Ordinanza n. 252 del 1993

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ORDINANZA N. 252

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 19 dicembre 1991 dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria sul ricorso proposto da Marte Domenico Antonio contro il Ministero delle Finanze, iscritta al n. 738 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 31 marzo 1993 il Giudice relatore Francesco Greco.

 

Ritenuto che nel procedimento tra Marte Domenico Antonio e il Ministero delle Finanze diretto ad ottenere il trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di età, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, con ordinanza del 19 dicembre 1991 (R.O. n. 738 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art.4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede il diritto al trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di età del personale statale ultra-sessantacinquenne invalido civile che ha già beneficiato della elevazione a cinquantacinque anni del limite massimo per l'accesso all'impiego in base alla legge n. 482 del 1968 ma che ha già conseguito il diritto al minimo pensionistico;

 

che, a parere del giudice remittente, sarebbero violati gli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione per la disparità di trattamento che si verificherebbe tra coloro che di tale elevazione godono e coloro, invece, che sono collocati a riposo a sessantacinque anni pur avendo raggiunto il minimo pensionabile e per l'evidente mancato incremento del trattamento pensionistico;

 

che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la inammissibilità o infondatezza della questione.

 

Considerato che la questione è stata decisa (sentt. nn. 461 del 1989, 440 e 490 del 1991) nel senso che la regola è quella del collocamento a riposo dei dipendenti dello Stato a sessantacinque anni ora elevato a sessantasette anni (decreto legislativo n. 503 del 1992);

 

che la deroga a tale regola, con l'elevazione dell'età pensionabile a settanta anni, rientra nella discrezionalità del legislatore, di fatto esercitata per specifiche categorie, tra cui non rientrano gli invalidi civili e che detta deroga non può essere estesa ad altre categorie a seguito di un giudizio di legittimità costituzionale, attesa la natura della norma di previsione;

 

che, peraltro, la deroga è pienamente conforme a Costituzione ed è insindacabile in questa sede (sent. n. 440 del 1991);

 

che i precedenti citati dal remittente (sentt. nn. 282 del 1991 e 461 del 1989) si riferiscono all'ipotesi in cui il dipendente non ha raggiunto il minimo della pensione, il che non è nella specie.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal T.A.R. Calabria con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/05/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco GRECO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 27/05/93.