ORDINANZA N. 92
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 57 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Te sto unico degli impiegati civili dello Stato), come sostituito dall'art. 34 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 (Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato), nella parte in cui non prevede, per il personale comandato, la corresponsione del più favorevole trattamento economico che eventualmente competa al personale dell'ufficio di destinazione, ordinanza emessa il 10 aprile 1992, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione di Latina, sul ricorso proposto da FERRARA Costantino contro il Ministero di Grazia e Giustizia, iscritta al n. 409 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di costituzione di Ferrara Costantino nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto che nel corso di un giudizio - in cui il ricorrente, funzionario direttivo dell'Amministrazione centrale del tesoro, comandato presso il Ministero di grazia e giustizia, aveva richiesto la corresponsione dell'indennità prevista per il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie dalla legge 22 giugno 1988, n. 221 - il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione di Latina, con ordinanza emessa il 10 aprile 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione, dell'art. 57 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), come sostituito dall'art. 34 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, nella parte in cui non prevede, per il personale comandato, la corresponsione del più favorevole trattamento economico che eventualmente competa al personale dell'ufficio di destinazione;
che il giudice a quo sospetta la violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto il personale comandato sarebbe discriminato rispetto a quello di ruolo che pur espleta identiche mansioni negli stessi uffici; dell'art. 36 della Costituzione, in base al quale la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro;
del dovere di imparzialità sancito dall'art. 97 della Costituzione, perchè l'amministrazione corriponderebbe retribuzioni differenti per lavori eguali;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura genera le dello Stato, che ha concluso per la declaratoria d'inammissibilità o comunque di infondatezza della questione;
che è intervenuta la parte privata, a sostegno dei dubbi di legittimità costituzionale mossi dal giudice rimettente.
Considerato che il dipendente comandato non viene inquadrato nell'amministrazione di destinazione e non ottiene qualifica o livello che consenta un raffronto sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza e che d'altronde, come questa Corte ha più volte affermato, spetta al legislatore, nel ragionevole esercizio della sua discrezionalità, individuare i destinatari, la misura e le caratteristiche delle "indennità giudiziarie" (sentt. nn. 334 del 1992, 510 e 119 del 1991 e 238 del 1990; ordd. nn. 97 e 422 del 1990);
che l'amministrazione di provenienza - a carico della quale restano gli oneri per il personale comandato - non può subire un aggravio di spesa in conseguenza del comando, essendo d'altronde pacifico che il comandato non possa avanzare pretese di natura economica verso l'amministrazione di desti nazione;
che non può dirsi violato l'art. 36 della Costituzione se al dipendente venga conservata, nel periodo di comando, la sua posizione retributiva;
che il comando, disposto per esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza, è istituto correlato al buon andamento dell'amministrazione e non è certo strumento per consegui re miglioramenti retributivi, risultando dunque palesemente inconferente il richiamo all'art.97 del la Costituzione;
che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale all'esame di questa Corte va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 57 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico degli impiegati civili dello Stato), come sostituito dall'art. 34 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 (Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato), nella parte in cui non prevede, per il personale comandato, la corresponsione del più favorevole trattamento economico che eventualmente competa al personale dell'ufficio di destinazione, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione di Latina, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/03/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 15/03/93.