ORDINANZA N. 403
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 70, n.5, della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli Ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), promosso con ordinanza emessa il 4 novembre 1991 dal T.a.r. del Lazio sul ricorso Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.
RITENUTO che con ordinanza emessa il 4 novembre 1991 e depositata il 18 gennaio 1992, il T.a.r. del Lazio, Sez. I bis, nel giudizio promosso da Gianadelio Maletti contro il Ministero della difesa per l'annullamento del provvedimento di cessazione dal servizio per perdita del grado a decorrere dal 1 ottobre 1981 (in relazione alla condanna penale dallo stesso gen. Maletti riportata per il reato di cui all'art.479 c.p.), ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art.70, n.5, della legge 10 aprile 1954, n.113, che prevede l'automatica perdita del grado e, di conseguenza, la rimozione per effetto di sentenza penale di condanna, in riferimento all'art.3 Cost;
che è intervenuta in giudizio, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che oggetto del giudizio a quo è l'impugnazione del provvedimento con il quale l'Amministrazione ha disposto nei confronti del gen. Gianadelio Maletti la "automatica" perdita del grado - con conseguente rimozione - in relazione ad una sentenza penale di condanna dallo stesso subita;
che in tale fattispecie di destituzione senza procedimento disciplinare trova applicazione l'art.9, primo comma, della legge 7 febbraio 1990, n.19 (pure menzionata dai remittenti), con cui (sulla scorta di quanto deciso da questa Corte con sentenza n.971 del 1988) è stato disposto che "il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale" e che "è abrogata ogni contraria disposizione di legge" (salva, ovviamente, l'inflizione della destituzione all'esito del procedimento disciplinare, ove ne sussistano i presupposti);
che pertanto, essendosi censurata una disposizione normativa ormai abrogata, la questione sollevata difetta di rilevanza e va dichiarata manifestamente inammissibile (cfr. sentenze n.134 del 1992; n.415 del 1991;
nonchè, in tema di applicabilità della legge n.19 del 1990, le ordinanze n.113 del 1991 e n.130 del 1990).
Visti gli artt.26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art.70 n.5, legge 10 aprile 1954, n.113 (Stato degli Ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), in riferimento all'art.3 Cost., sollevata dal T.A.R. del Lazio con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Giuseppe BORZELLINO, Redattore
Depositata in cancelleria il 26/10/92.