SENTENZA N.145
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 27, secondo, quinto, sesto, decimo e sedicesimo comma, della legge della Regione Liguria 27 agosto 1984, n. 44 (Disposizioni sullo stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali e norme sull'ordinamento degli uffici), promosso con ordinanza emessa il 9 aprile 1987 dal T.A.R. della Liguria sui ricorsi riuniti proposti da Parisi Calogero ed altri contro la Regione Liguria ed altri, iscritta al n. 512 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.42, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Visti gli atti di costituzione di Parisi Calogero ed altri, di Petrocelli Giuseppe ed altri e della Regione Liguria;
udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
uditi gli avvocati Giancarlo Moretti per Parisi Calogero ed altri, Giuseppe Pericu per Petrocelli Giuseppe ed altri e Lorenzo Acquarone, Luigi Cocchi e Umberto Pototschnig per la Regione Liguria.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, comma secondo, quinto, sesto, decimo e sedicesimo della legge regionale della Liguria 27 agosto 1984, n. 44, che disciplina l'inquadramento del personale nella seconda qualifica funzionale dirigenziale, all'uopo prevedendo una procedura articolata in due fasi, la prima delle quali contempla la formazione di una graduatoria che si basa sui soli titoli di servizio prestato presso la regione dal 3 maggio 1973 e si conclude con l'inquadramento di coloro che conseguano un punteggio di almeno il 50% di quello massimo disponibile. La seconda fase riguarda la copertura dei posti non assegnati in base alla prima graduatoria e si conclude con la formazione di un'altra graduatoria sulla base, oltre che del servizio prestato, di altre quattro categorie di titoli.
Secondo l'ordinanza di rinvio questo sistema finisce con il privilegiare taluni dipendenti a causa dell'elevato punteggio previsto per Il servizio prestato in determinate qualifiche, onde la normativa denunciata violerebbe l'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 4 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93. Difatti verrebbe in tal modo disatteso il principio della trasparenza enunciato in tale legge (art. 4), risolvendosi la procedura in un automatico inquadramento privo di qualunque criterio selettivo, come invece previsto dall'accordo stipulato il 29 aprile 1983 concernente il personale delle Regioni. Ulteriore contrasto viene ravvisato in riferimento all'art. 97 della Costituzione, ritenendosi violati, con norme di favore per alcuni dipendenti, i principi dell’imparzialità e del buon andamento, nonché in riferimento agli artt. 3, primo comma, 51, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione, perché il privilegio, previsto per i dipendenti con maggiore anzianità di servizio presso la regione e in determinate qualifiche, andrebbe a detrimento di altri dipendenti che, pur in possesso globalmente di titoli maggiori, conseguirebbero l'inquadramento nella seconda qualifica dirigenziale solo a seguito dell'inserimento in posizione utile nella seconda graduatoria, con correlativa postdatazione della nomina.
Altra questione, sollevata con la stessa ordinanza di rinvio, riguarda l'art. 27, secondo e quinto comma, che, nell'assegnare ai singoli titoli di servizio un punteggio sproporzionato in relazione alle diverse posizioni funzionali considerate ed in particolare con riferimento alla sede di servizio presso gli uffici centrali, violerebbe, oltre che i parametri costituzionali invocati relativamente alla prima questione, anche gli artt. 35, primo comma e 36, primo comma, della Costituzione, in quanto la previsione normativa si risolverebbe in un ingiustificato trattamento differenziale, sul piano giuridico ed economico, di posizioni lavorative tra loro omogenee o comunque non cosi eterogenee da giustificare tali diseguaglianze.
2. - La prima questione, concernente l'art. 27, comma secondo, quinto, sesto, decimo e sedicesimo, della legge della regione Liguria 27 agosto 1984, n. 44 e prospettata in riferimento ai vari parametri indicati, non é fondata.
Per quel che riguarda l'asserito contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impiego, va rilevato che il contrasto non sussiste perché l'assunto muove dal presupposto della violazione di alcuni principi contenuti nell'accordo stipulato il 29 aprile 1983 per il personale regionale, di un accordo cioè non inquadrabile tra quelli contemplati dalla legge-quadro e che non vincola perciò le regioni, assumendo per esse valore di <mero fatto politico> rispetto al quale <il potere delle regioni resta del tutto libero> (v. sentenze n. 56 del 1989 e n. 217 del 1987).
Quanto al profilo, dedotto in riferimento all'art. 97 della Costituzione, il giudice a quo ritiene che anche tale norma sia violata in relazione al principio della <trasparenza> nella disciplina delle posizioni giuridiche e dei trattamenti economici, enunciato nell'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impiego, essendosi, con la legge regionale oggetto di censure, dissimulato l'intento di privilegiare alcuni dipendenti, individuabili a priori, sotto una parvenza di procedura selettiva unitaria in modo da collocare quei dipendenti solo apparentemente su di un piano di parità con gli altri.
In proposito va osservato che - a parte l'impossibilita di dedurre l'esistenza dell'intento di privilegiare alcuni dipendenti, individuabili a priori, dal fatto che il legislatore regionale, nel suo discrezionale apprezzamento, abbia ritenuto di attribuire maggiore importanza ai titoli di servizio prestato presso la regione rispetto ad altri titoli - il parametro attraverso la cui violazione si manifesterebbe il contrasto con l'art. 97 della Costituzione, e cioè il principio della trasparenza richiamato dall'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impiego, e inconferente perché tale principio riguarda, nell’enunciazione normativa, esclusivamente il trattamento economico. Non risultando dunque pertinente il richiamo della norma interposta, non sussiste alcun contrasto con il paramento costituzionale invocato.
