Sentenza n. 175 del 1991

 

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SENTENZA N. 175

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 21 dicembre 1990, depositato in Cancelleria l'8 gennaio 1991 ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1991, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del provvedimento del Pretore di Pistoia del 30 ottobre 1990 con il quale il Pretore, in sede di ricorso ex art. 700 ha dichiarato che "la Regione Toscana, e per quanto di sua competenza, l'USL n. 8, hanno l'obbligo di procedere al conferimento dell'incarico per la copertura della zona carente (di medici di medicina generale convenzionati) di Abetone, utilizzando la graduatoria formata a seguito della pubblicazione della carenza avvenuta sul bollettino regionale del 3 maggio 1989";

Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;

Udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1991 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

Udito l'avvocato Alberto Predieri per la Regione Toscana;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 21 dicembre 1990 la Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso l'ordinanza ex art. 700 c.p.c., emessa il 30 ottobre 1990, con la quale il Pretore di Pistoia dichiarava che "la Regione Toscana e, per quanto di sua competenza, l'U.S.L. n. 8 hanno l'obbligo di procedere al conferimento dell'incarico per la copertura della zona carente (di medici di medicina generale convenzionati) di Abetone utilizzando la graduatoria formata a seguito della pubblicazione della carenza avvenuta sul bollettino regionale del 3 maggio 1989". La Regione lamenta la lesione delle competenze ad essa costituzionalmente garantite con violazione degli artt. 113, 101, 102, primo comma, 104 Cost., dei princìpi fondamentali in tema di separazione della funzione giudiziaria da quella amministrativa, e degli artt. 117 e 118 Cost., e chiede che questa Corte, accertata la non spettanza al Pretore del potere esercitato, annulli l'ordinanza.

Premette in fatto la ricorrente che, resosi disponibile un posto di medico di medicina generale convenzionato nel comune di Abetone e dichiarato tale comune "zona carente", ai sensi degli artt. 5 e 6 del d.P.R. 8 giugno 1987, n. 289 ("Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833), veniva formata una graduatoria sulla base delle domande avanzate.

L'invito a presentarsi, con l'avvertimento che la mancata presentazione sarebbe stata interpretata come rinunzia all'accettazione dell'incarico, veniva rivolto a tutti gli interessati e raccolto dai soli dottori Massimo Cantalini, classificatosi 52°, e Sandro Parenti, 23°, al quale ultimo l'incarico veniva affidato a condizione che, entro un termine perentorio poi prorogato, e comunque non rispettato, adempisse a determinati obblighi (trasferimento della residenza nel Comune, apertura di un ambulatorio, iscrizione nell'Albo professionale della provincia).

A seguito della mancata presa di possesso da parte del Parenti, che doveva essere così considerato rinunciatario, il dott. Cantalini, sul presupposto che l'USL e la Regione avessero l'obbligo di conferirgli l'incarico, si rivolgeva al Pretore chiedendo che, con provvedimento cautelare atipico, accertasse tale obbligo.

Nell'ordinanza, il Pretore di Pistoia - così prosegue l'esposizione della ricorrente - premesso che il Cantalini agiva per la tutela del diritto soggettivo di ottenere l'instaurazione di un rapporto convenzionale autonomo continuativo e coordinato e che le questioni inerenti la tutela dei diritti nascenti dai rapporti di convenzione fra i medici liberi professionisti ed il S.S.N. appartengono alla cognizione del giudice ordinario, osservava che, qualora "la procedura non si concluda con l'insorgenza del rapporto convenzionale", "sussiste un legittimo interesse da parte degli aspiranti.. .. .., tutelabile tanto in sede di responsabilità contrattuale che pre-contrattuale, a che gli organi interessati procedano al conferimento dell'incarico messo a concorso", laddove la Regione, ritenendo che al 15 ottobre le graduatorie formate sulla base della prima pubblicazione di posti vacanti del 1989 non fossero più utilizzabili, finiva per impedire, ponendo un ostacolo burocratico, il raggiungimento del fine - conferimento degli incarichi in tempi brevi - considerato prioritario della normativa.

Il Pretore, tuttavia, non ritenendo raggiunta nella sommaria istruzione la prova della inesistenza di altri aspiranti, precedenti il Cantalini in graduatoria, che avessero accettato offerta di incarico, non accoglieva la domanda principale, diretta ad ottenere l'immediato conferimento dell'incarico.

2. - Ad avviso della Regione, sulla base dell'erronea configurazione dei provvedimenti regionali da emanare come atti dovuti, il provvedimento del Pretore si sostanzia in una prescrizione rivolta alla Regione circa l'atto specifico che essa dovrà adottare, cioè in un atto che esorbita dal sistema costituzionale della ripartizione dei poteri e realizza l'invasione delle competenze amministrative e legislative regionali costituzionalmente garantite.

Richiamata la giurisprudenza di questa Corte (sentt. nn. 283 del 1986, 70 del 1985), la Regione Toscana sottolinea come, secondo l'art. 113 Cost., che prevede in ogni caso la tutela giurisdizionale contro gli atti della p.a. e che riserva alla legge la disciplina dei casi dell'annullamento giurisdizionale di atti amministrativi, sono esclusi "interventi partecipativi o di stimolo o di codeterminazione da parte degli uffici ai quali è affidato l'esercizio della giurisdizione o della funzione di pubblico ministero o di quelli cui sono affidate funzioni promiscue.

Secondo il disegno costituzionale - nel quale "la statuizione dell'art. 113 si salda in un sistema con quella dell'art. 112 come con quella degli artt. 101, 102, primo comma, 104, in quanto quest'ultimo costituisce una corrispondenza biunivoca di autonomia e di indipendenza, salva la norma prevista dall'art. 113 e dall'art. 97 Cost." - "la funzione amministrativa e quella giurisdizionale in ogni sua forma, ivi compresa quella di annullamento di atti, restano separate e non debbono trovare punti di intersezione operativa se non nel caso dell'annullamento esplicitamente previsto dall'ultimo comma dell'art. 113 Cost."

L'ordine rivolto alla Regione, prosegue la ricorrente, è tanto più illegittimo ed esorbitante dal sistema costituzionale delle competenze in quanto presuppone che nella specie si controverta in materia di diritti soggettivi.

Il richiamo, operato dal Pretore, alla giurisprudenza della Cassazione è improprio, in quanto nella sentenza citata (n. 1154 del 1984) si fa riferimento a vicende del rapporto di lavoro già instaurato, mentre "altro è la costituzione del rapporto", affidata ad atti amministrativi di conferimento dell'incarico, rispetto ai quali gli interessati vantano situazioni di interesse legittimo, tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, che ha giurisdizione su tutte le questioni attinenti alla fase preliminare alla costituzione del rapporto.

Se, dunque, persino l'instaurazione (e poi anche la revoca) del singolo rapporto di convenzionamento è sottratta alla giurisdizione del giudice ordinario, conclude la Regione, a maggior ragione questo vale per la decisione di utilizzare o meno una graduatoria in precedenza formata.

Invero, la formazione della graduatoria, il suo ambito di validità, la legittimità o meno della sua utilizzazione e della decisione di non utilizzarla, attengono a profili generali di organizzazione nel cui ambito vengono compiute scelte amministrative in base alla considerazione di interessi generali che determinano negli interessati il sorgere di posizioni di interesse legittimo.

3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri non si è costituito nel giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all'ordinanza del 30 ottobre 1990 con la quale il Pretore di Pistoia, provvedendo ai sensi dell'art. 700 c.p.c. su istanza del dott. Cantalini, ha dichiarato che la Regione Toscana, e, per quanto di sua competenza, l'Unità sanitaria locale n. 8, hanno l'obbligo di procedere al conferimento dell'incarico per la copertura della zona carente (di medici di medicina generale convenzionati) di Abetone, utilizzando la graduatoria formata a seguito della pubblicazione della carenza, pubblicazione avvenuta sul Bollettino regionale del 3 maggio 1989.

Secondo la ricorrente, l'indicato provvedimento pretorile sarebbe lesivo delle competenze costituzionalmente garantite alla regione, essendo emesso in violazione degli artt. 113, 101, 102, primo comma, 104, della Costituzione, dei principi fondamentali in tema di separazione della funzione giudiziaria da quella amministrativa, degli artt. 117 e 118 della Costituzione.

