Sentenza n.190 del 1987

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SENTENZA N. 190

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale:

a) della legge 4 agosto 1978 n. 479, recante: "Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 6 luglio 1978, n. 351, recante modifiche alla legge 1ø giugno 1977, n. 285, sull'occupazione giovanile", per la parte in cui: 1) introduce un nuovo terzo comma all'art. 8 della legge 1ø giugno 1977 n. 285; 2) converte in legge l'ultimo comma dell'art. 26- bis della stessa legge, inserito dell'art. 21 del d.l. 6 luglio 1978 n. 351; 3) sostituisce gli artt. 16- ter e 16-quater della medesima legge, inseriti dagli artt. 13 e 14 del d.l. n. 351 del 1978;

b) degli artt. 3 e 4 d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 nel testo sostituito con legge di conversione 19 dicembre 1984 n. 863 (Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali), promossi con ricorsi della regione Lombardia (n. 3 ricorsi), della regione Liguria e della regione Valle d'Aosta (n. 2 ricorsi) contro il Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 22 settembre 1978, il 28 e 29 novembre 1984, il 28 novembre 1984 e il 19 gennaio 1985, depositati in cancelleria il 5 ottobre 1978, il 5, 6 e 7 dicembre 1984 ed il 25 gennaio 1985 ed iscritti al n. 27 del registro ricorsi del 1978, ai nn. 41, 45 e 46 del registro ricorsi del 1984 ed ai nn. 3 e 4 del registro ricorsi del 1985;

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 18 marzo 1987 il giudice relatore Francesco Greco;

Uditi gli avv.ti Umberto Pototschnig per la regione Lombardia, Ludovico Villani per la regione Ligura, Enrico Romanelli per la regione Valle d'Aosta e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consigio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso in data 22 settembre 1978 (Reg. Ric. n. 27/1978) la regione Lombardia ha promosso in via principale la questione di legittimità costituzionale di talune disposizioni della legge 4 agosto 1978 n. 479 (di conversione con modificazioni del d.l. 6 luglio 1978 n. 351), le quali hanno inserito nella legge 1 giugno 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile, un nuovo terzo comma dell'art. 8, nonché gli artt. 26- bis, 16- ter e 16-quater.

Ad avviso della ricorrente tali disposizioni violano gli artt. 117, 118 e 119 Cost., in relazione anche agli artt. 35, 36 e 40 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, in quanto in materia di "istruzione artigiana e professionale" rimessa alla competenza regionale, affidano agli organi statali funzioni amministrative ulteriori e diverse rispetto a quelle loro riservate in sede di definizione della materia stessa e fissano criteri di utilizzazione da parte delle regioni dei fondi ad esse assegnati per l'esercizio di funzioni di loro competenza. In particolare:

a) il nuovo terzo comma dell'art. 8 riserva alla commissione regionale per l'impiego la competenza a stabilire durata e modalità di svolgimento dell'attività di formazione professionale dei giovani che abbiano stipulato l'apposito contratto. Tali commissioni (che coincidono con quelle di cui all'art. 3- bis della legge e non con altre di cui all'art 3, che, ad avviso della ricorrente, risulta formalmente richiamato per un mero difetto tecnico di coordinamento, proprio della legge di conversione) erano già previste dall'art. 22 della legge n. 675/1977 con la vecchia denominazione di commissioni regionali per la mobilità. Si tratta di organi statali la cui composizione é interamente definita con la legge dello Stato (art. 22 cit.), che conferisce al Ministro per il lavoro il potere di procedere alle relative nomine. Si crea cosi, in violazione degli esposti principi costituzionali, un sistema di formazione professionale divaricato in due tronconi privi di reciproco collegamento: quello per i giovani che abbiano stipulato il contratto suddetto, voluto e gestito da organi statali e quello voluto ed attuato dalla Regione nell'esercizio della propria competenza generale in materia. D'altra parte, anche a voler ritenere corretto il richiamo all'art. 3 e non all'art. 3- bis, ne risulterebbe comunque lesa l'autonomia organizzativa della Regione, che verrebbe costretta ad esercitare funzioni di sua competenza non attraverso i propri organi ordinari, ma tramite un organo speciale previsto e disciplinato dalla legge statale;

b) l'art. 23- bis, obbligando le regioni a destinare in via primaria a determinate attività (connesse ai contratti di formazione ed ai cicli formativi di cui all'art. 16- bis) la quota di finanziamenti del Fondo per l'Addestramento professionale dei lavoratori ad esse spettante, viola l'art. 119 Cost. perché l'utilizzazione delle relative somme é compito esclusivo delle regioni medesime, quale strumento di esercizio della loro potestà amministrativa in materia, implicante la libertà di assegnare le risorse finanziarie disponibili all'una o all'altra delle attività pertinenti a tale materia, senza vincoli di predeterminazione ab estrinsico;

c) gli artt. 16- ter e quater affidano ad altra commissione, istituita presso ciascun ufficio provinciale del lavoro ed avente, a sua volta natura di organo statale, l'accertamento della qualifica professionale, ai fini della iscrizione nelle liste di collocamento, dei giovani che abbiano stipulato contratti di formazione, nonché il duplice compito di effettuare le prove di idoneità di cui all'art. 18 legge 19 gennaio 1955 n. 25 e successive modificazioni e l'accertamento della professionalità, agli stessi fini di cui sopra, nei casi in cui i lavoratori non possono documentare il possesso della qualifica dichiarata. Ad avviso della ricorrente, tali attribuzioni, dopo il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 non possono più ritenersi di competenza statale: invero l'art. 35 di tale decreto prevede il trasferimento alle regioni di tutti i servizi e le attività destinate alla formazione, al perfezionamento e alla riqualificazione, con esclusione soltanto di quelle dirette al conseguimento del titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o post-universitaria. Il trasferimento, inoltre, riguarda (art. 36) anche le attività relative alla formazione professionale degli apprendisti in tutti gli aspetti disciplinati dalla legge 19 gennaio 1949 n. 25 e successive modificazioni. É, pertanto, da ritenere caducata la riserva allo Stato, già prevista dall'art. 7 lettera a) del d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 10, relativamente alla disciplina dell'attribuzione delle qualifiche professionali a fini di collocamento: ed infatti l'art. 40 del d.P.R. n. 616/1977, nell'elencare in modo tassativo le attività riservate allo Stato non ripete tale riserva. In materia, del resto, la ricorrente Regione ha già legiferato (art. 8 l. reg. Lombardia 16 giugno 1975 n. 93) recependo appunto il criterio di ripartizione cui si informa il d.P.R. da ultimo citato.

La materia del riconoscimento delle diverse qualifiche professionali, quand'anche investisse interessi di dimensioni nazionali, si sarebbe prestata ad un intervento statale inteso a fissare in apposita legge-quadro principi generali di uniforme applicazione sul territorio, senza riservare, come é invece accaduto, ad un organo dello Stato l'esercizio concreto delle implicate funzioni amministrative.

2. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato che ha concluso nel senso dell'infondatezza dell'avversa pretesa.

Secondo la difesa dell'autorità intervenuta la competenza di organi statali, quali sono le commissioni regionali per l'impiego, si giustifica, con riferimento alla materia dei contratti di formazione, in quanto questi non hanno soltanto funzione di addestramento professionale ma anche di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato. In relazione appunto a tale ultima funzione, ritenuta di precipuo rilievo, é istituita una competenza degli organi suddetti rispondente allo scopo di attuare compiutamente la regolamentazione giuridica dei rapporti contrattuali in questione.

La predeterminazione dei criteri di utilizzazione dei finanziamenti é poi in linea con le previsioni dell'art. 3 legge 22 luglio 1975, n. 382 che prevede l'esercizio da parte dello Stato della funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni a statuto ordinario pertinenti ad esigenze di carattere unitario. Invero i problemi dell'occupazione giovanile hanno una dimensione che trascende l'ambito di interesse regionale onde si giustifica una norma che, come l'impugnato art. 26- bis, detti una direttiva di massima intesa a dare effettività allo strumento addestrativo al fine dello sperato incremento dell'occupazione giovanile.

Infine, quanto alla materia dell'attribuzione delle qualifiche professionali, si rileva che questa si riverbera direttamente sul collocamento e sulla disciplina degli instaurandi rapporti di lavoro, cioè su materie in ordine alle quali non compete alle regioni potestà alcuna.

Detta attribuzione costituisce l'atto finale dell'attività addestrativa, ma, per tali implicazioni con materie di sicura competenza statale, se ne giustifica ampiamente la disciplina dettata con le norme censurate.

Proprio per tale considerazione deve anzi ritenersi tuttora operante la riserva in favore dello Stato risultante dall'art. 7 lettera a) del d.P.R. n. 10/1972: ma se anche si volesse considerarla caducata in forza di norme successive, nessun principio costituzionale impedirebbe di ritenerla legittimamente ripristinata con atto successivo avente valore formale di legge ordinaria dello Stato.

3. - Con successivo ricorso notificato il 28 novembre 1984, (Reg. ric. n. 41/1984) la stessa regione Lombardia ha proposto analoghe censure relativamente all'art. 3 del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, concernente la disciplina dei "contratti di formazione e lavoro" e segnatamente quelle parti di essa in cui si prevede che i tempi e le modalità di svolgimento dell'attività di lavoro e formazione siano stabiliti mediante progetti predisposti dalle imprese o dagli enti pubblici economici e loro consorzi ed approvati dalla commissione regionale per l'impiego e dal Ministro del lavoro e che sono possibili, per le realizzazioni conseguenti, convenzioni di detti soggetti con le regioni (comma 2); che i progetti possono essere finanziati dal fondo di rotazione di cui all'art. 25 legge 21 dicembre 1978 n. 845, dovendo a tal fine, le regioni determinare annualmente la quota del limite massimo di spesa necessaria per il finanziamento stesso, e che nell'accesso a questo hanno precedenza i progetti predisposti con i sindacati maggiormente rappresentativi (comma 3); che sull'attuazione dei progetti siano possibili controlli da parte delle commissioni suddette, cui compete anche di disporre che le regioni, con le proprie strutture, accertino il livello di formazione conseguito dai lavoratori (comma 4); che il datore di lavoro attesti sul libretto di lavoro il risultato formativo ottenuto dal lavoratore e l'attività svolta (comma 5); che la disciplina di cui sopra sia applicabile anche ai datori di lavoro iscritti in albi professionali allorché il progetto di formazione venga predisposto dai competenti organi e collegi professionali, in conformità a quanto previsto nel comma 2 (comma 10); che competente all'approvazione dei progetti sia il Ministro per il coordinamento della ricerca scientifica di concerto con quello del lavoro allorché ineriscano direttamente alla ricerca scientifica e tecnologica (comma 11).

Ribadisce la Regione che queste disposizioni la privano del proprio ruolo normativo e programmatorio in materia di formazione professionale, riconosciutale invece, sulla base dei ricordati precetti costituzionali, con gli artt. 3, 4 e 5 della legge quadro n. 845/1978; che pretesto per questa compressione di competenze non può trarsi dalla causa mista (cioè non soltanto di formazione, ma anche di lavoro) dei contratti in questione, posto che le competenze stesse, in materia di istruzione artigiana e professionale, vincolano costituzionalmente il legislatore a tener separati i due aspetti confluenti nella causa contrattuale o a trovare opportune forme di coordinamento che facciano salve le prerogative regionali; che illegittimamente viene intaccato il ruolo regionale nella programmazione delle risorse finanziarie destinate alla formazione professionale; che anche là dove si mostra di tenere presente le competenze regionali in materia (comma 13: autorizzazione alle regioni ad organizzare, d'intesa con le organizzazioni sindacali, attività di formazione professionale svolte presso le aziende) si rinviene un'indiretta conferma della sancita estraneità della Regione rispetto ai progetti formativi di cui ai contratti di formazione e lavoro ex secondo comma; che, più in generale, ogni altra previsione di intervento della Regione a proposito di tali progetti si sviluppa nel presupposto di un ruolo assolutamente gregario e marginale di quest'ultima rispetto a quello degli organi statali e perfino delle aziende o degli enti che si rendono promotori dei progetti stessi cui é data mera facoltà di richiedere interventi regionali, quasi che la Regione fosse una sorta di agenzia di erogazione di servizi e non l'ente preposto al governo del settore.

4. - Anche la regione Liguria, con ricorso notificato il 29 novembre 1984, (Reg. ric. n. 45/1984) ha impugnato l'art. 3 del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle fin qui esposte. Ha, peraltro, esteso l'impugnazione all'art. 4 del citato d.l. n. 726/1984, in quanto norma di previsione dell'organo statale (commissione regionale per l'impiego) cui sono rimesse le competenze che si assumono illegittimamente sottratte alla regione.

5. - Ulteriore impugnazione, di analogo tenore, dell'art. 3 citato é stata poi proposta dalla regione autonoma Valle d'Aosta, con ricorso notificato il 28 novembre 1984, (Reg. ric. n. 46/1984) per dedotta violazione degli artt. 2 e 4 del proprio statuto speciale di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4. Ha rilevato la ricorrente che tali norme statutarie riservano alla sua potestà legislativa primaria la materia dell' "istruzione tecnico-professionale" nella quale non può non rientrare quella della formazione professionale. Detta potestà, del resto, era stata riconosciuta dallo stesso legislatore statale con la legge quadro n. 845/1978, il cui art. 3 stabiliva che le regioni a statuto ordinario esercitano, sia pure con l'osservanza dei principi posti con la legge stessa, la potestà legislativa in materia di orientamento e di formazione professionale e che quelle a statuto speciale sono affrancate anche da tali limiti, svolgendosi le loro competenze secondo le disposizioni dei rispettivi statuti e norme di attuazione.

Rispetto a siffatta competenza normativa primaria gli unici limiti operanti sono quelli consueti dell'armonia con la costituzione, dei principi dell'ordinamento giuridico e del rispetto degli interessi internazionali, nazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.

La norma impugnata, invece, interviene a scompaginare l'assetto ripartitorio delle competenze in materia, così delineato a livello costituzionale e sostanzialmente recepito con la citata legge-quadro, in quanto, pur nella sua strumentalità alla disciplina di un istituto di sicura appartenenza alla competenza statale (quale é quello dell'assunzione a tempo indeterminato con richiesta nominativa, susseguente all'attività formativa) provvede, in realtà, a disciplinare direttamente e dettagliatamente il presupposto di tale istituto e cioè appunto la fase di formazione professionale, la cui regolamentazione appartiene invece alla competenza normativa primaria della ricorrente.

Può in ipotesi assumersi che siffatta disciplina sia stata dettata nel presupposto implicito della salvaguardia di detta competenza e cioè con riserva di essa, specie alla luce di quanto risultante al riguardo dal citato art. 3 della legge- quadro: ma l'effettiva sussistenza di una simile riserva potrà produrre i propri effetti operativi solo a seguito di una pronunzia in tal senso di questa Corte, che rimuova gli ostacoli nascenti dalla mancanza di esplicita previsione al riguardo nella norma impugnata.

La norma impugnata, inoltre, appare alla regione ricorrente violativa delle proprie competenze amministrative in materia specialmente là dove prevede che siano le imprese o gli enti pubblici economici ad assumere l'iniziativa di progetti di formazione e di stipulazione di convenzioni con la Regione e non viceversa (come é invece previsto dalla legge della Regione Valle d'Aosta 5 maggio 1983 n. 28), non riconosce alla Regione nessun autonomo potere di approvazione dei progetti o di autorizzazione dei medesimi al fine di poterne valutare la conformità ai propri programmi; attribuisce ad organi statali il potere di controllo sull'attuazione dei progetti e di accertamento sul livello di formazione acquisito dai lavoratori; impone alla Regione di determinare ogni anno la quota del limite massimo di spesa da destinare al finanziamento dei progetti formativi, stabilendo in proposito determinate precedenze.

La violazione delle competenze regionali sarebbe palese anche alla luce dei principi sanciti da questa Corte con le sentenze nn. 307/1983 e 14/1983, che hanno, pur nella peculiarità della specie, riconosciuto in via generale la spettanza alle regioni dei poteri attinenti alla formazione professionale.

6. - Si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, che ha sollecitato la declaratoria di infondatezza delle esposte questioni.

Ha, in particolare, osservato che i progetti di formazione di cui alla norma impugnata rilevano sia come presupposto legittimante l'assunzione nominativa di lavoratori di età compresa fra i 15 ed i 19 anni, sia ai fini dell'accesso al finanziamento ex artt. 25 e 27 legge 21 dicembre 1978 n. 845. Per ciò che concerne il primo aspetto la norma impugnata si ricollega all'art. 8 legge 1ø giugno 1977 n. 285, come sostituito dall'art. 6 del d.l. 6 luglio 1978 n. 351 (a sua volta modificato, in sede di conversione, dalla legge 4 agosto 1978 n. 479). La Commissione Regionale per l'impiego di cui all'art. 34 legge n. 285/1977 era competente a stabilire durata e modalità di svolgimento dell'attività lavorativa e di formazione professionale, in coerenza con le intese raggiunte localmente dalle contrapposte organizzazioni sindacali (art. 8 comma 3); mentre i cicli formativi erano promossi ed autorizzati dalla Regione (art. 8 comma 2). Veniva così disciplinato il particolare collocamento dei giovani iscritti nelle liste speciali di cui all'art. 4 della stessa legge n. 285/1977, al fine dell'assunzione con contratti di formazione, previa richiesta numerica o nominativa (artt. 5 e 7 poi sostituiti dai corrispondenti artt. 5 e 7 del d.l. n. 351/1978, come modificati in sede di conversione).

Successivamente l'art. 8 del d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito con modificazioni nella legge 25 marzo 1983 n. 79 ha previsto la possibilità di assumere giovani dell'età suddetta con contratto di lavoro a termine, avente finalità formativa, e con richiesta nominativa, sempre che all'atto di questa i datori di lavoro potessero specificare il programma formativo perseguito e le sue modalità di svolgimento.

In tali previsioni direttamente si innestano quelle oggetto delle esposte impugnative, che hanno coerentemente spostato dalla pubblica amministrazione alle aziende la sede di elaborazione dei progetti di formazione, salva l'approvazione dei medesimi.

La norma impugnata, dunque, non ha quale oggetto la disciplina della formazione professionale ma solo quella dei presupposti di esercizio di una facoltà attinente alla fase di costituzione del rapporto di lavoro, cioè ad una materia esorbitante dalla competenza regionale, anche della Valle d'Aosta.

Per ciò che concerne il problema del finanziamento deduce l'Avvocatura dello Stato che il richiamo alla normativa della legge-quadro n. 845/1978 (art. 3, comma 4: "...possono essere finanziati dal fondo di rotazione di cui all'art. 25....secondo le modalità di cui all'art. 27") é di per sé significativo della piena conservazione delle prerogative regionali in materia: detta legge, invero, prevede (art. 24, richiamato dall'art. 27) la competenza delle Regioni ad autorizzare la presentazione di progetti di formazione finalizzati a specifiche occasioni di impiego, suscettibili di accedere ai contributi del fondo sociale europeo ed elaborabili anche da privati imprenditori o da enti pubblici economici. Ed allora la previsione del finanziamento a carico del fondo di rotazione di cui all'art. 25 della legge 845/1975 (con espressa conservazione delle relative modalità) non può non implicare che i progetti predisposti da imprenditori pubblici o privati devono essere approvati da organi statali solo per quanto concerne la peculiarità del collocamento (assunzione con richiesta nominativa) mentre, ai fini dell'accesso ai contributi del fondo sociale europeo ed all'integrazione del suddetto fondo di rotazione soggiacciono all'autorizzazione della Regione. Questa trova cosi occasione per raccordare detti progetti con la propria programmazione, che si esprime, del resto, anche nella predeterminazione della quota di fondi attribuibile ai progetti stessi.

7. - La Regione Valle d'Aosta e la Regione Lombardia hanno già impugnato con nuovi ricorsi, notificati entrambi il 18 gennaio 1985, (Reg. Ric. nn. 3 e 4 del 1985) anche l'art. 3 del d.l. n. 726/1984 nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 19 dicembre 1984 n. 863, sostanzialmente riproducendo le censure già svolte riguardo alla norma non ancora convertita. Nei susseguenti giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, che, a sua volta, ha riprodotto le conclusioni relative ai precedenti giudizi.

8. - Nell'imminenza dell'udienza hanno depositato memorie la Regione Liguria, fuori termine, e le Regioni Lombardia e Valle d'Aosta le quali hanno ribadito la proprie doglianze e proposto argomenti per confutare gli assunti difensivi dell'Avvocatura dello Stato.

Considerato in diritto

1. - La Regione Lombardia ha impugnato (Reg. Ric. n. 27/1978) del d.l. 6 luglio 1978 n. 351 (recante modifiche alla legge 1ø giugno 1977 n. 285 sull'occupazione giovanile), convertito in legge 4 agosto 1978 n. 479, gli articoli:

a) 8, nella parte in cui introduce un terzo comma all'art. 8 della legge 1ø giugno 1977 n. 285, il quale demanda la determinazione della durata, delle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa e di formazione professionale e del rapporto tra attività lavorativa e formazione alla commissione regionale per l'impiego, in coerenza con le intese raggiunte a livello locale tra le organizzazioni dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro maggiormente rappresentative;

b) 13, che introduce l'art. 16- ter della legge n. 285 del 1977, secondo cui l'accertamento della qualifica professionale, a seguito di richiesta dei giovani che hanno stipulato contratti di formazione o hanno partecipato a cicli di formazione, ai fini dell'iscrizione nelle liste di collocamento, e demandato a una commissione istituita presso ciascun ufficio provinciale del lavoro e composta da quattro esperti, in rappresentanza del Ministero del lavoro, della Regione, dei datori di lavoro e dei lavoratori;

c) 14 che introduce l'art. 16-quater della legge n. 285 del 1977, il quale dispone che la detta commissione accerta la qualifica professionale a mezzo di una prova tecnico-pratica, avvalendosi anche delle attrezzature dei centri di formazione professionale riconosciuti dalla Regione o dalle aziende;

d) 21, nella parte in cui detta l'ultimo comma dell'art. 26bis della legge n. 285 del 1977, il quale stabilisce che la quota di finanziamento del fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori, spettante alle Regioni, deve essere destinato, in via primaria, alle iniziative connesse a contratti di formazione ed a cicli formativi.

La ricorrente sostiene che le norme impugnate ai capi a), b), c), violerebbero gli artt. 117 e 118 Cost., in relazione agli artt. 35, 36 e 40 del d.P.R. n. 616/1977, i quali attribuiscono la materia dell'istruzione artigiana e professionale alla competenza regionale, mentre esse la demanderebbero ad un organo statale, quale é la Commissione Regionale per l'impiego, e per giunta scinderebbero il sistema di formazione professionale in due tronconi, privi di collegamento:

a) quello dei giovani che hanno stipulato il contratto di formazione gestito da organi statali;

b) quello dei giovani che partecipano ai corsi gestiti dalla Regione.

Alla Regione sono stati trasferiti tutti i servizi e le attività destinate alla formazione, al perfezionamento e alla riqualificazione eccettuato il rilascio di titoli di studio (art. 35 d.P.R. n. 616/1977) nonché le attività relative alla formazione professionale degli artigiani (art. 36 d.P.R. n. 616/1977), mentre risulta caducata la riserva statale dell'attribuzione di qualifica ai fini del collocamento, non avendola espressamente prevista l'art. 40 del d.P.R. n. 616/1977.

La norma sub d) violerebbe l'art. 119 Cost. perché é compito esclusivo delle Regioni l'utilizzazione delle somme del fondo di addestramento professionale quale strumento di esercizio della potestà amministrativa nelle materie di cui trattasi, nell'attuazione della libertà, di cui esse godono, di assegnare le risorse finanziarie disponibili all'una o all'altra delle attività pertinenti alla materia dell'istruzione professionale senza vincoli di predeterminazione.

2. - La Regione Lombardia ha poi impugnato (Reg. Ric. n. 41/1984) i commi, 2, 3, 4, 5, 10 e 11, dell'art. 3 del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 sostenendo che tali disposizioni la privano del ruolo normativo e programmatico riconosciutole dagli artt. 117, 118, 119 Cost., i quali, peraltro, vincolano costituzionalmente il legislatore a tenere distinti la formazione e il lavoro oppure a trovare opportune forme di coordinamento che facciano salve le prerogative regionali; che illegittimamente sarebbe stato intaccato il ruolo regionale nella programmazione delle risorse finanziarie destinate alla formazione professionale.

La regione, in definitiva, o risulterebbe estraniata del tutto o avrebbe un ruolo gregario e marginale rispetto agli organi statali o addirittura alle aziende e agli enti che si rendono promotori dei progetti di formazione e lavoro perché essi hanno solo la mera facoltà di richiedere interventi delle Regioni, ridotte quindi al ruolo di agenzie di erogazione di servizi e non più enti preposti al governo del settore.

3. - La Regione Liguria ha impugnato (Reg. Ric. n. 45/1984) gli artt. 3 e 4 del d.l. n. 726 del 1984 per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle della Regione Lombardia. Ha specificato che l'art. 4 cit. rimette le competenze ad essa illegittimamente sottratte ad un organo statale (la Commissione Regionale per l'impiego).

4. - La Regione Valle d'Aosta ha impugnato (Reg. Ric. n. 46/1984) l'art. 3 dello stesso d.l. n. 726 del 1984. Ha dedotto la violazione degli artt. 2 e 4 del proprio statuto speciale, di cui alla legge costituzionale del 26 febbraio 1948 n. 4 rilevando che essi riservano alla sua competenza primaria la materia "dell'istruzione tecnico-professionale" nella quale rientra la formazione professionale. Aggiunge che l'attribuzione della potestà legislativa in materia é stata ribadita dall'art. 3 della legge quadro sulla formazione professionale n. 845 del 1978, senza alcun limite per le Regioni a statuto speciale, tranne quelli ordinari.

4.1. - Le Regioni Valle d'Aosta (Reg. Ric. n. 3/1985) e Lombardia (Reg. Ric. n. 4/1985) hanno impugnato anche l'art. 3 del d.l. n. 726/1984, convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863 riproducendo sostanzialmente le censure già svolte contro le norme del decreto legge.

5. - I giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza in quanto prospettano questioni in parte identiche ed in parte connesse.

6. - Si rileva anzitutto per la censura la quale ha per oggetto l'art. 26- bis della legge n. 748 del 1978 che, in accoglimento della richiesta della stessa ricorrente, va dichiarata cessata la materia del contendere perché la norma impugnata é stata espressamente abrogata dall'art. 23 della legge n. 845 del 1978.

7. - Le censure che hanno per oggetto gli artt. 8, comma terzo, 16 ter e quater della legge n. 285 del 1977 nel testo introdotto dal d.l. n. 351 del 1978, convertito in legge n. 479 del 1978, sono infondate.

Si premette che le leggi di cui fanno parte le norme impugnate hanno avuto natura temporanea e contingente: é ormai ampiamente maturato il termine finale di vigenza che esse avevano. L'esame delle censure avviene solamente per la eventualità di effetti ancora possibili.

Si premette ancora che esse fanno parte di un sistema di leggi emanate nel periodo 1977/1978, che hanno recepito il loro contenuto sostanziale da accordi intervenuti tra Governo e Organizzazioni Sindacali in attuazione della politica economico-sociale dell'epoca, con la finalità precipua del superamento della crisi economica che attanagliava il paese.

Esse hanno realizzato interventi sul mercato del lavoro; hanno attuato un coordinamento della politica industriale con interventi di ristrutturazione, di riconversione e di sviluppo dei vari settori (legge 12 agosto 1977 n. 675), agevolando la mobilità dei lavoratori e disciplinando gli interventi della Cassa integrazione guadagni (d.l. 30 marzo 1978 convertito in legge 26 maggio 1978 n. 215, d.l. 13 dicembre 1978 n. 795 convertito in legge 9 febbraio 1979 n. 36). Hanno concesso provvidenze a favore dei lavoratori appartenenti alle aree meridionali (d.l. 10 giugno 1977 n. 291 convertito in legge 8 agosto 1977 n. 501). Hanno previsto misure per il contenimento del costo del lavoro (d.l. 1ø febbraio 1977 n. 15 convertito in legge 31 marzo 1977 n. 91; legge 7 aprile 1977 n. 102; legge 8 agosto 1977 n. 573; legge 22 marzo 1978 n. 75; legge 26 maggio 1978 n. 221; legge 5 agosto 1978 n. 502; legge 5 marzo 1977 n. 54 sulle festività).

Hanno realizzato una maggiore flessibilità nei rapporti di lavoro introducendo nuove forme di contratti per favorire l'occupazione ed in specie quella giovanile, (legge 23 maggio 1977 n. 266; legge 3 febbraio 1978 n. 18; legge 24 novembre 1978 n. 737; oltre alle leggi in esame).

Il sistema instaurato dalla precedente legge n. 285 del 1977 sull'occupazione giovanile é stato perfezionato dal d.l. n. 351 del 1978 convertito in legge n. 479 del 1978.

Si sono lasciati pressoché invariati i principi generali fissati negli artt. 1 e 2 della detta legge; si é affidata alle Regioni la predisposizione annuale dei programmi delle attività di formazione professionale, articolati per settori produttivi e per livelli di professionalità, secondo i propri indirizzi programmatici e con il finanziamento del fondo sociale europeo, al fine di orientare i giovani verso le attività che presentavano concrete prospettive occupazionali e rispondevano alle esigenze dei piani di sviluppo.

Inoltre in attuazione di un coordinamento con la disciplina legislativa della politica industriale diretta alla ristrutturazione, riconversione e allo sviluppo dei vari settori, nonché a favorire la mobilità dei lavoratori e a garantirne l'occupazione, si é estesa anche al settore dell'occupazione giovanile la competenza degli organi statali che operavano a quei fini e cioè la Commissione Centrale e le Commissioni Regionali per la mobilità cui é stata data la denominazione, rispettivamente, di Commissione Centrale e di Commissioni Regionali per l'impiego. La Commissione Centrale composta da rappresentanti dello Stato, delle forze sociali e delle Regioni, ha avuto il compito di determinare annualmente, a livello nazionale, gli indirizzi di politica dell'occupazione e di sostegno del reddito dei lavoratori in relazione alla dinamica quantitativa e qualitativa del mercato del lavoro ed al quadro di riferimento economico per lo svolgimento dell'attività regionale in materia di formazione professionale. Essa oltre a rappresentare l'organo di direzione centrale delle politiche del lavoro in generale e della mobilità in particolare, costituisce il momento centrale di coordinamento delle attività conoscitive delle proposte delle Commissioni regionali.

Le Commissioni regionali attuavano nel proprio ambito territoriale i compiti e gli indirizzi della Commissione Centrale e, nella situazione locale di mercato, svolgevano compiti di iniziativa e di coordinamento al fine di promuovere intese tra le parti sociali per favorire l'impiego dei giovani in attività formative e lavorative.

Una volta l'anno, di intesa con il Presidente della Giunta Regionale e con la partecipazione degli assessori competenti in materia di politica attiva del lavoro impostavano il programma annuale di attività e di iniziative, in relazione alle esperienze compiute e alla situazione occupazionale, con particolare riguardo a quella giovanile.

Per quanto riguarda più specificamente l'occupazione dei giovani, la legge n. 285/1977 (come successivamente modificata e integrata) prevedeva l'iscrizione dei giovani tra i 15 e i 29 anni, ai fini del collocamento, in una lista speciale, oltre che nelle liste ordinarie (art. 4); la formazione di apposite graduatorie (art. 5) con raggruppamenti in fasce professionali secondo i sistemi di inquadramento stabiliti in sede contrattuale oppure, in mancanza, per categorie professionali e in, ciascuna categoria, per qualifica o specializzazione; la richiesta numerica o nominativa del datore di lavoro che intendeva assumere detti giovani per il periodo di applicazione della legge; l'assunzione per giovani iscritti nella lista speciale di età compresa tra i 15 ed i 22 anni, o 24 anni se donne o diplomati; o 29 anni se laureati) con contratto di formazione di durata non superiore a 12 mesi, non rinnovabili, ma trasformabili in contratti a tempo indeterminato; la determinazione della durata, delle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa e di formazione e del rapporto tra le due attività da parte della Commissione regionale per l'impiego, in coerenza con le intese raggiunte in sede locale tra le organizzazioni dei datori e quelle dei lavoratori.

Alle Regioni era demandata la promozione o l'autorizzazione alla effettuazione, anche presso le aziende, di cicli di formazione intesi ad assicurare ai giovani il raggiungimento di adeguati livelli di formazione in rapporto alle fasce professionali.

Particolari benefici erano previsti per datori di lavoro che effettuavano le assunzioni (art. 9).

Dal canto loro (art. 16- bis) le Regioni, nel quadro dei programmi annuali da esse redatti, ed in relazione a concrete prospettive occupazionali, d'intesa con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e lavoratori, potevano organizzare attività di formazione professionale con la eventuale previsione anche di periodi di formazione sul lavoro presso aziende singole o associate dei vari settori produttivi, con la durata massima di sei mesi e per un massimo di 40 ore settimanale. I giovani non potevano essere adibiti ad attività direttamente produttive se non per tempi limitati, da determinarsi nei programmi di addestramento e in relazione alle esigenze formative.

Le Regioni potevano altresì organizzare e, mediante convenzioni e mediante incentivi con le imprese, anche convenienti periodi di formazione teorica in materia il cui insegnamento fosse strettamente collegato al conseguimento del ruolo professionale cui tendeva la formazione.

I giovani che avevano stipulato il contratto di formazione o avevano frequentato i corsi di formazione potevano chiedere l'accertamento della qualifica professionale ai fini dell'iscrizione nelle liste di collocamento; l'accertamento era effettuato da una apposita commissione costituita da quattro esperti: rispettivamente designati dal Ministero del lavoro, o dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori e dalla Regione.

L'accertamento avveniva attraverso una prova tecnico-pratica con la possibile utilizzazione delle attrezzature dei centri di formazione professionale riconosciuti dalla Regione o messe eventualmente a disposizione dalle aziende.

8. - Da tale quadro normativo si desume anzitutto che in questa fase l'attività di formazione, sia pure finalizzata alla costituzione di un rapporto di lavoro, in attuazione dello scopo precipuo della legge, cioè l'occupazione dei giovani, é stata inserita in un contesto di programmazione regionale e di esecuzione facente capo, direttamente o indirettamente, alle Regioni.

Inoltre v'é stata la coesistenza dei contratti di formazione e lavoro con i corsi di formazione professionale direttamente organizzati dalle Regioni (art. 16- bis). L'attività di formazione professionale svolta dalle Regioni é rimasta ed ha avuto la sua specifica disciplina con la legge quadro del 21 dicembre 1978 n. 845.

L'intervento di organi statali quali le Commissioni Regionali per l'impiego, per le attività che riguardavano anche la formazione professionale, inserita nel rapporto di lavoro che si costituiva, trovava adeguata giustificazione nelle finalità che tale tipo di contratto realizzava e che interessavano settori di specifica competenza statale, e cioè il collocamento e i rapporti di lavoro, a parte le più ampie finalità di ordine politico, economico e sociale, che la materia disciplinata era diretta a realizzare (il superamento della crisi delle aziende e della occupazione, il contenimento del costo del lavoro ecc.).

Trattavasi comunque di organi a composizione mista di cui facevano parte rappresentanti dello Stato, delle Regioni e delle forze sociali coinvolte nell'attuazione dei predetti fini ed obiettivi.

La Commissione valutava nel loro complesso situazioni che presentavano elementi di competenza statale (collocamento e rapporto di lavoro) e di competenza regionale (formazione professionale), in una visione unitaria del fenomeno nel quadro di un indirizzo unitario. Essa svolgeva anche compiti di coordinamento.