Anche il riferimento all'art. 51 della Costituzione é nella specie inappropriato, perché il precetto invocato riguarda l'accesso agli impieghi pubblici e non la materia dei successivi inquadramenti (v. sentenze nn. 331 del 1988 e 217 del 1987), cui si riferisce il presente giudizio.
Per quel che concerne l'ultimo profilo della questione, riferito agli artt. 3, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione, in relazione al principio di omogeneizzazione e perequazione delle posizioni giuridiche nell'ambito del pubblico impiego, di cui all'art. 4 della ricordata legge-quadro (con asserita ulteriore violazione dell'art. 117 della Costituzione), a prescindere dalla genericità con cui il contrasto viene in tal modo denunciato, va in ogni caso rilevato che i principi dell’eguaglianza e della ragionevolezza, nonché quello dell’imparzialità dell'azione amministrativa, non possono ritenersi, contrariamente a quanto si assume nell'ordinanza di rimessione, violati: non appare, infatti, ingiustificatamente discriminatorio che il legislatore regionale, alla stregua del succedersi nel tempo delle varie normative nella materia del personale, abbia ritenuto di prevedere, per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, il sistema della doppia graduatoria, accordando cosi l'esclusiva, ai fini della formazione della prima, ai titoli di servizio prestato nella regione, denotando essi, indubbiamente, una specifica idoneità alle funzioni da conferire. In tal modo e stata prevista la valutazione dei servizi svolti dai direttori, dirigenti di settore e coordinatori, nell'esercizio di funzioni certamente indicative di tale idoneità, con la conseguenza di doversi compiere un accertamento sulla base di situazioni già esistenti, sperimentate e consolidate in virtù di norme precise confermate nel tempo.
3.-Non fondata é anche la seconda questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 27, comma secondo e quinto, in riferimento, oltre ai già considerati parametri costituzionali, e cioè agli artt. 3, 51, 97 e 117 della Costituzione (quest'ultimo in relazione alla norma interposta, costituita dall'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impiego), anche agli artt. 35, primo comma e 36, primo comma, della Costituzione.
Nonostante la dovizia dei parametri costituzionali invocati, anche questa questione sembra essenzialmente incentrarsi nella violazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza, per un’asserita esorbitanza-in relazione alla valutazione dei servizi-dei punteggi previsti per quelli prestati presso gli uffici centrali rispetto a quelli prestati presso gli uffici periferici che, secondo il giudice a quo, sarebbero invece tra loro omogenei o comunque non eterogenei come il legislatore vorrebbe far apparire.
Come opportunamente precisato nella memoria difensiva della Regione, la differenziazione, fondata sull'elemento spaziale, non può ritenersi affidata ad un dato meramente estrinseco rispetto alla natura dei servizi, ove si tenga conto della diversità di struttura, quale emerge dall'esame della legislazione regionale vigente, degli uffici periferici rispetto a quelli centrali, il che denota l'intrinseca diversificazione delle funzioni. Al riguardo é stata richiamata: la collocazione quali dirigenti d'ufficio (cioè nella terza qualifica, dopo quelle di direttore e di dirigente di settore) dei dirigenti preposti agli uffici periferici (in virtù delle tabelle di inquadramento del 1973); la progressiva diminuzione, nel succedersi delle varie leggi regionali, dei compiti di detti uffici; la caratterizzazione di precarietà e residualità ad essi conferita dalla prima legge regionale di organizzazione (legge n. 27 del 1978) e la sovraordinazione delle strutture centrali rispetto a detti uffici; la diversa composizione, dal punto di vista degli organici, delle strutture periferiche con l'assegnazione di contingenti di personale soprannumerario il che, a livello dirigenziale, ha comportato a volte una minore intensità di compiti assegnati a ciascuno, altre volte il mancato espletamento da parte di alcuni di essi delle funzioni corrispondenti alla qualifica, la dove tutti i dirigenti assegnati all'interno delle strutture centrali (Settori) dovevano svolgere o compiti di direzione di un ufficio, o compiti attinenti alla titolarità di incarichi specifici (artt. 12, 13 e 15 della legge regionale n. 27 del 1978), rispetto ai dirigenti in servizio presso gli uffici periferici (struttura inferiore al settore) dove l'incarico specifico non e stato previsto, essendo l'unica funzione a livello dirigenziale quella corrispondente alla direzione dell'ufficio.
La sussistenza delle peculiarità dei servizi prestati presso gli uffici centrali, rispetto a quelli periferici, esclude la denunciata irragionevolezza della prevista maggiore valutabilità dei primi, che appare invece giustificata dall’obbiettiva diversità delle situazioni prese in esame.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27, secondo, quinto, sesto, decimo e sedicesimo comma, della legge della Regione Liguria 27 agosto 1984, n. 44 (Disposizioni sullo stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali e norme sull'ordinamento degli uffici), sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 35, primo comma, 36, primo comma, 51, primo comma, 97, primo comma e 117 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/03/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 21/03/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE