SENTENZA N. 261
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Ettore GALLO Presidente
Dott. Aldo CORASANITI Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 18, secondo comma, del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918 (Provvidenze creditizie, agevolazioni fiscali e sgravi di oneri sociali, per favorire nuovi investimenti in settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato), convertito, con modificazioni, in legge 25 ottobre 1968 n. 1089, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 24 maggio 1990 dal Pretore di Bari nel procedimento civile vertente tra S.p.a. SITA e I.N.P.S. iscritta al n. 112 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1991;
2) ordinanza emessa il 24 maggio 1990 dal Pretore di Bari nel procedimento civile vertente tra S.p.a. Meridional Tours e I.N.P.S., iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione della S.p.a. SITA e della S.p.a. Meridional Tours, dell'I.N.P.S. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 21 maggio 1991 il Giudice relatore Francesco Greco;
Uditi gli avvocati Mario Sanino per la S.p.a. SITA e la S.p.a. Meridional Tours e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con due ordinanze, di identico contenuto, pronunziate rispettivamente nei procedimenti promossi dalla S.p.A. SITA e dalla S.p.A. Meridional Tours, imprese esercenti il pubblico servizio di trasporti, nei confronti dell'I.N.P.S., per ottenere il riconoscimento del loro diritto di fruire degli sgravi contributivi disposti, in favore delle imprese industriali operanti nel mezzogiorno d'Italia, dall'art. 18 della legge 25 ottobre 1968 n. 1089 - di conversione del d.-l. 30 agosto 1968 n. 918 -, il pretore di Bari ha sollevato questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui, secondo la prevalente interpretazione giurisprudenziale, esclude dal detto beneficio le medesime imprese relativamente al personale occupato con garanzia di stabilità del posto di lavoro, le cui retribuzioni non sono soggette a contribuzione contro la disoccupazione.
Il giudice a quo, premesso che nella specie sussisteva siffatta ipotesi di esclusione - donde la rilevanza alla questione - ha osservato, nel merito, che la menzionata disposizione, così come interpretata dai giudici di legittimità, appare, da un lato, irrazionale e, dall'altro, lesiva del principio di parità di trattamento. Invero, se, come riconosciuto anche da questa Corte (Sent. n. 12 del 1987), funzione della normativa in materia di sgravi contributivi è quella di favorire lo sviluppo delle attività imprenditoriali sui territori meridionali e di incentivarvi l'occupazione, è intrinsecamente contraddittoria una limitazione del beneficio che ne escluda l'applicabilità nei confronti di imprese il cui esercizio concorre al conseguimento di tali finalità e, per di più, utilizzando personale il cui rapporto di lavoro è presidiato dal regime di stabilità, operante, nella specie, con riguardo ai dipendenti di ruolo di imprese esercenti il pubblico servizio di trasporti.
In secondo luogo, l'art. 3, quarto comma della legge 29 febbraio 1988 n. 48, ha esteso espressamente, a decorrere dal primo gennaio 1988, la possibilità di fruire degli sgravi previdenziali in questione ai soci delle cooperative di servizi, di produzione e lavoro, pur non essendo i loro compensi (partecipazioni agli utili) assoggettabili a contribuzione contro la disoccupazione involontaria: tale innovazione determina, quanto meno con la decorrenza suddetta, una evidente disparità di trattamento fra le imprese escluse dallo sgravio e le imprese cooperative, non assoggettate alla contribuzione contro la disoccupazione involontaria eppure ammesse allo sgravio contributivo.
2. - Le due ordinanze sono state ritualmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
2.1 - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituite le parti private e l'I.N.P.S. (giudizio di cui all'ordinanza R.O. n. 113 del 1991); è altresì intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri.
