Sentenza n. 74 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 74

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni),promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1991 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra s.p.a. Sapri Broker di Assicurazioni e Amministrazione delle poste e telecomunicazioni iscritta al n. 622 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un giudizio di responsabilità civile promosso dalla s.p.a. Sapri Broker di Assicurazioni contro l'Amministrazione delle poste per il mancato recapito di una lettera raccomandata contenente un assegno non trasferibile di lire 19.042.600, imputabile, secondo l'assunto di parte attrice, a un fatto criminoso commesso da un dipendente della convenuta, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 9 maggio 1991, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (c.d. codice postale), "nella parte in cui limitano a dieci volte l'ammontare dei diritti di raccomandazione l'indennizzo dovuto dalle Poste nel caso di perdita totale di lettera raccomandata".

L'assegno accluso alla lettera raccomandata è stato incassato da un terzo, previa alterazione del nome della società prenditrice.

Ad avviso del giudice remittente la detta limitazione di responsabilità contrasta: a) con l'art. 43 Cost., che impone la conformazione dei rapporti con gli utenti come rapporti contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato; b) con l'art. 3 Cost., sia sotto il profilo del principio di eguaglianza delle parti del contratto, sia sotto il profilo della disparità di trattamento che il sistema attuale, in seguito alla sentenza di questa Corte n. 303 del 1988, sembra riservare alla Banca d'Italia da un lato e agli altri mittenti di lettere raccomandate dall'altro; c) con gli artt. 28 e 113 Cost., in quanto è stabilita dalle norme impugnate senza distinguere a seconda che la perdita della lettera raccomandata sia dipesa da fatti di disservizio o da sottrazione dolosa da parte di dipendenti dell'Amministrazione, escludendo anche nel secondo caso ogni responsabilità della medesima oltre il limite dell'indennizzo previsto, in molti casi irrisorio.

2. Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

L'interveniente osserva che l'entità dell'indennizzo per perdita di lettere raccomandate è in funzione del costo del servizio. Se l'utente non vuole correre il rischio del risarcimento limitato a un modesto indennizzo, può scegliere, mediante pagamento di un corrispettivo adeguato, la forma dell'"assicurazione", che gli garantisce l'integrità del contenuto della corrispondenza rendendo responsabile l'Amministrazione nella misura del valore dichiarato.

Il richiamo dell'art. 43 Cost. è inconsistente perchè la natura contrattuale dei rapporti relativi ai servizi pubblici non esclude la legittimità di limitazioni di responsabilità degli enti gestori, mentre - sempre a giudizio dell'Avvocatura - è inconferente il richiamo all'art.113 Cost. e privo di autonomia quello relativo all'art. 28 Cost.

Considerato in diritto

1. Dal Tribunale di Roma è sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (c.d. codice postale), in riferimento agli artt. 3, 28, 43 e 113 della Costituzione.

La questione, non precisata nel dispositivo dell'ordinanza, deve essere ricostruita in base alla motivazione. Nel corso di questa il giudice remittente afferma la necessità di investire la Corte costituzionale della questione di legittimità degli articoli sopra citati del codice postale, "nella parte in cui limitano a dieci volte l'ammontare dei diritti di raccomandazione l'indennizzo dovuto dalle Poste nel caso di perdita totale di lettere raccomandate". Ma dalla proposizione che precede tale affermazione e da quelle successive si argomenta che la questione viene posta - se non in via esclusiva, almeno in linea subordinata - con riguardo al caso specifico in cui la perdita della corrispondenza raccomandata sia dovuta a sottrazione del suo contenuto perpetrata da dipendenti dell'Amministrazione. Questo caso, secondo l'assunto di parte attrice, si sarebbe appunto verificato nella specie.

2. Formulata nei termini generali sopra riferiti, la questione, già giudicata non fondata con sentenza n. 50 del 1992 in riferimento agli artt 3 e 113 Cost., deve essere dichiarata manifestamente infondata. Il Tribunale di Roma lamenta che, in seguito alla sentenza n. 303 del 1988 la Banca d'Italia si trova ora in una posizione ingiustificata di privilegio.

 

Il rilievo non è esatto: anche alla stregua della nuova disciplina della riscossione dei titoli di spesa dello Stato, prevista dal d.P.R. 10 febbraio 1984, n. 21, la Banca non ha mai la facoltà di scelta tra la forma dell'assicurata e la forma della raccomandata.

Nemmeno giova l'ulteriore richiamo dell'art. 43 Cost

Questa norma non impedisce che il rapporto contrattuale dell'utente con l'Amministrazione postale sia assoggettato a una disciplina speciale della responsabilità del gestore del servizio ispirata a criteri più restrittivi di quella generale del codice civile, in rapporto alla complessità tecnica della gestione e all'esigenza di contenimento dei costi (sent. n. 1104 del 1988). In sè considerata, la somma-limite del risarcimento in caso di perdita di una lettera raccomandata è esigua, ma si giustifica in correlazione al basso prezzo del servizio.

3. In riferimento all'art. 28 Cost. il giudice a quo si duole della mancata distinzione, nelle disposizioni impugnate, tra perdita di lettere raccomandate cagionata da anomalie del servizio e perdita causata da sottrazione dolosa ad opera di dipendenti dell'Amministrazione postale.

Sotto questo limitato profilo e in riferimento anche al principio di razionalità di cui all'art. 3 Cost., la questione è fondata.

Il rinvio operato dall'art. 28 Cost. concerne le leggi regolatrici della responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici verso i terzi danneggiati, alla quale viene poi riferita la responsabilità concorrente dello Stato o dell'ente pubblico. Nell'ambito dei rapporti contrattuali la norma costituzionale non esclude la possibilità di leggi restrittive di tale responsabilità concorrente, anche in deroga al limite dell'art. 1229 cod. civ. Ma in questi casi l'art. 28 Cost. conserva valore di principio, in riferimento al quale le accennate leggi restrittive devono giustificarsi secondo il canone della razionalità.

4. Come già si è rammentato, la restrizione della responsabilità dell'Amministrazione in caso di perdita totale di corrispondenze raccomandate si giustifica, in generale, in correlazione al basso costo del servizio, imposto dall'esigenza di fornire alla popolazione un agevole mezzo di prova della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una comunicazione epistolare o di carte manoscritte o stampate. La legge (art.83 del t.u. citato) non vieta che nel plico raccomandato siano incluse carte-valore a legittimazione nominale (sul presupposto, in realtà sempre più labile, della non negoziabilità di esse da parte di persone diverse dagli intestatari), ma l'utente che si avvale di tale facoltà lo fa a suo rischio e pericolo, perchè la funzione di trasporto di carte-valore, comprese quelle non colpite dal divieto dell'art. 83, esula da questa forma del servizio postale, e quindi non può tradursi nel contenuto dell'obbligazione assunta dal vettore e della corrispondente responsabilità per l'adempimento.

La ratio ora individuata vale però a giustificare l'esclusione del risarcimento dei danni, oltre la misura dell'indennità prevista dall'art.48 del codice postale, solo nei casi in cui la perdita della lettera raccomandata, per ipotesi contenente titoli di credito all'ordine o nominativi, sia causata da fatti di disservizio dovuti a inefficienze organizzative o gestionali oppure a colpa, anche grave, di singoli dipendenti. É fuori dalla sua portata il caso di illecito impossessamento del contenuto della corrispondenza operato da agenti del servizio postale al fine di trarne profitto per sè o altri. Alla stregua della razionalità pratica, matrice dell'equità, è manifestamente contraddittorio consentire l'inclusione nelle corrispondenze raccomandate di titoli all'ordine o nominativi addossando tuttavia all'utente anche il rischio di questo caso.

L'obbligazione di trasporto e consegna al destinatario del plico raccomandato rimane qui inadempiuta non a causa di un'anomalia del servizio, che ha inciso nell'attività di adempimento (cioè per perdita o distruzione della corrispondenza dovute a negligenza di addetti al servizio o a difetti delle macchine di raccolta e di selezione), bensì a causa dell'appropriazione del contenuto del plico da parte di dipendenti del gestore, in violazione non solo della legge penale, ma altresì dell'obbligo specifico di evitare nell'esecuzione del contratto comportamenti pregiudizievoli alla persona o ai beni del creditore: obbligo pure derivante dal contratto in virtù della regola di correttezza sancita dall'art. 1175 cod.civ., e in ordine al quale il debitore risponde anche del fatto dei suoi ausiliari (art. 1228 cod.civ.).

Per stabilire l'imputabilità dell'illecito all'Amministrazione, ai fini della sussunzione sotto la fattispecie dell'art. 28 Cost., è sufficiente il nesso di occasionalità necessaria con l'attività di esecuzione del contratto, non essendo applicabile nel campo della responsabilità contrattuale il requisito di imputazione dei fatti illeciti extracontrattuali, per cui le attività materiali e giuridiche dei pubblici dipendenti non sono riferibili all'Amministrazione se dettate da un fine egoistico, estraneo agli scopi istituzionali dell'ente (cfr. Cass. n. 3612 del 1979).

Trattandosi di violazione di un obbligo ex contractu (obbligo accessorio di rispetto e di salvaguardia della persona e delle cose della controparte) non correlato con la controprestazione dell'utente, l'esonero dell'Amministrazione da responsabilità per un congruo risarcimento deroga senza giustificazione al principio della responsabilità concorrente dell'ente sancito dall'art. 28 Cost., e pertanto deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) nella parte in cui non eccettuano dalla limitazione di responsabilità dell'Amministrazione delle poste per i danni derivati da perdita totale di corrispondenze raccomandate il caso di sottrazione dolosa del loro contenuto ad opera di dipendenti dell'Amministrazione medesima;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle norme sopra citate, nella parte in cui limitano negli altri casi a dieci volte l'ammontare dei diritti di raccomandazione l'indennizzo dovuto dall'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni per perdita totale di una corrispondenza raccomandata, quest in riferimento agli artt. 3, 43 e 113 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/02/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 febbraio del 1992.