Sentenza n. 484 del 1991

 

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SENTENZA N. 484

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale approvata il 1-2 maggio 1991 dall'assemblea regionale siciliana avente per oggetto: "Norme in materia di personale delle USL", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la regione siciliana notificato il 10 maggio 1991, depositato in cancelleria il 17 maggio successivo ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 1991;

Visto l'atto di costituzione della regione siciliana;

Udito nell'udienza pubblica del 5 novembre 1991 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Uditi l'avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e gli avvocati Giuseppe Fazio e Matteo Calabretta per la regione siciliana;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Commissario dello Stato per la regione siciliana ha impugnato la legge approvata dall'assemblea regionale siciliana nella seduta del 1-2 maggio 1991, recante norme in materia di personale delle unità sanitarie locali, per contrasto con il d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 e con l'art. 47, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978 n. 833, in relazione ai limiti posti dall'art. 17 lett. b) e c) dello statuto speciale (r.d. lgs. 15 maggio 1946 n. 455, convertito in legge cost. 26 febbraio 1948 n. 2) nonché per violazione dell'art. 97 della Costituzione.

In relazione alla legge impugnata - la quale prevede una serie di interventi a favore del personale in servizio nelle USL della Sicilia, che vanno dalla modificazione del profilo professionale rivestito, alla acquisizione di specifiche professionalità, alla definizione di situazioni di precariato e all'integrazione delle tabelle di equiparazione già contenute nella precedente legge regionale 27 maggio 1987 n. 34 - nel ricorso si ricorda che la regione, pur titolare di competenza legislativa concorrente in materia di igiene e sanità pubblica e di assistenza sanitaria (art. 17, lett. b) e c), dello statuto), per quanto attiene alla disciplina del personale delle USL, ai sensi dell'art. 47, quarto comma della legge n. 833 del 1978, ha il potere di emanare norme per l'"attuazione" della normativa delegata (d.P.R. n. 761 del 1979) dettata per disciplinare in maniera uniforme, per tutto il territorio nazionale, la materia dello stato giuridico del personale in questione.

E tale uniformità, sia nella fase di accesso alle carriere, sia nel corso della successiva progressione, corrisponde al duplice interesse dello Stato di assicurare omogeneità di trattamento al personale sanitario (anche in vista dei processi di mobilità fuori dell'ambito regionale), sia per garantire, attraverso professionalità omogenee, l'uniformità delle condizioni e delle garanzie della salute per la collettività nazionale.

Gli articoli 1, 2, 4 e 7 della legge regionale - che prevedono, per diverse categorie di personale in servizio di ruolo e in possesso di determinati titoli professionali o/e di studio, l'inquadramento nelle rispettive qualifiche mediante concorso riservato - sono impugnati per violazione della normativa generale delle assunzioni per pubblico concorso, garantita dagli artt. 51 e 97 della Costituzione, e dettata in concreto dall'art. 12 del d.P.R. n. 761 del 1979 e dal relativo decreto del Ministro della sanità 30 gennaio 1982.

La previsione del concorso riservato, pur ammesso dal d.P.R. n. 761 del 1979 e dalla legge n. 207 del 1985 per il personale precario, è nella specie illegittima perché il personale ad esso interessato è già inserito nei ruoli delle USL e le norme impugnate omettono di fare riferimento ad ogni altro requisito, quali le mansioni svolte o l'anzianità di servizio.

Viene poi denunciato l'art. 8 della legge regionale, che dispone, per il personale appartenente al secondo e al quarto livello che abbia prestato servizio in posizione di precariato per almeno sei mesi nel biennio 1989/1990, l'inquadramento in ruolo con selezione riservata per titoli; la illegittimità costituzionale della norma deriverebbe dalla circostanza che detto inquadramento non sembrerebbe rispondere ad effettive esigenze di servizio dell'amministrazione, tanto è vero che esso viene previsto anche in soprannumero, violandosi così il principio del buon andamento (art. 97 della Costituzione), ma soprattutto l'inquadramento è disposto a domanda, prescindendosi dall'iscrizione nelle liste di collocamento e quindi in violazione delle disposizioni nazionali relative al procedimento per le assunzioni nei primi quattro livelli funzionali del pubblico impiego, dettate dai d.p.c.m. 18 settembre 1987, n. 392 e 27 dicembre 1988, in attuazione dell'art. 16 della legge 28 febbraio 1987 n. 56.

Sono altresì impugnati gli artt. 5, 9 e 10, che pur riguardando destinatari con posizioni diverse, prevedono tutti l'inserimento del personale in profili professionali non corrispondenti a quelli indicati nelle tabelle di equiparazione allegate al d.P.R. n. 761 del 1979. In particolare gli artt. 5 e 10 dispongono l'inquadramento in profili professionali superiori rispetto a quelli delle tabelle e l'art. 9 opera un'equiparazione addirittura non prevista in sede nazionale, così determinando illegittime difformità.

Anche dell'art. 11 si sostiene la illegittimità costituzionale, perché la norma consente agli assistenti amministrativi, in possesso del diploma di scuola media superiore e con un'anzianità nella qualifica di appartenenza di 5 anni, l'inquadramento nella qualifica di collaboratore direttivo, per la quale in via normale è invece richiesto il diploma di laurea.

Specifiche censure sono poi rivolte agli artt. 12 e 13 della legge regionale che, per i medici e gli psicologi dei consultori familiari, prevedono l'istituzione di posti della qualifica intermedia (cui verrebbero ammessi, con concorso riservato, gli assistenti medici e gli psicologi collaboratori) mediante la trasformazione integrale della qualifica iniziale, senza rispettare i limiti contenuti negli artt. 8 e 78 del d.P.R. n. 384 del 1990 che autorizzano le regioni ad operare detta trasformazione, ma per una percentuale di posti ben definita, e demandano al Ministro della sanità di dettare la disciplina per la copertura dei posti risultanti.

Con l'art. 6 della legge regionale, infine, si autorizza l'istituzione di corsi speciali per infermieri professionali, riservati agli operatori di seconda categoria (infermieri generici) che abbiano prestato servizio continuativo per almeno 4 anni.

L'illegittimità costituzionale di tale norma deriverebbe dalla circostanza che, mentre la analoga disciplina dettata dalla legge 3 giugno 1980 n. 243 è di carattere straordinario e limitata nel tempo quanto alla sua efficacia, quella regionale è invece una disciplina a regime che consente a detto personale l'accesso alla qualifica superiore, con un inammissibile privilegio rispetto agli esterni, e per di più dispone l'adeguamento degli organici "in relazione al numero degli abilitati" ai corsi di formazione, in violazione dei principi di ragionevolezza e di non arbitrarietà che stanno alla base del "buon andamento" di cui all'art. 97 della Costituzione.

Da ultimo, ed in rito, nel ricorso si solleva l'eccezione di tardiva comunicazione della legge regionale, essendo tale comunicazione avvenuta il quarto giorno (6 maggio 1991) dall'approvazione della legge da parte dell'assemblea regionale (verbale del 1° maggio 1991, anche se la seduta si è chiusa alle ore 8,45 del giorno 2 successivo), essendo festivo il giorno precedente a quello della comunicazione (5 maggio, domenica).

In proposito, nel ricorso si chiede a questa Corte di rivedere il proprio orientamento (sent. n. 365 del 1990) perché altrimenti, ad avviso del ricorrente, l'art. 29, secondo comma, dello statuto - che reca la locuzione "decorsi otto giorni" - non avrebbe senso, potendo i giorni in questione essere anche 9 o più, a seconda dell'incidenza, nel periodo, di giorni festivi anche consecutivi, mentre il Presidente della giunta regionale, ai sensi dell'art. 13, secondo comma, dello statuto, sarebbe tenuto alla promulgazione sempre entro gli otto giorni.

2. - Si è costituita nel giudizio la regione siciliana, la quale ha precisato che la legge impugnata, che reca interventi perequativi per il personale delle USL, è stata emanata nell'esercizio delle competenze statutarie, fatte salve dall'art. 80 della legge n. 833 del 1978, al fine di perseguire migliori rendimenti operativi degli addetti al servizio sanitario ed in considerazione della ritardata attivazione delle USL dell'isola rispetto al restante territorio nazionale.

Ha quindi rilevato che l'impugnativa si basa sull'erroneo presupposto che il legislatore regionale non possa discostarsi in materia di personale delle USL dalla normativa statale, ma sia titolare soltanto di una potestà di attuazione, laddove la salvezza delle competenze operata dal richiamato art. 80 della legge n. 833 del 1978 e l'ambito in cui queste si esercitano, fissato dall'art. 17 dello Statuto, depongono diversamente.

Venendo in concreto all'impugnativa, nella memoria di costituzione si dubita innanzitutto della ammissibilità del ricorso in quanto sarebbero ivi indicate, quale parametro di costituzionalità, a prescindere dall'invocato art. 97 della Costituzione, soltanto norme di leggi ordinarie o ad esse parificate, in difformità quindi da quanto prescritto dall'art. 34 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che impone la indicazione di parametri costituzionali.

Ma, pur valutando le questioni con riferimento al solo art. 97 della Costituzione, la regione ne sostiene comunque la inammissibilità, in quanto le censure attengono a scelte discrezionali del legislatore regionale.

Nel merito e con riferimento agli impugnati artt. 1, 2, 4 e 7 della legge regionale, nella memoria si ricorda che l'art. 15 del d.P.R. n. 761 del 1979 ha previsto una riserva di posti (fino al 10 per cento per il personale medico e fino al 30 per cento per il restante personale ) in sede di concorso in favore dei dipendenti già in servizio, non necessariamente inseriti in organico, presso le strutture private convenzionate; le norme regionali censurate, invece, si riferiscono a personale già appartenente ai ruoli delle USL e non si vede come possano essere considerate più "liberali" di quelle nazionali.

Quanto alle censure riferite agli artt. 5, 9 e 10, si rileva che le norme disciplinano il personale amministrativo, non chiamato a svolgere alcuna attività medico-sanitaria, e attengono quindi più propriamente alla materia della organizzazione degli enti locali, affidata dall'art. 15 dello statuto alla competenza esclusiva della regione.