2.2 - La difesa delle parti private ha rilevato che già l'art. 18 del decreto-legge impugnato ha concesso lo sgravio sul complesso dei contributi da corrispondere all'INPS; che successivamente l'art. 14 della legge 183 del 1976, per i nuovi assunti dal 1° luglio 1976, lo ha concesso in riferimento alle retribuzioni assoggettate a contribuzioni per il Fondo lavoratori dipendenti gestito dall'I.N.P.S. e che, poi, sia i primi due commi dell'art. 18, sia l'art. 14 citato sono stati trasfusi nell'art. 59 del T.U. di cui al d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (T.U. delle leggi sul Mezzogiorno).
Sarebbe, quindi, più ragionevole e logico attribuire al riferimento all'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione non una finalità selettiva per la concessione dello sgravio bensì il valore esclusivo di criterio contabile e gestionale.
Comunque, a seguito della legge n. 48 del 1988, che ha concesso il detto sgravio anche alle cooperative produzione e lavoro, le quale certamente non sono assicurate contro la disoccupazione involontaria, non sussiste più nemmeno il ritenuto collegamento tra beneficio e contribuzione contro la disoccupazione.
Sarebbero, quindi, fondati i sollevati dubbi di legittimità costituzionale sia per la irrazionalità della interpretazione censurata, sia per la disparità di trattamento che si sarebbe venuta a creare tra imprese dopo l'entrata in vigore della legge n. 48 del 1988, tanto più che le dette cooperative non possono considerarsi appartenenti ad una categoria particolare e privilegiata di operatori economici in relazione alla quale potrebbe giustificarsi il trattamento particolare e speciale.
2.3 - L'I.N.P.S., concludendo per la infondatezza della questione, ha osservato che:
la censurata limitazione del beneficio costituisce una scelta di politica legislativa spettante esclusivamente al potere discrezionale del legislatore;
essa, inoltre, si giustifica con la necessità di evitare interventi indiscriminati che si risolverebbero in forme di sostegno ad un intero settore dell'economia nazionale, in violazione degli obblighi comunitari gravanti sull'Italia, in virtù dell'art. 92 del trattato istitutivo della C.E.E. 25 marzo 1957, ratificato con legge 14 ottobre 1957 n. 1203;
la sancita estensione del beneficio ai soci di cooperative di lavoro, servizi e produzione, da un lato è, esso stesso, limitato soltanto a talune categorie di imprese esercitate in forma cooperativistica e, dall'altro, costituisce norma eccezionale che non può fungere da tertium comparationis.
2.4 - L'Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito preliminarmente la inammissibilità della questione per mancata indicazione delle norme costituzionali di riferimento.
Nel merito ha osservato che il riferimento alla contribuzione per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, pur non costituendo elemento di identificazione diretta del titolo allo sgravio contributivo, svolgendo, come osservato dalla Corte con sentenza n. 12 del 1987, una funzione servente per il riconoscimento e la determinazione dello sgravio, concorre pur sempre a circoscrivere l'ambito di applicazione dell'agevolazione.
Il legislatore, ancorando la determinazione dello sgravio e, quindi, la spettanza alla misura della contribuzione contro la disoccupazione, ha per implicito ritenuto una coincidenza tra il titolo di ammissione all'agevolazione e la presenza di una contribuzione per l'assicurazione contro la disoccupazione.
Non vi sarebbe irrazionalità perché vi è coerenza e congruenza del suddetto requisito contributivo con il titolo di ammissione allo sgravio e sopratutto con la finalità del medesimo che è il mantenimento e l'incremento della occupazione.
La mancata concessione dello sgravio contributivo a un'impresa di trasporto con personale stabile e che usufruisce di contribuzioni pubbliche, per mancata ricorrenza del requisito della contribuzione contro la disoccupazione, non esprimerebbe alcuna incongruenza tra criterio applicativo dello sgravio e finalità del medesimo.
Considerato in diritto
1. - La Corte è chiamata a verificare se l'art. 18, secondo comma, della legge 25 ottobre 1968, n. 1089, di conversione del decreto-legge 20 agosto 1968, n. 918, nella parte in cui esclude dal beneficio degli sgravi contributivi le imprese industriali operanti nel Mezzogiorno d'Italia, relativamente al personale dipendente, le cui retribuzioni non siano soggette a contribuzione contro la disoccupazione involontaria, per essere i rispettivi posti di lavoro presidiati dalla garanzia di stabilità, irrazionalmente discrimini dette imprese rispetto a quelle che fruiscono dello sgravio avendo alle proprie dipendenze personale nei cui confronti non opera detta garanzia e, comunque, rispetto alle cooperative di servizi, produzione e lavoro, alle quali il beneficio stesso è stato esteso dall'art. 3, quarto comma, della legge 29 febbraio 1988, n. 48, in riferimento alle persone dei soci, sebbene i compensi di questi (partecipazione agli utili) non siano assoggettabili a contribuzione contro la disoccupazione involontaria.
2. - I due ricorsi possono essere riuniti e decisi con un unico provvedimento, in quanto prospettano la stessa questione.
3. - Deve essere esaminata pregiudizialmente la eccezione di inammissibilità della questione sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato sul rilievo che nelle due ordinanze di rimessione non sono state indicate le norme costituzionali di riferimento.
L'eccezione non è fondata.
Nel testo delle due ordinanze è chiaramente indicato come parametro l'art. 3 della Costituzione sia per la rilevata irrazionalità della disposizione impugnata nella interpretazione che ne ha dato l'indirizzo giurisprudenziale prevalente sia per la disparità di trattamento che la detta interpretazione creerebbe tra le aziende escluse dal beneficio dello sgravio contributivo perché non versano contributi contro la disoccupazione involontaria e le aziende per legge ammesse al beneficio, ancorché in difetto di tale contribuzione.
4. - Nel merito la questione è fondata.
Già questa Corte (sent. n. 12 del 1987), prendendo in esame la normativa dettata in materia, ha messo in rilievo le finalità che l'hanno determinata. E le ha indicate sia in quella, più generica, di incentivare e di accelerare lo sviluppo economico del Mezzogiorno e di favorire le zone economicamente depresse, sia nelle altre, più specifiche, di mantenervi e di incrementarvi la occupazione, di agevolarvi la installazione di nuovi insediamenti industriali, di potenziarvi quelli già esistenti, di sostenere le attività commerciali e turistico-alberghiere che vi si svolgono.
Ai suddetti scopi sono state predisposte varie misure, tra cui lo sgravio dei contributi INPS, la fiscalizzazione di alcuni oneri sociali (contributi per le assicurazioni minori), la concessione di mutui a tasso agevolato e di contributi a fondo perduto.
Tutte queste misure hanno lo scopo di ridurre il costo del lavoro sicché, tra l'altro, il risparmio possa destinarsi ad incrementi occupazionali.
Questa politica è conforme al trattato C.E.E. (art. 92, legge 14 ottobre 1957, n. 1203).
4.1 - Esaminando più specificamente la suddetta normativa, si è osservato (sent. n. 12 del 1987) che il primo comma dell'art. 18 del decreto-legge n. 918 del 1968, convertito con modificazioni, in legge n. 1089 del 1968, ora di nuovo impugnato per altri profili, individua le aziende ammesse a beneficiare dello sgravio contributivo, il periodo di tempo cui esso si riferisce, l'oggetto dello sgravio determinato nel complesso dei contributi da corrispondersi all'I.N.P.S.
Si è rilevato che vi era contenuto il diminuendo della sottrazione da compiersi.
Il secondo comma fissa la misura dello sgravio prendendo in considerazione le retribuzioni assoggettate a contribuzione per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria al netto dei compensi per lavoro straordinario.
Esso indica il sottraendo.
Si nota che, specie per la mancata considerazione del compenso per lavoro straordinario, il contributo suddetto è di gran lunga inferiore alla retribuzione corrisposta sulla quale si pagano gli altri contributi assicurativi obbligatori (invalidità, vecchiaia, superstiti). Si tiene, quindi, conto di una retribuzione in massima parte non soggetta a contributi contro la disoccupazione involontaria.
Il terzo comma prevede la concessione di uno sgravio aggiuntivo per le aziende che assumevano personale dopo il 30 settembre 1968 e risultante superiore al numero complessivo dei lavoratori occupati nell'azienda.
L'ottavo comma dello stesso articolo autorizza i datori di lavoro a dedurre l'importo degli sgravi dal complesso delle somme dovute all'INPS per tutti i contributi.
Sono anche previste, a carico di coloro che violano la legge, sanzioni pecuniarie da versarsi al Fondo della gestione assicurativa contro la disoccupazione.
L'art. 19, poi, dispone che l'importo dello sgravio concesso è a carico della suddetta gestione.
Successivamente, con l'art. 14 della legge n. 183 del 1976, nell'intento di allargare l'ambito di applicazione del beneficio dello sgravio contributivo, si è fatto invece riferimento alla gestione per il fondo pensioni e non più a quello della disoccupazione. Tutte le ipotesi di sgravio sono state raggruppate nell'art. 59 del testo unico approvato con d.P.R. n. 218 del 1978 così come previste nelle varie leggi, senza nessun nuovo riferimento al dato assicurativo specifico (assicurazione contro la disoccupazione).
L'art. 3 della legge n. 502 del 1978 ha esteso, poi, il beneficio di cui trattasi anche alle aziende alberghiere, ai pubblici esercizi, alle aziende di somministrazione di alimenti e bevande, le quali appartengono al settore commercio e che, quindi, pagano un contributo per l'assicurazione contro la disoccupazione molto più modesto che le aziende industriali.
Con l'art. 1, comma sei-bis, del decreto-legge n. 277 del 1984, convertito, con modificazioni, in legge n. 219 del 1984, lo sgravio è stato concesso, senza alcuna specifica limitazione, alle imprese di navigazione per i marittimi componenti l'equipaggio di navi iscritte nei compartimenti ubicati nel territorio del Mezzogiorno; e, con l'art. 35 della legge 14 giugno 1989, n. 234, a decorrere dal periodo di paga in corso alla data del 19 settembre 1988, anche per gli equipaggi delle navi trasferite, nel periodo 1° settembre 1983-31 ottobre 1988, da compartimenti marittimi ubicati nel centro-nord a compartimenti ubicati nel territorio del Mezzogiorno.
Infine, con l'art. 3, n. 4, del decreto-legge n. 536 del 1987, convertito in legge n. 48 del 1988, con decorrenza 1° gennaio 1988, il detto beneficio è stato esteso a favore dei soci di cooperative di servizi, di produzione e lavoro che operano nel Mezzogiorno.
Si nota che le cooperative per i propri soci non pagano contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, onde l'I.N.P.S. (circolari n. 103 del 13 maggio 1988 e n. 192/RCV del 3 agosto 1990) ha chiarito che, ai fini della determinazione dell'entità dello sgravio, vengono prese in considerazione retribuzioni convenzionali, stabilite dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle Confederazioni maggiormente rappresentative in settori economici similari.
5. - Dall'effettuato excursus legislativo si evince, chiaramente ed inequivocabilmente, che la contribuzione contro la disoccupazione involontaria è stata in un primo tempo assunta dal legislatore come un dato meramente contabile-gestionale fino a che in tale gestione assicurativa è rientrata la materia regolamentata, che successivamente è stata trasferita nella gestione dell'assicurazione ordinaria contro la invalidità, vecchiaia e superstiti.
Pertanto, è da escludersi che il riferimento all'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria possa costituire un criterio di scelta delle aziende ammesse allo sgravio contributivo.
6. - Alla realizzazione delle finalità che hanno determinato le leggi innanzi citate, sono state impegnate tutte le aziende (art. 18, primo comma, cit.) senza che possa fondatamente affermarsi che sia stata voluta dal legislatore la distinzione tra quelle che hanno o assumono lavoratori a rapporto stabile e quelle che invece hanno o assumono lavoratori a rapporto non stabile. Non è nemmeno conforme a logica che si siano volute agevolare ancora di più le aziende che hanno già il vantaggio di licenziare i propri dipendenti, concedendo loro anche l'altro vantaggio di uno sgravio contributivo notevolmente superiore alla misura della contribuzione obbligatoria corrisposta contro la disoccupazione involontaria.
Una limitazione del beneficio ai rapporti di lavoro non stabili porterebbe facilmente gli imprenditori a stipulare contratti di tale tipo con grave conseguenza sull'economia aziendale e riflessi negativi sull'economia nazionale, in quanto pregiudicherebbe gli interessi socio-economici sottesi alla disciplina legislativa; cagionerebbe disordine, introducendo nell'azienda, per periodi di tempo che possono essere anche brevi, sempre manodopera nuova; darebbe luogo ad un frequente contenzioso, tale da turbare il normale corso del lavoro; inciderebbe sui costi; impedirebbe uno sviluppo ordinato della organizzazione aziendale, mettendo in pericolo la pace aziendale che è condizione indispensabile perché l'imprenditore possa dedicare proficuamente le proprie energie al potenziamento dell'azienda ed all'incremento ed all'aumento della produttività.
7. - Del resto, la rilevanza che viene data alla distinzione netta tra rapporto di lavoro stabile e rapporto di lavoro non stabile non trova un riscontro effettuale nella realtà socio-economica del momento. La distinzione non è ormai più attuale. Infatti, per effetto delle leggi limitative del licenziamento e sopratutto dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), il rapporto privato di lavoro subordinato gode ormai di una stabilità reale poiché è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore, allorché il licenziamento sia stato dichiarato nullo o inefficace e, comunque, non sia risultato sorretto da giusta causa o giustificato motivo. Sono, inoltre, apprestate garanzie per i procedimenti disciplinari.
Di recente, la legge n. 108 del 1990 ha assicurato stabilità anche ai lavoratori delle piccole imprese.
Per i rapporti di impiego dei dipendenti pubblici è certamente assicurata la stabilità, mentre è diffusa la stipulazione di contratti collettivi di lavoro (legge-quadro sul pubblico impiego, n. 93 del 1983).
Per quanto riguarda specificamente i rapporti di lavoro dei dipendenti delle aziende esercenti in concessione servizi di trasporto, il regio decreto n. 148 del 1931 che li disciplina, prevede (artt. 26, 27, 28 e 29, 37, 42, 43, 45 e 47) numerosissime ipotesi di sospensione e di cessazione dal rapporto, esoneri e licenziamenti degli agenti, anche di ruolo, sia pure con garanzie procedimentali che possono risultare persino meno intense di quelle di cui gode il lavoratore privato.
Va anche considerata la tendenza, che si fa sempre più pressante, alla privatizzazione di tutti i rapporti di lavoro e di impiego di enti pubblici economici e non.
La legge n. 210 del 1985 ha operato la riforma dell'Ente Ferrovie dello Stato ed il rapporto di lavoro del personale si è trasformato in rapporto di diritto privato.
I lavoratori dei settori affini, tra cui quello in esame, premono per avere la stessa disciplina dei loro rapporti di lavoro.
Questa Corte (sent. n. 500 del 1988) ha sollecitato il legislatore perché effettui la richiesta armonizzazione e renda la disciplina più moderna, simile a quella dei rapporti di lavoro dei ferrovieri, che è stata considerata una conquista sociale a garanzia di una più intensa tutela delle aspettative e dei diritti dei lavoratori interessati.
Pertanto, va riconosciuta la fondatezza della questione sollevata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riunisce i giudizi, dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 18, secondo comma, del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918 (Provvidenze creditizie, agevolazioni fiscali e sgravi di oneri sociali, per favorire nuovi investimenti in settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato), convertito, con modificazioni, in legge 25 ottobre 1968, n. 1089, nella parte in cui esclude dal beneficio degli sgravi contributivi le imprese industriali operanti nel Mezzogiorno d'Italia, relativamente al personale dipendente le cui retribuzioni non siano assoggettate a contribuzione contro la disoccupazione involontaria, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 23 maggio 1991.
Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.
Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.