ORDINANZA N. 12
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, n.53, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 aprile 1992 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vibo Valentia nel procedimento penale a carico di Battaglia Giuseppe, iscritta al n. 374 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.29, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1992 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale a carico di Giuseppe Battaglia ed altri imputati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vibo Valentia con ordinanza del 9 aprile 1992 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 2, n. 53, della legge 16 febbraio 1987 n. 81, che, nell'ambito della delega legislativa al Governo per l'emanazione del codice di procedura penale, prevede il potere del giudice di pronunciare, nell'udienza preliminare, sentenza di merito su richiesta dell'imputato e consenso del p.m. ed indica contestualmente che, nel caso di condanna, le pene previste per il reato ritenuto in sentenza siano ridotte di un terzo; b) dell'art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, quale risultante dalla sua attuale formulazione per effetto della sentenza di questa Corte n. 176 del 1991, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quest'ultima disposizione nella parte in cui prevedeva la possibilità per l'imputato di avvalersi della suddetta facoltà anche per i reati punibili con la pena dell'ergastolo;
che dal giudice a quo si sostiene che, non avendo questa Corte "escluso che si possa accedere al giudizio abbreviato per delitti punibili con l'ergastolo", sarebbe irragionevole che gli imputati di reati punibili con l'ergastolo vengano esclusi dalla possibilità di ottenere la riduzione di pena prevista per chi si avvalga di tale tipo di giudizio e quindi sarebbe ingiustificata la disparità di trattamento rispetto agli imputati di reati "di gravità solo di poco inferiore";
che si sostiene, altresì, che "la stessa legge delega non si esprime nel senso di escludere la possibilità di rito abbreviato per i delitti punibili con la pena dell'ergastolo", mentre, si soggiunge, se dovesse ritenersi che l'esclusione sia stata prevista dalla legge delega, essa "appare arbitraria, non rientrante nell'ambito delle scelte discrezionali del legislatore", perchè anche per i delitti punibili con l'ergastolo si ravviserebbero le stesse "ragioni di incentivo" poste a fondamento di detto rito;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
Considerato che, diversamente da quanto si sostiene nell'ordinanza di rimessione, questa Corte, nella sentenza n.176 del 1991, ha ritenuto che l'art. 2, n. 53 della legge delega n.81 del 1987 si esprime proprio nel senso di escludere che l'imputato di un reato punibile con la pena dell'ergastolo possa avvalersi del rito abbreviato, per cui il contrario assunto del giudice a quo si concreta in una generica critica, priva di ogni dimostrazione, all'interpretazione di detta norma che la Corte ha posto a fondamento della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 442, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui, in contrasto con la delega, aveva previsto tale possibilità;
che, con l'ordinanza n. 163 del 1992, la Corte ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, punto 53, cit., nell'assunto "che l'inapplicabilità del giudizio abbreviato ai reati punibili con la pena dell'ergastolo non è in sè irragionevole, nè l'esclusione di alcune categorie di reati, come attualmente quelli punibili con l'ergastolo, in ragione della maggiore gravità di essi, determina una ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri reati, trattandosi di situazioni non omogenee";
che, conseguentemente la questione di legittimità costituzionale sollevata nell'ordinanza di rimessione relativamente all'art. 442, comma 2, del codice di procedura penale ed all'art. 2, n. 53, della legge n. 81 del 1987, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, è manifestamente infondata essendo già stata disattesa da questa Corte con le richiamate pronunzie, rispetto alle quali non sono stati addotti nuovi argomenti che possano indurre a diverso avviso;
che nessun argomento è svolto dal giudice a quo relativamente alla questione concernente le stesse norme che è stata sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione ancorchè enunciato nell'ordinanza di rimessione, per cui la questione stessa, in quanto genericamente proposta, è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara:
a) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, n. 53, della legge 16 febbraio 1987 n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e 442, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vibo Valentia.
b) la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle norme di cui al punto che precede, sollevata dallo stesso giudice in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 19/01/93.