Non va trascurato il rilievo che le dette Commissioni regionali per l'impiego erano organi periferici della Commissione Centrale per l'impiego la quale fissava gli indirizzi unitari di politica economica, in attuazione anche di specifici regolamenti comunitari e con l'impiego di somme del fondo sociale europeo oltre che dei fondi del bilancio statale.

L'accertamento dei risultati della formazione riguardava ipotesi molto limitate in quanto avveniva a richiesta dei giovani interessati, occupati con il contratto di formazione e lavoro ed aveva una propria precipua finalità: quella cioè della iscrizione nelle liste di collocamento per eventuali futuri impieghi.

Esso inoltre era demandato a una Commissione costituita da esperti che rappresentavano tutti gli interessi specifici in materia ed i vari enti che li tutelavano e li realizzavano (Stato, Regione) e rappresentanze delle forze sociali.

9. - Le censure sollevate contro l'art. 3 del d.l. 726/1984, convertito in legge n. 863 del 1984, sono in parte fondate.

Si premette che la disciplina della materia é mutata profondamente. Già l'art. 8 del d.l. n. 17 del 1983 convertito in legge n. 79 del 1983 prevedeva la facoltà dei datori di lavoro di assumere, con richiesta nominativa, i giovani tra i 15 ed i 29 anni (il limite di età é esteso per tutti) con contratti di durata non superiore a dodici mesi aventi finalità formative e suscettibili di trasformazione in contratti a tempo indeterminato.

L'attività di formazione é ridotta a mera finalità del contratto che assume la prevalente natura di contratto di lavoro subordinato diretto a realizzare finalità occupazionale.

Successivamente la situazione muta ancora. Le ragioni del mutamento sono variamente individuate.

L'esperienza é stata nel complesso insoddisfacente sotto vari aspetti. Non é stata sanata la diversità di situazioni tra Regioni, che aveva fondamento nella diversità delle condizioni economiche; ed un pressoché totale disinteressamento delle forze imprenditoriali e delle forze sociali aveva rischiato di fare fallire la finalità di politica occupazionale.

Si erano notate varie carenze e rigidità; l'assoluta mancanza del coordinamento tra i sistemi formativi pubblici e quelli privati.

L'eccesso di spese non aveva trovato compenso in un effettivo miglioramento qualitativo della formazione e in effettivi aumenti quantitativi dell'occupazione.

Inoltre si erano avvertite varie altre esigenze e necessità e cioè: quelle della modifica della professionalità richiesta dal mondo produttivo, anche in relazione ai processi di innovazione tecnologica, e della domanda, da parte del mercato del lavoro, di tipi di prestazioni lavorative nuove sia per contenuto che per qualità e di nuove forme contrattuali (più flessibili e, comunque, parziali).

In altri termini vi era una domanda di formazione più specificamente professionalizzante e più strettamente collegata alle dinamiche del mercato del lavoro, con la eliminazione di interventi formativi non collegati alle offerte di lavoro.

Onde la necessità di riconoscere alle imprese un autonomo ruolo formativo e l'affidamento ad esse della diretta responsabilità della qualificazione professionale nell'ambito dei rapporti contrattuali; la necessità di coinvolgere nella elaborazione e nella gestione dei programmi di formazione professionale i soggetti portatori delle offerte di occupazione; ed anche la necessità di consultazioni e di intese con le forze sociali per attuare diverse finalità: quella di soddisfare l'interesse dei lavoratori a una formazione retribuita; quella di realizzare l'interesse degli imprenditori all'aumento e al miglioramento della produzione; quella di realizzare l'incremento dell'occupazione e la riduzione, se non la eliminazione della disoccupazione giovanile, anche nell'intento di ridurre al massimo le tensioni sociali esistenti nel mondo del lavoro.

10. - La nuova disciplina normativa ha previsto la predisposizione da parte di imprese, enti economici e loro consorzi, nonché di organizzazioni nazionali a livello locale, di progetti formativi indicanti tempi e modalità di svolgimento delle relative attività e la loro approvazione, in coerenza con la legislazione statale e regionale e con le intese eventualmente raggiunte con le organizzazioni sindacali, da parte della Commissione Regionale per l'impiego.

La composizione di questa é mutata. Secondo l'art. 4, comma primo, del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863, di essa fanno parte: il Ministro del lavoro o un suo delegato che la presiede, un membro della Giunta regionale con funzioni di Vice Presidente; due membri designati dal consiglio regionale con voto limitato a uno; sei membri designati dall'associazione sindacali dei lavoratori; quattro dalle associazioni dei datori di lavoro. Dei detti membri rappresentativi del mondo del lavoro uno deve essere designato dalle associazioni di imprese a partecipazione statale, uno dalle associazioni di imprese cooperative; due membri dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro non industriali e dei lavoratori autonomi maggiormente rappresentative sul piano nazionale purché rappresentate nel CNEL.

I progetti che interessano più regioni o che non siano stati approvati entro 30 giorni dalla presentazione, sono sottoposti all'approvazione del Ministro del lavoro, il quale delibera con il parere della Commissione Centrale per l'impiego. L'approvazione preventiva non é richiesta per i progetti redatti secondo le regolamentazioni del contratto di formazione concordate con le organizzazioni sindacali nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative e per quelli per i quali non é richiesto il finanziamento pubblico.

I progetti per i quali é richiesto il finanziamento pubblico devono essere redatti conformemente ai regolamenti comunitari.

Essi possono essere finanziati sul fondo di rotazione istituito a carico del bilancio dello Stato o sul fondo sociale europeo, parti-quote dei quali sono destinate alle Regioni.

Alla Regione a tal fine é demandata la determinazione della quota di limite massimo di spesa da destinarsi al finanziamento dei progetti.

I contratti di formazione sono soggetti alle norme che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato. E sono anche possibili convenzioni tra le Regioni e gli enti abilitati a redigere i progetti al fine della realizzazione di programmi formativi.

Particolari benefici continuano ad essere concessi ai datori di lavoro che stipulano i contratti di cui trattasi (art. 3, commi 6 e 10).

