Sentenza n. 190 del 1991

 

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 190

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 422 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 luglio 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Pestellini Neri, iscritta al n. 719 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 1991 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento concernente un episodio criminoso - contestato come rapina impropria, resistenza e lesioni - verificatosi in uno stadio, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino respingeva la richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero, ritenendo che potesse risultare decisiva l'acquisizione - richiesta dalla difesa al pubblico ministero durante le indagini preliminari e non effettuata da costui - di una registrazione audiovisiva degli incidenti verificatisi nell'occasione eseguita dalla Polizia di Stato. Instauratasi, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio, l'udienza preliminare, il giudice riteneva di non poter decidere allo stato degli atti ed indicava alle parti la necessità della suddetta acquisizione. Stante l'inerzia del pubblico ministero, la difesa, allegando l'impossibilità da parte sua di produrre l'audiovisivo, chiedeva al giudice di disporne il sequestro.

Respinta tale richiesta in quanto non consentita dall'art. 422 cod. proc. pen., il giudice dell'udienza preliminare, ribadita in punto di rilevanza la decisività del predetto documento, ha sollevato, su eccezione della difesa, con ordinanza del 18 luglio 1990, una questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 422, assumendone il contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., sotto un duplice profilo.

Il giudice a quo osserva, innanzitutto, che l'integrazione probatoria consentita da tale norma è finalizzata non al completamento del quadro probatorio od alla raccolta di prove che facciano ritenere prevedibile, o meno, la condanna, bensì alla tutela del diritto di difesa attraverso l'acquisizione di elementi idonei a far raggiungere subito la certezza della mancanza di responsabilità dell'imputato. L'integrazione sarebbe quindi limitata ai casi in cui le indagini del pubblico ministero non si siano indirizzate anche verso la raccolta di elementi di prova "a discarico" - come imposto dall'art. 358 cod. proc. pen. - o in cui prospettazioni in tal senso siano venute dall'indagato nell'udienza preliminare.

Ciò premesso, il giudice censura la norma impugnata, in primo luogo, in ragione della tassatività delle prove attraverso le quali l'integrazione probatoria è consentita, le quali non comprendono, ad esempio, confronti, ricognizioni, ispezione dei luoghi, ecc.: ciò che, a suo avviso, comporta una discriminazione in danno degli imputati che potrebbero dimostrare la mancanza di responsabilità solo attraverso prove non incluse nell'elenco, con conseguente violazione del loro diritto di difesa.

Rilevato, poi, che in un processo di parti ciascuna corre il rischio di subire le conseguenze della propria mancata attivazione e che, peraltro, nel caso di specie, "la prova 'a discarico' richiesta dalla difesa non è nella sua disponibilità, poiché solo il p.m. può sequestrare l'audiovisivo della Polizia di Stato", il giudice a quo rileva che, mentre "nel corso delle indagini preliminari l'art. 368 c.p.p. prevede espressamente che, qualora il p.m. ritenga di non disporre il sequestro, il Giudice dell'indagine preliminare possa sostituirsi a lui, tale possibilità non è prevista in sede di udienza preliminare, sia per il caso, come quello di specie, in cui il p.m. non abbia trasmesso precedentemente la richiesta al g.i.p., sia nel caso, che pure può prospettarsi, in cui la necessità di acquisire un documento, o sequestrare una prova nella disponibilità del p.m., sorga solo nell'udienza preliminare (caso dell'indagato citato per la prima volta in tale udienza)".

L'art. 422 cod. proc. pen., perciò, "nella parte in cui non prevede che il Giudice in sede di udienza preliminare possa sostituirsi al p.m. che non ha disposto il sequestro richiesto dall'interessato, diversamente da quanto può invece fare ex art. 368 c.p.p. nel corso delle indagini preliminari", violerebbe sia il diritto di difesa che il principio di uguaglianza "per la discriminazione che opera tra categorie di imputati che possano avere accesso alle prove 'a discarico' e imputati che per pura sorte non sono in grado di ottenere una prova 'a discarico' che non è nella loro disponibilità".

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto tramite l'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata in quanto il potere del giudice dell'udienza preliminare di sostituirsi al pubblico ministero nel caso in cui questi non abbia disposto il sequestro richiesto dalla parte privata (unica questione nella specie rilevante), pur se non espressamente previsto, non è vietato, ed è compatibile con la fase dell'udienza preliminare.

La norma impugnata, intesa alla stregua dei principi costituzionali invocati, consentirebbe perciò l'adozione di tale provvedimento.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino dubita della legittimità costituzionale dell'art. 422 del codice di procedura penale, sostenendo che la ivi prevista disciplina dell'integrazione probatoria consentita nell'udienza preliminare per il caso in cui il giudice non ritenga di poter decidere allo stato degli atti circa il rinvio a giudizio od il proscioglimento violerebbe gli artt. 3 e 24 della Costituzione, sotto un duplice profilo.

Innanzitutto, perché limita tale integrazione probatoria ad alcune prove tassativamente indicate (produzione di documenti, audizione di testimoni e consulenti tecnici, interrogatorio di persone imputate di reato connesso o collegato), escludendola per altre (confronti, ricognizioni, ispezione dei luoghi, ecc.): con conseguente discriminazione, e lesione del diritto di difesa, di chi possa provare l'assenza di responsabilità solo attraverso le prove escluse.

In secondo luogo, perché non consente al giudice nell'udienza preliminare - diversamente da quanto può fare nelle indagini preliminari ai sensi dell'art. 368 cod. proc. pen. - di disporre il sequestro di fonti di prova che la difesa non può acquisire (nella specie, audiovisivo della Polizia di Stato) e che non sia stato effettuato dal pubblico ministero nonostante la richiesta dell'indagato: con conseguente discriminazione tra imputati a seconda che le prove a discarico siano o meno nella loro disponibilità e correlativa violazione, nel secondo caso, del diritto di difesa.

2. - Sotto il primo dei due suindicati profili, la censura non sarebbe ammissibile, non risultando rilevante ai fini del giudizio a quo. Nel caso di specie, infatti, l'integrazione probatoria richiesta concerneva l'acquisizione di un oggetto (audiovisivo della Polizia di Stato) rientrante nell'ampia nozione di "documento" fornita dall'art. 234 del codice. Si ricade, perciò, nell'ambito della "produzione di documenti" consentita dalla norma impugnata.

3. - Quanto al secondo profilo, questa Corte ha già rilevato (sentenza n. 64 del 1991) che nell'impianto del nuovo codice il "supplemento istruttorio" previsto dall'art. 422 costituisce un regime eccezionale, che presuppone da parte del giudice una valutazione di incompletezza del materiale informativo offertogli ai fini della decisione sul rinvio a giudizio o sul proscioglimento, nonché l'indicazione di "temi nuovi o incompleti sui quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni" ed un giudizio di "manifesta (o evidente) decisività" ai suddetti fini delle prove su tali temi richieste dalle parti, spettando a queste, nei limiti dei mezzi consentiti, l'"assolvimento dei rispettivi oneri probatori" (cfr. la Relazione al progetto preliminare, pag. 102).

4. - Ciò premesso occorre non dimenticare - secondo quanto già evidenziato nella sentenza n. 88 del 1991 - che il pubblico ministero è bensì parte, ma parte pubblica, che ha perciò il dovere di compiere "ogni attività necessaria" ai fini delle "determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale", ivi compresi gli "accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini" (artt. 326 e 358).

Di qui, tra l'altro, la previsione (art. 368) secondo cui, ove la difesa dell'indagato (o di altre "parti" private) sia interessata, nel corso delle indagini preliminari, all'esecuzione di un sequestro, spetta innanzitutto al pubblico ministero provvedere in tal senso, dato che si tratta di mezzo che non rientra nella disponibilità delle altre parti.

Nell'ipotesi in cui il pubblico ministero ritenga di non dover disporre il sequestro, lo stesso art. 368 prevede che egli trasmetta la richiesta, con il proprio parere, al giudice per le indagini preliminari, che vi provvederà in sua vece. Un consimile intervento sostitutivo nel corso dell'udienza preliminare non appare però indispensabile ove - come è nel caso previsto dall'art. 422 - intervenga una valutazione in tal senso del giudice, consistente in un giudizio di decisività del sequestro (o dell'ordine di esibizione) ai fini del rinvio a giudizio o del proscioglimento. Non vi è infatti spazio, in tal caso, per un diverso avviso del pubblico ministero.

5. - Rispetto a tale quadro normativo, nel giudizio principale si è verificata - alla stregua di quanto riferisce l'ordinanza - una duplice anomalia.

Innanzitutto, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, benché richiesto dal difensore dell'indagato del sequestro dell'audiovisivo, né vi provvide, né trasmise la richiesta al giudice per le indagini preliminari, secondo quanto impostogli dall'art. 368. Quando poi, nell'udienza preliminare, il giudice dichiarò decisiva l'acquisizione del documento, il pubblico ministero anziché provvedere di conseguenza manifestò la propria opposizione. I vizi che il giudice a quo lamenta non stanno dunque nella norma impugnata - che, se rettamente intesa, consente di realizzare la tutela della posizione che si assume pregiudicata - ma nell'inosservanza od erronea interpretazione di essa e delle altre disposizioni coinvolte nella vicenda concreta.

Tanto meno, comunque, la chiesta declaratoria di incostituzionalità trova giustificazione, in quanto ben può ritenersi che, in caso di inottemperanza del pubblico ministero al dovere sopra precisato, il giudice disponga tuttora, nell'udienza preliminare, del potere sostitutivo conferitogli dall'art. 368, in quanto non potuto esercitare per l'inottemperanza da parte del pubblico ministero della procedura ivi dettata.

La questione va pertanto dichiarata non fondata.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 422 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino con ordinanza del 18 luglio 1990.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 2 maggio 1991.