniuge dante causa, pensionato all'atto della celebrazione del matrimonio e con riguardo alla differenza di età fra i coniugi: ciò in relazione agli art. 3,29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della Costituzione.

Non vi é stata costituzione di parti davanti questa Corte.

Con ordinanza 13 ottobre 1972, provvedendo su ricorso di Rotolo Marianna vedova di Laudani Giuseppe, pensionato dello Stato, tendente ad ottenere la pensione di riversibilità, la Corte dei conti sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 , secondo comma, e 19 della legge 15 febbraio 1958, n. 46, sulle pensioni a carico dello Stato, sostituiti, l'art. 11 con l'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252, e l'art. 19 con l'articolo unico della legge 28 aprile 1967, n. 264: ciò per quanto riguarda la condizione della durata minima (un biennio) del matrimonio contratto in data posteriore a quella di cessazione dal servizio del dante causa e in relazione agli art. 3,29, primo comma, 31, primo comma, e 38 della Costituzione.

Non vi é stata costituzione di parti davanti questa Corte

Considerato in diritto

1. -due ricorsi, indicati in narrativa, hanno per oggetto, su di un piano parallelo, le stesse questioni di fondo. Pertanto, reputasi opportuno disporne la riunione, onde pervenire a contestuale giudizio.

2. - Con la prima ordinanza del 22 febbraio 1972, riguardante la pensione di riversibilità chiesta dalla vedova di pensionato, già dipendente di ente locale, la Corte dei conti sottopone la questione se i requisiti condizionanti il diritto a pensione, costituiti dall'età del coniuge pensionato non superiore a settantadue anni all'atto del matrimonio e dalla differenza di età fra i coniugi, non superiore a venti anni (requisiti richiesti dall'art. 6, comma secondo, legge n. 1646 del 1962), contrastino con gli art. 3, 29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della Costituzione.

3. - Esaminando, in particolare e nell'ordine di loro proposizione, le dedotte violazioni, si rileva che la prospettata contraddizione con l'art. 3 Cost. viene fatta consistere nella irrazionale diversità di trattamento tra le pensioni di riversibilità dovute qualora il matrimonio avvenga prima della cessazione dal servizio del dante causa e le pensioni dovute qualora il matrimonio avvenga dopo tale cessazione. Le condizioni stabilite in questo secondo caso riguarderebbero situazioni meramente soggettive, estranee all'essenza ed alla finalità del matrimonio, e, quindi, prive di una loro plausibile ragion d'essere.

La questione non é fondata.

L'apposizione delle due condizioni, indicate al numero precedente (insieme alla terza, qui non emergente, della durata biennale del matrimonio) ha, come premessa, il riconoscimento, in via di principio, che il diritto alla pensione di riversibilità spetti non solo in caso di matrimonio contratto in costanza di servizio, ma anche nel caso di matrimonio contratto in data successiva alla sua cessazione. Trattasi di un principio d'ordine generale, introdotto nella legislazione, qui in esame, sugli ordinamenti della Cassa pensioni per i dipendenti di enti locali, dopo che lo stesso principio aveva informato ed informa la legislazione sulle pensioni a carico dello Stato (legge n. 46 del 1958 e successive).

Tuttavia, una volta ciò ammesso, non ne deriva necessariamente l'esigenza di un pari trattamento, per entrambe le ipotesi suaccennate.

L'art. 3 Cost. non é informato ad una meccanica uniformità di trattamento riguardo a situazioni che, pur ricollegandosi ad unica matrice, assumano, tuttavia, aspetti da considerare particolari.

É l'esame della razionalità o meno della convergenza o della divergenza di trattamento, che giustifica il richiamo alla garanzia dettata dall'art. 3 della Costituzione.

Nel caso, la dedotta illegittimità per la non coincidenza di trattamento pensionistico, non sussiste.

Dai lavori preparatori delle leggi sulle pensioni a carico dello Stato, si evince (e ciò vale, essendone identici i presupposti, anche per le pensioni relative a dipendenti di enti locali) che i criteri limitativi per le pensioni di riversibilità derivanti da matrimoni conclusi da già pensionati, sono stati dettati in via generale, dal legislatore. come remora all'ipotesi, non infrequente, di matrimoni contratti non per naturale affetto, e, quindi, in tal senso sospettabili, sicché le condizioni restrittive, volte a garantire, in qualche modo, la genuinità e la serietà del tardivo coniugio, si risolvono anche nella tutela del pubblico erario contro maliziose e fraudolenti iniziative.

Così riconosciuta, di conseguenza, la ragionevole giustificazione della norma, va esclusa la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione.

4. - Si assume in secondo luogo, che il restrittivo sistema di legge sopra delineato ostacolerebbe i diritti della famiglia, garantiti dall'art. 29, primo comma, Cost. e, invece di agevolare, contrasterebbe la formazione della famiglia e l'adempimento dei relativi compiti, violando il dettato del seguente articolo 31, primo comma.

La questione non é fondata.