Sempre con riferimento al solo parametro ammissibile (art. 97 della Costituzione), le censure rivolte agli artt. 6 e 8, da un lato, non terrebbero conto che l'organizzazione dei corsi per infermieri risponde all'urgenza di selezionare tale personale paramedico notoriamente carente; dall'altro, si risolverebbero in valutazioni di merito circa l'operato del legislatore regionale; e, da ultimo, addurrebbero, a sostegno della illegittimità costituzionale, la violazione addirittura di due atti amministrativi.

Da ultimo si sostiene la inammissibilità delle questioni relative agli artt. 11 e 12, in quanto sarebbero carenti sia della motivazione che della indicazione dei necessari parametri.

3.1. - Nell'imminenza della udienza di discussione, hanno presentato memorie sia il Commissario dello Stato per la regione siciliana, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, sia la regione.

3.2. - Nella prima la difesa dello Stato rileva che, ai sensi dell'art. 17 lettere b) e c) dello statuto speciale nonché degli artt. 80 e 47, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la regione siciliana non ha, per quanto attiene allo stato giuridico del personale delle USL, un tipo di competenza differente da quella riconosciuta alle regioni a statuto ordinario, ma ha unicamente il potere di emanare norme "attuative" della normativa prodotta dallo Stato in modo uniforme per tutto il territorio nazionale.

Pertanto la delibera legislativa impugnata, oltre che contrastare con gli artt. 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione - come attuati dall'art. 47 della legge n. 833 del 1978, dal conseguente d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 ed altresì dagli artt. 9 e 20 della legge 27 marzo 1983, n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego) - violerebbe anche "i principi e gli interessi generali" che si pongono come limite delle competenze statutarie nelle materie di che trattasi e che riservano al legislatore statale e alla contrattazione collettiva gestita a livello nazionale ogni aspetto della disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle USL.

In relazione alle singole censure, l'Avvocatura generale dello Stato osserva che alcune delle norme impugnate (artt. 6, quinto comma, 7, 8, terzo comma, 12, terzo comma, e 13, terzo comma) non rispetterebbero il limite dei "posti vacanti" nel prevedere inquadramenti in ruolo del personale o in soprannumero o addirittura con adeguamento degli organici al numero casuale e contingente degli aspiranti o anche degli abilitati all'esito di corsi di formazione professionale, in palese contrasto con l'art. 97 della Costituzione, per il quale l'organizzazione degli uffici è un prius logico-giuridico rispetto al reclutamento del personale da inserire nell'organizzazione stessa.

Quanto allo strumento della "trasformazione dei posti", esso verrebbe utilizzato (artt. 12 e 13) nei confronti di tutti i posti di "assistente medico" e di "psicologo collaboratore", ovverosia con soppressione di due intere qualifiche inferiori, per consentire procedure riservate e gestite a livello locale, in difformità degli artt. 8, terzo comma, e 78, terzo e sesto comma, del d.P.R. n. 384 del 1990, che consentono una trasformazione quantitativamente limitata (30% dei posti di assistente medico), ed in contrasto con le previsione degli artt. 18 e 21 del d.P.R. n. 761 del 1979, che ribadiscono la regola del "pubblico concorso".

A quest'ultimo proposito e con riferimento alle norme impugnate che prevedono "concorsi riservati", nella memoria si sostiene altresì che il principio generale dell'accesso ai pubblici uffici "in condizioni di eguaglianza" (art. 51 della Costituzione) e "mediante concorso" (art. 97 della Costituzione) non può certamente essere derogato nell'ambito dell'esercizio di una competenza legislativa di mera attuazione e le normative statali, che pur hanno previsto concorsi riservati, non possono essere invocate a giustificazione di un principio generale di ammissibilità di una "riserva" (ovverosia di esclusione degli "altri"), perché quelle normative hanno riguardato la sistemazione eccezionale di personale precario, per la quale veniva anche richiesto il possesso di determinati requisiti (anzianità, buon espletamento del servizio, livello delle mansioni svolte, ecc.).

Infine si sottolinea la illegittimità costituzionale dell'impugnato art. 9, con il quale si alterano le tabelle di equiparazione fissate uniformemente per tutto il territorio nazionale, e dell'art. 11, che modifica ope legis un accordo collettivo del 1979, così invadendo l'area riservata alla "disciplina in base ad accordi" (art. 3 della legge n. 93 del 1983).

3.3. - La regione siciliana, nella sua memoria, si oppone al ricorso, evidenziando le ragioni di giustizia sostanziale che avrebbero determinato il legislatore regionale ad avvalersi della potestà riconosciuta dall'art. 17 dello statuto, per ripianare situazioni discriminanti per gli operatori sanitari del proprio territorio, rispetto a quelli delle altre regioni.

In merito all'art. 5 si sostiene che l'attribuzione del quarto livello a talune unità di personale (autisti, centralinisti, operai) si giustificherebbe con la circostanza che quei dipendenti, in quanto provenienti dagli enti locali, erano legati al livello inferiore posseduto nell'ente di provenienza e sarebbero stati quindi penalizzati rispetto ai colleghi chiamati a svolgere le stesse mansioni direttamente nelle USL.

Quanto all'art. 6, la norma risponderebbe al principio della liceità della riqualificazione professionale degli infermieri generici, ammessi a corsi speciali con carattere straordinario e di prima ed unica applicazione, senza quindi influenza su situazioni future. Non vi sarebbe nemmeno aumento dei posti, mentre, in relazione alla limitata copertura finanziaria derivante dalla trasformazione di detti posti, la norma di copertura (art. 14) non è stata oggetto di specifica impugnativa.

