Ordinanza n. 669 del 1988

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ORDINANZA N.669

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 8 gennaio 1952, n. 6 (Istituzione della Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori), dell'art. 1 della legge 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952, n. 6, sulla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori), degli artt. 4 e 7 della legge 22 luglio 1975, n. 319 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l'assistenza forense), del combinato disposto degli artt. 2, 3, 4, 5 e 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576 e degli artt. 10, terzo comma, e 24 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), promossi con ordinanze emesse il 10 aprile 1981 dal Pretore di Milano, il 5 maggio 1982 dal Pretore di Roma, il 30 novembre 1982 dal Pretore di Ravenna, il 27 dicembre 1983 dal Pretore di Bologna e il 25 marzo 1985 dal Pretore di Torino, iscritte rispettivamente ai nn. 217 e 464 del registro ordinanze 1982, al n. 83 del registro ordinanze 1983, al n. 164 del registro ordinanze 1984 e al n. 386 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 255 e 344 dell'anno 1982, n. 184 del 1983, n. 224 dell'anno 1984 e n. 250 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di costituzione di Pertusi Rodolfo, di Pugliesi Gianluigi e della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza degli Avvocati e Procuratori nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che:

A) Il Pretore di Milano, con ordinanza in data 10 aprile 1981 (R.O. n. 217/82) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 8 gennaio 1952, n. 6, e dell'art. 1 della legge 31 luglio 1956, n. 991, nella parte in cui escludono (fino all'11 aprile 1963, data di entrata in vigore della legge 25 febbraio 1963, n. 289, il cui art. 13 ha abolito l'incompatibilità fra pensione di invalidità I.N.P.S. e pensione di vecchiaia della Cassa di Previdenza ed Assistenza degli Avvocati e Procuratori) l'iscrizione a tale Cassa dei professionisti che abbiano acquistato il diritto alla liquidazione di altra pensione prima dell'esercizio esclusivo della professione forense; o, quanto meno, nella parte in cui l'esclusione e riferita agli avvocati e procuratori che abbiano maturato la sola pensione I.N.P.S. di invalidità senza diritto a quella ordinaria di vecchiaia;

che, ad avviso del giudice a quo, risultano violati i suddetti precetti costituzionali in quanto la censurata esclusione irragionevolmente discrimina fra gli avvocati che già hanno e quelli che non hanno maturato diritto ad altra pensione e solo per i primi compromette l'integrità della posizione previdenziale, con riflessi sul piano dell'adeguatezza dei mezzi di sussistenza per il caso di invalidità e vecchiaia;

B) che il Pretore di Roma, con ordinanza in data 5 maggio 1982 (R.O. n. 464/82), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 22 luglio 1975 n. 319, nella parte in cui subordina la concessione della pensione di invalidità ad avvocati e procuratori al requisito della non iscrizione nei ruoli delle imposte per un reddito complessivo, escluso quello proveniente dalla libera professione, superiore a quattro milioni di lire;

che é asserita la violazione degli artt. 3 e 38 Cost. in quanto la norma censurata introduce una discriminazione per sole ragioni di condizioni personali e sociali fra i professionisti interessati, a seconda che raggiungano o meno il detto limite di reddito, la cui entità, inoltre, appare incompatibile con un decoroso tenore di vita: incongruenze rese ancor più evidenti dall'avvenuta eliminazione (senza effetto retroattivo estensibile al caso di specie) del limite stesso con la legge 20 settembre 1980 n. 576;