Invero, la normativa in esame, non riguarda il campo dei diritti e doveri reciproci tra i membri della famiglia, cui é informato l'art. 29 Cost. Nemmeno detta normativa può riconoscersi come elemento negativo influente sulla possibilità di contrarre matrimonio. La libertà di formare una famiglia non può ritenersi concretamente limitata dal ridimensionamento di una mera aspettativa, futura ed incerta, come quella di conseguire una pensione di riversibilità. L'istituto della famiglia, costituzionalmente tutelato, ha contenuti e risponde a scopi etico-sociali più pregnanti di quello che sarebbe dato rinvenire in un rapporto istituito con finalità così limitate e ristrette.

5. - Altro motivo di illegittimità viene sollevato in relazione all'art. 36 Cost. in quanto, dovendosi ritenere che il trattamento di quiescenza rivesta per l'impiegato carattere retributivo e costituisca parte del compenso dovutogli per il lavoro prestato e differito alla cessazione dell'attività lavorativa, in nessun caso la vedova potrebbe essere privata dell'esercizio del diritto di subentrare al marito, come esercizio di un suo diritto autonomo.

Anche questo motivo non é fondato.

Va osservato, con richiamo a quanto questa Corte ebbe a significare nella sentenza n. 3 del 1966, che la preminenza della tutela della retribuzione differita non costituisce un principio invalicabile, tale da non consentire in via assoluta alcuna deroga od eventuali adattamenti a particolari situazioni.

Infatti, appunto perché, nel caso in esame, il diritto della vedova alla pensione di riversibilità, é da considerarsi un diritto spettante come diritto autonomo, sono ammissibili le condizioni poste dal legislatore, dettate dall'intento cautelativo di ovviare alle frodi presunte, a difesa del pubblico erario, come si é detto al numero precedente.

Tale valutazione di contrapposti interessi e del loro contemperamento o prevalenza appartiene alla competenza discrezionale del legislatore e non può costituire motivo di illegittimità ove, come nel caso, siano da escludere motivi arbitrari.

6. - Infine, parimenti infondata deve ritenersi la censura relativa alla presunta violazione del principio generale dell'assistenza e previdenza sociale, posto dall'art. 38 della Costituzione. Questo principio non esclude che la legge disciplini variamente gli ordinamenti che meglio si adeguino in concreto alle particolarità delle singole situazioni (sent. n. 22 del 1967) ed in specie che, sia pure in via eccezionale, possano adottarsi misure cautelari, ispirate alla tutela di interessi generali, adeguatamente valutati dal legislatore. Invero, la garanzia posta dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione, ispirata ad un fondamentale principio di solidarietà sociale, costituisce una direttiva di ordine generale, vincolante per il legislatore ordinario, cui é, peraltro, demandato il compito di attuarla. Le cautele in esame, sostanziandosi nella predisposizione di alcune modalità restrittive del diritto alla riversibilità, non incidono sull'ambito di realizzazione degli interessi dei lavoratori, che si sono voluti garantire con la norma costituzionale invocata, ambito nel quale non possono farsi rientrare i casi che il legislatore ha ritenuto motivatamente di escludere.

7. - Con l'altra ordinanza, datata 13 ottobre 1972, la Corte dei conti ha sollevato la stessa questione di costituzionalità di che sopra per quanto riguarda gli artt. 11, secondo comma, e 19 della legge 15 febbraio 1958, n. 46, sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato, modificati rispettivamente con legge 14 maggio 1969, n. 252, e con legge 29 aprile 1967, n. 264. La censura, in relazione al caso specifico, é rapportata a quel punto della normativa che "esclude il diritto alla pensione di riversibilità delle vedove di pensionati statali con durata minima (due anni) del matrimonio contratto in data posteriore a quella di cessazione dal servizio del dante causa".

Questa condizione (mantenuta nel recente testo unico 29 dicembre 1973, n. 1092) non può essere ritenuta illegittima, per gli identici motivi dianzi esaminati a proposito della normativa concernente le Casse pensioni sugli Istituti di previdenza. Trattasi di una condizione specifica, che si adegua al sistema generale e costituisce remora per i casi di matrimoni contratti al solo scopo di far conseguire la pensione alla vedova ed é, insieme, indiretta conferma che deve trattarsi di coniugio ispirato a non contingenti motivi utilitari.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, sulle modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro, questione sollevata dalla Corte dei conti - sezione III pensioni civili - con l'ordinanza 22 febbraio 1972 in riferimento agli art. 3,29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della Costituzione;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 11, secondo comma, e 19 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 - nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato - modificati dall'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252 (modificazione dell'art. 11, secondo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, sulle pensioni a carico dello Stato) e dall'art. unico della legge 29 aprile 1967, n. 264: questione proposta dalla Corte dei conti - sezione IV pensioni militari - con l'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3,29, primo comma, 31, primo comma, e 38 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE Trimarchi - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO

 

Depositata in cancelleria il 16 gennaio 1975.