SENTENZA N. 42
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 26 settembre 1985, n. 482 (Modificazioni del trattamento tributario delle indennità di fine rapporto e dei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 6 marzo 1991 dalla Commissione tributaria centrale sul ricorso proposto dall'Intendenza di Finanza di Roma contro Arduino Dattilo iscritta al n. 506 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1991;
2) ordinanza emessa il 6 marzo 1991 dalla Commissione tributaria centrale sul ricorso proposto dall'Intendenza di Finanza di Roma contro Vincenzo Nardizzi iscritta il n. 507 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione di Arduino Dattilo e Vincenzo Nardizzi;
udito nell'udienza pubblica del 17 dicembre 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;
udito l'avv. Giovanni Vanin per Arduino Dattilo e Vincenzo Nardizzi.
Ritenuto in fatto
1. La Commissione tributaria centrale, con ordinanza 6 marzo 1991, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art.53 Cost., dell'art. 2 della l. 26 settembre 1985, n. 482, nella parte in cui disciplina il trattamento fiscale Irpef dell'ammontare delle indennità di buonuscita, erogate dall'Enpas, relativo al riconoscimento di anzianità convenzionali ammesse a riscatto con onere a totale carico dell'interessato.
La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio promosso dal Dr.Dattilo Arduino per ottenere - tra l'altro - la ripetizione dell'Irpef pagata in relazione alla quota di indennità di buonuscita spettantegli in relazione ai contributi previdenziali da lui versati per il riscatto di taluni periodi di anzianità convenzionale.
Il giudice a quo, nell'ordinanza di rimessione, osserva che gli artt.2 e 4 della l. 26 settembre 1985, n. 482 - che regolano l'imposizione fiscale, ai fini dell'Irpef, sulle indennità in questione - sono stati dichiarati illegittimi, nella parte in cui non prevedevano che dall'imponibile da assoggettare ad imposta, andasse detratta una somma pari alla percentuale dell'indennità di buonuscita, corrispondente al rapporto esistente alla data del collocamento a riposo "tra il contributo del 2,50 per cento posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al fondo di previdenza dell'Enpas" (sentenza n. 178 del 1986 della Corte costituzionale).
Tale decisione, peraltro, non è applicabile in relazione all'Irpef concernente l'ammontare dell'indennità, connesso ai contributi volontariamente versati per i servizi ed i periodi ammessi a riscatto, con onere interamente gravante sul dipendente ai sensi dell'art. 15, quarto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032.
Secondo il giudice a quo, la tassazione di tale parte dell'indennità, in relazione all'Irpef, secondo la disciplina dell'art. 2 della l.n. 482 del 1985, violerebbe l'art. 53 Cost., in base ai principii affermati nella citata sentenza n. 178 del 1986 (e ribaditi nelle sentenze n. 400 del 1987; n. 877 del 1988; n. 513 del 1990) in relazione al carattere reddituale dell'indennità di buonuscita.
Inoltre, tale indennità non potrebbe essere legittimamente tassata nella stessa misura della parte d'indennità di buonuscita riferibile ai contributi a carico dello Stato e, per di più, in maniera deteriore rispetto alle indennità percepite in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita, per le quali è prevista (art. 6 della legge n.482 del 1985) la detrazione dall'imponibile del coacervo dei premi versati.
Dinanzi a questa Corte si è costituita la parte privata, ribadendo che, con la sentenza n. 178 del 1986, è stato affermato il principio che deve ritenersi sottratta all'imposizione fiscale quella parte dell'indennità di buonuscita corrispondente ai contributi posti a carico dei dipendenti statali. Con la conseguenza che, ove la formazione di una parte della indennità di buonuscita venga alimentata con contributi interamente ed esclusivamente a carico del dipendente - come nel caso delle anzianità convenzionali ammesse a riscatto - tale parte dell'indennità dovrebbe essere sottratta all'imposizione fiscale.
