SENTENZA N.221
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo Corasaniti, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 4° e 5°, della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1991 dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici negli Abruzzi, nella causa demaniale vertente tra il Comune di Cocullo e la Società S.I.P., iscritta al n. 744 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente della Giunta della Regione Abruzzo;
udito nell'udienza pubblica del 14 aprile 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni; udito l'avv. Vincenzo Cerulli Irelli per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1 . - Con rogito in data 24 giugno 1982 il Comune di Cocullo, autorizzato dal Consiglio regionale dell'Abruzzo con delibera dei 6 luglio 1979, vendeva alla S.p.a. S.I.P. un appezzamento di 1400 mq avente natura demaniale civica, situato sulla sommità` del Monte della Selva, per la costruzione di una torre radio-telefonica. Poichè l'autorizzazione per la quale il Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici e l'Ispettorato regionale delle foreste dell'Aquila avevano espresso parere favorevole - era stata concessa senza previa assegnazione del terreno a categoria ai sensi dell'art. 1l della legge 16 giugno 1927, n.1766, la S.I.P. ha sollecitato il Comune di Cocullo a promuoverne la convalida da parte del Consiglio regionale, a norma dell'art 7, quarto e quinto comma, della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n.25. Di queste disposizioni della legge regionale il Commissario per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo, con ordinanza del 9 novembre 1991, ha sollevato questione di legittimità` costituzionale nel corso di un giudizio civile da lui avviato d'ufficio contro il Comune e la S.I.P. nove anni dopo il perfezionamento della vendita, inizialmente sul presupposto errato della mancanza di autorizzazione e quindi del carattere abusivo dell'occupazione del terreno, successivamente - riconosciuto l'errore - per la dichiarazione di nullità` della vendita, previa disapplicazione del provvedimento autorizzativo.
Ad avviso del giudice remittente, le norme impugnate violerebbero: a) gli artt. 76 e 77 Cost., perchè eccedono la delega alle regioni disposta nell'art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, non rientrando in essa il potere che la Regione Abruzzo si h attribuita di "provvedere alla convalida delle autorizzazioni ad alienare terre civiche non previamente assegnate a categoria"; b) l'art. 117 Cost., perchè contrastano col principio di insanabilità` della nullità` del contratto sancito dall'art. 1423 cod. civ., nonchè col principio della definitività` delle sentenze commissariali passate in cosa giudicata dichiarative della nullità`; c) l'art. 118 Cost., perchè la convalida di atti affetti da nullità` assoluta e insanabile esula dalle funzioni amministrative spettanti alle regioni nelle materie indicate nel precedente art.117.
2.- Nel giudizio davanti alla Corte h intervenuto il Presidente della Regione Abruzzo chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
Inammissibile perchè irrilevante ai fini della definizione del giudizio principale, atteso che le norme impugnate non avevano e non hanno ancora avuto alcuna applicazione nel caso di cui si controverte. Infondata perchè - a parte la manifesta inconsistenza della pretesa violazione degli artt. 76 e 77 Cost. - la vendita di una terra civica autorizzata senza previa assegnazione a categoria non h nulla, come afferma una giurisprudenza tralatizia meritevole di revisione, ma soltanto annullabile, e comunque, indipendentemente da questo primo rilievo, perchè le disposizioni impugnate prevedono soltanto una procedura di sanatoria dell'autorizzazione all'alienazione,, lasciando impregiudicata la questione dei limiti in cui la convalida potrà` riflettersi sul negozio autorizzato.
Considerato in diritto
l. - II Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo ha sollevato questione di legittimità' costituzionale dell'art. 7, quarto e quinto comma, della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n.25, per contrasto con gli artt. 76, 77, 117 e 118 Cost.
2. La Regione, costituitasi in giudizio, ha eccepito che il consiglio regionale non aveva e non ha ancora deliberato sulla proposta della giunta di convalidare, ai sensi del citato art. 7 della legge n. 25 del 1988, l'autorizzazione ad alienare la terra civica di cui è causa, concessa nel 1979 al Comune di Cocullo.
Pertanto la questione sarebbe inammissibile per difetto di rilevanza: non avendo la norma impugnata ricevuto alcuna applicazione, il Commissario avrebbe potuto pronunciarsi senz'altro sulla validità dell'alienazione.
L'eccezione non può essere accolta. II giudice a quo ha ritenuto la rilevanza della questione in base a un criterio di economia processuale, sul presupposto che, data la retroattività della convalida, < la decisione del giudizio a quo è subordinata all'esito della risoluzione che la Regione Abruzzo adotterà in merito alla richiesta della resistente società e del Comune>.
Invero, il limite alla retroattività della convalida, che in linea di massima potrebbe ritenersi costituito dalla pendenza di un giudizio di impugnativa del negozio autorizzato, non è prospettabile nel giudizio a quo. Esso sarebbe fondato sul principio per cui la durata del processo non deve ritorcersi a danno della parte che ha ragione, mentre qui si tratta di un giudizio di nullità promosso d'ufficio dal commissario-giudice contro le parti del contratto di vendita, ai sensi dell'art. 29 della legge n. 1766 del 1927.
3. In riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., la questione è manifestamente inammissibile, non essendo tali norme applicabili alla legislazione regionale.
