SENTENZA N.365
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale. 20, quarto comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 1991 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento civile vertente tra il Comune di Sauze d'Oulx e Melania Faure ed altre, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di costituzione di Melania Faure ed altre;
udito nell'udienza pubblica del 2 giugno 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.
Ritenuto in fatto
1 - La Corte d'appello di Torino - nel corso di un giudizio promosso dall'espropriante, per la determinazione giudiziaria dell'indennità di occupazione d'urgenza di alcuni terreni, in conseguenza della ritenuta eccessività di quella compiuta dalla Commissione provinciale per gli espropri - con ordinanza 5 luglio 1991 ha sollevato, in riferimento all'art. 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma quarto, della l. 22 ottobre 1971, n. 865, "nella parte in cui non prevede che l'espropriante possa proporre opposizione davanti alla Corte d'appello contro la determinazione dell'indennità di occupazione".
Nell'ordinanza di rimessione si deduce in proposito che questa Corte, con la sentenza n. 173 del 1991, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 24 Cost., dell'art. 12, comma quinto, della legge n. 865 del 1971, nella parte in cui non prevedeva che l'espropriante, in alternativa al pagamento dell'indennità accettata dall'espropriato, potesse esperire opposizione, entro il termine di sessanta giorni, ai sensi dell'art. 19.
Analoga ratio sussisterebbe, in favore dell'estensione dei diritto all'impugnazione all'espropriante, nella fattispecie regolata dall'art. 20, quarto comma, della legge n. 865 del 1971, con la conseguente richiesta di un'analoga pronuncia d'illegittimità costituzionale, che stabilisca anche il momento di decorrenza del termine per proporre l'opposizione. Il quarto comma dell'art. 20 impugnato, infatti, fa decorrere detto termine dalla data della comunicazione, da parte del sindaco, dell'indennità liquidata: decorrenza questa che, secondo il giudice a quo, non potrebbe essere adottata in relazione alle impugnazioni dell'espropriante, poichè essendo la maggior parte delle espropriazioni promosse dai comuni, sarebbe lo stesso espropriante a stabilire il termine dal quale decorrerebbe il suo diritto ad adire l'autorità giudiziaria.
Davanti a questa Corte si sono costituite talune parti private controinteressate, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza o altrimenti infondata.
In proposito, nell'atto di costituzione si deduce che la determinazione dell'indennità di occupazione é rapportata dall'art. 20 della legge n. 865 del 1971 ad una percentuale (per ciascun anno, mese, o frazione di mese di durata dell'occupazione), dell'indennità che sarebbe dovuta per l'espropriazione dell'area stessa. Pertanto, qualora la misura di tale indennità fosse ritenuta dall'occupante-espropriante non congrua, egli potrebbe sempre ottenere, ex art. 19 della medesima legge, in seguito alla declaratoria dì parziale incostituzionalità di tale articolo pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 67 del 1990, tutela giurisdizionale. Inoltre, in seguito alla pronuncia d'illegittimità costituzionale dell'art. 20, quarto comma, della legge n. 865 del 1971 - nella parte in cui, in mancanza della determinazione, ad opera della commissione prevista dall'art. 16, dell'indennità di occupazione o della sua comunicazione agli interessati, non consente ai medesimi di agire in giuudizio per ottenerne la liquidazione, a decorrere dall'occupazione del bene che ne é oggetto - anche l'occupante-espropriante é legittimato ad adire l'autorità giudiziaria (prima della determinazione della su detta indennità) e di trovare in quella sede tutela.
L'esclusione dell'occupante-espropriante dalla facoltà di impugnativa, in sede giurisdizionale, dell'indennità di occupazione determinata ex art. 20, comma terzo, della legge n. 865 del 1971 - viceversa - risponderebbe ad una scelta dei legislatore logica e conforme a principi costituzionali, la quale non confliggerebbe con l'art. 24 della Costituzione.
L'occupazione espropriativa, infatti, non può protrarsi oltre i cinque anni ed é in facoltà dell'espropriante-occupante contenerne la durata, cosicchè non sarebbe irragionevole, bensì conforme ai principi enunciati negli artt. 42 e 97, primo comma Cost., l'attribuzione ai soli espropriandi del diritto d'impugnare l'indennità come determinata a norma del terzo comma dell'art. 20. L'attribuzione all'espropriante di un'analoga facoltà d'impugnativa, al contrario, agevolerebbe manovre dilatorie dì quest'ultimo e incentiverebbe l'allungamento della durata della procedura espropriativa.
Considerato in diritto
l.-Il giudice a quo ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 20, comma quarto, della l. 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui non prevede che l'espropriante possa proporre opposizione davanti alla Corte d'appello contro la determinazione dell'indennità di occupazione d'urgenza delle aree da espropriare compiuta in sede amministrativa. Ha esposto al riguardo che questa Corte, con la sentenza n. 173 del 1991, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 24 Cost., dell'art. 12, comma quinto, della legge n. 865 del 1971, nella parte in cui non prevedeva che l'espropriante, in alternativa al pagamento dell'indennità accettata dall'espropriato, potesse esperire opposizione, entro il termine di sessanta giorni, ai sensi dell'art. 19. Ha dedotto che analoga ratio decidendi impone, nella fattispecie regolata dall'art. 20, quarto comma, della legge n.865 del 1971, l'estensione all'espropriante del diritto ad impugnare la determinazione dell'indennità di occupazione d'urgenza delle aree da espropriare, compiuta in sede amministrativa.
2. - Vanno preliminarmente respinte le eccezioni d'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, proposte dalle parti private, secondo le quali: a) essendo la determinazione dell'indennità di occupazione rapportata dall'art.20 della legge n. 865 del 1971 ad una percentuale (per ciascun anno, mese, o frazione di mese di durata dell'occupazione) dell'indennità che sarebbe dovuta per l'espropriazione dell'area stessa, qualora la misura di tale indennità fosse ritenuta dall'occupante espropriante non congrua, egli potrebbe sempre ottenere, ex art. 19 della medesima legge, in seguito alla declaratoria di parziale incostituzionalità di tale articolo pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 67 del 1990, tutela giurisdizionale; b) parimenti egli godrebbe di detta tutela in seguito alla pronuncia d'illegittimità costituzionale (sentenza n. 470 del 1990) dell'art. 20, quarto comma, della legge n. 865 del 1971, nella parte in cui, in mancanza della determinazione, ad opera della commissione prevista dall'art. 16, dell'indennità di occupazione o della sua comunicazione agli interessati, non consentiva ai medesimi di agire in giudizio per ottenerne la liquidazione, a decorrere dall'occupazione del bene.
In proposito va osservato che l'art. 16, comma primo, della legge n. 865 del 1971 ha previsto la costituzione di una commissione tecnica, in ogni provincia, alla quale è demandata, tra l'altro, (art. 20, comma terzo) la determinazione delle indennità di occupazione.
Il quarto comma dell'impugnato art. 20 statuisce che, contro la determinazione di tale indennità, < gl'interessati possono proporre opposizione davanti alla Corte d'appello competente per territorio, con atto di citazione notificato all'occupante entro trenta giorni dalla comunicazione dell'indennità a cura del sindaco, nelle forme prescritte per la notificazione degli atti processuali civili>.
Dal tenore della norma, che prevede la notificazione dell'opposizione all'< occupante>, è evidente che essa non attribuisce l'azione per contestare la misura dell'indennità stabilita in sede amministrativa anche all'espropriante occupante.
Nel caso di specie quest'ultimo ha impugnato, nel giudizio a quo, la determinazione dell'indennità compiuta in sede amministrativa e la rilevanza della questione deriva - come si evince dall'ordinanza di rimessione - dalla circostanza che l'art. 20, comma quarto, non consente all'occupante d'impugnare la determinazione dell'indennità.
Nè è fondata l'affermazione delle parti private costituitesi dinanzi a questa Corte, secondo la quale l'art. 19 della legge n.865 del 1971 (modificato dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977), nel testo risultante dalla declaratoria d'illegittimità costituzionale pronunciata con la sentenza n. 67 del 1990, attribuirebbe la facoltà di impugnativa all'occupante, giacchè-a prescindere da ogni altra considerazione-tale norma riguarda la determinazione dell'indennità di espropriazione e la relativa azione può essere proposta solo dopo che l'espropriazione ha avuto luogo: ipotesi questa che nel caso di specie, non si era verificata.
Neppure fa venir meno la rilevanza della questione la declaratoria d'illegittimità costituzionale, pronunciata con la sentenza n.470 del 1990, dell'art. 20, quarto comma, della legge n. 865 del 1971 < nella parte in cui, in mancanza della determinazione, ad opera della commissione prevista dall'art. 16, dell'indennità di occupazione o della sua comunicazione agl'interessati, non consente ai medesimi di agire in giudizio per ottenerne la liquidazione, a decorrere dall'occupazione del bene che ne è oggetto>.
Tale declaratoria, infatti, non riguarda l'impugnabilità, da parte dell'occupante, dell'indennità di occupazione determinata in sede amministrativa, ma la diversa ipotesi della mancata determinazione dell'indennità in sede amministrativa e la tutela del diritto dei proprietari (e soggetti assimilati) dei beni occupati.
3. - Nel merito la questione è fondata.
L'art. 42, terzo comma, della Costituzione, nello statuire-in connessione con la garanzia posta dal secondo comma-che la proprietà privata < può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo espropriata per motivi d'interesse generale>, dà fondamento e disciplina, con le relative implicazioni di carattere costituzionale, non soltanto agli atti espropriativi in senso proprio, ma pure a quelli inerenti all'occupazione del bene, imponendo un giusto indennizzo anche per la durata di tale occupazione, che impedisce al proprietario la disponibilità e il godimento del bene. Inoltre, il principio del giusto indennizzo - come questa Corte ha già affermato a proposito dell'indennità di espropriazione (sentenza n.173 del 1991)-deve essere operante, in base all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, non soltanto nei confronti dei soggetti passivi dell'espropriazione, ma anche dei soggetti che la promuovono e che, di conseguenza, hanno un interesse a che l'indennizzo non travalichi la giusta misura prescritta dalla norma costituzionale.
L'apprensione del bene attraverso l'occupazione concreta, infatti, una fase autonoma del procedimento ablativo, che deve essere munita delle necessarie garanzie a favore di tutti i soggetti implicati, sia rispetto all'elemento bene, oggetto dell'ablazione, sia nella corresponsione del giusto indennizzo, che concerne, nel quadro di pur distinte posizioni, il soggetto passivo dell'occupazione e il soggetto che la promuove.
Ne deriva che la garanzia sancita dall'art. 24, primo comma, della Costituzione debba operare anche riguardo ai soggetti che abbiano promosso l'occupazione d'urgenza dei beni (art. 20, commi primo e secondo, della legge n. 865 del 1971).
Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, comma quarto, della l. 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui non prevede che anche l'espropriante possa proporre opposizione davanti alla corte d'appello contro la determinazione dell'indennità di occupazione d'urgenza delle aree da espropriare. Tale opposizione andrà proposta con atto di citazione notificato alle controparti nel termine e con le forme ivi stabilite, salvo nel caso in cui l'espropriante sia il comune.
In detta ipotesi, non potendosi consentire che sia rimesso alla discrezionalità del comune espropriante lo stabilire il momento iniziale di decorrenza del termine per l'opposizione, questo termine dovrà decorrere dal giorno in cui sia pervenuta al comune, ai sensi del terzo comma dell'art . 20, la comunicazione della determinazione dell'indennità di occupazione da parte della commissione prevista dall'art. 16. L'art. 20, terzo comma, infatti, disponendo che il sindaco debba provvedere alla comunicazione dell'indennità < agl'interessati>, presuppone che la suddetta commissione sia tenuta a trasmettere al comune la determinazione dell'indennità da essa effettuata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, comma quarto, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), nella parte in cui non prevede che anche l'espropriante possa proporre opposizione davanti alla corte d'appello contro la determinazione dell'indennità di occupazione dei beni da espropriare, con atto di citazione notificato alle controparti nei modi ivi stabiliti e, quando l'espropriante sia il comune, con decorrenza del termine per l'opposizione dal giorno in cui sia pervenuta al comune stesso la comunicazione della determinazione di detta indennità da parte della commissione prevista dall'art. 16.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/07/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Gabriele PESCATORE, Redattore
Depositata in cancelleria il 27/07/92.