SENTENZA N.732
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2947, terzo comma, del codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 9 novembre 1981 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Bellinazzi Prospero e Bonani Luigi ed altri, iscritta al n. 461 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 338 dell'anno 1982;
2) ordinanza emessa il 3 maggio 1985 dalla Corte di Appello di Roma nel procedimento civile vertente tra Vecchioni Antonino e Esposito Anna ed altri, iscritta al n. 783 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 prima serie speciale dell'anno 1987;
Visto l'atto di costituzione di Vecchioni Antonino;
udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri;
uditi gli avvocati Paolo Vitucci e Alessandro Bazzani per Vecchioni Antonino.
Considerato in diritto
1. - I due giudizi, avendo ad oggetto la medesima norma, vanno riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - La Corte é chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'art. 2947, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui, anche in caso di morte del reo, fa decorrere dalla data di estinzione del reato il termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno stabilito ai primi due commi dello stesso articolo.
Ad avviso di entrambi i giudici remittenti la norma, interpretata, in coerenza all'art. 183 c.p. nel senso che la morte del reo, quale causa estintiva del reato, produce automaticamente il suo effetto nel momento in cui si verifica, sarebbe suscettibile di menomare il diritto di difesa della parte danneggiata (art. 24 Cost.) ponendo la decorrenza del termine di prescrizione da un momento iniziale che non può essere conosciuto con certezza dall'interessato.
3. - La questione non é fondata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (sentt. nn. 118 del 1969; 8 e 178 del 1975; 311 del 1988) la garanzia costituzionale della difesa opera attribuendo la piena tutela processuale delle situazioni giuridiche soggettive nei termini e nelle configurazioni che a queste derivano dalle norme del diritto sostanziale; quella garanzia trova quindi confini nel contenuto del diritto al quale é strumentale e si modella sui concreti lineamenti che questo riceve dall'ordinamento.
Ora, la disposizione in esame, nel disciplinare il modo di essere e di operare della prescrizione, del quale la decorrenza del termine é una delle manifestazioni, attiene all'estinzione del diritto soggettivo, non alla tutela giurisdizionale.
Se é vero infatti che alla estinzione del diritto consegue normalmente l'impossibilita di farlo valere, tanto in via di azione che in via di eccezione, ciò si verifica perché la prescrizione opera sul terreno sostanziale del diritto, non su quello della sua protezione processuale.
4. - In ogni caso, ove anche la questione in esame potesse intendersi come potenzialmente incidente sulla concreta possibilità di agire per ottenere una tutela adeguata del proprio interesse, neanche sotto tale profilo essa incontrerebbe una sorte migliore.
Questa Corte ha invero costantemente affermato che, allorquando sia fissato un termine per il compimento di un atto, la cui omissione importi un pregiudizio per una situazione soggettiva giuridicamente tutelata, nella garanzia di cui all'art. 24 della Costituzione é ricompresa la conoscibilità del momento iniziale di decorrenza del termine stesso (cfr. sentt. n. 159 del 1971; 255 del 1974; n. 14 del 1977). Orbene, la norma censurata dai giudici a quibus non agisce in modo contrastante con tali principi. Nella situazione in esame, infatti, la possibilità per il danneggiato di tutelare il proprio diritto al risarcimento del danno rimane comunque garantita dalla previsione del termine generale biennale decorrente dal giorno in cui l'evento lesivo si e verificato, dato di riferimento che il danneggiato può facilmente tener presente al fine di vigilare sui propri interessi.
5. - E' pur vero che la norma viene censurata con riguardo al pregiudizio che potrebbe subire il danneggiato, il quale abbia scelto di rimanere in attesa della definizione del procedimento penale, nel caso che questo si concluda con sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per morte dell'imputato, ed egli non abbia conosciuto il momento di tale evento da cui decorre il termine di prescrizione.
Ma, innanzitutto, occorre osservare che la previsione di cui al terzo comma dell'articolo 2947 cod. civ., estendente all'azione civile la prescrizione più lunga stabilita dalla legge per il reato, nell'ipotesi che il fatto sia considerato tale, e principalmente dettata dall'esigenza di garantire il principio di unita della giurisdizione.
Ed inoltre la norma, secondo quanto già osservato da questa Corte nella sentenza n. 116 del 1972, pone implicitamente alla parte lesa un onere di diligenza dandole carico di seguire il corso del procedimento penale che si inizia riguardo al fatto lesivo; siffatto onere può comprendere, non solo l'accertamento circa l'emanazione di una pronuncia giudiziale, come già affermato nella citata decisione, ma anche la periodica verifica dell'<esistenza in vita> dell'imputato, attività questa che, in quanto normalmente esperibile presso gli uffici di stato civile, non può dirsi talmente gravosa da confliggere con l'articolo 24 della Costituzione (cfr. per un caso analogo la sent. 311/88).
Va detto poi che, contrariamente a quanto sembrano ritenere i giudici remittenti, la parte lesa é comunque efficacemente tutelata dalla possibilità di partecipare al procedimento penale costituendosi parte civile, così da porsi al riparo da ogni effetto sfavorevole.
Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il rapporto processuale instaurato con l'esercizio dell'azione civile nell'ambito del procedimento penale non si estingue ma perviene ad un normale esaurimento con una pronuncia implicita di non luogo a decidere per essere venuta meno la potestas iudicandi del giudice penale, a norma dell'art. 23 c.p.p. ; resta quindi fermo, in ordine alla prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, l'effetto interruttivo permanente della costituzione di parte civile, e la prescrizione non ricomincia a decorrere se non dal momento in cui sia divenuta irrevocabile la sentenza del giudice penale che abbia dichiarato di non doversi procedere a causa della estinzione del reato.
6. - Quanto alla questione sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte d'Appello di Roma, anch'essa risulta destituita di fondamento.
Come é detto in narrativa, il giudice a quo ravvisa una violazione del principio di eguaglianza in quanto la parte interessata non troverebbe nell'ambito dell'art. 2947, terzo comma, cod. civ., lo stesso trattamento che viene assicurato dall'art. 305 c.p.c., quale risulta a seguito delle sentenze di questa Corte n. 139 del 1967 e n. 159 del 197l.
Ma la situazione regolata dalla norma in esame é, in tutta evidenza, assolutamente diversa rispetto a quella disciplinata dall'art. 305 c.p.c. (in materia di mancata prosecuzione o riassunzione del processo), attinente a termini di natura strettamente processuale che incidono direttamente sull'esercizio dell'azione; é quindi inconferente ogni richiamo all'art. 3 Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2947, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui, anche in caso di morte del reo, fa decorrere dalla data di estinzione del reato il termine prescrizionale stabilito ai primi due commi dello stesso articolo, sollevate, con le ordinanze indicate in epigrafe, dal Tribunale di Genova, in riferimento all'art. 24 Cost., e dalla Corte d'Appello di Roma in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/88.
Francesco SAJA - Mauro FERRI
Depositata in cancelleria il 30/06/88.