La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente escluso la possibilità di estendere alle regioni le disposizioni ora citate della Costituzione, le quali, a ragione del loro carattere eccezionale, non possono trovare applicazione fuori dell'ordinamento dello Stato (sentenze nn. 69 del 1983 e 37 del 1961). La norma impugnata non è stata emanata in attuazione di una delega legislativa da parte del Parlamento nazionale, nè contiene, a sua volta, alcuna delega di funzioni legislative, ma prevede il potere del consiglio regionale di porre in essere atti di mera amministrazione al fine di regolarizzare le autorizzazioni ad alienare terre civiche precedentemente concesse dal ministro dell'agricoltura e, dopo il 1977, dallo stesso consiglio regionale senza l'atto-presupposto di cui agli artt. 11 e 14 della legge sugli usi civici.
4.l. - In riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., la questione non è fondata.
L'art. 7, quarto e quinto comma, della legge abruzzese n. 25 del 1988 dispone una procedura, imperniata sul massimo organo di rappresentanza politica della regione, per la < convalida delle autorizzazioni all'alienazione di terre civiche non previamente assegnate a categoria, rilasciate dall'autorità competente, sempre che i relativi atti di alienazione siano stati stipulati e registrati anteriormente all'entrata in vigore della presente legge>. La norma viene incontro all'esigenza di regolarizzazione di numerose autorizzazioni non precedute - secondo una prassi seguita dal ministero dell'agricoltura negli anni '60 e '70 - dal formale atto di assegnazione a categoria dei terreni: prassi che la Regione interveniente ha spiegato per il fatto che le terre civiche esistenti in Abruzzo sono tutte sicuramente classificabili come terreni di categoria a), cioè boschivi o pascolivi, dei quali l'art. 12 della legge n. 1766 del 1927 permette l'alienazione con l'autorizzazione del ministro dell'agricoltura, ed ora della regione (art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).
Dal giudice a quo la norma è reputata contrastante con i principi dell'ordinamento dello Stato alla stregua di una giurisprudenza tralatizia, secondo cui < in mancanza della preventiva individuazione della categoria di appartenenza di terre di uso civico, la vendita delle stesse, disposta dal Comune dopo il conseguimento dell'autorizzazione ministeriale, è, al pari di questa, nulla>: massima che, per quanto concerne l'atto amministrativo di autorizzazione, deve intendersi nel senso di inesistenza giuridica dell'atto. Tale giurisprudenza muove dalla premessa, non condivisa da questa Corte (sent. n. 391 del 1989), che equipara il regime delle terre civiche o di uso civico alla condizione giuridica dei beni demaniali in senso proprio, di cui agli artt. 823 e 824 cod. civ. Ma la legge del 1927 non lascia argomentare che l'atto formale di assegnazione a categoria ai sensi dell'art. 11 abbia il valore di provvedimento costitutivo della condizione di commerciabilità del bene, ai sensi dell'art.12, pur quando si tratta di terreni certamente da classificare come boschivi o pascolivi. In questo caso si argomenta piuttosto dall'art. 37 del regolamento di esecuzione (r.d. 26 febbraio 1928, n. 332) che, non occorrendo alcun accertamento tecnico e non essendovi materia per il bilanciamento di interessi previsto dall'art. 14 della legge, l'assegnazione a categoria è un mero atto di accertamento dichiarativo la cui mancanza produce soltanto un vizio formale dell'autorizzazione ad alienare.
Fuori da questo caso, il provvedimento di assegnazione a categoria ha efficacia costitutiva della condizione giuridica del terreno come bene disponibile o no perchè è esso stesso che determina il presupposto di tale condizione, cioé' la destinazione del terreno all'utilizzazione come bosco o pascolo oppure per cultura agraria, mediante una valutazione tecnico-discrezionale di maggiore convenienza dell'una o dell'altra, < contemperando i bisogni della popolazione con quelli della conservazione del patrimonio boschivo e pascolivo nazionale>.
4.2. La richiamata massima giurisprudenziale è condizionata anche dalla ripartizione originaria delle competenze secondo la legge del 1927, per cui l'autorità competente a rilasciare l'autorizzazione (ministro dell'agricoltura) era diversa da quella competente a provvedere all'identificazione della categoria di appartenenza delle terre civiche (commissario regionale). Dopo il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di usi civici, entrambi gli atti appartengono alla competenza della regione, e quindi almeno nel caso sopra indicato il solo che interessi l'Abruzzo e al quale, pertanto, è limitata la previsione della norma impugnata l'autorizzazione ad alienare è sicuramente convalidabile dal consiglio regionale, previo adempimento del requisito formale dell'assegnazione a categoria del terreno.
La norma impugnata non attribuisce al consiglio regionale il potere di convalida, ma si limita a regolarne l'esercizio in relazione alle autorizzazioni concesse prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 25, prescrivendo il parere del comune territorialmente interessato e specificando la condizione di rispondenza della convalida a un interesse pubblico.
L'art. 1423 cod. civ. non è toccato, neppure indirettamente. La convalida dell'autorizzazione non tanto determina la convalida del negozi o auto rizzato, quanto rimuove retroattivamente la ragione di invalidità del negozio, il quale risulta non già convalidato, bensì stipulato validamente fin dall'origine. Nè vale obiettare che < in tal modo si è travolto il principio della definitività delle sentenze commissariali per l'avvenuto passaggio in cosa giudicata>: anzitutto perchè nella specie non è stata pronunziata, prima della deliberazione di convalida, alcuna sentenza in merito alla validità della vendita, in secondo luogo perchè la norma denunciata lascia affatto impregiudicata la questione dei limiti di retroattività della convalida nei rapporti tra le parti e nei confronti dei terzi acquirenti medio tempore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, quarto e quinto comma, della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal Commissario per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo con l'ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.7, quarto e quinto comma, della legge regionale citata, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dal nominato Commissario con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/05/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Luigi MENGONI, Redattore
Depositata in cancelleria il 25/05/92.