É fatto obbligo ai datori di lavoro di attestare al termine del contratto, l'attività svolta e i risultati formativi conseguiti dal lavoratore e di provvedere alla relativa comunicazione all'ufficio di collocamento territorialmente competente (comma 7).

Sono previsti controlli nell'attuazione dei progetti da parte della Commissione regionale per l'impiego tramite l'Ispettorato del lavoro territorialmente competente (comma 8).

É consentito alle Regioni (art. 3, comma 13) l'organizzazione, d'intesa con i sindacati, di attività di formazione che prevedano periodi di formazioni in azienda, con facoltà per le imprese di assumere, entro sei mesi dal termine dell'attività, stessa, nominativamente coloro che l'abbiano svolta.

La legge 28 febbraio 1987 n. 56 ha modificato (art. 4) la composizione della Commissione Centrale (aggiungendovi un membro con voto consultivo e con funzioni di consigliere per l'attuazione della parità uomo-donna) e di quella regionale per l'impiego (prevedendo che la stessa sia presieduta dal Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale o da un Sottosegretario di Stato allo stesso dicastero da lui delegato) ed ha precisato (art. 5) i compiti di quest'ultima disponendo, fra l'altro, che essa esprime parere sui programmi di formazione professionale predisposti dall'amministrazione regionale e propone l'istituzione di corsi di qualificazione professionale o di riqualificazione per i lavoratori iscritti nelle liste di collocamento ovvero nelle liste di mobilità, per agevolarne l'occupazione in attività predeterminate.

Ha, poi, stabilito (art. 17), nel disciplinare le convenzioni stipulabili fra imprese o loro gruppi e la Commissione Regionale per l'impiego, per la realizzazione di specifici programmi di assunzione di lavoratori, che i corsi di formazione professionale, reputati a tal fine necessari, siano organizzati d'intesa con la Regione, che ne assume l'onere finanziario ai sensi dell'art. 22 della legge 21 dicembre 1978 n. 845.

11. - Dalla legge in esame risulta ancora di più accentuato che il tipo di contratto in esame é strumentale alla finalità socio-politica di favorire la costituzione di rapporti di lavoro subordinato per i giovani e che tale finalità é nettamente prevalente a quella meramente formativa ed, infine, che questa ultima é più strettamente collegata alle attività imprenditoriali nella loro varietà operativa.

Il che, appunto, giustifica l'intervento del datore di lavoro. Egli assicura la realizzazione pratica della formazione professionale e, nel contempo, l'inserimento dei giovani nell'impresa con possibilità di instaurare contratti a tempo indeterminato in sostituzione di quelli di formazione e lavoro di durata limitata. La formazione quindi ha un contenuto concreto e una finalità pratica effettuale attestata poi dallo stesso datore di lavoro sempre ai fini di altro eventuale collocamento futuro. Anche nella nuova composizione, sempre mista con rappresentanti dello Stato, delle Regioni e delle forze sociali, la Commissione Regionale per l'impiego assicura il coordinamento tra le varie attività, interessi e competenze e l'esecuzione nelle varie sedi periferiche degli indirizzi unitari formulati dalla commissione Centrale per l'impiego a livello nazionale. Non é nemmeno lesa l'autonomia finanziaria della Regione, in quanto trattasi in definitiva di disporre dei fondi a carico del bilancio dello Stato e della Comunità Europea con destinazione specifica e vincolata (formazione professionale giovanile).

Peraltro é rimasta integra la competenza della Regione a promuovere e a svolgere attività di formazione professionale in ambito aziendale, ma anche essa con finalità occupazionali, sebbene la possibile ed eventuale realizzazione di questa sia comunque successiva (art. 3, comma 13, d.l. n. 726 del 1984, conv. in legge n. 863 del 1984; art. 17 legge n. 57 del 1987).

Sicché é fatta salva anche la specifica competenza della Regione Valle d'Aosta prevista in materia di istruzione "tecnico-professionale" dallo statuto speciale (artt. 2 e 4 legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4).

12. - Sotto altro riguardo il ruolo e la competenza della Regione in materia non sembrano sufficientemente tutelati e garantiti.

Invero, in sede di conversione del d.l. n. 726/1984 é stato soppressa la seconda parte del quarto comma dell'art. 3, la quale prevedeva la possibilità che le regioni accertassero attraverso proprie strutture il livello di formazione professionale acquisito dai lavoratori.

Ne discende un'illegittima compressione del ruolo riservato all'autonomia regionale nella materia della formazione professionale e conseguentemente va dichiarata l'illegittimità costituzionale della suddetta norma nel testo emendato con la legge di conversione n. 863/1984 nella parte in cui (comma 8) non prevede che le competenti strutture regionali possano accertare il livello di formazione professionale acquisito dai lavoratori.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i ricorsi (nn. 27/1978; 41, 45, 46/1984; 3, 4/1985:

A) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 8, del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 (Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali), convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863, nella parte in cui non prevede che le competenti strutture regionali possano accertare il livello di formazione acquisito dai lavoratori;

B) dichiara non fondate:

a) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 8, 13 e 14 del d.l. 6 luglio 1978 n. 351 (recante modificazioni alla legge 1ø giugno 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile), convertito in legge 4 agosto 1978 n. 479, nella parte in cui rispettivamente introducono un nuovo terzo comma dell'art. 8 nonché gli artt. 16ter e quater della legge 1ø giugno 1977 n. 285, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., dalla Regione Lombardia (Reg. Ric. n. 27/1978);

b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 2, 3, 4, 5, 10 e 11, del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., dalla Regione Lombardia (Reg. Ric. n. 41/1984);

c) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863, sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. dalla Regione Liguria (Reg. Ric. n. 45/1984);

d) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863, sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 4 dello Statuto Speciale approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4, dalla Regione Valle d'Aosta (Reg. Ric. n. 46/1984);

C) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 del d.l. 6 luglio 1978 n. 351, convertito in legge 4 agosto 1978 n. 479, nella parte in cui introduce l'ultimo comma dell'art. 26- bis della legge 1ø giugno 1977 n. 285, sollevata, in riferimento all'art. 119 Cost., dalla Regione Lombardia (Reg. Ric. n. 27/1978).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: GRECO

Depositata in cancelleria il 25 maggio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE