SENTENZA N.1000
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Provincia Autonoma di Trento notificato il 10 settembre 1984, depositato in Cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 1984, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministero della Sanita, di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 25 febbraio 1984, dal titolo: <Schema- tipo di convenzione di cui all'art. 5, comma nono, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638>.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
uditi l'Avvocato Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Considerato in diritto
1. - La Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in seguito all'emanazione del decreto del Ministro della sanità, 25 febbraio 1984, contenente <Schema - tipo di convenzione di cui all'art. 5, comma nono, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983, n. 638>.
Tale decreto, secondo la ricorrente, invaderebbe la sfera di competenza garantita alla Provincia di Trento dagli artt. 9, n. 10, e 16 St. T.A.A. in materia di <igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera>, sotto un duplice profilo: a) in quanto il decreto ministeriale nel suo complesso, essendo espressamente diretto a vincolare anche le competenze della Provincia ricorrente, contrasterebbe con le disposizioni legislative cui essa ha inteso dare attuazione (art. 5, comma nono, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638; art. 8-bis del d.l. 30 aprile 1981, n. 168, convertito nella legge 27 giugno 1981, n. 331), le quali si riferirebbero soltanto a schemi - tipo di convenzioni da elaborarsi d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni a statuto ordinario e, quindi, tali da non poter avere come destinatari le regioni o le province ad autonomia differenziata; b) in quanto alcuni articoli del decreto ministeriale stesso - segnatamente gli artt. 2, comma terzo, 3, comma secondo, lett. b, e 6 - disciplinerebbero in termini dettagliati competenze proprie delle Province autonome, instaurando rapporti diretti tra le U.S.L. operanti nella provincia e l'I.N.P.S. o il Ministero della Sanità e affidando alle U.S.L. ora menzionate compiti amministrativi del tutto estranei ai loro compiti istituzionali.
2. - Sotto il primo dei profili indicati, il ricorso della Provincia autonoma di Trento non può essere accolto, poiché il decreto ministeriale impugnato, nel riferirsi anche alle competenze che la ricorrente vanta in materia di sanità, non si pone in contrasto con le disposizioni legislative che intende attuare (artt. 5, comma nono, del d.l. n. 463 del 1983; art. 8-bis del d.l. n. 168 del 1981), dato che queste ultime ricomprendono tra i soggetti che avrebbero dovuto stipulare le convenzioni-tipo ivi previste anche le regioni o le province ad autonomia differenziata.
2.1. - Al fine di interpretare correttamente le disposizioni di legge che, ad avviso della ricorrente, sarebbero state violate dal decreto impugnato, e opportuno ricostruire brevemente la successione del complesso di leggi adottate in materia e la cui inosservanza da parte delle regioni ha dato luogo all'esercizio, da parte del Ministro della sanità, del potere sostitutivo di cui si discute nel presente conflitto di attribuzione.
L'art. 2 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33 e parzialmente modificato dall'art. 15 della legge 23 aprile 1981, n. 155, nel disciplinare i casi di infermità comportanti incapacità lavorativa (primo e secondo comma), ha stabilito che <le eventuali visite di controllo sullo stato di infermità del lavoratore, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300, o su richiesta dell'Istituto nazionale della previdenza sociale o della struttura sanitaria pubblica da esso indicata, [fossero] effettuate dai medici dei servizi sanitari indicati dalle regioni> (terzo comma).
Successivamente é intervenuto il d.l. 30 aprile 1981, n. 168, convertito nella legge 27 giugno 1981, n. 331, prescrivendo all'art. 8-bis che <ai fini di cui all'art. 2 del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663 (...), l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le unita sanitarie locali disciplinano l'effettuazione dei controlli sullo stato di salute dei soggetti aventi titolo alle prestazioni economiche di malattia e di maternità attraverso convenzioni da stipulare entro il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sulla base di appositi schemi-tipo elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni ed approvati con decreto del Ministro della Sanità>.
Detta disciplina é stata parzialmente modificata dall'art. 5 del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, nel senso di prevedere che gli schemi - tipo di convenzione ex art. 8-bis del d.l. n. 168 del 1981, ove non elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S. e le Regioni entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto legge, siano formulati dal Ministro della sanità, di concerto con quello del lavoro e della previdenza sociale (nono comma).
Entro trenta giorni dalla pubblicazione di detti schemi le USL sono tenute ad adottare le convenzioni in oggetto e a predisporre un <servizio idoneo ad assicurare (...) il controllo dello stato di malattia dei lavoratori dipendenti per tale causa assentatisi dal lavoro e accertamenti preliminari al controllo stesso anche mediante personale non medico, nonché un servizio per visite collegiali presso gli ambulatori pubblici per accertamenti specifici> (decimo comma).
Sulla base del potere sostitutivo conferitogli dalle disposizioni da ultimo riportate, per il caso in cui gli schemi - tipo di convenzioni previste dall'art. 8-bas non fossero stati elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni nei termini ivi previsti, il Ministro della sanità, constatato che, alla data prefissata, soltanto quattro regioni (Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Marche e Abruzzo) avevano provveduto a stipulare le anzidette convenzioni, ha emanato in via sostitutiva il decreto impugnato, che prevede, per l'appunto, uno schema-tipo di convenzione da applicarsi in tutte le regioni (o province autonome) che non l'avessero concordato con l'I.N.P.S. fino ad allora.
2.2. - La ricorrente contesta la legittimità del decreto ministeriale impugnato, in quanto, nell'esigere la propria applicabilità anche nelle regioni o nelle province ad autonomia differenziata, si porrebbe in contrasto con le leggi poste a base del relativo potere, che, ad avviso della ricorrente, circo scriverebbero l'applicabilità delle convenzioni - tipo e, quindi, anche dell'atto ministeriale che le avesse adottate in via sostitutiva, alle sole regioni a statuto ordinario.
In realtà, l'interpretazione prospettata dalla Provincia ricorrente non può essere accolta.
Va osservato preliminarmente che, quando una disposizione di legge usa la semplice locuzione di <regioni>, non si può da ciò stesso inferire che il legislatore abbia inteso alludere soltanto a quelle a statuto ordinario, dovendosi piuttosto analizzare quel riferimento senza qualificazioni ulteriori nell'ambito dell'intero contesto legislativo e nel significato che ad esso si può dare sulla base delle comuni regole di interpretazione della <volontà> del legislatore (v. già, ad esempio, sent. n. 433 del 1987).
Esaminata sotto tale profilo, quella locuzione mostra di avere il significato più ampio, comprensivo anche delle regioni e delle province ad autonomia differenziata.
In tal senso é innanzitutto orientato lo stesso provvedimento legislativo che prevede le convenzioni-tipo, cioè il d.l. n. 168 del 1981, il quale si riferisce espressamente, nei suoi artt. 1 e 2, non solo alle regioni ad autonomia comune, ma anche a quelle ad autonomia differenziata, comprese le Province di Trento e di Bolzano. Questo elemento, invero esteriore e di per sé non decisivo, trova una conferma determinante nel fatto che l'interesse curato dal legislatore statale con la previsione delle ricordate convenzioni - il quale e espressamente enunciato dal già citato art. 8-bis con il richiamo ai fini di cui all'art. 2 del d.l. n. 633 del 1979 - consiste nello stabilire in termini uniformi i controlli sullo stato di salute dei lavoratori in malattia da effettuarsi per conto dell'I.N.P.S. e, pertanto, é indubbiamente un interesse insuscettibile di frazionamento o di localizzazione territoriale, che esige, come tale, un'uniforme attuazione in ogni parte del territorio nazionale.
E, del resto, la stessa Provincia ricorrente non adduce motivi in senso contrario, limitandosi, anzi, al di là di un inappropriato rinvio ad una pronunzia precedente di questa Corte, a sospettare d'incostituzionalità l'eventuale estensione alle Province autonome della normativa citata, senza peraltro portare argomenti convincenti e senza sollevare, in proposito, una formale eccezione.
2.3. - Posto che il decreto impugnato risulta applicabile anche alle regioni e alle province ad autonomia differenziata, occorre ora verificare se tale atto si mantenga nei limiti di legittimità propri dei poteri sostitutivi che lo Stato può esercitare nei confronti delle regioni. Anche sotto questo profilo, la risposta é indubbiamente positiva, poiché il decreto impugnato risponde a tutti i requisiti che, secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte (sentt. nn. 177 e 294 del 1986, 64 e 304 del 1987, 177 del 1988), sono propri di un corretto esercizio del potere statale di sostituzione nei confronti di competenze regionali.
Innanzitutto, l'atto impugnato é espressione di un potere di controllo e di vigilanza esplicitamente comprensivo del potere di sostituzione per il caso che, entro il termine precisato dall'art. 5, comma nono, del d.l. n. 463 del 1983, come convertito dalla legge n. 638 dello stesso anno, le convenzioni non fossero state stipulate fra l'I.N.P.S. e le regioni.
In secondo luogo, come già rilevato, il controllo sostitutivo esercitato con l'atto impugnato e strettamente strumentale a un obbligo connesso con un interesse unitario e infrazionabile, di cui é unico tutore lo Stato, in quanto rappresentante dell'intera collettività nazionale.
In terzo luogo, la sostituzione contestata dalla ricorrente é stata compiuta da un'autorità di governo, il Ministro della Sanità, cui compete, per l'appunto, la vigilanza e il controllo nei confronti dell'attuazione regionale dei principi o dei vincoli legittimamente disposti a livello nazionale.
Inoltre, il decreto ministeriale impugnato é stato adottato sulla base di una constatata inerzia della grande maggioranza delle regioni e province autonome, nell'esercizio di una competenza loro riconosciuta nell'ambito di un rapporto di collaborazione con un ente pubblico nazionale, il cui atto conclusivo avrebbe dovuto essere approvato, secondo un principio di <leale cooperazione>, dal Ministro della sanità con un proprio decreto.
Infine, il contenuto e l'estensione dell'atto di sostituzione sono sicuramente commisurati a quelli propri degli atti espressivi della competenza che le regioni avrebbero dovuto esercitare in collaborazione con l'I.N.P.S., sicché non può minimamente inferirsi che l'intervento statale ridondi in un'eventuale illegittima compressione dell'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni stesse.
3. - La Provincia ricorrente sospetta, poi, che alcune particolari disposizioni contenute nel decreto impugnato - segnatamente gli artt. 2, terzo comma, 3, secondo comma, lett. b, e 6 - invadano illegittimamente la competenza in materia sanitaria statutariamente garantita alla stessa Provincia.
Tuttavia, a parte che le censure sui primi due punti riguardano disposti meramente specificativi di norme di legge e a parte che la censura sull'art. 6 trascura il rilievo che l'obbligo di fornire informazioni non é di per sé in grado di ledere competenze costituzionalmente garantite, appare decisiva e quindi assorbente una considerazione più generale.
E’, infatti, proprio degli interventi sostitutivi statali, ove siano esercitati in modo legittimo, provvedere in via eccezionale a compiere atti ordinariamente assegnati alle competenze regionali o a disciplinare, sempre in via eccezionale, settori riservati alle attribuzioni delle regioni stesse con la medesima incisività e dettaglio con cui quelle materie possono essere regolate dai titolari del potere surrogato. Tuttavia, quando, come nel caso, il potere sostitutivo si esprime nella predisposizione di atti a durata non istantanea e destinati a produrre nel tempo effetti di tipo <normativo>, l'efficacia degli atti adottati in sostituzione non può essere che di tipo suppletivo, non potendo un atto sostitutivo contravvenire alla sua stessa ragion d'essere col bloccare definitivamente una competenza regionale che non si e esaurita e intende attivarsi. ciò significa che, ove una regione o una provincia autonoma stipulassero con l'I.N.P.S. lo schema- tipo di convenzione previsto in via generale e sostitutiva dall'atto impugnato, quest'ultimo cesserebbe di essere applicabile nella regione o nella provincia che avesse provveduto a superare l'inerzia alla base dell'intervento sostitutivo in questione.
Ciò dimostra che, al di là dei particolari contenuti delle disposizioni previste nel decreto ministeriale impugnato, quest'ultimo non può, in ogni caso, confliggere con l'esercizio delle competenze di cui sono titolari le regioni e province autonome.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato adottare gli schemi-tipo di convenzione, come formulati nel decreto del Ministro della sanità 25 febbraio 1984, in applicazione dell'art. 5, comma nono, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (<Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria>), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/10/88.
Francesco SAJA - Antonio BALDASSARRE
Depositata in cancelleria il 27/10/88.