C) che il Pretore di Ravenna, con ordinanza in data 30 novembre 1982 (R.O. n. 83/83), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, sesto comma, e 10, terzo comma, della legge 20 settembre 1980 n. 576, in quanto, prevedendo che, per gli avvocati e procuratori che continuino a mantenere l'iscrizione negli albi professionali pur dopo il conseguimento della pensione di vecchiaia, l'importo di questa e decurtato di un terzo e che la prosecuzione, dopo tale momento, dell'esercizio della professione comporta l'obbligo dell'assicurato di ulteriore versamento di contributi al pari dei professionisti non ancora pensionati, violano gli artt. 3 e 38 Cost. poiché arbitrariamente discriminano fra i pensionati in relazione ad un elemento del tutto estraneo ai parametri di liquidazione del trattamento assoggettato a riduzione (età e durata dell'iscrizione e della contribuzione) e cioè in relazione alla permanenza nell'esercizio della professione, così comprimendo il diritto al conseguimento, da parte del pensionato che subisce tale riduzione, di mezzi adeguati alle esigenze di vita: ciò anche in considerazione dell'impossibilità di giustificare tale disciplina in nome del principio solidaristico, posto che con il conseguimento del diritto a pensione, deve ritenersi ormai esaurito, per l'assicurato, l'onere di contribuire alla realizzazione del principio medesimo;

che il dubbio di legittimità costituzionale relativo all'art. 10, terzo comma, della legge n. 576/80, in tema di persistenza dell'obbligo contributivo a carico dei pensionati nella previdenza forense che continuino l'esercizio dell'attività professionale, e stato ulteriormente sollevato in relazione agli artt. 2, 3 e 38 Cost. dal Pretore di Bologna (con ordinanza in data 27 dicembre 1983; R.O. n. 164/84) che lo ha esteso anche all'art. 24 della stessa legge n. 576 e, per il periodo anteriore all'entrata in vigore di questa - ugualmente rilevante, ai fini della decisione nel giudizio a quo -, all'analoga disposizione di cui all'art. 7 della legge 22 luglio 1975 n. 319 ed ha ritenuto la suddetta persistenza causativa di gravi penalizzazioni in danno dei professionisti che ne sono gravati, pur dopo aver maturato a sessantacinque anni il diritto alla pensione di vecchiaia ed ottenuto a settant'anni l'unico supplemento di pensione possibile in relazione agli ulteriori versamenti contributivi, sia rispetto a tutti gli altri avvocati nel pieno esercizio dell'attività (perché non pensionati), sia rispetto alla sotto-categoria degli avvocati pensionati infrasettantenni che esercitano la professione e che, comunque, possono ancora ottenere il detto supplemento di pensione che tenga conto degli ulteriori contributi versati;

D) che il Pretore di Torino, con ordinanza in data 25 marzo 1985 (R.O. n. 386/85), ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3, 4, 5 e 22 della legge 20 settembre 1980 n. 576 in riferimento: a) all'art. 3, primo comma, Cost., nella parte in cui gravano il professionista iscrittosi alla Cassa di previdenza forense ultraquarantenne dell'obbligo contributivo, ma lo escludono dalle conseguenti provvidenze per invalidità ed inabilita, pur in presenza dell'anzianità contributiva richiesta; discriminandolo in tal modo rispetto a quanti si siano iscritti prima del quarantesimo anno di età; b) in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., nella parte in cui gravano il professionista, iscrittosi ultraquarantenne alla Cassa, dell'obbligo contributivo, escludendolo però dalle provvidenze per invalidità, malattia ed infortunio; c) in riferimento agli stessi articoli della Costituzione, nella parte in cui gravano il professionista, iscrittosi alla Cassa in età avanzata, dell'obbligo contributivo, escludendolo però dalla conseguente tutela al momento del superamento della soglia di vecchiaia, anche ove abbia per lunghi anni fornito il proprio contributo economico, che si risolve, pertanto, in violazione anche dell'art. 47 Cost., in un prelievo forzoso che, neppure astrattamente, consente il conseguimento di future prestazioni previdenziali e che inibisce agli interessati l'accantonamento di corrispondenti quote di risparmio da destinare a fini di previdenza individuale;

considerato che la questione sub A) appare manifestamente infondata in quanto non e dato ravvisare omogeneità fra le situazioni poste a confronto, differendo chiaramente la condizione dell'avvocato che si iscriva alla Cassa dopo aver maturato il diritto ad altro trattamento pensionistico rispetto a quella dell'avvocato che si iscriva senza aver maturato tale diritto;

che non é significativa la circostanza dell'avvenuta eliminazione della condizione ostativa in questione (legge n. 289/63, art. 13), essendo principio ripetutamente espresso da questa Corte (v., con specifico riguardo alla previdenza forense la sent. n. 132/84) quello per cui, quando un'innovazione legislativa non é in sé irrazionale, la fissazione di un momento temporale di decorrenza é inevitabile ed al legislatore non può essere precluso il potere di regolare con norme diverse situazioni diverse adeguando così la disciplina giuridica agli sviluppi della realtà socio- economica in cui questa e destinata a calarsi;

che a tale ultimo riguardo va altresì ricordato l'altro principio giurisprudenziale concernente la ritenuta necessita di attuare miglioramenti qualitativi e quantitativi del sistema previdenziale con quella gradualità che é espressione di un razionale contemperamento fra le esigenze di vita dei lavoratori e le disponibilità finanziarie (v. sentt. nn. 28/84, 180/82, 65/79 ecc...);

che analoghe considerazioni valgono relativamente alla questione sub B), specie per quanto concerne il rilievo della discrezionalità legislativa nella determinazione e nella variazione delle prestazioni previdenziali: discrezionalità censurabile soltanto per manifesta irrazionalità dei risultati (v. sent. n. 28/84), insussistente nel caso di specie, in cui la negazione della prestazione in questione consegue all'accertata sussistenza in capo all'assicurato di determinate potenzialità economiche di cui é invece privo chi può godere della prestazione stessa;

che le questioni sub C) sono del pari manifestamente infondate in quanto la legittimità costituzionale della persistenza dell'obbligo contributivo a carico dei pensionati nella previdenza forense che continuino l'esercizio dell'attività professionale e già stata affermata da questa Corte con la sentenza n. 132 del 1984, in considerazione della natura solidaristica del regime previdenziale relativo al suddetto esercizio, e che nelle ordinanze di rimessione non vengono proposte considerazioni o motivi di censura che non trovino esauriente risposta in detta sentenza;

che la questione sub D) appare manifestamente inammissibile nella parte in cui si estende agli artt. 2, 3, 4 e 5 della legge n. 576 del 1980 e cioè a norme concernenti condizioni e limiti di erogazione di prestazioni previdenziali non in contestazione nel giudizio a quo e, quindi, come riconosce lo stesso giudice remittente, non applicabili in questo, il cui oggetto era limitato all'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo di iscrizione alla Cassa dei professionisti ricorrenti;

che la stessa questione, nella parte in cui concerne l'art. 22 della citata legge n. 576 del 1980, é manifestamente infondata essendo stata la legittimità costituzionale della norma già riconosciuta da questa Corte con la ricordata sentenza n. 132 del 1984 e non prospettandosi nell'ordinanza di rimessione motivi di censura non suscettibili di reiezione alla stregua dei principi affermati nella medesima sentenza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4 e 5 della legge 20 settembre 1980 n. 576, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38 e 47 Cost., dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale: A) degli artt. 2 della legge 8 gennaio 1952, n. 6 (Istituzione della Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori), e 1 della legge 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952, n. 6 sulla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Milano con l'ordinanza in epigrafe;

B) dell'art. 4 della legge 22 luglio 1975, n. 319 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l'assistenza forense), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Roma con l'ordinanza in epigrafe;

C) degli artt. 2, sesto comma, e 10, terzo comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Ravenna con l'ordinanza in epigrafe; nonchè dello stesso art. 10, terzo comma, e degli artt. 24 della legge n. 576 del 1980 e 7 della legge 22 luglio 1975, n. 319, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 38 Cost., dal Pretore di Bologna con l'ordinanza in epigrafe;

D) dell'art. 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38 e 47 Cost., dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Francesco GRECO

 

Depositata in cancelleria il 16/06/88.