Sull'art. 8, si sostiene che la norma colloca il personale in "apposito ruolo in soprannumero" e, solo in presenza di posti in organico, ne prevede l'inquadramento, sempre con la garanzia del preventivo concorso per titoli. Al riguardo si fa rilevare che la normativa statale prevede, per il personale addetto alle mansioni elementari, addirittura la "chiamata diretta" (art. 9, secondo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979).

Gli artt. 12 e 13, poi, consentirebbero di ovviare alla disparità di trattamento subìta dai medici specialisti (i ginecologi dei consultori familiari) e dagli psicologi degli stessi consultori, che svolgono i propri compiti quali unici operatori nelle strutture cui sono destinati, rispetto ai colleghi operanti nelle altre USL che, a' termini dell'art. 18 del d.P.R. n. 761 del 1979 e dell'art. 29 del d.m. 30 gennaio 1982, hanno potuto concorrere alla posizione funzionale superiore di coadiutore.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Commissario dello Stato per la regione siciliana ha sollevato, in via principale, nei confronti della delibera legislativa approvata dall'assemblea regionale siciliana il 1-2 maggio 1991, recante norme in materia di personale delle unità sanitarie locali, varie questioni di legittimità costituzionale.

In primo luogo il ricorrente denuncia l'intera legge per contrasto con gli artt. 28 e 29 dello statuto regionale (r.d. lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2), nel presupposto della tardività della sua comunicazione ai fini dell'eventuale impugnazione, essendo tale comunicazione avvenuta il quarto giorno dall'approvazione della legge regionale (a causa della festività del terzo giorno), e, quindi, oltre il termine di tre giorni previsto dall'art. 28 del predetto statuto regionale. Tale sequenza temporale vanificherebbe altresì il disposto dell'art. 29, secondo comma, dello statuto, ai termini del quale "decorsi otto giorni" dall'approvazione, senza che sia pervenuta copia dell'impugnazione, la legge va comunque promulgata.

Sono inoltre denunciati per inosservanza dei limiti posti dall'art. 17, lett. b) e c), dello statuto speciale, in relazione alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 ed all'art. 47, quarto comma, di questa, nonché per violazione dell'art. 97 della Costituzione:

a) gli artt. 1, 2, 4 e 7, che dispongono, in favore di alcune categorie del personale di ruolo in possesso di determinati titoli professionali e/o di studio, l'inquadramento in qualifiche superiori mediante concorso riservato; essi contrasterebbero altresì "con la normativa generale delle assunzioni mediante pubblici concorsi, garantita dagli artt. 51 e 97 della Costituzione", nonché con l'art. 12 del d.P.R. n. 761 del 1979 e il decreto del Ministro della sanità 30 gennaio 1982;

b) l'art. 8, che prevede l'inquadramento in ruolo a domanda di personale precario di secondo e quarto livello, previa selezione riservata per titoli, prescindendo dall'iscrizione nelle liste di collocamento, e si porrebbe in contrasto altresì con l'art. 16 della legge n. 56 del 1987 e con i decreti del Presidente del consiglio dei ministri 18 settembre 1987, n. 392 e 27 dicembre 1988 (s.n);

c) gli artt. 5, 9 e 10, che inseriscono il personale ivi previsto in profili professionali superiori o addirittura diversi rispetto a quelli indicati nelle tabelle di equiparazione allegate al d.P.R. n. 761 del 1979, così determinando "una possibile difformità rispetto ad analoghe figure professionali nel rimanente territorio nazionale";

d) l'art. 11, che dispone l'inquadramento, nella qualifica di collaboratore direttivo, degli assistenti amministrativi in possesso del diploma di scuola media superiore e di una anzianità nella qualifica di appartenenza di 5 anni, applicando ad essi in via estensiva l'accordo nazionale unico del 1979, che è antecedente all'istituzione del servizio sanitario nazionale e alla relativa disciplina del personale;

e) gli artt. 12 e 13, che prevedono la istituzione di posti della qualifica intermedia, mediante integrale trasformazione di quella iniziale (per i profili dei medici e degli psicologi dei consultori familiari) e ammettono gli assistenti medici e i collaboratori psicologi in servizio presso quelle strutture a concorso riservato per la prima copertura dei posti trasformati, così violando altresì gli artt. 8 e 78 del d.P.R. n. 384 del 1990, nonché la normativa generale delle assunzioni mediante pubblico concorso;

f) l'art. 6, che autorizza l'istituzione di corsi speciali "a regime" per infermieri professionali riservati agli operatori professionali di seconda categoria (infermieri generici), ponendosi così in contrasto con i principi della normativa statale di settore e con il principio di ragionevolezza e di non arbitrarietà.

2. - Devono, preliminarmente, essere disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla regione siciliana nell'assunto che: a) a prescindere dall'art. 97 della Costituzione, sarebbero indicate nel ricorso norme di leggi ordinarie o ad esse parificate, in difformità da quanto prescritto dall'art. 34 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che prevederebbe come parametri di riferimento solo le norme della Costituzione o di leggi costituzionali; b) le censure proposte atterrebbero a scelte discrezionali del legislatore regionale; c) relativamente agli artt. 12 e 13 della legge, le censure sarebbero carenti sia della motivazione che dell'indicazione dei parametri costituzionali.

Sotto il primo profilo osserva la Corte che nel ricorso, oltre alla violazione dell'art. 97 della Costituzione, si sostiene che sarebbero stati violati i "principi generali" delle leggi dello Stato e, quindi, rettamente vengono indicate le norme interposte, contenute in leggi ordinarie, da cui quei principi sarebbero desumibili. Il problema che in conseguenza si pone è di stabilire se da quelle norme possano ricavarsi i principi generali che costituiscono limite per il legislatore regionale ai sensi dell'art. 17 dello statuto della regione siciliana: problema, questo, che attiene al merito della questione e non alla sua ammissibilità.

Priva di consistenza è anche la tesi secondo cui le censure investirebbero scelte discrezionali del legislatore regionale, perché, contrariamente a quanto si assume dalla regione resistente, ciò di cui ci si duole è, come già si è accennato, la violazione da parte delle varie norme impugnate di principi generali stabiliti dalle leggi dello Stato nella materia e, quindi, la soluzione delle questioni proposte suppone la verifica della sussistenza di principi ritenuti tali dal ricorrente e l'indagine circa l'eventuale difformità rispetto ad essi della legge regionale oggetto di censure, per cui anche sotto questo secondo profilo il ricorso è ammissibile.

Quanto infine alla parte del ricorso che investe gli artt. 11 e 12 della legge impugnata, diversamente da quanto si sostiene dalla regione resistente, i parametri di riferimento ed i motivi su cui le censure si sorreggono sono indicati in modo da consentirne l'esame nel merito.

3. - La questione, sollevata con la prima censura in riferimento agli artt. 28 e 29 dello statuto speciale e che, come illustrato in precedenza (v. punto 1), investe la legge nel suo complesso per aspetti che attengono alla fase dell'invio al Commissario dello Stato ed alla promulgazione, non è fondata.

In proposito va ricordato che questa Corte, nella sentenza n. 365 del 1990, esaminando la questione sollevata allora con riferimento al solo art. 28 dello statuto regionale, ha affermato che l'inosservanza del termine di tre giorni, previsto dal suindicato parametro costituzionale, per l'invio della legge "altra conseguenza non produce se non che il termine di cinque giorni dato al Commissario dello Stato per l'impugnazione della legge regionale decorre dall'ulteriore giorno dell'effettivo invio delle legge stessa". Da tale orientamento - che va ribadito anche in occasione dell'esame della questione ora sollevata in riferimento agli artt. 28 e 29 dello statuto - deriva che il termine finale assegnato al Commissario dello Stato debba essere considerato spostato in avanti di un numero di giorni pari a quelli del ritardo nell'invio della legge, in modo da assicurare comunque, per intero, il periodo di cinque giorni riservato al predetto Commissario per la proposizione dell'impugnazione; e ciò è sufficiente ad escludere la fondatezza dell'ulteriore dubbio sollevato con il ricorso in epigrafe.

4. - Al fine dell'esame delle censure che investono varie disposizioni della legge impugnata e che verranno in prosieguo esaminate seguendo l'ordine con cui sono formulate nel ricorso, è necessario ricordare che l'art. 17 dello statuto speciale della regione siciliana prevede che, quella della sanità pubblica, è una delle materie rispetto alle quali la potestà legislativa regionale debba essere esercitata "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si uniforma la legislazione dello Stato" anche relativamente "all'organizzazione dei servizi".

Si è dunque in presenza, nella materia, del tipo di legislazione c.d. concorrente, assoggettata a limiti analoghi a quelli previsti dall'art. 117 della Costituzione per le regioni a statuto ordinario, onde l'illegittimità costituzionale di leggi della regione siciliana che dovessero risultare difformi dai principi desumibili dalle leggi dello Stato.

Va altresì considerato che questa Corte ha, fin dalla sentenza n. 41 del 1966, affermato il principio (ancorché all'epoca riferibile al personale sanitario dei comuni e delle province, ma ora al personale del servizio sanitario nazionale) che le norme riguardanti lo stato giuridico ed economico del personale sanitario appartengono alla materia sanitaria, onde la legge regionale "al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione, non dovrebbe discostarsi dal tipo di disciplina data dalle leggi dello Stato intervenute nella stessa materia".

Vero è che l'art. 80 della legge n. 833 del 1978 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale nelle materie considerate dalla legge stessa. Ma poiché il già richiamato art. 17 dello statuto speciale attribuisce nella materia alla regione siciliana una potestà legislativa di tipo concorrente, la legge regionale deve rispettare i principi generali della legge dello Stato - e fra essi certamente quello posto dall'art. 47 della legge stessa - che si è riservata la disciplina dello stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, onde la legislazione regionale, incontrando tale limite, può essere in detta disciplina solo attuativa (sent. n. 122 del 1990), in conformità alle previsioni del quarto comma di detto art. 47.

5. - Esaminate alla luce delle suddette precisazioni, sono fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 4 e 7 della legge regionale in esame i quali prevedono, per diverse categorie di personale di ruolo, l'inquadramento in una serie di qualifiche da essi indicate, mediante concorsi riservati. Come questa Corte ha già affermato (sent. n. 122 del 1990 cit.) il carattere attuativo della potestà legislativa regionale impone il rispetto delle regole "che il d.P.R. n. 761 del 1979 - in applicazione del principio generale di cui all'art. 97 della Costituzione e dei criteri direttivi stabiliti nella delega legislativa di cui all'art. 47 della legge n. 833 del 1978 - prevede" e cioè quella "del pubblico concorso per titoli ed esami tanto in ordine all'ammissione all'impiego presso le unità sanitarie locali (art. 12) quanto in ordine all'accesso a specifiche posizioni funzionali nei diversi ruoli (art. 17 e ss.)" e quella che "fissa in modo tassativo le ipotesi di concorsi che in via transitoria sono riservati a ben individuate categorie di soggetti (art. 67 e ss.)".

E poiché né fra queste ultime ipotesi, né fra quelle previste dalla legge n. 207 del 1985 - anch'essa richiamata dal ricorrente e riguardante la possibilità di inquadramento di personale precario solo entro un determinato periodo temporale ormai decorso - rientrano quelle previste dagli artt. 1, 2, 4 e 7 della legge impugnata, non vi è dubbio sulla illegittimità costituzionale di queste ultime disposizioni.

6. - Parimenti fondata è la questione sollevata nei confronti dell'art. 8 della legge in esame.

Quest'ultima norma, prevedendo l'inquadramento in ruolo, a domanda, di personale precario di secondo e quarto livello, previa selezione riservata per titoli e prescindendo dall'iscrizione nelle liste di collocamento, viola espressamente la normativa statale sul collocamento, che non è di competenza regionale (sentenze numeri 20 del 1989 e 998 del 1988). Il che, peraltro, si desume anche dalla prassi legislativa della regione siciliana che nella legge n. 2 del 1988 ha, all'art. 13, previsto che alle selezioni per titoli, per le assunzioni per le quali non sia previsto titolo professionale, partecipino "gli iscritti alle liste di collocamento".

Poiché la regione, per tutte le considerazioni fin ad ora svolte, al fine dell'inquadramento in ruolo dei precari del servizio sanitario nazionale deve attenersi a quanto stabilito dalle leggi dello Stato, non può provvedervi per il personale che ha prestato servizio precario nel biennio 1989-1990 perché tale possibilità non è prevista dalle leggi stesse.

L'art. 8 impugnato è perciò illegittimo perché, avendo la legge dello Stato (legge n. 207 del 1985) consentito la sistemazione in ruolo del personale precario per una durata temporalmente limitata, una volta esauritosi il periodo transitorio considerato da detta legge, l'assunzione del personale dei primi quattro livelli può avvenire, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 56 del 1987 e dei relativi decreti attuativi (d.p.c.m. 18 settembre 1987, n. 392 e 27 dicembre 1988, s.n.) che riguardano anche il settore della sanità, solo tramite le liste di collocamento.

La regola è stata ribadita dall'art. 5 del d.P.R. 20 maggio 1987 n. 270 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale per il triennio 1985-1987 relativa al comparto del personale dipendente dal servizio sanitario nazionale), secondo il quale "L'assunzione in ruolo per chiamata diretta deve essere effettuata con le modalità e procedure previste dall'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, per le figure del comparto sanitario per le quali non è richiesto il titolo professionale .." e cioè tramite le liste di collocamento.

Né al riguardo può condividersi la tesi della regione siciliana, secondo cui l'art. 8 impugnato sarebbe conforme all'art. 9 del d.P.R. n. 761 del 1979, il quale consentirebbe la chiamata diretta per il personale addetto a mansioni elementari. In contrario si deve osservare che l'art. 9, invocato dalla regione, prevede che l'assunzione per chiamata diretta è ammessa solo per speciali categorie di personale addetto a mansioni elementari (in esse potendosi comprendere solo il personale appartenente al secondo livello e non anche al quarto) e comunque sulla base di adeguati criteri selettivi fissati nell'accordo nazionale unico; di conseguenza la regione non può in ogni caso, con propria legge, sostituirsi all'accordo cui rinvia espressamente la legge dello Stato.

Infine, la norma denunciata contrasta anche con l'art. 97 della Costituzione perché, come fondatamente rilevato nel ricorso, essa configura un soprannumero incompatibile con il principio del rispetto del limite degli organici che fa dell'organizzazione un prius rispetto al reclutamento del personale da assumere.

7.1. - Anche le censure relative agli articoli 5, 9 e 10 della legge in esame, sono fondate, violando le norme in essi contenute le tabelle di equiparazione - stabilite dallo Stato e quindi non integrabili in sede di legislazione attuativa - allegate al d.P.R. n. 761 del 1979.

7.2. - In particolare l'art. 5 inquadra talune qualifiche (autisti e centralinisti degli enti locali e operai degli enti ospedalieri transitati alle USL) come operatori tecnici, mentre la disciplina statale ne prevede l'inquadramento al livello inferiore di agenti tecnici (cfr. tab. G e F del d.P.R. n. 761 del 1979). Inoltre l'art. 39 del d.P.R. n. 384 del 1990 ha riordinato la tabella 1 allegata al d.P.R. n. 761 del 1979, mantenendo distinte le due qualifiche di agente tecnico e operatore tecnico.

