SENTENZA N. 236
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 1 e 6-bis dell'art. 3 del decreto-legge 16 dicembre 1987, n. 379 (Misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987, n. 468, come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991, promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1992 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia - sui ricorsi riuniti proposti da Vella Calogero ed altri contro il Ministero del Tesoro, iscritta al n. 783 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visti gli atti di costituzione di Vella Calogero ed altri nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1993 il Giudice relatore Francesco Greco;
udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo.
Ritenuto in fatto
l. - Vella Calogero ed altri dirigenti dell'Ente di Sviluppo Agricolo di Palermo (poi denominato E.S.A. dalla legge della Regione Sicilia n. 21 del 1965), collocati a riposo con decorrenza successiva al 1° gennaio 1979 e con qualifica di ispettori generali, proponevano ricorso alla Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, per ottenere il riconoscimento, nei confronti della C.P.D.E.L., del loro diritto alla riliquidazione della pensione nella stessa misura già accordata ai dirigenti delle amministrazioni statali dall'art. 3 del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, come convertito nella legge 14 novembre 1987, n. 468.
Il giudice adito, con ordinanza del 26 maggio 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 1 e 6-bis della citata norma.
Ha osservato che la domanda dei ricorrenti non poteva trovare accoglimento in base alle dette disposizioni, in quanto la riliquidazione delle pensioni era stata concessa solo ai dirigenti dello Stato e ai segretari generali comunali e provinciali, e che la esclusione dei dirigenti dell'Ente Sviluppo importava violazione dell'art. 3 della Costituzione.
All'uopo ha rilevato che la disciplina giuridica ed economica del personale salariato ed impiegato dell'ente suddetto, con la sola eccezione del direttore generale, è stata costantemente modellata su quelle vigenti per le corrispondenti categorie dei dipendenti statali (art. 15 del regolamento organico dell'Ente approvato con d.P.R.S.24 luglio 1971, n. 3279/R.A. attuativo dell'art. 28 della legge Regionale siciliana 10 agosto 1965, n. 21); che il detto collegamento si interrompeva al momento della cessazione dal servizio, richiedendosi (art.71 del citato Regolamento) per la misura e la modalità della liquidazione una apposita legge; che la limitazione della riliquidazione della pensione a favore di un solo gruppo di iscritti al C.P.D.E.L. era irrazionale ed ingiustificata.
2. - L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata altresì pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite le parti private ed è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri.
2.l. - La difesa delle parti private ha in primo luogo insistito sulla possibilità di interpretare le disposizioni censurate nel senso della loro idoneità a riconoscere anche ai dirigenti dell'E.S.A. il trattamento previsto per i dirigenti dello Stato.
In subordine, ha sollecitato la declaratoria di illegittimità costituzionale delle medesime disposizioni con argomenti sostanzialmente sovrapponibili a quelli svolti dal giudice a quo.
2.2. - La difesa erariale ha, invece, sollecitato la declaratoria di infondatezza della questione osservando che:
- non sussiste identità di situazioni giuridiche, nei rapporti di lavoro e previdenziali, tra il personale dell'E.S.A. e i dirigenti dello Stato o il personale a questi espressamente collegato ed equiparato anche in base alla giurisprudenza della Corte (sent. 374 del 1992
);
- in effetti, nel regime pensionistico della C.P.D.E.L., mancando una espressa statuizione di legge che consenta un'automatica estensione ai pensionati dei miglioramenti retributivi concessi al personale in attività di servizio, il legislatore, di volta in volta, è intervenuto ai fini di un adeguamento delle pensioni alla dinamica salariale con la emanazione di apposite norme perequative del trattamento di quiescenza (leggi n. 177/76, n. 141/85 e n. 544/88);
in mancanza di esplicita previsione legislativa, non possono porsi a carico della C.P.D.E.L. i maggiori oneri derivanti dall'estensione del beneficio richiesto a categorie di personale non contemplate dalla legge: ciò anche in applicazione dell'art. 81 u.c. della Costituzione.
Considerato in diritto
l. - La Corte deve verificare se il combinato disposto dei commi 1 e 6-bis dell'art. 3 del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987, n. 468, come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991, nella parte in cui non dispone a favore del personale dell'Ente di Sviluppo Agricolo di Palermo, collegato ed equiparato ai dirigenti civili dello Stato, la riliquidazione della pensione sulla base degli stipendi derivanti dall'applicazione delle varie leggi intervenute in materia (decreto-legge 27 settembre 1982, n.681, convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 1982, n. 869; legge 17 aprile 1984, n. 79; decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 8 marzo 1985, n. 72; decreto-legge 10 maggio 1986, n. 154, convertito, con modificazioni, in legge 11 luglio 1986, n. 341), violi l'art. 3 della Costituzione, essendo l'esclusione irragionevole e ingiustificata.
2. - La questione non è fondata.
La disciplina giuridica ed economica del personale salariato ed impiegato dell'Ente di sviluppo agricolo di Palermo, in forza dell'art. 35 del regolamento organico dell'Ente approvato con il dprs.24 luglio 1971, n. 3279/R.A., attuativo dell'art. 28 della legge della Regione Sicilia 10 agosto 1965, n. 81, è stata costantemente modellata sulle norme vigenti per le corrispondenti categorie dei dipendenti statali.
Ma al momento della cessazione del rapporto, detto collegamento si interrompe per effetto dell'art. 71 del detto regolamento, il quale prevede che il trattamento di quiescenza a carico della Cassa Pensione Dipendenti Enti Locali sia determinata nelle misure e con le modalità proprie stabilite con apposita legge, giusta deliberazione dell'E.S.A. n. 2333 del 29 novembre 1965.
La legge impugnata, però, ha rivalutato le pensioni solo a favore dei dirigenti civili e militari dello Stato e dei segretari generali dei comuni e delle province i quali hanno con l'Ente un rapporto di diritto pubblico analogo a quello dei dipendenti dello Stato, per quanto, poi, siano assoggettati al regime previdenziale dei dipendenti enti locali (C.P.D.E.L.).
3. - In tale situazione non sussiste la lamentata discriminazione in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore la determinazione dei trattamenti pensionistici a favore di determinate categorie di dipendenti, pur essendo in atto una tendenza alla omogeneizzazione tra le categorie dei dirigenti degli enti locali e dei dirigenti civili dello Stato, specie in relazione alle funzioni e alla responsabilità (sent. n. 491 del 1991). Tuttavia, la omogeneizzazione, a parte che si è verificata negli ultimi tempi e non sussisteva negli anni decorsi, non è sufficiente da sola per far ritenere sussistente la violazione dell'invocato precetto costituzionale.
La discrezionalità del legislatore, siccome giustificata e non irragionevole, si sottrae a censura in sede di giudizio di costituzionalità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 1 e 6-bis dell'art. 3 del decreto-legge 16 dicembre 1987, n. 379 (Misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987, n. 468, come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dalla Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia - con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Francesco GRECO, Redattore
Depositata in cancelleria il 13/05/93.