ORDINANZA N. 474
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13 febbraio 1992 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Cavagnuolo Raffaele ed altri, iscritta al n. 276 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.
RITENUTO che con l'ordinanza indicata in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dubita della legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, cod. proc. pen., sostenendo che esso, nella parte in cui - secondo l'interpretazione datane nella sentenza n. 401 del 1991 di questa Corte - stabilisce l'incompatibilità a celebrare il giudizio abbreviato del giudice che ha emesso il decreto di giudizio immediato, contrasterebbe:
- con la direttiva n. 67 della legge delega n. 81 del 1987 - e quindi con gli artt. 76 e 77 Cost. - dato che impiega la locuzione "giudizio" in luogo di quella più restrittiva di "dibattimento" - caratterizzata dalla mancata conoscenza degli atti delle indagini preliminari - e che mancherebbero ragioni di stabilire in tal caso l'incompatibilità, non comportando l'emissione del decreto di giudizio immediato una valutazione sulla fondatezza dell'accusa, ma solo sull'idoneità degli atti a sostenere la tesi accusatoria in giudizio;
- con l'art. 97 Cost., dato che, in contraddizione con la direttiva (n. 40) della legge delega di concentrazione in capo ad un unico giudice di tutti gli atti relativi al medesimo procedimento, la diversificazione dei giudici in caso di trasformazione del giudizio immediato in abbreviato nuocerebbe alla celere trattazione dei processi, specie ove tale trasformazione sia richiesta solo da taluni degli imputati;
- con gli artt. 25 e 101 Cost., dato che l'art. 458 cod. proc. pen. sembra presupporre l'identità del giudice chiamato a celebrare i due giudizi, immediato ed abbreviato, sicchè la diversificazione comporterebbe che il processo sia distolto dal giudice naturale precostituito per legge;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata;
CONSIDERATO che, per quanto attiene alla dedotta violazione della direttiva n. 67 (art. 2) della legge delega - e, quindi, dell'art.76 Cost.- la questione, già sollevata in termini analoghi dallo stesso Giudice, è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 261 del 1992, ove si è tra l'altro precisato che impiegando la locuzione "giudizio" "il legislatore delegato, lungi dal violare la delega conferitagli, ne ha correttamente inteso lo spirito";
che conseguentemente tale questione va dichiarata manifestamente infondata;
che alla medesima conclusione deve pervenirsi per quanto concerne la censura riferita all'art. 97 Cost., dato che la direttiva n. 40 della legge delega prevede la concentrazione in capo allo stesso giudice "di tutti i provvedimenti relativi allo stesso procedimento" solo "ove possibile", con ciò evidentemente facendo salvi, innanzitutto, i casi di incompatibilità;
che manifestamente infondata deve ritenersi anche la censura riferita agli artt. 25 e 101 Cost., perchè - a prescindere dal rilievo che l'opinione secondo cui la locuzione "giudice" impiegata dall'art. 458, secondo comma, del codice si riferirebbe al giudice - persona fisica non è confortata da argomenti persuasivi - le regole sull'incompatibilità sono dettate appunto al fine di garantire l'osservanza di tali precetti costituzionali attraverso la precostituzione per legge di un giudice imparziale.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 76, 77, 97, 25 e 101 della Costituzione dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli con ordinanza del 13 febbraio 1992.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/11/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24/11/92.