SENTENZA N. 202
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma terzo, della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), promosso con ricorso della Regione Puglia, notificato il 2 gennaio 1992, depositato in cancelleria l'8 successivo ed iscritto al n. 4 del registro ricorsi 1992.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 31 marzo 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
uditi l'avvocato Giorgio Recchia per la Regione Puglia e l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Puglia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), il quale, nel disporre che le regioni emaneranno norme volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale, stabilisce che gli oneri derivanti dalle misure di sostegno adottate dalle regioni medesime sono poste a carico delle ordinarie disponibilità di queste ultime. Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe l'autonomia legislativa e finanziaria, garantita alle regioni dagli artt.117 e 118 della Costituzione, nonchè il principio enunciato dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione, per il quale il legislatore statale deve indicare i mezzi finanziari necessari allorchè addossa alle regioni nuovi compiti cui far fronte.
La lesione di tali parametri costituzionali, precisa la ricorrente, sarebbe tanto più evidente quanto più si consideri che le cooperative sociali, istituite dal legislatore per promuovere l'attuazione di principi fondamentali, comportano, affinchè sia garantito il loro sviluppo, l'erogazione di notevoli aiuti finanziari da parte degli enti pubblici.
Pertanto, conclude la ricorrente, sulla base dei principi più volte enunciati da questa Corte, la disposizione impugnata appare incostituzionale, dal momento che impone alle regioni di utilizzare le proprie disponibilità finanziarie per far fronte ai nuovi compiti previsti dalla legge stessa.
2. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere che la questione sia dichiarata non fondata.
Premesso che la ricorrente si lamenta in sostanza della mancata previsione di un fondo settoriale ad hoc posto a carico del bilancio statale e finalizzato al finanziamento delle misure di sostegno a favore della cooperazione sociale, l'Avvocatura dello Stato osserva che una tale previsione si sarebbe posta in contrasto con il principio enunciato dall'art. 1, lettera a), e dall'art. 2, primo comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158. In ogni caso, conclude la stessa Avvocatura, in considerazione del fatto che deve distinguersi tra ordinamento della cooperazione sociale e servizi socio-sanitari o di formazione professionale delle persone svantaggiate (servizi le cui modalità di raccordo sono rimesse, a norma del medesimo art. 9, alle regioni), l'attività di sostegno alla "cooperazione sociale" ben difficilmente potrebbe esser considerata come funzione nuova ed estranea agli ordinari compiti delle regioni.
3. In prossimità dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria con la quale sottolinea, innanzitutto, come la legge n.381 del 1991 sia essenzialmente una legge "ordinamentale", nel senso che contiene semplicemente la disciplina dell'ordinamento delle cooperative sociali e, in quanto tale, lungi dall'attribuire alle regioni nuovi compiti, prevede, come indicazione attinente all'esercizio delle funzioni di spettanza regionale, la possibilità dell'utilizzazione di un nuovo strumento giuridico. Nè, continua l'Avvocatura dello Stato, potrebbe essere ritenuta lesiva dell'autonomia finanziaria costituzionalmente garantita alle regioni una legge statale che individui nelle risorse finanziarie regionali i mezzi per far fronte agli oneri connessi all'esercizio di attività rientranti nelle competenze delle regioni stesse. Allo stesso modo, non può considerarsi violato l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, dal momento che la legge impugnata non prevede spese "nuove" o "maggiori", ma pone, più semplicemente, un indirizzo in relazione a spese cui le regioni ricorrono con le loro disponibilità ordinarie. In ogni caso, conclude l'Avvocatura dello Stato, pur se fossimo di fronte a spese "nuove" o "maggiori", non sussisterebbe comunque l'obbligo di copertura finanziaria trattandosi di oneri non determinabili preventivamente.
4. Nel corso della pubblica udienza, mentre l'Avvocatura dello Stato si è richiamata ai propri scritti difensivi, la Regione Puglia ha, invece, sottolineato come in taluni casi (ad esempio, nell'ipotesi di cooperative sociali esercenti attività industriali) la previsione di misure di sostegno a carico delle regioni comporta sicuramente oneri nuovi, ai quali non si potrebbe far fronte con le ordinarie disponibilità di bilancio e per i quali difetterebbe, pertanto, la necessaria copertura finanziaria.
