ORDINANZA N.247
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516, promosso con ordinanza emessa il 28 dicembre 1987 dalla Commissione tributaria di I grado di Messina sui ricorsi proposti da Spadaro Rosario contro l'Ufficio I.V.A. di Messina, iscritta al n. 681 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno l990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 marzo 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 29 dicembre 19879 pervenuta alla Corte il 22 dicembre 1989 (R.O. n. 681 del 1989), la Commissione tributaria di I grado di Messina, nei procedimenti riuniti promossi da Spadaro Rosario contro l'Ufficio I.V.A. di Messina, aventi ad oggetto la rettifica delle dichiarazioni annuali dei redditi relative agli anni 1977, 1978, 1979 e 1980, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui consente la notifica dell'avviso di accertamento o di rettifica da parte dell'Ufficio I.V.A. sino alla data di presentazione della dichiarazione integrativa anzichè sino a quella di entrata in vigore dello stesso decreto-legge n. 429 del 1982;
che, secondo la Commissione remittente, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto, conferendosi all'Ufficio finanziario la facoltà di notificare l'accertamento oltre la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, purchè anteriormente alla dichiarazione integrativa, lo si lascerebbe arbitro di determinare una situazione di maggiore o minor favore per il contribuente, consentendogli o no di godere della definizione agevolata, in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di corretto funzionamento della pubblica amministrazione;
che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per la manifesta inammissibilità o infondatezza della questione.
Considerato che la stessa questione è già stata dichiarata da questa Corte non fondata (sentenza n. 575 del 1988) e, successivamente, manifestamente infondata (ordinanze nn. 1075 del 1988, 119, 121 e 518 del 1989, 22 del 1990);
che non sono prospettati motivi nuovi per una diversa decisione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge 10 luglio 1982, n.429 (Norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sollevata dalla Commissione tributaria di I grado di Messina con la ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.
Giovanni CONSO, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 15/05/90.