Sentenza n. 211 del 1991

 

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SENTENZA N. 211

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 170 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), promosso con ordinanza emessa il 23 settembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano nel procedimento penale a carico di Kaserer karl, iscritta al n. 754 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1991 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

 

Ritenuto in fatto

 

Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano, nel procedimento penale a carico di Kaserer Karl, rilevato che la notifica del decreto di fissazione dell'udienza preliminare era avvenuta a mezzo posta nelle forme di cui all'art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, mediante spedizione al destinatario assente di avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, e con restituzione all'ufficiale giudiziario dell'atto, perché non ritirato nel termine di dieci giorni, ha sollevato, con ordinanza emessa il 23 ottobre 1990, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, dell'art. 170 del nuovo codice di procedura penale in relazione al suindicato art. 8, nella parte in cui considerano avvenuta la notifica a mezzo posta a carico della persona non rinvenuta nella propria abitazione, dopo compiuta la giacenza della raccomandata presso gli uffici postali;

Siffatta disciplina, ad avviso del giudice a quo, sarebbe lesiva del diritto di difesa del cittadino, poiché l'affissione o la spedizione dell'avviso non danno alcuna garanzia che la giacenza della raccomandata sia portata a conoscenza del destinatario, il quale, comunque, non ha l'obbligo di ricevere la corrispondenza inviatagli, né di rientrare presso il proprio domicilio almeno ogni dieci giorni;

Essendo poi rimessa all'arbitrio dell'ufficiale giudiziario la scelta del modo di notifica, a mezzo posta o nelle forme ordinarie, sussisterebbe, secondo il giudice a quo, disparità di trattamento in danno dei destinatari delle notificazioni a mezzo posta, apparendo più garantiti i destinatari di notificazioni ordinarie dall'attività di informazione e ricerca che deve essere svolta dall'ufficiale giudiziario;

Non vi è stata costituzione di parti né è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - È sollevata innanzi a questa Corte questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, dell'art. 170, primo comma, del vigente codice di procedura penale, secondo il quale "Le notificazioni possono essere eseguite anche col mezzo degli uffici postali, nei modi stabiliti dalle relative norme speciali", in relazione all'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui tale seconda disposizione, nel caso di temporanea assenza del destinatario, considera avvenuta la notifica a mezzo posta per effetto dell'affissione di un avviso (secondo comma), del deposito del piego presso l'ufficio postale (terzo comma), e del mancato ritiro entro dieci giorni (quarto comma).

Ad avviso del giudice a quo, la suindicata disciplina (che nel caso ha trovato applicazione per la notifica del decreto di fissazione dell'udienza preliminare all'imputato, non comparso all'udienza medesima) sarebbe lesiva:

a) del diritto di difesa del cittadino non garantito dalla "finzione di conoscenza" connessa alle menzionate operazioni, poiché egli può non essere raggiunto, per fortuite eventualità, dall'avviso, e non ha comunque alcun onere di diligenza né nel senso di esser presente nel proprio domicilio con periodicità tale da poter ricevere l'avviso, né nel senso di ritirare presso l'ufficio postale il piego raccomandato, contenente l'atto oggetto di notificazione cui l'avviso si riferisce, piego di cui egli ignora il contenuto;

b) del principio di eguaglianza, apparendo sfavoriti i destinatari delle notificazioni a mezzo posta rispetto a quelli delle notificazioni compiute personalmente ad opera dell'ufficiale giudiziario in considerazione delle maggiori garanzie che quest'ultima assicura.

2. - La questione non è fondata.

Va anzitutto rilevato che, diversamente da quanto ritiene il giudice a quo, nella materia penale non vi è una assoluta incompatibilità delle presunzioni legali di conoscenza con le garanzie di difesa.

La giurisprudenza di questa Corte, formatasi in ordine al codice ora abrogato, è stata invero costante nel ritenere rispettate le suindicate garanzie anche nel caso di forme di notificazioni che non assicurano la conoscenza "reale", in quanto non raggiungono direttamente la persona dell'imputato, ma soltanto una conoscenza "legale", cioè fondata su presunzioni, purché queste siano rispondenti a criteri tali da realizzare una elevata probabilità di conoscenza effettiva (sentt. n. 181 del 1980 e n. 170 del 1976), dal momento che lo scopo della notificazione è quello di portare il contenuto dell'atto nella sfera di conoscibilità dell'interessato (sentt. n. 77 del 1972 e n. 170 del 1976). La qual cosa vale, poi, non solo per la notificazione a mezzo posta, ma anche per la maggior parte delle altre forme di notificazione (senz'altro per quelle che si attuano in modo diverso dalla consegna dell'atto alla persona).

Non è, poi, accettabile la totale negazione, postulata dal giudice a quo, di un onere di diligenza a carico del destinatario di notificazioni.

In un sistema in cui, come si vedrà fra poco, le garanzie di difesa del detto destinatario sono particolarmente accentuate per quel che riguarda la notificazione degli atti aventi rilevanza centrale nel processo, e in cui, su un piano generale, le posizioni dell'accusa e della difesa sono tendenzialmente equiparate, non si prescinde - né ciò contrasta con coerenza e con un corretto bilanciamento dei valori in gioco - da un'esigenza di cooperazione da parte del destinatario stesso (cfr. Relazione al progetto preliminare, p. 52).

Di ciò costituisce significativa espressione la previsione dell'invito diretto all'imputato (o all'indagato) - in occasione del suo primo contatto con il giudice, o con il pubblico ministero, o con la polizia giudiziaria, ovvero in occasione dell'invio dell'informazione di garanzia o della prima notificazione disposta dall'autorità giudiziaria -, a dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni, e del conseguente suo obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto: salva, in caso di inottemperanza o di inesatta ottemperanza, l'effettuazione delle notificazioni mediante consegna al difensore nel primo caso, e nello stesso luogo della informazione o della prima notificazione nel secondo caso (art. 161 codice di procedura penale, nel testo risultante dal decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12). Ed è ovvio, poi, che l'onere di diligenza e di cooperazione si specifica quando il destinatario degli atti sia stato reso avvertito, a seguito dei suindicati contatti o precedenti notificazioni (soprattutto se eseguite personalmente) o informazioni, della esistenza di indagini preliminari che lo riguardano.

Ma ciò non è ignorato neppure dalla normativa concernente la notificazione del decreto di fissazione dell'udienza preliminare - che qui viene particolarmente in esame - e del decreto di citazione a giudizio. Normativa, desumibile dal combinato disposto degli artt. 485 e 420, quarto comma, del codice di procedura penale, dalla quale risulta che - pur accentuandosi le garanzie di difesa in vista, per quanto possibile, della conoscenza effettiva dell'atto notificato mediante la rinnovazione di una notificazione pur formalmente regolare - l'operatività del rimedio è correlata alla valutazione del comportamento (assenza di colpa) del notificando.

In ogni caso, al fine di verificare la idoneità del sistema della notificazione a mezzo posta ad apprestare adeguate garanzie di conoscibilità dell'atto notificato da parte del notificando, è decisivo osservare che le norme impugnate vanno coordinate proprio con quelle ora indicate, concernenti la notificazione del decreto di fissazione dell'udienza preliminare (della quale notificazione qui si tratta) e del decreto di citazione a giudizio - e cioè di atti che assumono rilievo centrale ai fini della garanzia del diritto di difesa dell'imputato in vista della costituzione del rapporto processuale - norme le quali dispongono che, nel caso di mancata presentazione all'udienza dell'imputato, il giudice, anche d'ufficio, dispone - cioè "deve disporre" - la rinnovazione della citazione, quando è provato o appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto conoscenza (senza sua colpa).

L'esercizio di tale potere-dovere (della cui attribuzione il giudice a quo non ha tenuto alcun conto) presuppone che sia provata, o che appaia, secondo la libera valutazione del giudice, anche soltanto probabile, la mancata conoscenza effettiva della citazione da parte dell'imputato nonostante la regolarità formale della notificazione (artt. 485 e 420, quarto comma). Ora è chiaro che la mancata conoscenza effettiva non può non ritenersi altamente probabile - ed anzi addirittura provata - quando, come avviene nella ipotesi in argomento, per effetto dell'applicazione dei commi terzo e quarto dell'art. 8 della legge n. 890 del 1982 (a norma dei quali, trascorso un certo termine dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito in raccomandazione, unitamente all'avviso di ricevimento, al mittente con l'indicazione "non ritirato"), il giudice è messo in grado di constatare che il destinatario non ha preso visione dell'atto notificato.

In siffatto quadro complessivo, le garanzie di difesa dell'imputato appaiono quindi adeguatamente assicurate. Tanto più che il giudice, nell'esercizio del potere-dovere di disporre la rinnovazione della notificazione, tenuto conto della inidoneità, palesatasi nel caso concreto, (eventualmente anche in relazione a particolari circostanze, come attività professionali o situazioni personali del notificando) della notificazione a mezzo posta a rendere possibile l'effettiva conoscenza dell'atto notificato, ben potrà ordinare - come prevede l'art. 1, primo comma, della legge n. 890 del 1982 - che la nuova notificazione sia effettuata personalmente ad opera dell'ufficiale giudiziario.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, dell'art. 170 del codice di procedura penale in relazione all'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazione a mezzo posta connessa con la notificazione di atti giudiziari), sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 13 maggio 1991.