2. - La vicenda, cui il provvedimento impugnato si riferisce, rientra nello schema tracciato dal d.P.R. 8 giugno 1987, n. 289, che rende esecutivo l'accordo collettivo nazionale per la regolamentazione del rapporto "convenzionale" con i medici di medicina generale, ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale). Tale d.P.R. n. 289 del 1987, agli artt. 6 e 7, prevede un procedimento che, muovendo dalla pubblicazione - da eseguire ad opera della regione due volte all'anno, e precisamente entro la fine dei mesi di marzo e di settembre - dell'elenco delle zone carenti di medici di medicina generale convenzionati, ai fini del conferimento degli incarichi nelle zone stesse (conferimento cui possono concorrere i medici inclusi in appositi elenchi locali formati secondo l'art. 5 o in una graduatoria regionale annuale formata ai sensi dell'art. 2), conduce alla costituzione del rapporto "convenzionale" (idest: di convenzione).

È sostanzialmente incontestato: che, dopo la prima delle due pubblicazioni, concernente una zona carente nell'Abetone nell'anno 1989, la Regione aveva formato una graduatoria degli aspiranti e li aveva interpellati secondo l'ordine (cfr. penultimo comma dell'art. 6); che un aspirante, il quale precedeva nella detta graduatoria il dott. Cantalini, era decaduto dalla pretesa in quanto non aveva eseguito entro i termini gli adempimenti previsti dall'art. 7, secondo comma (acquisizione della residenza, apertura dell'ambulatorio, iscrizione nell'albo professionale della provincia); che, ciò malgrado, la Regione aveva rifiutato di prendere in esame la pretesa del dott. Cantalini per avere ritenuto che, intervenuta nelle more la seconda pubblicazione annuale relativa alle zone carenti, ogni ulteriore conferimento postulasse la formazione di una nuova graduatoria.

Il Pretore ha adottato il provvedimento suindicato per la tutela in via di urgenza della posizione dell'aspirante al conferimento dell'incarico dott. Cantalini: posizione definita, nella motivazione, come "diritto a ottenere l'instaurazione del rapporto di lavoro autonomo 'convenzionato' con l'USL", e ancora come "legittimo interesse" degli aspiranti, "tutelabile in sede di responsabilità tanto contrattuale che pre-contrattuale", fino alla conclusione del procedimento con la costituzione del rapporto convenzionale mediante conferimento dell'incarico, a che "gli organi interessati (regione e USL) procedano al conferimento stesso". Ha considerato, valutando il fumus boni juris, che il rifiuto della Regione di portare a compimento la procedura come sopra iniziata fosse illegittimo. Ha avvisato di potere somministrare la chiesta tutela cautelare-anticipatoria dichiarando l'obbligo della pubblica amministrazione di portare a compimento la procedura in discorso sulla base di un atto intervenuto nel corso della medesima.

La Regione, da canto suo, pur sottolineando errori del giudice quanto alla qualificazione della situazione giuridica fatta valere dall'istante (e quindi quanto ai limiti interni della giurisdizione) e quanto all'interpretazione della legge regolatrice del procedimento di cui agli artt. 6 e 7, del d.P.R. n. 289 del 1987, lamenta soprattutto l'invasione della sua sfera di autonomia amministrativa perpetrata dal giudice con assoluta esorbitanza dalla giurisdizione.

3. - La censura è fondata.

La giurisprudenza di questa Corte - cfr. da ultimo la sentenza n. 99 del 1991 - ha affermato che l'oggetto del conflitto di attribuzione fra regione e Stato, sollevato dalla prima a tutela della propria autonomia amministrativa contro provvedimenti giurisdizionali, risiede nello stabilire se il giudice abbia leso, con atti non consentiti ad alcun giudice, e quindi esorbitanti dai limiti dalla giurisdizione, l'ambito di attribuzioni della regione come pubblica amministrazione.

Orbene, dichiarando l'obbligo della pubblica amministrazione di procedere al conferimento dell'incarico di medico "convenzionato", e per di più secondo una graduatoria formata nel procedimento in corso ma ritenuta dalla pubblica amministrazione non utilizzabile, il pretore ha preteso di orientare, e quindi di condizionare, nell' an e nel quomodo, l'azione amministrativa dettandone la regola nel caso concreto.

In tal modo quel giudice ha esorbitato dai limiti della giurisdizione rispetto alla pubblica amministrazione.

Almeno là dove la pubblica amministrazione agisca quale autorità, esercitando una potestà discrezionale ad essa spettante, i detti limiti sono infatti segnati, per qualsiasi giudice, dalla necessità di non porre ostacolo al libero spiegarsi di quella potestà discrezionale, e pertanto di non sostituirsi alla pubblica amministrazione condizionando positivamente l'azione amministrativa nel suo farsi (che di quella potestà costituisce appunto espressione e svolgimento).

A tanto non contraddice ovviamente la configurabilità di interventi del giudice in ordine ai quali un condizionamento del genere non è propriamente ipotizzabile per essere i medesimi non muniti di forza positivamente condizionante o non interferenti in un'azione amministrativa che possa considerarsi "nel suo farsi" nel senso suindicato: annullamento di provvedimenti amministrativi a contenuto positivo o negativo; sospensione di provvedimenti a contenuto positivo limitativi della sfera giuridica dei soggetti passivi del potere amministrativo, come quello cui si riferisce la sentenza n. 99 del 1991 dianzi richiamata; rimedi per l'inosservanza dell' "obbligo" dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato.

E neppure vi contraddice la configurabilità, che qui viene particolarmente in considerazione, di provvedimenti cautelari o anticipatori da adottare in ordine a dinieghi od inazioni della pubblica amministrazione (sempre quale autorità, e quindi al di fuori dell'ipotesi oggetto della pronuncia resa da questa Corte, con sentenza n. 190 del 1985, di illegittimità dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in quanto non attributivo al giudice amministrativo di poteri analoghi a quelli sanciti dall'art. 700 c.p.c., limitatamente alle controversie patrimoniali in materia di impiego pubblico, devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).

Ma ciò sempreché si tratti di interventi diretti a scongiurare la compromissione - e non anche di interventi diretti a produrre o a determinare direttamente la produzione - del risultato proprio dell'azione amministrativa.

Le sospensioni ammesse dalla giurisprudenza amministrativa in presenza di dinieghi o di omissioni della pubblica amministrazione hanno infatti il limitato scopo di tutelare interinalmente situazioni di vantaggio già godute di fatto o jure ("insistenza" nelle concessioni amministrative scadute), o di neutralizzare esclusioni, che, quando non siano addirittura tali da impedire la realizzazione di pretese connesse all'esercizio di libertà (diniego dell'esonero dal servizio militare; diniego dell'intendente di finanza di sospendere la riscossione coattiva di tributi), sono tali da sacrificare interessi strumentali (esclusione dalla partecipazione a esami o a concorsi).

In nessun caso le sospensioni in parola mirano a far ottenere quel soddisfacimento dell'interesse sostanziale che solo dall'azione amministrativa può essere realizzato.

Al contrario è proprio questo l'obbiettivo che il pretore ha perseguito con il dichiarare in positivo l'obbligo a carico della pubblica amministrazione di provvedere, e di provvedere in un dato modo: così, infatti, quel giudice ha preteso di determinare, rendendola giuridicamente necessaria, la produzione del risultato, che soltanto la discrezionalità amministrativa avrebbe potuto erogare.

Onde la necessità di riconoscere che il pretore stesso, con un provvedimento non spettante ad alcun giudice, ha leso l'autonomia amministrativa costituzionalmente garantita alla regione di fronte al potere giurisdizionale e pertanto di fronte allo Stato.

 

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al giudice, affermare ex art. 700 c.p.c. l'obbligo della Regione Toscana di condurre a termine un procedimento in corso per il conferimento dell'incarico di medico convenzionato della USL e di far uso a tal fine di una graduatoria formata nel procedimento stesso, come dichiarato con l'ordinanza del Pretore di Pistoia del 30 ottobre 1990 di cui al ricorso in epigrafe;

Annulla conseguentemente la detta ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 22 aprile 1991.