SENTENZA N. 362
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, n. 3, del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71 (Disposizioni in materia di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito nella legge 20 maggio 1993, n. 151, promosso con ordinanza emessa il 26 agosto 1993 dal Pretore di Crotone nel procedimento civile vertente tra F.lli Romano s.p.a. e I.N.P.S. iscritta al n. 650 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visti gli atti di costituzione della F.lli Romano s.p.a. e dell'I.N.P.S. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 maggio 1994 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
uditi gli avvocati Giancarlo Perone e Tiziano Treu per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio promosso dalla società di trasporto pubblico F.lli Romano s.p.a., al fine di ottenere dall'I.N.P.S. il rimborso delle somme spettanti a titolo di sgravi contributivi (previsti dal decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918, convertito nella legge 25 ottobre 1968, n. 1089) a seguito della sentenza di questa Corte n. 261 del 1991, il Pretore di Crotone emetteva una prima ordinanza di rimessione con la quale dubitava della legittimità costituzionale dell'art. 1, n. 3, del decreto-legge 21 gennaio 1992, n. 14 (Misure urgenti in campo economico ed interventi nelle zone terremotate) disciplinante, fra l'altro, le modalità con cui l'I.N.P.S. avrebbe dovuto procedere ai rimborsi di cui é causa. Questa Corte, con ordinanza n. 116 del 1993, dichiarava la manifesta inammissibilità della sollevata questione, a seguito della mancata conversione dell'impugnato decreto-legge. Riassunta la causa, lo stesso giudice rimetteva nuovamente gli atti a questa Corte dubitando della legittimità costituzionale delle disposizioni reiterate con l'art. 1, n. 3, del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71 (Disposizioni in materia di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di fiscalizzazione degli oneri sociali) convertito nella legge 20 maggio 1993, n. 151, nella parte in cui prevedono che la restituzione delle somme spettanti a titolo di sgravi contributivi a seguito della citata sentenza di questa Corte siano restituite in dieci rate annuali di pari importo, senza alcun aggravio per rivalutazioni ed interessi.
Ad avviso del giudice a quo la norma censurata violerebbe il principio costituzionale di uguaglianza sotto un duplice profilo: da un lato assicurerebbe all'I.N.P.S. una posizione di privilegio rispetto agli altri debitori e, dall'altro, discriminerebbe le aziende che si giovano degli effetti della citata sentenza n. 261 del 1991, rispetto alle altre che hanno potuto usufruire di sgravi contributivi senza dover attendere l'esito del contenzioso sfociato nella sentenza stessa.
Sussisterebbe inoltre violazione dell'art. 41 della Costituzione perchè le imprese così discriminate non hanno ottenuto la concreta restaurazione della loro piena libertà di iniziativa economica, avendo dovuto sostenere oneri nascenti da elevati tassi di interesse, successivamente non compensati adeguatamente; anche gli artt. 24 e 113 della Costituzione sarebbero violati in quanto la non compiuta reintegrazione patrimoniale, conseguente alla prevista modalità di rimborso, comporterebbe compressione della facoltà di ottenere la esaustiva tutela giurisdizionale dei diritti in contestazione relativamente agli sgravi; infine, sussisterebbe contrasto con l'art. 97 della Costituzione poichè le lunghe rateazioni ed il divieto di compensazione, unitamente alla carenza di obbligazioni accessorie per la rivalutazione e gli interessi, si risolverebbero in uno strumento di deviazione dell'Istituto debitore rispetto al perseguimento dei fini di imparzialità e di buon andamento della propria azione amministrativa.
2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito l'I.N.P.S., osservando che la questione sarebbe in primis inammissibile, dal momento che la domanda di rimborso avanzata nei confronti dell'Istituto é preclusa da un giudicato formatosi fra le parti in ordine alla medesima questione, rappresentato da una sentenza del Tribunale di Catanzaro -all'epoca competente per territorio in grado di appello- con la quale era stato negato il diritto della Soc. F.lli Romano agli sgravi contributivi essendo l'azienda priva del requisito della industrialità; ha rilevato in proposito la difesa dell'I.N.P.S. che il difetto di un requisito soggettivo essenziale per il riconoscimento del diritto allo sgravio, accertato con sentenza passata in giudicato, é destinato ad incidere negativamente nell'ambito del rapporto contributivo, anche se di durata, fino a quando lo ius superveniens non viene a rimuovere quel requisito generalizzando, in senso soggettivo, il diritto. La questione, in secondo luogo, dovrebbe essere dichiarata infondata atteso che la norma censurata realizza un equo temperamento delle esigenze delle imprese con quella della finanza pubblica, così concretando in modo ragionevole la discrezionalità legislativa senza incidere su situazioni costituzionalmente protette.
3. - Si é costituita la società F.lli Romano s.p.a. con atto depositato il 17 novembre 1993, concludendo nel senso dell'accoglimento della questione.
4. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto della questione. Rileva la difesa erariale che la norma impugnata manifesta correttamente la discrezionalità del legislatore in materia di attuazione delle pronunce della Corte costituzionale implicanti oneri per il bilancio: se non sussiste un principio costituzionale che imponga il riconoscimento di rivalutazione ed interessi in caso di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, a fortiori tale principio non é ravvisabile nel caso in cui l'I.N.P.S. abbia introitato le somme in questione sulla base di precise disposizioni di legge poi dichiarate incostituzionali. Nè vi sarebbe alcuna disparità di trattamento fra le imprese, posto che il rimborso delle somme in questione rappresenta un arricchimento per le stesse, alle quali il diritto agli sgravi é stato riconosciuto solo in un secondo momento. Non vi sarebbe inoltre alcuna compromissione della tutela giurisdizionale, operando la norma de qua solo sul piano sostanziale, in coerenza con le disposizioni che regolano l'adempimento, da parte degli enti previdenziali, delle loro obbligazioni. Non fondata sarebbe anche la violazione dell'art. 41 della Costituzione, in quanto le imprese non avevano motivo di fare affidamento sugli sgravi contributivi successivamente riconosciuti con la citata sentenza n. 261 del 1991. Parimenti non sussistente, infine, dovrebbe essere riconosciuta la violazione dell'art. 97 della Costituzione, essendo la durata della rateazione giustificata dalla imponente rilevanza delle somme da rimborsare e dalla necessità di farvi fronte in una difficilissima situazione del bilancio dello Stato.
5. - In prossimità dell'udienza la difesa della parte privata e quella dell'I.N.P.S. hanno depositato ulteriori memorie.
Considerato in diritto
1. - Il Pretore di Crotone sottopone all'esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, n. 3, del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71 (Disposizioni in materia di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito nella legge 20 maggio 1993, n. 151, nella parte in cui prevede che le somme dovute dall'I.N.P.S. a titolo di sgravi contributivi per effetto della sentenza di questa Corte n. 261 del 1991 siano rimborsate ratealmente in dieci anni e senza oneri per l'Istituto di rivalutazione monetaria ed interessi. A favore del giudice rimettente si ravviserebbe un contrasto con gli articoli:
1) 3 della Costituzione, per l'ingiustificato privilegio accordato all'I.N.P.S. rispetto ad ogni altro debitore e per la discriminazione in danno delle imprese aventi titolo al rimborso per effetto della citata sentenza rispetto a quelle che hanno originariamente e regolarmente fruito dello sgravio in questione;
2) 24 e 113 della Costituzione, perchè la non completa reintegrazione patrimoniale conseguente alla prevista modalità di rimborso comporta l'impossibilità di ottenere esaustiva tutela giurisdizionale;
3) 41 della Costituzione, per la limitazione della propria libertà di iniziativa economica che le imprese, come sopra discriminate, sono costrette a subire;
4) 97 della Costituzione, perchè il privilegio accordato all'I.N.P.S. si risolve in un fattore ostacolante rispetto al perseguimento dei fini di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa dell'Istituto.
2. - Deve preliminarmente essere dichiarata la irricevibilità dell'atto di costituzione della società di trasporto pubblico F.lli Romano s.p.a. in quanto depositato oltre il termine previsto dagli artt. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
3. - La questione é inammissibile.
Per affermare la rilevanza della questione di legittimità costituzionale nella controversia in esame il giudice a quo affronta le eccezioni preliminari -dedotte dall'I.N.P.S. nel giudizio principale e riproposte dinanzi a questa Corte- relative all'accertata insussistenza nella specie del requisito -presupposto essenziale della pretesa- del carattere di industrialità dell'impresa richiedente il rimborso per contributi non dovuti. E tale affermazione viene motivata attraverso tre passaggi: a) il giudicato formatosi tra le parti circa la carenza del carattere industriale dell'impresa potrebbe spiegare effetti soltanto riguardo al periodo su cui incide il giudicato stesso, ma non condizionare il successivo svolgimento del rapporto; b) le leggi sopravvenute al giudicato "ampliano lo spettro delle aziende ammesse allo sgravio, fino a farlo coincidere con la più ampia nozione di commercialità di cui a tutti i numeri dell'art. 2195 codice civile"; c) il contenuto della sentenza n. 261 del 1991 di questa Corte confermerebbe che il beneficio degli sgravi spetta a tutte le attività commerciali.
I tre passaggi argomentativi sono in realtà palesemente erronei.
4. - In ordine al primo, é sufficiente osservare quanto dedotto dall'I.N.P.S., e cioé che il difetto di un requisito soggettivo essenziale per il riconoscimento del diritto allo sgravio, accertato con sentenza passata in giudicato, é destinato ad incidere negativamente nell'ambito del rapporto contributivo, anche nella sua durata posteriore al giudicato, fino a quando lo ius superveniens non giunga a rimuovere quel requisito essenziale.
Quanto alla valutazione di tre leggi (non tutte "sopravvenute al giudicato") citate per dimostrare il superamento del precedente ambito del requisito della industrialità delle imprese, risulta evidente che le stesse (decreto-legge 6 luglio 1978, n. 353, convertito nella legge 5 agosto 1978, n. 502; decreto-legge 17 aprile 1984 n. 70, convertito nella legge 12 giugno 1984 n. 219 e decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48), estendendo la portata di determinati sgravi (non solo quelli previsti dal decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918, convertito nella legge 25 ottobre 1968, n. 1089) ad alcune ipotesi ben precisate e circoscritte, non sono di per sè sufficienti ad escludere comunque la necessaria sussistenza del requisito di cui alla richiamata legge n. 1089 del 1968.
Circa, infine, il contenuto della sentenza n. 261 del 1991 di questa Corte, é sufficiente notare, dalla formulazione della questione e dal dispositivo, la riaffermazione che gli sgravi contributivi riguardano solo "le imprese industriali" operanti nel Mezzogiorno d'Italia.
Non risulta quindi dimostrato che il requisito del carattere industriale delle imprese che avevano diritto agli sgravi di cui alla legge n. 1089 del 1968 sia venuto meno in forza di leggi sopravvenute o di pronunce di questa Corte.
Può, pertanto, concludersi che il giudice rimettente, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale, ha omesso di considerare che, essendo stata già esclusa nel caso di specie la sussistenza del predetto requisito essenziale ai fini dell'applicazione della normativa sugli sgravi, difetta nel giudizio a quo il presupposto della rilevanza della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, n. 3, del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71 (Disposizioni in materia di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito nella legge 20 maggio 1993, n. 151, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 97 e 113 della Costituzione, dal Pretore di Crotone con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1994.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 Luglio 1994.