Considerato in diritto
1. La Regione Puglia dubita della legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), il quale, ponendo a carico delle ordinarie disponibilità finanziarie delle regioni gli oneri necessari per far fronte alle misure a favore della promozione, del sostegno e dello sviluppo della cooperazione sociale, violerebbe gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, che garantiscono alle regioni l'autonomia finanziaria nelle materie di propria competenza, nonchè l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, che impone al legislatore di prevedere i mezzi finanziari per far fronte a nuove o maggiori spese.
2. La questione non è fondata.
L'art. 9 della legge n. 381 del 1991 - dopo aver stabilito, al primo comma, che le regioni, entro un anno dall'entrata in vigore della stessa legge, emaneranno le norme di attuazione in ordine all'istituzione dell'albo regionale delle cooperative sociali, alla determinazione delle modalità di raccordo con i servizi socio-sanitari e alle attività di formazione professionale e di sviluppo dell'occupazione, e dopo aver previsto, al secondo comma, che le medesime regioni dovranno adottare convenzioni-tipo per i rapporti con le cooperative sociali - contiene nel terzo comma, oggetto delle censure di costituzionalità ora in esame, le seguenti disposizioni: "Le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale.
Gli oneri derivanti dalle misure di sostegno disposte dalle regioni sono posti a carico delle ordinarie disponibilità delle regioni medesime".
Al fine di stabilire il preciso significato delle disposizioni impugnate è logicamente pregiudiziale definire che cosa intenda il legislatore statale per cooperazione sociale. Ai sensi dell'art. 1, primo comma, della stessa legge n. 381 del 1991, "le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi, b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate". Da tale definizione legislativa e dal complesso delle disposizioni di legge che la concernono si deduce che la cooperazione sociale - non dissimilmente dalla "occupazione" (v. sentt. nn. 190 del 1987 e 998 del 1988) e dal "volontariato" (v. sent. n. 75 del 1992) - non costituisce una materia a sè stante, nè si esaurisce in attività materiali in grado di iscriversi all'interno dei confini relativi agli ambiti oggettivi affidati alle competenze regionali. Al contrario, la cooperazione sociale rappresenta un paradigma di azione collettiva che può trovare attuazione in molteplici campi, alcuni dei quali (ad esempio, assistenza e beneficenza pubblica, agricoltura) rientrano indubbiamente fra le materie oggetto di attribuzioni regionali, mentre altri (ad esempio, industria) ricadono sicuramente entro ambiti riservati alle competenze statali. In generale, dunque, deve dirsi che sotto il nome di cooperazione sociale vanno ricomprese attività di promozione umana e di integrazione sociale dei cittadini, e in particolare di quelli svantaggiati, riconducibili al principio di solidarietà sociale solennemente proclamato dall'art.2 della Costituzione, il cui sviluppo e il cui sostegno rappresentano un compito che coinvolge l'intera comunità nazionale e che, pertanto, dev'essere congiuntamente perseguito, nel rispetto delle correlative competenze costituzionali, dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome.
Considerate alla luce della ricordata definizione, le disposizioni impugnate possono essere interpretate in modo conforme alla ripartizione costituzionale delle competenze fra Stato e regioni. Infatti, dove prevedono l'emanazione, da parte delle regioni, di norme volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale e pongono gli oneri conseguenti a carico delle ordinarie disponibilità finanziarie delle regioni medesime, esse si riferiscono alle attività di cooperazione sociale rientranti nei campi materiali affidati alle competenze regionali.
Non è, pertanto, possibile considerare contrastanti con i parametri costituzionali invocati disposizioni di legge che, lungi dal perseguire fini di ampliamento della sfera di attribuzione delle regioni, addossano sulle ordinarie disponibilità finanziarie regionali gli oneri che deriveranno dalla futura adozione di misure di sostegno a favore della cooperazione sociale in relazione ad ambiti materiali già trasferiti o delegati alle competenze regionali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.9, terzo comma, della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, 118, 119 e 81, ultimo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/04/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Antonio BALDASSARRE, Redattore
Depositata in cancelleria il 28/04/92.