Quanto poi alla tesi svolta dalla regione resistente - secondo cui l'art. 5 impugnato risponderebbe ai criteri di equità perché gli autisti e centralinisti degli enti locali e gli operai degli enti ospedalieri sono legati al livello posseduto nell'ente di provenienza che è inferiore rispetto a quello di altri soggetti assunti con le medesime mansioni direttamente nelle USL - va rilevato che le tabelle di equiparazione modificate dall'art. 39 del d.P.R. n. 384 del 1990 (e relativi allegati) considerano nella qualifica di operatore tecnico gli autisti di autoambulanza, ma non gli altri profili che rimangono compresi nell'"agente tecnico" o nella nuova dizione di "ausiliario specializzato", nella quale ultima è, ad esempio, espressamente ricompreso l'"addetto alla conduzione di veicoli".

Di conseguenza il riallineamento previsto in contrasto con la tabella statale non può trovare giustificazione una volta sottoposto a censura, quand'anche altro personale di corrispondente qualifica fosse assunto avvantaggiandosi di leggi rimaste inoppugnate nonostante la difformità dalle tabelle suddette.

7.3. - L'articolo 9 della legge regionale, dal canto suo, riferendosi al "capo ripartizione titolare di una funzione e/o servizio amministrativo", formula un'equiparazione non prevista nella tabella suddetta.

Infine l'art. 10 prevede l'equiparazione dei collaboratori coordinatori, che abbiano la titolarità di un ufficio di una cassa mutua provinciale da almeno cinque anni, con la qualifica di dirigente con almeno cinque anni nella qualifica stessa e nella posizione funzionale di direttore amministrativo, e ciò in difformità dalla tabella statale che prevede un apposito gruppo di qualifiche, denominate "collaboratori amministrativi", nelle quali inquadra tutto il personale avente tale qualifica, salvo l'unica ipotesi (diversa dalla specie) di equiparazione al personale dirigente riservata al collaboratore con almeno 10 anni di qualifica ed in possesso della laurea e della qualifica di coordinatore ad una certa data.

Né in proposito può seguirsi l'argomento difensivo della regione secondo cui, trattandosi di personale amministrativo dell'ente locale USL non chiamato a svolgere attività sanitaria, esso sarebbe da ricomprendere nella competenza esclusiva prevista dall'art. 15 dello statuto (ordinamento degli enti locali). La tesi non ha consistenza, perché è proprio il personale delle USL quello cui si riferisce la normativa in materia di personale del servizio sanitario nazionale, che disciplina sia il personale sanitario che quello amministrativo e, quindi, la potestà legislativa regionale nella materia de quo è di tipo attuativo valendo, in virtù dell'art. 17 dello statuto, il principio della riserva statale prevista dall'art. 47 della legge n. 833 del 1978.

Nemmeno possono condividersi le argomentazioni svolte relativamente agli artt. 9 e 10 dalla regione, la quale deduce che con propria legge n. 34 del 1987 avrebbe previsto tabelle per qualifiche equipollenti che intenderebbe ora integrare con l'emanazione dei suddetti articoli. In proposito vale anche qui il rilievo secondo cui l'omessa impugnativa di leggi precedenti, che presentassero simili profili di illegittimità costituzionale, non può costituire precedente atto a giustificare l'emanazione di norme integrative ripetitive della stessa illegittimità ed a sottrarre queste alle censure di incostituzionalità proposte, come nella specie, in riferimento a precisi parametri.

8. - Fondata è poi la censura formulata nei confronti dell'art. 11 della legge regionale impugnata, nell'assunto che esso dispone l'inquadramento nella qualifica di collaboratore direttivo degli assistenti amministrativi in possesso del diploma di scuola media superiore (quando in via normale è richiesta la laurea), e di una anzianità nella qualifica di appartenenza di 5 anni, estendendo l'accordo nazionale unico del 1979 che faceva invece riferimento ad un'epoca (1° marzo 1978) in cui il servizio nazionale e la disciplina del relativo personale ancora non esistevano.

In proposito devesi osservare che le tabelle statali equiparano l'aggiunto principale all'assistente amministrativo coordinatore. Ma se è vero che l'art. 74 dell'accordo ospedaliero del 17 febbraio 1979 per il periodo dal 1° gennaio 1977 al 30 giugno 1979 ('Norme particolari di primo inquadramento per alcune qualifiche di personale non medico') prevedeva l'inquadramento a collaboratore direttivo degli aggiunti principali ad esaurimento (pur con titolo di studio inferiore alla laurea), ma al raggiungimento di 5 anni di anzianità, di tale beneficio non ci si può più giovare dopo che l'accordo del 1979 ha cessato di avere tale effetto ed una volta che siano entrati in vigore, alla data del 31 dicembre 1982, i nuovi contratti collettivi.

