SENTENZA N.87
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, primo comma, lettera o), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica) e dell'art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 14 gennaio 1988 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sui ricorsi riuniti proposti da Braga Giampietro ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, iscritta al n. 354 del registro ordinanza 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Visti gli atti di costituzione di Polacco Renato, Volponi Luciano ed altri, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1989 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;
udito l'avvocato Alfredo Bianchini per Polacco Renato, Volponi Luciano ed altri.
Considerato in diritto
1. -Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con ordinanza del 14 gennaio 1988 (R.O. n. 354/1988), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, primo comma, lettera o), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), in relazione all'art. 76 della Costituzione, nonché dell'art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Secondo il T.A.R. rimettente, il legislatore avrebbe attribuito al Governo il potere di fissare gli stipendi dei professori universitari delle due fasce senza determinare criteri direttivi in merito, e quindi il Governo nella norma del decreto delegato sul punto in discussione avrebbe fatto uso di un potere che non gli era stato legittimamente attribuito nella legge di delega. Di qui il vulnus dell'art. 76 della Costituzione ad opera del legislatore delegante e degli artt. 76 e 77 della Costituzione da parte del Governo delegato.
2. - La questione é infondata.
L'art. 12, primo comma, lettera o), della legge n. 28 del 1980 delega il Governo <<a rivedere il trattamento economico dei professori ordinari e straordinari, in relazione alla graduale attuazione delle norme di cui alle lettere b), c) e d) del primo comma dell'art. 4; a determinare il trattamento dei professori associati e dei ricercatori, tenendo conto delle attribuzioni e dei compiti loro assegnati dalla presente legge; a stabilire, inoltre, in relazione all'introduzione del regime differenziato del rapporto di servizio a tempo pieno e a tempo definito, una disciplina di attuazione e transitoria per il mantenimento del trattamento economico dell'ultima classe di stipendio da parte dei professori universitari che ne usufruiscono alla data di entrata in vigore delle norme delegate>.
Il legislatore, con siffatta formulazione, ha inteso demandare al Governo la revisione del trattamento economico dei professori universitari, vincolandone la discrezionalità in un duplice ordine di criteri direttivi: 1) per i professori ordinari e straordinari che costituivano, all'atto dell’emanazione della delega, il solo personale esistente nel ruolo dei professori universitari, criterio direttivo e la realizzazione del nuovo <regime di impegno a tempo pieno> con la relativa disciplina delle incompatibilità, nonché con la previsione di un incentivo consistente in <un trattamento economico superiore di almeno il quaranta per cento del trattamento economico complessivo del corrispondente personale a tempo definito>; tale regime, descritto nelle lettere b), c) e d) del comma primo dell'art. 4, della legge di delega, e esteso ai professori associati dal penultimo comma del successivo art. 5; 2) per i professori associati e per i ricercatori, che rappresentavano le ancora non esistenti ma istituende figure di personale universitario, criterio direttivo e la considerazione <delle attribuzioni e dei compiti loro assegnati dalla presente legge>. Che qui si tratti di <riferimento a previsioni inesistenti>, e opinione del giudice rimettente non avvalorata dalla lettura dell'intero contesto della legge, richiamato dalla costruzione per relationem delle disposizioni.
Questa Corte, in sentenza n. 156 del 1987, ha affermato che <la determinazione dei principi e criteri di cui all'art. 76 della Costituzione ben può avvenire per relationem, con riferimento ad altri atti normativi, purché sufficientemente specifici>.
A fortiori la catena delle indicazioni per relationem può svolgersi all'interno del contesto della stessa legge, nella quale vanno individuati i singoli dati di riferimento: a) per i ricercatori <attribuzioni e compiti>> risultano analiticamente definiti nel primo comma dell'art. 7, e cioè <contribuire allo sviluppo della ricerca scientifica>, assolvere <compiti didattici integrati vi dei corsi di insegnamento ufficiali, ivi comprese le esercitazioni>, collaborare <con gli studenti nelle ricerche attinenti alle tesi di laurea>, partecipare <alla sperimentazione di nuove modalità di insegnamento e alle connesse attività tutoriali>; b) per i professori associati <attribuzioni e compiti> risultano sinteticamente in positivo dal partecipare essi alla <unitarietà della funzione docente> ex art. 3, primo comma, della legge di delega, insieme ai professori ordinari e straordinari; ma ulteriormente si specificano sulla base della lettera g), del primo comma dell'art. 4, il quale ha riservato tassativamente ai soli professori ordinari e straordinari le funzioni di rettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento, presidente di consiglio di corso di laurea, coordinatore dei corsi di dottorato di ricerca e di gruppi di ricerca, prevedendo peraltro qualche deroga, per <motivato impedimento>, soltanto per la direzione degli istituti, delle scuole di perfezionamento e di specializzazione e di scuole dirette a fini speciali.
A tali <criteri direttivi> enunciati direttamente o indicati per relationem vanno aggiunti i <principi> del sistema del riordino affidati dal legislatore al Governo.
Tra i <principi> indubbiamente va collocata la distinzione delle figure dei professori di prima e di seconda fascia, espressamente stabilita dall'art. 3, primo e secondo comma, della legge n. 28 del 1980.
E' questo il più rilevante dei principi fondanti il riordino della docenza universitaria perché risponde in forma nuova alle due finalità dell'istruzione superiore: <promuovere il progresso della scienza> e <fornire la cultura scientifica necessaria per l'esercizio degli uffici e delle professioni>, secondo la formulazione dell'art. 1, primo comma, del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore, approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 (che eredita storicamente la definizione della legge Casati 13 novembre 1859, n. 3725, all'art. 47: <L'istruzione superiore ha per fine d'indirizzare la gioventù, già fornita delle necessarie cognizioni generali, nelle carriere si pubbliche che private in cui si richiede la preparazione di accurati studi speciali, e di mantenere ed accrescere nelle diverse parti dello Stato la coltura scientifica e letteraria>).
Le incombenze dell’attività scientifica e della preparazione agli uffici e alle professioni hanno da sempre rappresentato un nodo problematico nella concreta esperienza della vita accademica, essendo l'una non scindibile dall'altra non solo rispetto all’utilità sociale richiesta all’istituzione universitaria, ma anche per il necessario scambio di esperienze tra insegnamento e ricerca, e tuttavia non sempre entrambe assolte con pari assiduità sia per diversità di attitudini e di talenti personali sia per specifiche assorbenti esigenze teoriche o applicative delle singole discipline.
Poteva a questo proposito essere avanzato il modello o principio della separazione dei compiti di ricerca scientifica da quelli didattici affidati rispettivamente a distinti organici di studiosi e di insegnanti. Al contrario, dinanzi alla crescente domanda della didattica in una congiuntura di critica e veloce evoluzione della cultura e del sapere scientifico, il legislatore delegante ha ritenuto di salvaguardare il perseguimento della combinazione dei due fini istituzionali dell'Università, aggiungendo alla figura tradizionale del professore universitario, scelto per consolidato merito scientifico, quella di un docente di cui fosse accertata soltanto l’idoneità scientifica e didattica.
Il <principio> della tipologia duplice dei professori universitari, il <criterio> dell'incentivazione della scelta del regime d'impegno a tempo pieno e quello della commisurazione dei trattamenti economici secondo le attribuzioni e i compiti, risultano essere sufficientemente indicati, o in via esplicita o per relationem, dal legislatore delegante in modo che la prima delle norme impugnate per preteso difetto di delega non appare censurabile di inottemperanza al precetto di cui all'art. 76 della Costituzione.
Pretendere di più dal legislatore delegante significherebbe chiedergli il quantum del trattamento economico <base>, cioè quello su cui operare l'aumento percentuale a favore del personale che optava per il regime <a tempo pieno>, nonché il quantum <della differenziazione del trattamento economico degli appartenenti alle due fasce>. Ma saremmo allora non nell'ambito di principi e criteri direttivi, bensì in quello della fissazione di basi di calcolo, che lascerebbe al Governo non la necessaria discrezionalità delle opportune determinazioni tecniche ma solo l'incarico di eseguire operazioni aritmetiche.
3. - Caduta la censura del difetto di delega, resta da verificare non se il Governo abbia fatto uso di un potere non legittimamente attribuitogli, ma se nell'area della discrezionalità, identificata e delimitata dai principi e criteri direttivi della delega, abbia operato scelte rispetto alle quali <il potere di intervento della Corte [...] non può andare oltre il controllo di ragionevolezza> (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 12 del 1981).