Nell'atto di costituzione si sostiene che - in conformità di tali principi - è stata emanata la l. 13 maggio 1988, n. 154 (che ha convertito con modificazioni il d.l. 14 marzo 1988, n. 70), la quale avrebbe statuito in via generale la non assoggettabilità ad Irpef di quelle quote di indennità di fine rapporto, o equipollenti, comunque denominate, la cui formazione sia dovuta, in tutto o in parte, ai contributi a carico dei lavoratori dipendenti. A tal fine si è prevista la detrazione dall'imponibile di una quota esente pari "alla percentuale di tali indennità, corrispondente al rapporto fra l'aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti ed assimilati e l'aliquota complessiva del contributo stesso versato all'ente, cassa o fondo di previdenza".
Nell'atto di costituzione si chiede che la Corte sancisca, pertanto, in modo definitivo e incontrovertibile, la non tassabilità di quelle quote d'indennità di fine rapporto,la cui formazione sia dovuta a contributi dei lavoratori.
2. Identica questione è stata sollevata con altra ordinanza - parimenti in data 6 marzo 1991 - della Commissione tributaria centrale, relativa ad analogo ricorso, proposto in primo grado dal Dr.Nardizzi Vincenzo e, in sede di commissione centrale, appellato dall'Intendenza di Finanza.
Nel giudizio, così promosso, la parte privata si è costituita davanti a questa Corte, formulando deduzioni e conclusioni analoghe a quelle proposte nel giudizio in precedenza indicato.
3. Con successiva memoria, entrambe le parti hanno insistito in dette conclusioni e nella richiesta che questa Corte dichiari la non assoggettabilità ad Irpef di quella parte delle indennità di fine rapporto corrispondenti ad anzianità convenzionali per servizi o periodi di tempo riscattati mediante contributi a totale carico del lavoratore.
Considerato in diritto
1. I giudizi promossi con le ordinanze indicate in epigrafe riguardano questioni identiche; essi, quindi, possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
2. In via preliminare va dichiarata l'irricevibilità dell'atto di costituzione del Dott. Nardizzi Vincenzo, in quanto depositato successivamente alla scadenza del termine perentorio di cui all'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
3. Questa Corte è chiamata a decidere se l'art. 2 della l.26 settembre 1985, n. 482 - nella parte in cui disciplina il trattamento fiscale di quelle quote di indennità di buonuscita, erogate dall'Enpas, relative al riconoscimento di anzianità convenzionali ammesse a riscatto con onere a totale carico dell'interessato - violi l'art. 53 Cost..
Secondo il giudice a quo, infatti, in base ai principii enunciati nelle sentenze n. 178 del 1986, n. 400 del 1987, n. 877 del 1988 e n. 513 del 1990, la parte d'indennità di buonuscita corrispondente a contributi versati dal pubblico dipendente, non costituirebbe reddito e non potrebbe essere tassata come tale; comunque, essa non potrebbe essere legittimamente tassata nella stessa misura della parte d'indennità di buonuscita riferibile ai contributi a carico dello Stato e con modalità meno favorevoli rispetto alle indennità percepite in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita.
4. Le questioni proposte sono infondate.
Questa Corte, con la sentenza n. 178 del 1986 - nel dichiarare l'illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge n.482 del 1985, nella parte in cui non prevedevano che dall'imponibile da assoggettare ad imposta fosse detratta una somma pari alla percentuale delle indennità di buonuscita erogate dall'Enpas, corrispondente al rapporto esistente, alla data del collocamento a riposo, tra il contributo a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al fondo di previdenza dell'Enpas - ha stabilito, in ordine alla tassazione delle indennità di buonuscita erogate dall'Enpas, principii, che debbono essere esaminati nella loro reciproca correlazione e nel loro riferimento alla disciplina dettata dalla legge n.482 del 1985, al fine di chiarire la ratio di quella decisione e le sue implicazioni in ordine alle questioni ora in esame.
Innanzitutto, con tale decisione è stato ribadito che per capacità contributiva, ai sensi dell'art. 53 Cost., deve intendersi l'idoneità del soggetto all'obbligazione d'imposta, desumibile dal presupposto economico al quale l'imposizione è collegata, presupposto che consiste in qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità sotto il profilo della arbitrarietà o irrazionalità (da ultimo, nello stesso senso, cfr.la sentenza n. 373 del 1988). In tale ottica anche le indennità di buonuscita erogate dall'Enpas sono tassabili, purchè i meccanismi impositivi siano tali da garantirne le finalità previdenziali a norma dell'art. 38 Cost.: il che fa appunto la legge n. 482 del 1985, poichè il congegno impositivo previsto dall'art. 2 esenta da imposizione una parte di tali indennità, d'importo crescente rispetto alla durata del rapporto di lavoro, secondo una scelta non irrazionale nella sua discrezionalità, prevedendo, in ogni caso, per tutte le liquidazioni, di qualsiasi importo, una quota esente.
In secondo luogo, in detta sentenza è stato affermato che l'art. 53, primo comma, Cost., va interpretato nel senso che a situazioni uguali debbono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale.
In relazione a tale principio è stata ritenuta, ai fini del trattamento tributario delle indennità di buonuscita erogate dall'Enpas, la non comparabilità di esse con i capitali percepiti in base a contratti di assicurazione sulla vita, trattandosi di somme attribuite a titolo diverso ed in relazione a fattispecie che presentano, al di là di alcune analogie, elementi di differenziazione che le rendono non omogenee.
Ne deriva la legittimità di un diverso regime tributario, rientrando nella discrezionalità legislativa la previsione, per i capitali dovuti per effetto di contratti di assicurazione sulla vita, di forme di totale o parziale esenzione fiscale.
Quanto, invece, alla disciplina tributaria indifferenziata dettata dal legislatore per tutte le indennità di fine rapporto, con detta sentenza è stata prevista l'esigenza di un trattamento tributario differenziato per quelle indennità formate, oltre che da contributi obbligatori del datore di lavoro, anche da quelli obbligatori del lavoratore.
In relazione a tale profilo, successivamente, con le sentenze n. 400 del 1987, n. 877 del 1988 e n. 513 del 1990, questa Corte ha esteso la declaratoria d'illegittimità costituzionale al previgente regime impositivo previsto dal d.P.R. n. 645 del 1958, anche con riferimento alle indennità di buonuscita corrisposte dall'Inadel e dalla Cassa di previdenza del personale telefonico statale e, con la sentenza n.231 del 1991, ha esteso la declaratoria d'illegittimità costituzionale, con riferimento all'Irpef, alle indennità di buonuscita erogate dall'Opera di previdenza e assistenza a favore del personale delle ferrovie dello Stato.
Le indennità corrisposte da detti enti erano infatti caratterizzate anch'esse dall'essere erogate in base a contributi obbligatoriamente versati dal datore di lavoro e dal lavoratore.
5. Le questioni ora all'esame della Corte investono una fattispecie normativa diversa da quelle esaminate in dette decisioni; in relazione ad essa gli elementi di differenziazione non consentono una declaratoria d'illegittimità costituzionale analoga a quelle già pronunciate.
Nè tale fattispecie dà luogo all'erogazione di un'indennità assimilabile a quelle dovute in base a contratti di assicurazione sulla vita, così da doversi far luogo ad una declaratoria d'illegittimità che renda omogenei i trattamenti tributari.
Invero, il d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 prevede (art. 15), tra i servizi computabili ai fini del calcolo dell'indennità di buonuscita erogata dall'Enpas, alcuni "servizi e periodi riscattabili". Tali sono i servizi statali anteriori alla data d'iscrizione all'ente, "nonchè i servizi non statali e i periodi di tempo di cui è prevista la computabilità come servizio effettivo ai fini del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato". In base al richiamo alla normativa pensionistica dei dipendenti statali (artt. 10 e segg. del d.P.R.29 dicembre 1973, n. 1092), sono riscattabili, ricorrendo determinati presupposti (art. 13), il periodo di studi universitari, i periodi di specializzazione, i periodi d'iscrizione ad albi professionali e i periodi di pratica necessari per il conseguimento dell'abilitazione professionale.
Sono parimenti riscattabili i servizi indicati dall'art. 14 del citato d.P.R. n. 1092 del 1973; ad essi ne sono stati aggiunti altri in base a leggi speciali. In tutti questi casi il "diritto di riscatto" ai fini dell'indennità di buonuscita erogata dall'Enpas può essere esercitato in tutto o in parte mediante la erogazione (art. 15 del d.P.R. n. 1032 del 1973) di un contributo a totale carico dell'interessato, in misura determinata dal consiglio di amministrazione dello stesso Enpas, "in base a coefficienti attuariali previsti da apposita tabella approvata con decreto del ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il ministro per il tesoro". La domanda di riscatto (art. 24) può essere presentata di regola sino al momento della cessazione del servizio, ma per talune categorie di dipendenti ne è ammessa la presentazione anche nei novanta giorni successivi.
Il contributo di riscatto è determinato in relazione alla retribuzione annua contributiva, sulla base di coefficienti variabili in considerazione all'età del dipendente al momento della domanda ed all'età di collocamento a riposo, secondo il suo stato giuridico (d.m. 19 giugno 1981 del ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il ministro per il tesoro e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 ottobre 1981, n. 281). Il riscatto determina l'aumento dell'indennità complessivamente spettante al dipendente, la quale è pari (art. 3 del d.P.R. n. 1032 del 1973) "a tanti dodicesimi della base contributiva quanti sono gli anni di servizio computabili".
Dall'esame di questa normativa si ricava che la quota dell'indennità di buonuscita, afferente ai periodi e servizi riscattati a domanda, assume una propria fisionomia, che la differenzia dalla parte di indennità connessa ai periodi di effettiva prestazione del servizio. Essa, infatti, non è correlata ad un rapporto previdenziale automatico e ad un meccanismo contributivo, istituzionalmente e cumulativamente riferibile al datore e al prestatore di lavoro.
Nè detta quota d'indennità è assimilabile alle somme dovute all'assicurato in base a contratti di assicurazione sulla vita, non ricollegandosi ad alcuna situazione negoziale imputabile agli interessati, contraddistinta dalla proporzionalità tra premio e rischio, secondo criteri che rapportano il capitale assicurato al premio corrisposto, in base al calcolo di probabilità dell'evento.
Il "diritto al riscatto" previsto dal d.P.R. n. 1032 del 1973 si sostanzia nell'esercizio di una facoltà, alla quale è connesso il beneficio della computabilità di determinati periodi di tempo e di attività, che così diventano utili per l'indennità di buonuscita. Il riscatto è collegato ad una determinazione di volontà dell'interessato e i contributi relativi sono fissati senza riferimento al rischio concreto, non essendo rilevante al riguardo lo stato di salute del dipendente. Nè è da trascurare il rilievo che al detto beneficio non corrisponde la prestazione di servizio del riscattante, elemento che sussiste, invece, e qualifica l'attribuzione dell'indennità di buonuscita corrisposta in base all'effettivo rapporto di lavoro. Proprio per questo la già ricordata decisione n. 178 del 1986 di questa Corte ha posto in luce la circostanza che le indennità erogate dall'Enpas siano formate dal contributo del dipendente e da quello dello Stato, attribuendo a tale circostanza valore di elemento che le conferisce struttura e fisionomia differenziate, congruamente valutabili dal punto di vista fiscale. Da qui la detrazione dall'imponibile di una somma pari alla percentuale dell'indennità di buonuscita corrispondente al rapporto tra il contributo posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'Enpas.
La differenziazione della fattispecie,della quale è questione, così dallo schema delle assicurazioni obbligatorie, come da quello dei contratti di assicurazione privata, consente di concludere che le situazioni poste a raffronto dal giudice remittente non sono omogenee e la diversità di regime impositivo è il risultato di una valutazione non irrazionale del legislatore nell'esercizio della sua discrezionalità.
Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione dell'art. 53 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 26 settembre 1985, n.482 (Modificazioni del trattamento tributario delle indennità di fine rapporto e dei capitali corrisposti in dipendenza di contratti assicurazione sulla vita), sollevate, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria centrale, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/01/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Gabriele PESCATORE, Redattore
Depositata in cancelleria il 5 febbraio del 1992.