Ordinanza n. 293 del 1993

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ORDINANZA N. 293

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), promosso con ordinanza emessa il 19 ottobre 1992 dal Pretore di Cuneo nel procedimento per interruzione volontaria della gravidanza sull'istanza di una minore, iscritta al n. 705 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti l'atto di intervento dell'Associazione Antenne nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 maggio 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

udito l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso del procedimento relativo alla richiesta di una minore per ottenere l'autorizzazione a decidere l'interruzione volontaria della gravidanza, il Pretore di Cuneo, in funzione di giudice tutelare, premesso che il procedimento è fondato sull'art. 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, fa presente che detto articolo, a sua volta, "suppone l'articolo 4 della stessa legge che ha carattere generale e prevede le circostanze che vanno in ogni caso accusate dalla gestante nel promuovere la procedura abortiva";

che questa disposizione sarebbe, ad avviso del rimettente, in contrasto con l'art. 2 della Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e fra questi quello di nascere, poichè "non prevede alcuna di quelle necessarie cautele" indicate dalla Corte nella sentenza n. 27 del 1975, nè prevede "uno stato di grave pericolo provocato da una effettiva malattia (Corte costituzionale, sent. n. 23 del 1981) così da bilanciare il diritto alla vita del concepito con quello alla salute della madre";

che il giudice a quo solleva pertanto questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 12 della legge n. 194 del 1978, ritenendo la questione rilevante "perchè per provvedere in ordine alla richiesta interruzione volontaria della gravidanza è necessario applicare l'art. 12 e di conseguenza gli artt. 4 e 5 dalla medesima supposti";

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità e l'infondatezza della questione;

che, in prossimità dell'udienza, ha spiegato intervento l'"Associazione Antenne", a mezzo del legale rappresentante, chiedendo una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione.

Considerato che va preliminarmente dichiarato inammissibile, a norma dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'intervento della citata associazione, sia in quanto effettuato oltre il termine previsto sia perchè detta associazione non è parte nel giudizio a quo;

che, relativamente alla questione sollevata, questa Corte ha già osservato che il mancato assenso anche di uno solo dei genitori è, nella previsione dell'art. 12 della legge n. 194 del 1978 - nei cui confronti l'ordinanza di rimessione non svolge alcuna diretta censura -, sostituito dal provvedimento del giudice tutelare, consistente in una "autorizzazione a decidere", il quale provvedimento "rimane esterno alla procedura di riscontro, nel concreto, dei parametri previsti dal legislatore per potersi procedere all'interruzione della gravidanza" (sent. n. 196 del 1987), e ciò perchè "l'accertamento e la valutazione" di quei parametri sono compiuti "dal consultorio, dalla struttura socio-sanitaria o dal medico di fiducia, cui la minore si è rivolta" (ord. n.463 del 1988);

che, in tale contesto, la funzione del giudice tutelare costituisce strumento di garanzia circa la effettiva consapevolezza della scelta della minore nella valutazione dei beni in gioco, in un sistema che vede coinvolti tutti gli interventi di carattere sociale a tutela della maternità e della vita del concepito, potendo il giudice negare l'autorizzazione quando escluda, nel suo prudente apprezzamento, tale consapevolezza;

che, alla stregua di quanto precede, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità, per irrilevanza, dei profili della questione di legittimità costituzionale riferiti agli artt. 4 e 5 della legge n. 194 del 1978, in quanto esterni al procedimento previsto dall'art. 12 della stessa legge, e di conseguenza la manifesta inammissibilità anche del profilo relativo a quest'ultimo articolo, che è stato denunziato solo come tramite per introdurre le censure riferite agli artt. 4 e 5 della legge citata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), sollevata, in riferimento all'art. 2 della Costituzione, dal Pretore di Cuneo con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/06/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/06/93.