Ordinanza n. 127 del 1989

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ORDINANZA N.127

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 341 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1988 dal Pretore di Sampierdarena nel procedimento penale a carico di X.Y., iscritta al n. 646 del registro ordinanze 1988, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che con ordinanza 23 giugno 1988 il Pretore di Sampierdarena sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 341 codice penale, con riferimento agli artt. 27, comma terzo, e 3, comma secondo della Costituzione;

che rappresentava il Pretore nell'ordinanza l'inapplicabilità alla fattispecie in esame delle sanzioni sostitutive di cui al procedimento ex art. 77 della legge 24 novembre 1981 n. 689, a causa dell'elevato minimo edittale della pena;

che uguale ostacolo-secondo il Pretore - il detto minimo opponeva all'applicabilità delle sanzioni sostitutive di cui all'art. 53 della stessa legge, eccezion fatta per quella della semidetenzione;

che un siffatto trattamento sanzionatorio edittale doveva, perciò, considerarsi eccessivo e del tutto sproporzionato in relazione a talune concrete manifestazioni della fattispecie, in ordine alle quali veniva a risultare impeditivo rispetto alle finalità di rieducazione del condannato e di risocializzazione, così violandosi il principio di cui all'art. 27, comma terzo, della Costituzione;

che, peraltro, pari violazione veniva a verificarsi quanto all'art. 3 della Costituzione a causa dell'irragionevolezza di un minimo così elevato, specie se confrontato con quelli di altre fattispecie molto più gravi dell'oltraggio;

che, pertanto, il Pretore, lamentando che già in una precedente analoga questione aveva, fra l'altro, adombrato il riferimento all'art. 27 della Costituzione, e per gli stessi motivi, senza che la Corte si fosse sul punto pronunziata, chiedeva declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'articolo impugnato, nella parte in cui prevede il minimo della pena nella misura di mesi sei di reclusione;

che nessuno si é costituito o é intervenuto nel giudizio davanti alla Corte.

considerato che il Pretore chiede l'intervento della Corte sul sistema sanzionatorio, riservato al potere discrezionale del legislatore, salvo le eccezionali ipotesi in cui la sanzione comminata abbia a risultare di per se palesemente irrazionale ed arbitraria rispetto al disvalore della fattispecie, così come formulata e voluta dal legislatore nel quadro generale della sua politica legislativa;

che peraltro, se quel minimo edittale e lo stesso disvalore della fattispecie, possono in qualche misura non più corrispondere all'attuale stato della coscienza sociale ed allo spirito informatore della Costituzione repubblicana, compete al legislatore avvertirlo e deciderlo, come questa Corte ha già rilevato (cfr. in particolare sentenza 19 luglio 1968 n. 109, nonché sentenza 28 novembre 1972 n. 165);

che, per quanto si riferisce all'impossibilità di far luogo a talune sanzioni sostitutive, si tratta evidentemente di una conseguenza di quanto sopra, dato che il legislatore, avendo attribuito alla fattispecie quel certo astratto disvalore e determinate conseguenze sanzionatorie, ritenute ad esso congrue, dette conseguenze si riverberano poi necessariamente anche sull'applicabilità delle sanzioni sostitutive;

che, peraltro, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, il fine rieducativo e risocializzante della pena, ex art. 27, terzo comma, della Costituzione va riferito alla fase di esecuzione della pena, che la recente legislazione ha, infatti, adeguato ai più moderni concetti del trattamento penitenziario (cfr. sentenze n. 119 del 1975; n. 143 del 1974; n. 18 del 1973, n. 22 del 1971), in guisa che, per tutte queste ultime ragioni, la precedente pronunzia aveva ritenuto assorbente il profilo concernente il parametro di cui all'art. 3 della Costituzione

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale, dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 341 codice penale, con riferimento agli artt. 27, comma terzo, e 3, comma secondo della Costituzione, sollevata dal Pretore di Sampierdarena con ordinanza 23 giugno 1988.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/03/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 16/03/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE