SENTENZA N. 301
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 16, quinto comma, della legge della Regione Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n. 16, "Piano regionale per la rete di distribuzione di carburanti per autotrazione e funzioni amministrative", promosso con ordinanza emessa il 12 dicembre 1990 dal Tribunale regionale amministrativo del Lazio, sul ricorso proposto dalla s.p.a A.P.I. contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n.39 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 prima serie speciale dell'anno 1992;
Visti gli atti di costituzione della s.p.a. A.P.I. e della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 il Giudice relatore Enzo Cheli;
uditi gli avvocati Vittorio Zammit per la s.p.a. A.P.I. e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 12 dicembre 1990 il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - nel corso di un giudizio promosso dalla s.p.a. A.P.I. per l'annullamento di due provvedimenti del Comune di Rimini, concernenti il diniego di rinnovo della concessione per l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti ed il conseguente ordine di smantellamento dello stesso - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 16, quinto comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n.16 (Piano regionale per la rete di distribuzione di carburanti per autotrazione e funzioni amministrative), nella parte in cui fa divieto ai Comuni di rinnovare le concessioni relative agli impianti di distribuzione considerati marginali, indicati nella tabella n.3, allegata alla legge stessa.
A giudizio del Tribunale remittente, il suddetto art. 16, quinto comma - assumendo come discriminante, al fine del rinnovo delle concessioni, il criterio della marginalità sotto il profilo produttivo ed operando una diretta individuazione ex lege degli impianti considerati "marginali" rispetto a parametri di produttività non specificati nè ricavabili dal contesto normativo - si porrebbe in contrasto con la normativa statale che regola la materia, e precisamente con l'art.16 del decreto- legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica) e con gli artt. 16 e 17 del relativo regolamento di esecuzione (d.P.R. 27 ottobre 1971, n.1269), secondo i quali avrebbe dovuto essere temporaneamente garantita la prosecuzione delle gestioni in atto, mediante il rilascio di nuove concessioni subordinate al "solo accertamento della idoneità tecnica delle attrezzature dell'impianto al sicuro e regolare espletamento dell'attività di distribuzione".
Secondo il giudice a quo, la norma regionale impugnata, perseguendo la finalità di una drastica riduzione del numero degli esercizi in atto senza tener conto degli indirizzi espressi dalla suddetta disciplina statale, avrebbe violato i limiti della potestà legislativa di mera attuazione demandata alle Regioni in questa materia, ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. n.616 del 1977, ponendosi così in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione. La stessa norma regionale contrasterebbe, inoltre, con l'art.41 della Costituzione, per la insussistenza di ragioni di utilità sociale idonee a giustificare il sacrificio imposto alla libertà di iniziativa economica privata, e con l'art. 3 della Costituzione, per irragionevolezza nonchè per la disparità di trattamento che essa determinerebbe tra imprenditori esercenti la medesima attività.
Infine, sempre a giudizio del tribunale remittente, la stessa normativa regionale risulterebbe lesiva degli artt. 24 e 113 della Costituzione, per aver disposto una diretta e tassativa elencazione degli impianti considerati "marginali", determinando così la sottrazione di tale elencazione alla ordinaria tutela giurisdizionale esperibile nei confronti dei provvedimenti di carattere puntuale, propri della attività amministrativa.
2. - Si è costituita in giudizio la s.p.a. A.P.I. per aderire ai motivi svolti nell'ordinanza di rimessione ed al fine di insistere per l'accoglimento della questione.
3. - Anche la Regione Emilia-Romagna si è costituita nel giudizio, presentando una memoria volta a confutare i motivi dell'ordinanza ed a chiedere il rigetto della questione.
In tale memoria si sostiene che il criterio di marginalità degli impianti - che sarebbe connesso non solo alla scarsa redditività, ma anche ad altri elementi - sarebbe stato espresso, anche a seguito della crisi energetica determinatasi negli anni '70, dai piani energetici nazionali succedutisi nel tempo e dalle conseguenti direttive impartite dallo Stato alle Regioni, venendo ad integrare e modificare il regime originariamente definito dal decreto-legge n. 745 del 1970 e dal d.P.R. n. 1269 del 1971, richiamati nell'ordinanza di rimessione.
L'aumento della economicità del sistema di distribuzione nel suo complesso, da perseguire anche tramite la eliminazione degli impianti a scarsa redditività, costituirebbe, pertanto, uno degli obbiettivi della programmazione nazionale di settore, rispetto al quale la legge regionale impugnata risulterebbe del tutto coerente.
Nè sarebbe riscontrabile - secondo la Regione - alcuna immotivata lesione della libertà di iniziativa economica privata, posto che la razionalizzazione del sistema distributivo sarebbe imposta per esigenze di pubblico interesse, in vista del miglioramento dell'offerta e della riduzione dei costi di distribuzione. Nè avrebbe, infine, fondamento la lamentata lesione della tutela giurisdizionale derivante da una presunta espansione della fonte primaria su materie di carattere amministrativo, non essendo interdetto al legislatore regionale di disciplinare anche con legge le materie delegate.
4. In prossimità dell'udienza la s.p.a. A.P.I. ha presentato una memoria nella quale si insiste per l'accoglimento del ricorso e si ribadisce che la legge regionale impugnata avrebbe violato i limiti della competenza legislativa di mera attuazione riconosciuta alla Regione in questa materia imponendo un criterio (insufficiente produttività) del tutto difforme da quello (inidoneità tecnica degli impianti) previsto dalla legge statale.
Considerato in diritto
1. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, con l'ordinanza in esame, questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 16, quinto comma, della legge della Regione Emilia- Romagna 17 maggio 1986, n.16 (Piano regionale per la rete di distribuzione di carburante per autotrazione e funzioni amministrative), dove, ai fini del rinnovo delle concessioni per i distributori di carburante liquido, si stabilisce che < < non potranno essere rinnovate dai Comuni le concessioni relative ad impianti considerati "marginali" di cui all'allegata Tavola n.3>>.
Ad avviso del giudice remittente tale norma verrebbe a violare: a) gli artt.117 e 118 Cost., per avere introdotto, in tema di rinnovo delle concessioni, un limite non previsto dalla legislazione statale ed in contrasto con il tipo di legislazione regionale consentita in materia delegata; b) gli artt.3 e 41 Cost., per irragionevolezza, disparità di trattamento e insussistenza di ragioni di utilità sociale idonee a giustificare la norma; c) gli artt. 24 e 113 Cost., per avere indebitamente compresso, attraverso l'individuazione diretta degli impianti da eliminare, l'ordinaria tutela giurisdizionale nei confronti degli atti amministrativi.
La questione non è fondata.
2. Il profilo che per primo viene sviluppato nell'ordinanza di rinvio concerne l'asserita violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
Ad avviso del TAR del Lazio, la Regione Emilia Romagna - in sede di esercizio di una potestà normativa di attuazione, quale quella spettante alla Regione nella materia delegata relativa ai distributori di carburanti ( artt. 7 e 52 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) - non avrebbe potuto introdurre un divieto di rinnovo delle concessioni per gli impianti considerati "marginali" sotto il profilo della produttività, dal momento che la legislazione statale (art. 16 L. 18 dicembre 1970, n. 1034 e art. 17 d.P.R.27 ottobre 1971, n.1269) avrebbe condizionato il rinnovo della concessione all'accertamento del solo limite della idoneità tecnica delle attrezzature dell'impianto.
L'esame completo della legislazione statale dimostra, peraltro, l'erroneità di questa tesi.
E invero, il richiamo all'accertamento dell'idoneità tecnica degli impianti come unico limite opponibile ai fini del rinnovo delle concessioni - oltre al fatto di risultare espressamente enunciato soltanto nell'art. 17 del d.P.R. n. 1269 del 1971, e cioé in una fonte non primaria, ma regolamentare - è stato superato dalla normazione statale intervenuta nella materia successivamente al 1971 e, in particolare, dalla disciplina enunciata dal d.P.R. n. 616 del 1977 ai fini della delega alle Regioni delle funzioni amministrative in tema di distribuzione di carburanti.