La legge regionale vuole dunque estendere il beneficio anche al personale confluito nelle USL che non se ne fosse potuto giovare per non avere raggiunta l'anzianità di cinque anni entro la data prevista dall'accordo ospedaliero del 1979; essa introduce, così, un criterio dinamico per il quale l'anzianità suddetta si possa raggiungere anche dopo il 1982 e cioè dopo che sono entrati in vigore i nuovi contratti collettivi, che non prevedono più la qualifica di aggiunto principale ad esaurimento. Ma ciò non può essere consentito, perché, come si è già rilevato nell'esame di altra censura, la legge regionale deve attenersi alla legge dello Stato e alla disciplina stabilita dai nuovi contratti.

9. - Gli articoli 12 e 13 della legge in esame prevedono l'istituzione di posti della qualifica intermedia, mediante la integrale trasformazione di quella iniziale per i profili dei medici e degli psicologi dei consultori familiari, e ammettono gli assistenti medici e i collaboratori psicologi in servizio presso quelle strutture a concorso riservato per la prima copertura dei posti trasformati.

Tali previsioni, conformemente a quanto sostenuto nel ricorso, sono in contrasto con gli artt. 8 e 78 del d.P.R. n. 384 del 1990 - che autorizzano le regioni ad operare la detta trasformazione soltanto in ben definiti limiti percentuali (47 per cento dei posti di pianta organica di personale sanitario non medico, ivi compresi gli psicologi - art. 8; 30 per cento dei posti di pianta organica per gli assistenti medici - art. 78), e prevedono che la disciplina per la copertura dei posti risultanti sia dettata dal ministro della sanità; le stesse norme regionali sono, come rilevato nel ricorso, altresì in contrasto con la "normativa generale delle assunzioni mediante concorso" sopra richiamata.

A tal proposito vale quanto già affermato da questa Corte (sentenza n. 122 del 1990 cit.), secondo cui la trasformazione di una qualifica inferiore in un'altra superiore mira ad ampliare le prospettive di progressione funzionale del personale attraverso un'estensione delle possibilità di accesso al livello superiore, il che è in contrasto con la disciplina posta dalla legge dello Stato, rispetto alla quale il legislatore regionale, in virtù del principio posto dall'art. 47 della legge n. 833 del 1978, ha solo il potere di emanare norme di attuazione.

Il contrasto appare evidente ove si consideri che alla copertura dei posti, risultanti dalla trasformazione compiuta dalle norme impugnate, si provvede con appositi concorsi riservati al personale appartenente ai posti trasformati, previsione questa che, analogamente a quanto già osservato (punto n. 5) in relazione ad altra previsione di concorsi riservati, "esorbita dai limiti costituzionali propri della potestà legislativa di attuazione che la regione possiede in materia" (sentenza n. 122 del 1990 cit.).

Né può condividersi l'assunto della regione resistente secondo cui, nella specie, si tratterebbe di una trasformazione di posti relativa solo ai consultori e non di tutti i posti relativi alle qualifiche di assistente medico e psicologo collaboratore, onde da parte del ricorrente non si sarebbe indicato alcun elemento da cui possa desumersi che sia stato superato il limite percentuale posto dalla normativa degli accordi. Difatti il tenore letterale degli articoli impugnati conferma che la regione, sopprimendo due intere qualifiche iniziali, è andata oltre rispetto alle sue competenze meramente attuative.

10. - Fondate sono anche le censure formulate nei confronti dell'art. 6 che autorizza la istituzione dei corsi speciali "a regime" per infermieri professionali, riservati agli operatori professionali di seconda categoria (infermieri generici) che abbiano prestato servizio continuativo per almeno quattro anni, e che accedono così alla qualifica superiore in via privilegiata rispetto agli esterni. Si deve infatti considerare che l'analoga legge dello Stato n. 243 del 1980, la quale ha previsto specifiche modalità per la "straordinaria riqualificazione degli infermieri generici", ha avuto una efficacia limitata nel tempo e carattere straordinario, avendo inteso - come correttamente rilevato nel ricorso - porre un freno e "razionalizzare ... certi sistemi di conseguimento straordinario della professionalità".

In altri termini, poiché la disciplina prevista dalla legge dello Stato n. 243 del 1980 si è ormai esaurita, ne consegue che di essa non possa più farsi applicazione in sede di legislazione regionale attuativa.

Parimenti fondata è la tesi del ricorrente secondo cui lo stesso art. 6, consentendo l'adeguamento degli organici in relazione al numero dei soggetti (infermieri) abilitati all'esito dei suddetti corsi professionali, è in contrasto con i principi, oltreché della normativa statale di settore, anche di ragionevolezza e di non arbitrarietà e quindi di buon andamento (art. 97 della Costituzione). A parte i dubbi emersi in sede di discussione della legge impugnata (atti assemblea regionale siciliana, in particolare seduta del 19 aprile 1991) circa l'incompetenza della regione a disciplinare la materia, dubbi cui non è stata data convincente risposta, la norma comporta un indeterminato accrescimento degli organici degli infermieri professionali, prevedendosi all'ultimo comma dell'art. 6 che "al termine di corsi ed in relazione al numero degli abilitati si provvederà all'occorrente trasformazione dei posti in organico".

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 della legge della regione siciliana, approvata dall'assemblea regionale siciliana nella seduta del 1-2 maggio 1991, recante norme in materia di personale delle unità sanitarie locali;

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della suindicata legge della regione siciliana, sollevata, in riferimento agli artt. 28 e 29 dello statuto speciale, dal Commissario dello Stato per la regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.