SENTENZA N. 4
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 8, primo comma, del decreto-legge 24 novembre 1990, n.344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988- 1990, nonche' disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), convertito in legge dall'art. 1, primo comma, della legge 23 gennaio 1991, n. 21, promosso con ordinanza emessa il 23 aprile 1992 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania sul ricorso proposto da Carpasio Alberto contro l'Università degli Studi di Napoli, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice relatore Enzo Cheli.
Ritenuto in fatto
l. - Nel corso del giudizio promosso da Alberto Carpasio, funzionario dell'Università di Napoli inquadrato nell'ottava qualifica funzionale, per l'annullamento del provvedimento con il quale l'Amministrazione di appartenenza aveva respinto l'istanza di inquadramento nella qualifica funzionale superiore, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha riconosciuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 8, primo comma, del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988- 1990, nonche' disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), convertito in legge dall'art. 1, primo comma, della legge 23 gennaio 1991, n. 21, in relazione all'art. 3 della Costituzione.
Il Tribunale remittente deduce che gli articoli impugnati - nel prevedere l'inquadramento nella nona qualifica funzionale, con effetto dal 31 dicembre 1990, del personale assunto in esito a concorsi, banditi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 11 luglio 1980, n. 312, per le qualifiche dell'ex carriera direttiva di consigliere o equiparate e superiori, nonche' per il personale che lo precede in ruolo - si riferiscono esclusivamente, secondo il loro inequivoco tenore letterale, al personale dei Ministeri e delle Amministrazioni autonome espressamente indicate (ANAS, AIMA, Monopoli di Stato), con preclusione di ogni diversa interpretazione estensiva a favore di altri comparti del pubblico impiego ed in particolare del personale non docente delle Università. Tale limitazione determinerebbe, peraltro,- secondo il giudice a quo - una ingiustificata disparità di trattamento tra categorie omogenee.
L'omogeneità di ordinamento delle categorie in questione deriverebbe - sempre secondo il giudice remittente - dal disposto degli artt. 80, primo comma, e 2 della citata legge n. 312 del 1980, in base al quale anche il personale universitario, al pari di quello ministeriale, e' stato suddiviso in otto qualifiche funzionali. Questa disposizione determinerebbe un collegamento tra le due categorie di personale quanto ai criteri di inquadramento e di avanzamento, con la finalità di rendere omogenea la progressione della carriera nei due settori considerati. Ciò sarebbe ulteriormente comprovato dal fatto che l'istituzione della nona qualifica funzionale e' stata quasi contemporaneamente realizzata per il personale ministeriale e per quello non docente dell'Università con due ravvicinati provvedi menti legislativi (rispettivamente: il decreto-legge 28 gennaio 1986, n. 9, e la legge 29 gennaio 1986, n. 23), intervenuti poco prima della determinazione dei comparti di contrattazione collettiva, di cui al d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68.
L'impugnata normativa risulterebbe altresì illegittima per aver esteso la propria operatività al personale di alcune Amministrazioni autonome, ma non anche a quello delle Università, che sono Amministrazioni dotate a loro volta di un'ampia autonomia.
2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Secondo la difesa dello Stato, la scelta discrezionale operata dal legislatore con le norme impugnate non sarebbe frutto di un arbitrario trattamento discriminatorio, ma trarrebbe origine dalla specificità delle categorie considerate e dei rispettivi ordinamenti normativi.
La difesa dello Stato contesta in primo luogo che dalle disposizioni degli artt. 80, primo comma, e 2 della legge n.312 del 1980 possa trarsi - come ritenuto dal giudice a quo - un principio di uniformità di ordinamento delle carriere delle varie categorie di personale, tale da imporsi anche alla legislazione successiva. L'Avvocatura dello Stato osserva in proposito che le suddette disposizioni si limitano a stabilire che le due categorie di personale considerate debbano avere entrambe un ordinamento articolato per qualifiche funzionali, senza alcun ulteriore riferimento ai rispettivi criteri di inquadramento in dette qualifiche.
Nell'attribuzione, poi, di tali qualifiche al personale di ciascuna categoria il legislatore avrebbe tenuto, doverosamente, conto delle rispettive peculiarità, determinate dai diversi contenuti professionali e dalle specifiche normative, che renderebbero non comparabili tra loro le complessive posizioni giuridico-economiche del personale delle stesse categorie.
Tanto e' vero che, ai fini contrattuali, queste categorie sono state distinte in differenti comparti di contrattazione dal d.P.R.5 marzo 1986, n. 68.
Per quanto concerne, infine, il fatto che le disposizioni impugnate abbiano esteso l'attribuzione della nona qualifica al personale delle Aziende autonome con le stesse modalità previste per il personale ministeriale, l'Avvocatura replica che queste due ultime categorie di personale hanno un ordinamento pressoche' identico per quanto riguarda l'istituzione della nona qualifica funzionale, le declaratorie delle mansioni ad essa inerenti e le modalità di accesso, mentre per il personale non docente dell'Università la nona qualifica funziona le e' stata istituita con un provvedimento di legge autonomo e con un contenuto nettamente differenziato.
Considerato in diritto
l. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha sollevato questione di legittimità costituzionalimento a profili di arbitrarietà o di manifesta irragionevolezza, in grado di ledere il principio di buon andamento della pubblica amministrazione o di determinare discriminazioni tra i soggetti interessati: profili che, nella specie, non ricorrono.
La scelta di escludere la categoria del personale non docente universitario operata dal legislatore con le norme impunto, nel prevedere condizioni e modalità per l'inquadramento nella nona qualifica funzionale del personale del comparto dei Ministeri nonche' del personale dipendente dell'Azienda nazionale autonoma delle strade, dell'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, non hanno esteso la medesima disciplina anche al personale non docente delle Università, così determinando - ad avviso del giudice remittente - una irragionevole disparità di trattamento ai danni di quest'ultima categoria.
2. - La questione non e' fondata.
La legge 11 luglio 1980, n. 312, nel dettare norme concernenti il nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato, estendeva al personale non docente delle Università la classificazione in otto qualifiche funzionali prevista per il personale dei Ministeri.
Ma tale disciplina, concernendo esclusivamente l'articolazione delle qualifiche funzionali, lasciava del tutto impregiudicati i criteri di inquadramento e di avanzamento delle diverse categorie di personale nelle qualifiche stesse, senza porre a questo riguardo - contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo - alcun principio di uniformità.
Ciò risulta ancora più evidente alla luce della successiva disciplina intervenuta in questa materia, con la quale il legislatore ha distinto sempre più nettamente l'ordinamento del personale non docente universitario da quello del personale ministeriale e delle amministrazioni statali autonome, proprio con riferimento particolare all'istituzione della nona qualifica funzionale.
Tale qualifica e' stata, infatti, introdotta da normative diverse e con difformi modalità di accesso per le due categorie di personale: rispettivamente, con l'art. 2 del decreto-legge 28 gennaio 1986, n. 9, e con gli artt. 1 e 3 della legge 7 luglio 1988, n. 254, per il personale ministeriale e delle aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo; con l'art. 15 della legge 23 gennaio 1986, n. 23, per il personale delle Università, in ordine al quale e' poi intervenuta la legge 21 febbraio 1989, n. 63.
Il diverso assetto normativo delle categorie in questione e' stato, d'altro canto, sancito dal d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68 - attuativo della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n.93 - che ha distinto in separati comparti di contrattazione collettiva il personale dei Ministeri, quello delle aziende e amministrazioni statali autonome e quello delle Università. Tali comparti hanno successivamente posto in essere distinti accordi sindacali.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, sentt.nn. 448, 324, 236 e 219 del 1993), in materia di articolazione delle carriere e passaggi di qualifica dei dipendenti pubblici deve essere riconosciuta al legislatore un'ampia discrezionalità, sindacabile solo con riferimento ai profili di arbitrarietà o di manifesta irragionevolezza, in grado di ledere il principio di buon andamento della pubblica amministrazione o di determinare discriminazioni tra i soggetti interessati: profili che, nella specie, non ricorrono.
La scelta di escludere la categoria del personale non docente universitario operata dal legislatore con le norme impugnate non può, infatti, ritenersi lesiva del principio di ragionevolezza, stante le peculiari caratteristiche normative e contrattuali che hanno progressivamente distinto tale categoria dalle altre assunte a parametro di riferimento e che rendono, in ogni caso, difficilmente comparabile la posizione riconosciuta al personale incluso in questa categoria con quella propria del personale delle altre categorie.
La questione di legittimità costituzionale deve, pertanto, essere dichiarata infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 8, primo comma, del decreto- legge 24 novembre 1990, n.344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti economici relativi al periodo contrattuale 1988-1990, nonche' disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), convertito in legge dall'art. 1 della legge 23 gennaio 1991, n. 21, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 26/01/94.