L'art. 52, primo comma, lett. a) del d.P.R. n. 616, nel delegare tale settore alle Regioni, ha richiamato, infatti, in generale, come disciplina di riferimento il "quadro degli indirizzi determinati dal Governo": indirizzi in concreto adottati mediante i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati in data 8 luglio 1978 e 31 dicembre 1982, attuativi dei piani energetici nazionali approvati dal CIPE, rispettivamente, in data 23 dicembre 1977 e 4 dicembre 1981. In tali atti il criterio della idoneità tecnica delle attrezzature degli impianti risulta affiancato da altri criteri - riferiti sia alla razionalizzazione della rete di distribuzione che alla produttività degli impianti - che hanno condotto ad adottare nei confronti delle Regioni e dei Comuni la direttiva concernente la riduzione dei punti di vendita, da operare sia mediante la revoca delle concessioni "relative agli impianti il cui erogato di vendita nell'anno 1976 sia stato inferiore a 100.000 litri" (d.P.C.M. 8 luglio 1978, n. 2), sia mediante l'ulteriore, eventuale, chiusura di altri impianti fino a raggiungere gradualmente "l'erogato medio europeo" (d.P.C.M. 31 dicembre 1982, art. 1, primo comma, lett. b).
Quest'ultimo atto di indirizzo, all'art. 3, ha altresì imposto alle Regioni l'obbligo di approvare un piano di razionalizzazione della rete distributiva nel territorio di competenza, in funzione, tra l'altro, "della riduzione del costo di distribuzione attraverso la individuazione di una tipologia ottimale delle strutture, nonchè di un'adeguata produttività del sistema mediante il raggiungimento di livelli di erogato medio europeo".
Al rispetto di queste finalità va, dunque, ricondotta la disciplina adottata dalla Regione Emilia-Romagna con la legge n. 16 del 1986, che, nell'approvare il piano regionale, ha introdotto il limite riferito al carattere "marginale" dell'impianto "sotto il profilo della produttività", limite che viene, pertanto, a trovare adeguata giustificazione nelle direttive emanate dal Governo ai sensi dell'art. 52 del d.P.R. n.616 del 1977.
La questione, con riferimento al profilo dell'asserita violazione delle competenze regionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost., risulta, pertanto, infondata.
3. Infondata si rivela, altresì, la censura relativa alla violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione. Ricondotta al quadro complessivo della normazione di delega, dei piani energetici nazionali e degli atti di indirizzo del Governo innanzi richiamati, la norma impugnata, a differenza di quanto si afferma nell'ordinanza, non si prospetta nè irragionevole, nè discriminatoria, nè carente sul piano dell'utilità sociale.
Tale norma, al contrario, nell'individuare come limite al rinnovo delle concessioni la scarsa produttività accertata nei confronti di determinati impianti qualificati come "marginali" (e, pertanto, differenziati, in termini negativi, rispetto al livello medio di produttività), ha palesemente perseguito un fine di razionalizzazione della rete distributiva in grado di favorire anche una riduzione dei costi connessi alla distribuzione. Tale fine, mentre da un lato appare consonante con i criteri della ragionevolezza, dall'altro rappresenta, sul piano dell'utilità sociale, una giustificazione adeguata al limite apposto alla libertà di iniziativa privata.
4. Vanno, infine, respinte anche le censure relative all'asserita lesione degli artt. 24 e 113 della Costituzione.
Il fatto che la norma regionale, con la tabella allegata, abbia specificamente elencato gli impianti considerati "marginali" sotto il profilo della produttività non ha prodotto lesione alla tutela giurisdizionale garantita nei confronti degli atti della pubblica amministrazione, come risulta dimostrato dalla stessa esistenza del giudizio a quo, instaurato al fine di richiedere l'annullamento degli atti amministrativi adottati, in attuazione della norma, dall'autorità comunale.
Nè può valere, come motivo di illegittimità, il richiamo al contenuto concreto dell'elenco allegato alla norma impugnata, dal momento che questa Corte ha già avuto modo di sottolineare come la legislazione regionale non trovi la sua caratterizzazione nei criteri materiali della generalità e dell'astrattezza, ma possa anche manifestarsi, nel rispetto del principio di ragionevolezza, attraverso disposizioni di contenuto concreto e particolare, quale quelle espresse con la disciplina in esame (cfr. sentt. n. 331 del 1988 e 190 del 1986) .
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, nei confronti dell'art. 16, quinto comma, della legge della Regione Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n.16 (Piano regionale per la rete di distribuzione di carburanti per autotrazione e funzioni amministrative), con riferimento agli artt. 3, 24 , 41, 113, 117 e 118 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/06/92.
Giuseppe BORZELLINO, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24/06/92.