La seconda norma impugnata, l'art. 36 del d.P.R. n. 382 del 1980, al secondo comma stabilisce: <Ai professori appartenenti alla prima fascia all'atto del conseguimento della nomina ad ordinario e attribuita la classe di stipendio corrispondente al 48,6 per cento della retribuzione del dirigente generale di livello A dello Stato, comprensiva dell'eventuale indennità di funzione>.
Nell'esercizio delegato di potestà legislativa discrezionale, correttamente il Governo ha fatto ricorso, per l'individuazione di una base di calcolo su cui quantificare i trattamenti economici dei professori universitari, ad un dato non eludibile di riferimento, quale e la retribuzione del dirigente generale dello Stato di livello A, stante la tendenza della legislazione (d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 19; legge 18 marzo 1958, n. 311; legge 26 gennaio 1962, n. 16; d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373; d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749; legge 18 marzo 1968, n. 249) ad equiparare il trattamento economico apicale dei professori universitari a quello dei dirigenti generali.
In proposito questa Corte, con sentenza n. 219 del 1975, ha statuito che <tale equiparazione (sotto il profilo sottolineato del potenziale accesso ad identico vertice di coefficiente o parametro terminale) delle due categorie in discorso - traducendo, per la sua non accidentalità ma anzi uniforme ripetizione in un notevole arco temporale, un giudizio di valore espresso dal legislatore ex suo ore, in termini di equivalenza, fra le due categorie pur strutturalmente diverse dei docenti e dei dirigenti-non poteva non porsi come un limite alla permanente discrezionalità del legislatore medesimo>>.
A maggior ragione, nel caso di potestà legislativa delegata a fini di riordino o riforma, un dato ordinamentale preesistente, quando non sia espressamente escluso dal legislatore delegante, non può non funzionare come limite o criterio guida delle scelte discrezionali del Governo. D'altra parte tale dato era presente nell'art. 12, primo comma, lettera o), della legge di delega la dove si richiamava il trattamento economico dell'ultima classe di stipendio dei professori ordinari; ed e esplicitamente qualificato come principio del sistema normativo delle carriere e retribuzioni dei dirigenti statali nell'art. 36, ottavo comma, dello stesso decreto delegato n. 382 del 1980: <Il professore ordinario che alla data dell'inquadramento giuridico nel ruolo godeva del trattamento economico corrispondente alla classe finale di stipendio conserva, qualora più favorevole, il diritto all'equiparazione economica alla retribuzione del dirigente generale di livello A dello Stato, in applicazione dei principi derivanti dalle norme sulle carriere e retribuzioni dei Dirigenti statali>. Avere adottato tale criterio pone la norma al riparo da censure per quanto concerne sia il controllo di ragionevolezza che quello del rispetto della delega.
4. -Il quinto comma dell'art. 36 del d.P.R. n. 382 del 1980 dispone: <Lo stipendio spettante ai professori appartenenti alla seconda fascia e pari al 7 per cento di quello spettante, a parità di posizione, al professore della prima fascia>.
II Governo ha inteso con questa proporzione corrispondere al criterio direttivo di cui all'art. 12, primo comma, lettera o), della legge n. 28 del 1980 che suona: <tenendo conto delle attribuzioni e dei compiti loro assegnati dalla presente legge>.
Trattasi di misurazione del valore di prestazioni didattiche qualitativamente non omogenee quoad personam, i professori di prima fascia essendo selezionati per la piena maturità scientifica, ex art. 41 del d.P.R. n. 382 del 1980, i professori di seconda fascia per l’idoneità scientifica e didattica, ex art. 42 dello stesso d.P.R. n. 382; oltreché di prestazioni di verse quoad rem, essendo i professori di seconda fascia esclusi dalle <funzioni riservate> ai professori di prima fascia (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 990 del 1988).
La valutazione quantificante la differenza delle retribuzioni rientra nella discrezionalità del Governo, così come diretta dal criterio fornito dal legislatore delegante, e non appare censurabile di irragionevolezza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, primo comma, lettera o), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), sollevata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con l'ordinanza in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), sollevata, con la medesima ordinanza, in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/02/89.
Francesco SAJA, Presidente - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 03/03/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE