SENTENZA N.103
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), promosso con ordinanza emessa il 22 giugno 1989 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno sul ricorso proposto dall'Ufficio II.DD. di Fermo contro Spinosi Vincenzo, iscritta al n. 474 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 31 gennaio 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un giudizio avverso la irrogazione di pene pecuniarie per il ritardo nella presentazione della dichiarazione annuale dei redditi ai fini dell'I.R.PE.F, la Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno, considerato che, nella specie, la dichiarazione predetta era stata tempestivamente spedita a mezzo posta raccomandata ma ad ufficio incompetente, e da questo poi trasmessa all'ufficio competente, ma con notevole ritardo e quindi ben oltre i termini prescritti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma quarto, del d.P.R. 26 settembre 1973, n. 600 - ai termini del quale la presentazione della dichiarazione in parola ad ufficio diverso da quello competente si considera avvenuta nel giorno in cui sia pervenuta a quest'ultimo ufficio in relazione all'art. 3 della Costituzione, per i riflessi che deriverebbero sul regime sanzionatorio dall'applicazione della norma denunciata.
Ritenuta la rilevanza della questione in quanto attinente ad una norma direttamente applicabile nel giudizio a quo, il giudice della rimessione sostiene che, ad opera della disposizione impugnata, si avrebbe una disparità di trattamento tra comportamenti e fatti sostanzialmente uguali, quali quelli di chi presenta tempestivamente la denuncia all'ufficio competente - consegnandola al Comune del domicilio fiscale (art. 12, primo comma), o all'ufficio statale o assimilato datore di lavoro per i pubblici dipendenti (art. 12, primo comma, ultima parte) ovvero all'ufficio postale per la spedizione al competente ufficio fiscale (art. 12, secondo comma), pur se da questi inviata in ritardo all'ufficio delle imposte dirette destinatario - e di chi invece, sempre tempestivamente, adempie l'obbligo legale anche se presenta la dichiarazione ad altro ufficio, non potendosi attribuire alla responsabilità dei contribuente l'evento dei "ritardo" (entro un mese) ovvero della "omissione" (oltre un mese) riconducibili soltanto alla condotta di un ufficio della stessa Amministrazione. La illogicità del diverso trattamento sarebbe determinata proprio dalla consistenza della disposizione denunciata (e dei connessi riflessi sanzionatori) con la normativa che riconosce come "tempestiva" la dichiarazione pur presentata ad una amministrazione diversa da quella tributaria (appunto il Comune, l'ufficio statale di appartenenza o l'ufficio postale).
2.- Non si é costituita nel presente giudizio la parte privata, mentre é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per sostenere la manifesta infondatezza della questione alla luce di precedenti pronunzie di questa Corte.
In una memoria successivamente prodotta la difesa erariale ha poi precisato che la questione dovrebbe ritenersi inammissibile per aberratio ictus, in quanto coinvolgente una norma (art. 12, quarto comma, denunciato) che non attiene al regime sanzionatorio, bensì alla mera validità della dichiarazione presentata ad ufficio incompetente, mentre correttamente il giudice a quo avrebbe dovuto sollecitare il sindacato costituzionale anche sull'art. 46, primo comma, primo periodo, dello stesso decreto presidenziale, che reca appunto la sanzione per l'ipotesi considerata.
Considerato in diritto
1. -La Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all 'art . 3 della Costituzione, dell'art. 12, comma quarto, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il quale prevede che la presentazione della dichiarazione dei redditi ad ufficio incompetente si considera avvenuta nel giorno in cui sia pervenuta a quello competente.
2.-Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità dedotta dall' Avvocatura generale dello Stato, nell'assunto che la questione, coinvolgendo il regime sanzionatorio, si sarebbe dovuta proporre non nei confronti della norma denunciata ma nei confronti dell'art. 46, primo comma, primo periodo, del medesimo d.P.R. n. 600 del 1973, il quale prevede la sanzione per l'ipotesi considerata.
A1 riguardo si osserva che la disposizione, indicata dall'Avvocatura generale dello Stato, prevede che <nel caso di omessa presentazione della dichiarazione... si applica la pena pecuniaria da due a quattro volte l'ammontare delle imposte dovute e comunque non inferiore a lire cinquantamila>.
La questione sollevata prospetta, invece, l'irragionevolezza della previsione che considera la presentazione della dichiarazione, inviata ad uffici o incompetente, avvenuta al momento in cui pervenga a quello competente, e, quindi, correttamente essa è stata proposta nei confronti della disposizione legislativa che contiene questa previsione.
3.-Nel merito si osserva che la Corte ha già dichiarato (ordinanze nn. 330 e 547 del 1987) la manifesta infondatezza di questioni, riguardanti la suddetta disposizione, sollevate in termini parzialmente diversi, mentre ha dichiarato inammissibile (sent. n. 82 del 1989) altra questione che - pur se sollevata nei confronti della disposizione ora denunciata, in quanto tendeva a conseguire una diversa disciplina sanzionatoria che tenesse conto di una asserita minore gravità di dette violazioni-investiva congiuntamente altre disposizioni del medesimo d.P.R. n. 600 del 1973.
La questione di legittimità costituzionale della disposizione che considera come data di presentazione all'ufficio competente quella in cui la dichiarazione, presentata nei termini ad ufficio incompetente, sia pervenuta al primo, viene prospettata dal giudice a quo con argomenti in parte nuovi rispetto a quelli già esaminati in occasione delle precedenti richiamate pronunzie.
Si assume nell'ordinanza di rinvio che sarebbe priva di giustificazione la diversità delle conseguenze previste per l'ipotesi di dichiarazione tempestivamente presentata ad ufficio incompetente e da questo tardivamente trasmessa a quello competente, rispetto a quelle previste per l'ipotesi della dichiarazione presentata al Comune, all'Ente pubblico datore di lavoro o all'ufficio postale, e da questi uffici fatta pervenire ugualmente in ritardo all'ufficio distrettuale competente.
Sostiene il giudice a quo che, mentre nel primo caso il contribuente subisce la sanzione per il ritardo (che, nel caso più grave, è addirittura equiparato alla omessa dichiarazione) ancorchè dovuto al comportamento negligente dell'ufficio, nel secondo caso non è prevista invece nei suoi confronti nessuna sanzione.
Osserva la Corte che le situazioni in tal modo messe a confronto non sono omogenee e quindi non è possibile paragonarle per censurare la disparità di trattamento. Questa è difatti giustificata dalla obbiettiva diversità di situazioni perchè, mentre nel primo caso non può negarsi che a determinare la situazione concorre l'inosservanza, da parte del contribuente, dell'obbligo di presentare la dichiarazione all'ufficio distrettuale competente, nel secondo caso, quando cioè il contribuente si sia avvalso della facoltà di presentarla ad uno degli altri uffici pubblici abilitati a riceverla, nessuna negligenza potrebbe essergli addebitata, avendo egli ottemperato a quanto espressamente previsto dalle norme vigenti.
In altri termini, anche quando la tempestività o meno dell'invio all'ufficio distrettuale competente dipende dal maggiore o minore grado di diligenza dell'ufficio cui la dichiarazione sia stata presentata dal contribuente, non appare irragionevole che questi sia assoggettato a sanzione quando, presentandola ad un ufficio non abilitato a riceverla, abbia contribuito con tale comportamento al successivo disguido.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma quarto, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, il 21 febbraio 1990.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 2 marzo 1990.