SENTENZA N. 617
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
Composta dai signori Giudici:
dott. Francesco SAJA, Presidente
prof. Giovanni CONSO,
prof. Ettore GALLO,
dott. Aldo CORASANITI,
prof. Giuseppe BORZELLINO,
dott. Francesco GRECO,
prof. Renato DELL'ANDRO,
prof. Gabriele PESCATORE,
avv. Ugo SPAGNOLI,
prof. Francesco Paolo CASAVOLA,
prof. Antonio BALDASSARRE,
prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI,
prof. Luigi MENGONI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del d.P.R. 16 giugno 1977, n. 671, recante "Conferma, ai sensi dell'art. 3 della legge 20 marzo 1975, n. 70, dell'Ente autonomi per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni e del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13, recante: "Conferma, ai sensi dell'art. 3 della legge 20 marzo 1975, n. 70, della Cassa per la formazione della proprietà contadina", promossi con n. 2 ricorsi della Regione Toscana notificati il 6 ottobre 1977 e il 1° marzo 1978, depositati in Cancelleria il 12 ottobre 1977 e il 9 marzo 1978 ed iscritti al n. 30 del registro ricorsi 1977 e al n. 11 del registro ricorsi 1978.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;
Uditi l'avv. Stefano Grassi per la regione Toscana e l'avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 6 ottobre 1977 (R. ric. n. 30/77) la Regione Toscana ha proposto questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 16 giugno 1977, n. 671 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 242 del 6 settembre 1977), recante "Conferma, ai sensi dell'art. 3 della legge 20 marzo 1975, n. 70, dell'Ente Autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni".
Tale decreto risulterebbe costituzionalmente illegittimo perché non compatibile con il criterio direttivo, dettato dall'art. 3, quarto comma, della legge n. 70 del 1975, di "tener conto... delle competenze delle regioni" nell'individuazione degli enti pubblici "necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico" del paese. L'ente di cui si tratta, infatti, secondo l'assunto della regione Toscana, operando nella materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni, avrebbe dovuto essere trasferito alle regioni in cui opera, così come esplicitamente sancisce la tabella B allegata al d.P.R. n. 616 del 1977 e secondo il procedimento previsto dall'art. 113 di questo decreto. E, attraverso la violazione del criterio direttivo fissato dalla legge di delega, l'atto impugnato finirebbe con il violare anche le medesime competenze regionali, così come riconosciute dalla Costituzione (artt. 117 e 118 Cost.) che in quel criterio trovano ulteriore tutela.
Ove non si ritenesse appagante questo coordinamento interpretativo fra delega contenuta nell'art. 3 della legge n. 70 del 1975 e delega contenuta nell'art. 1, lett. b), della legge n. 382 del medesimo anno - coordinamento che sarebbe suggerito dal medesimo art. 3 della legge n. 70 del 1975, là dove, appunto, impone di tener conto delle competenze delle regioni - dovrebbe ritenersi che la delega successiva nel tempo (legge n. 382 del 1975) ha abrogato, in questa parte (per quel che attiene agli enti che dovranno essere trasferiti alle regioni), la delega contenuta nella legge anteriore (l. n. 70 del 1975): e, dunque, il decreto legislativo in questione risulterebbe viziato in misura ancor più radicale e cioè per difetto assoluto di delega.
Il decreto impugnato, infine, benché pubblicato successivamente, risulterebbe emanato in data anteriore rispetto al d.P.R. n. 616 del 1977, il quale contempla fra gli enti che dovranno essere trasferiti alle regioni, quello appunto di cui si tratta (cfr. allegata tab. B, n. 45); ciò comporterebbe l'abrogazione del decreto impugnato ad opera del d.P.R. n. 616/77, "prendendo data" l'atto con forza di legge dal giorno della sua emanazione e non dal giorno della pubblicazione.
2. - Si costituiva il Presidente del Consiglio dei ministri contestando le deduzioni della regione ricorrente. Il ricorso sarebbe inammissibile perché muoverebbe da censure e da parametri estranei alla tutela delle competenze regionali, come la pretesa inosservanza dei principi e criteri direttivi e la carenza di delega.
La semplice circostanza, peraltro, che l'Ente per la bonifica e l'irrigazione delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni operi nella materia dell'agricoltura, di competenza regionale, non sarebbe sufficiente a ritenerlo trasferito alle regioni interessate, essendo rimasta ferma la competenza dello Stato sugli enti nazionali e pluriregionali (art. 2, secondo comma, d.P.R. n. 11 del 1972) fino al riordino dei medesimi. La circostanza, d'altra parte, che la tab. B, allegata al d.P.R. n. 616 del 1977, includa questo ente fra quelli che dovranno essere trasferiti alle regioni con il procedimento di cui all'art. 113 del medesimo decreto creerebbe un'aspettativa che peraltro non potrebbe divenire, come tale, parte integrante delle competenze regionali fissate dalla Costituzione.
Dovrebbe escludersi, comunque, un effetto abrogativo della legge n. 382 del 1975 nei confronti della legge n. 70 del medesimo anno, perché le rispettive previsioni opererebbero su piani diversi. La legge n. 70 prevede la soppressione degli enti inutili, da cui esclude, ovviamente, quelli di rilevante interesse "economico, civile, culturale e democratico" indicati nella tabella allegata e da individuare con decreto delegato; la legge n. 382 del 1975 prevede il trasferimento alle regioni degli enti che operano nelle materie di competenza delle medesime ( indicati nell'allegata tab. B), attraverso un procedimento (art.113) volto ad accertarne la natura pubblica e ad individuare, ove la natura sia pubblica, eventuali funzioni residue di rilevanza nazionale. La conservazione dell'ente, perché di rilevante interesse, non precluderebbe successive "regionalizzazioni" e, dunque, non violerebbe le competenze regionali. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza che numerosi enti indicati nella tabella allegata alla legge n. 70 del 1975 e, dunque, sottratti alla regola generale dell'estinzione, sono indicati anche nella tab. B allegata al d.P.R. n. 616 del 1977 e, dunque, sottoposti al procedimento di "regionalizzazione". Ciò varrebbe anche ad escludere l'abrogazione (ipotizzata da parte ricorrente) del decreto delegato di "conferma" dell'Ente per la bonifica, irrigazione e valorizzazione delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni ad opera del d.P.R. n. 616 del 1977 che, nella tab. B, come si è detto, ne prevede la regionalizzazione, previe le accennate necessarie verifiche.
3. - Con ricorso notificato il 1° marzo 1978 (R. ric. n. 11/1978) la regione Toscana ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 1978), recante "Conferma, ai sensi dell'art. 3 legge 20 marzo 1975, n. 70, della Cassa per la formazione della proprietà contadina".
Il d.P.R. impugnato, "confermando" la Cassa per la formazione della proprietà contadina nella sua attuale condizione di ente statale, violerebbe le competenze regionali in materia di agricoltura, così come previste dagli artt. 117 e 118 Cost. e trasferite con d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, con legge 14 agosto 1971, n. 817, con legge 22 luglio 1975, n. 382, con d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
La Cassa per la formazione della proprietà contadina è stata istituita (art. 9 decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121; art. 2 decreto legislativo 5 maggio 1948, n. 1242; art. 5 legge 23 aprile 1949, n. 165, che ne estende le competenze, dapprima limitate al mezzogiorno ed alle isole, a tutto il territorio nazionale) al fine di provvedere all'acquisto di terreni per rivenderli a coltivatori diretti singoli ed associati. A partire dalla legge 26 maggio 1965, n. 590, la Cassa è stata affiancata dagli enti di sviluppo, a cui concede finanziamenti per l'acquisto, la trasformazione dei terreni e la rivendita, previa formazione di efficienti unità produttive a coltivatori diretti.
Le funzioni della detta Cassa rientrerebbero fra quelle trasferite alle regioni con gli atti normativi di cui si è fatto cenno.
Il d.P.R. n. 11 del 1972 attribuisce alle Regioni, in particolare, "gli interventi concernenti l'adeguamento tecnico-economico delle imprese agrarie ed in particolare gli interventi a favore della proprietà coltivatrice" (art. 1, lett. g), nonché relativi ai "miglioramenti agrari e fondiari" (art. 1, lett, f) ed all'assistenza tecnica alle imprese agricole (art. 1, lett. e); il d.P.R. n. 616 del 1977 attribuisce alle competenze regionali "gli interventi a favore dell'impresa e della proprietà agraria singola e associata" (art. 66, primo comma), l'"assistenza aziendale e interaziendale", il miglioramento fondiario e l'ammodernamento delle strutture fondiarie" (art. 66, secondo comma), la "ricomposizione, il riordino fondiario, l'assegnazione e coltivazione di terre incolte abbandonate ed insufficientemente coltivate" (art. 66, terzo comma), le funzioni amministrative concernenti ogni tipo di intervento per agevolare l'"accesso al credito" (art. 109), essendo stati soppressi i fondi di rotazione di cui alle leggi n. 1208 del 1951, n. 590 del 1965, n. 817 del 1971, n. 910 del 1966 (art. 110); l'art. 3 della legge n. 817 del 1971 trasferisce alle regioni le attribuzioni di cui alla legge n. 590 del 1965, "in materia di provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice". La legge 30 aprile 1976, n. 386, determina inoltre le norme di principio per gli enti di sviluppo attribuiti alle competenze regionali, con funzioni di ammodernamento delle strutture agricole, promozione e sviluppo della cooperazione, assistenza tecnica ed economica ai produttori ed associati. La competenza relativa è stata esercitata dalla regione Toscana con legge n. 72 del 1977.
La Cassa eserciterebbe, dunque, funzioni già trasferite alle regioni, le cui competenze risulterebbero lese dalla "conferma" dell'ente operata, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 70 del 1975, dal decreto presidenziale impugnato, che in tal modo avrebbe disatteso anche il criterio, indicato nella medesima legge di delega, di rispettare appunto le competenze regionali.
4. - Si costituiva il Presidente del Consiglio dei ministri, contestando le deduzioni della regione ricorrente.
La "conferma" di un ente, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 70 del 1975, con decreto legislativo delegato, non sarebbe in contrasto, innanzi tutto, con il successivo trasferimento del medesimo alle regioni; ciò perché la stessa legge n. 70 del 1975 prevede, nella tabella allegata, la conferma di enti che, ai sensi della tabella B allegata al d.P.R. n. 616/77, dovranno essere sottoposti al procedimento di "regionalizzazione". Nel caso di specie peraltro la Cassa per la formazione della proprietà contadina non rientrerebbe fra gli enti che, ai sensi del d.P.R. n. 616/77 (e dell'annessa tabella B), debbono essere trasferiti alle regioni. La Cassa per la formazione della proprietà contadina, d'altra parte, è coesistita, fin dall'inizio, con gli enti di sviluppo (art. 12, legge 26 maggio 1965, n. 590), i cui compiti di stimolo produttivo non coinciderebbero con quelli, propri della Cassa, di favorire la formazione della proprietà contadina.
L'ulteriore normativa invocata da parte ricorrente concernerebbe sempre settori diversi da quelli in cui opera la Cassa, come l'adeguamento tecnico ed economico della proprietà coltivatrice (art. 1, lett. g, d.P.R. n. 11 del 1972), l'assistenza tecnica alle imprese (art. 1, lett. c, d.P.R. n. 11 del 1972), la ricomposizione fondiaria (art. 66, terzo comma, d.P.R. n. 616 del 1977), gli interventi a favore della impresa e della proprietà agraria singola ed associata (art. 66, primo comma, d.P.R. n. 616/77), le misure che agevolano l'accesso al credito (art. 109 d.P.R. n. 616/77), pur sempre distinte dall'esercizio del credito, etc.; non concernerebbe tuttavia le funzioni proprie e specifiche della Cassa, che sono quelle di favorire la formazione della piccola proprietà coltivatrice.
Considerato in diritto
1. - I giudizi, stante l'analogia delle questioni sollevate, possono essere riuniti.
2. - Nel primo giudizio la regione Toscana impugna il d.P.R. 16 giugno 1977, n. 671, di conferma dell'"Ente Autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni", per violazione degli artt. 76, 117, 118 Cost., sostenendo che sia stato disatteso il criterio di rispettare le competenze regionali, indicato dall'art. 3, comma quarto, della legge di delega 22 marzo 1975, n. 70. Ciò per essere stato confermato un ente destinato a operare nella materia dell'agricoltura, materia di competenza regionale, e quindi soggetto ad essere trasferito alle regioni interessate, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della legge 22 luglio 1975, n. 382 e della tabella B (n. 45) allegata al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
In subordine, ove questa interpretazione della delega contenuta nella legge n. 70 del 1975, coordinata con la delega contenuta nella legge n. 382 del 1975, non fosse condivisa, si dovrebbe ritenere, ad avviso della Regione ricorrente, abrogata la delega anteriore nel tempo (quella di cui all'art. 3 della legge n. 70 del 1975) nella parte in cui concerne gli enti da trasferire alle regioni; ne deriverebbe che il decreto di "conferma" dell'Ente per la bonifica e lo sviluppo delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni sarebbe stato emanato in carenza di delega legislativa.
Il decreto impugnato, comunque, essendo stato emanato prima del d.P.R. n. 616 del 1977, che prevede (n. 45 dell'allegata tab. B) il trasferimento alle regioni interessate dell'ente "confermato", anche se registrato e pubblicato successivamente, dovrebbe ritenersi da questo abrogato.
Nel secondo giudizio la regione Toscana impugna il d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13, di conferma della Cassa per la formazione della proprietà contadina, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., in quanto tale Cassa opererebbe nelle materie attribuite alla competenza regionale e ne sarebbero già state trasferite le funzioni (art. 3 legge n. 817 del 1971; art. 1 d.P.R. n. 11 del 1972; art. 1 legge n. 382 del 1975; artt. 66, 109, 110 d.P.R. n. 616 del 1977; legge n. 386 del 1976), e per violazione dell'art. 76 Cost., in quanto non sarebbe stato osservato il criterio, di cui all'art. 3, comma quarto, della legge di delega n. 70 del 1975, di rispettare le competenze regionali.
3. - Non è inammissibile, come sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri, la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. n. 671 del 1977, sollevata dalla regione Toscana per violazione dell'art. 76 Cost.. Nel caso di specie, infatti, il criterio direttivo (art. 3, quarto comma, n. 4, legge n. 70 del 1975) che si assume violato attiene proprio alle garanzie delle competenze regionali ("Il Governo terrà conto dei seguenti criteri: n.4: della competenza delle regioni"), ed è, dunque, idoneo ad integrare parametro di costituzionalità in un giudizio promosso in via principale dalla regione (cfr. sentt. nn. 183 e 192 del 1987). Ovviamente, peraltro, la questione non solo è strettamente collegata, ma sostanzialmente si identifica con le altre, con le quali si lamentano specifiche violazioni delle (norme costituzionali attributive delle) competenze regionali, e quindi va esaminata e risolta in una con le dette altre questioni.
4. - La questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., del d.P.R. n. 671 del 1977, di "conferma" dell'Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni, non è fondata.
È indiscutibile che con l'art. 1 del d.P.R. n. 11 del 1972, è stata trasferita alle regioni la competenza amministrativa in materia di agricoltura.
Con l'art. 2, comma primo, dello stesso decreto, inoltre, sono state dichiarate trasferibili alle stesse regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi dello Stato in ordine agli enti di sviluppo, e più generalmente in ordine agli enti, consorzi, istituzioni e organizzazioni locali operanti in una sola regione nelle materie di cui all'art.1.
Con l'art. 2, comma secondo, dello stesso decreto è stato stabilito che fino a quando non sarà provveduto al riordinamento, con legge dello Stato, degli enti pubblici (di tutti gli enti pubblici), compresi quelli di sviluppo, a carattere nazionale o pluriregionale operanti nelle materie di cui al decreto, resta ferma la competenza degli organi dello Stato (vale a dire, tenuto conto di quanto esplicato con il comma primo: le funzioni amministrative esercitate dagli organi dello Stato) in ordine agli enti medesimi.
Nella specie si tratta dell'Ente per la irrigazione della Valdichiana, delle Valli contermini aretine, del bacino idrografico del Trasimeno e dell'alta Valle del Tevere umbro-toscana, istituito con legge 18 ottobre 1961, n. 1048, e successivamente modificato, sino a divenire Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni, confermato con l'impugnata legge delegata, d.P.R. n. 671 del 1977.
L'Ente in questione, avente compiti di promozione, regolazione e gestione dell'irrigazione e delle culture irrigue (v. il favore per l'irrigazione espresso dalla legge 27 ottobre 1966 n. 910, concernente lo sviluppo dell'agricoltura nel quinquennio 66-70) in una vasta area ultraregionale, rientra certamente nell'ampia categoria degli enti pubblici, compresi quelli di sviluppo, a carattere nazionale o pluriregionale operanti nella materia dell'agricoltura - cui si riferisce l'art. 2, comma secondo, del d.P.R. n. 11 del 1972, dianzi richiamato, per stabilire che le funzioni esercitate dallo Stato rispetto ad essi rimangono allo Stato fino al riordinamento degli enti stessi - e quindi fra quelli cui si riferisce la legge n. 70 del 1975, concernente tutti gli enti pubblici (il c.d. parastato) ad eccezione degli enti, fra i quali non rientra l'ente in questione, indicati nell'art. 1, comma secondo e comma terzo, della stessa legge n. 70.
Come sia attuato il detto "riordino" si desume dall'art. 2 della legge n. 70 del 1975, che, per la categoria generale degli enti pubblici di cui all'art. 1, comma primo, prevede la soppressione e la conseguente cessazione delle rispettive funzioni (nonché la liquidazione), salva la dichiarazione di loro necessità con i decreti di cui al successivo art. 3. Con la quale ultima disposizione è previsto che il Governo, con decreti delegati, individui gli enti ritenuti necessari "ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del paese" (alcuni sono dichiarati tali dalla stessa legge mediante l'inclusione nella tabella allegata). Ed è proprio sulla base della delega così conferita che sono state operate la dichiarazione di necessità e la conferma dell'Ente di cui si tratta dal d.P.R. n. 671 del 1977, ora impugnato.
Il "riordinamento", quindi, non riguardava il trasferimento delle funzioni dei detti enti alle regioni, ma solo, secondo l'art. 2, comma secondo, del d.P.R. n. 11 del 1972, la cessazione o no delle funzioni statali relative agli enti stessi e la loro sopravvivenza o no come enti pubblici.
Sempre in materia di agricoltura, va notato che la legge quadro n. 386 del 1976 sugli enti di sviluppo, con norme transitorie e particolari (artt. 6 e ss.), prevede il trasferimento alle regioni delle funzioni fino a quel momento esercitate dallo Stato relativamente ad alcuni Enti di sviluppo, nonché il trasferimento alle regioni delle funzioni esercitate da tali Enti di sviluppo (rispettivamente art. 6, comma primo, e art. 6, comma terzo e quarto).
Ciò conferma che il riordinamento degli enti pubblici operato dalla legge delega n. 70 del 1975 e dai decreti delegati emanati sulla base di essa non incideva in alcun modo sul trasferimento delle funzioni degli enti nazionali e ultraregionali. Trasferimento che invece sarebbe stato attuato sulla base della delega contenuta nella legge n. 382 del 1975 e nelle forme previste dall'art. 113 del decreto delegato n. 616 del 1977 relativamente agli enti nazionali e ultraregionali in genere, e ad opera della legge n. 386 del 1976 per gli enti di sviluppo agricolo.
È dunque inattendibile la tesi della regione ricorrente, secondo la quale, una volta intervenuta la delega ex lege n. 382 del 1975, e in previsione del trasferimento che avrebbe avuto luogo con l'esercizio della detta delega (d.P.R. n. 616 del 1977), qualsiasi attività normativa attinente alla stessa legge n. 70 del 1975 e all'esercizio della delega in essa contenuta, avrebbe dovuto intendersi preclusa o sospesa relativamente ad enti (nazionali o interregionali) operanti nelle materie di competenza regionale, giacché per definizione essa avrebbe invaso l'autonomia costituzionalmente garantita della regione (in riferimento all'art. 117 e allo stesso criterio direttivo, concernente la considerazione delle competenze regionali, stabilito dal n. 4 dell'art. 3 della legge n. 70 del 1975).
Una siffatta generalizzata preclusione o sospensione è resistita infatti dalla reciproca indipendenza fra i piani rispettivamente propri delle due normative, indipendenza che esclude anche ogni incompatibilità fra le medesime (e quindi l'ipotesi di abrogazione dell'una da parte dell'altra).
D'altro canto, la stessa prefissazione dei criteri della delega di cui all'art. 3 della legge n. 70 del 1975 è concepita nella previsione che il legislatore delegato intervenga, e non che si arresti, di fronte agli enti operanti nelle materie di competenza regionale, tanto che prescrive che si debba "tener conto" "della competenza delle regioni" sia ai fini della inclusione degli enti nell'elenco di quelli ritenuti necessari, che "per la valutazione dell'opportunità della loro soppressione, ristrutturazione o fusione" (art. 3, comma quarto, con riguardo alle ipotesi previste rispettivamente dal primo, terzo e secondo comma).
In ogni caso, non si potrebbe ritenere né, ex ante, preclusa dalla previsione del "trasferimento delle funzioni degli enti nazionali e ultraregionali alle regioni", in quanto considerata immanente al sistema ex art. 117 Cost., né, ex post, contraria a tale previsione, un'operazione normativa volta, come quella impugnata, non già a una definitiva "statalizzazione" dell'ente considerato e alla esclusione o preclusione della sua "regionalizzazione", ma a un mero risultato manutentivo (dichiarazione di necessità e conferma), senza il quale, a norma dell'art. 2, comma primo, della legge n. 70 del 1975, avrebbe operato la soppressione di diritto, con conseguente (in tal caso sì) esclusione o preclusione della "regionalizzazione" dell'ente stesso.
Quanto finora detto trova conferma nel rilievo che nella Relazione davanti alla Camera al progetto di legge (risultante dall'unificazione di un disegno governativo e di proposte parlamentari) che doveva divenire la legge n. 70 del 1975 - relazione che ha trovato eco nelle discussioni alla Camera - il riordinamento degli enti (nel suo più ampio senso) è visto come premessa necessaria anche dell'attuazione (per questa parte) dell'ordinamento regionale, senza alcun pregiudizio del modo dell'attuazione (che avrebbe potuto essere sia il passaggio degli enti sotto il controllo regionale, sia la trasformazione strutturale degli enti stessi ai fini della loro "regionalizzazione", sia, dunque, il trasferimento delle funzioni secondo un modello, quale quello disegnato dall'art. 113 d.P.R. n. 616 del 1977).
Per le stesse ragioni va esclusa l'abrogazione dell'art. 3 della legge n. 70 del 1975 ad opera dell'art. 1 della legge n. 382 del medesimo anno, per la parte che riguarda gli enti da trasferire alle regioni e l'abrogazione del d.P.R. n. 671 del 1977, oggetto del presente giudizio, ad opera del d.P.R. n. 616 del 1977.
5. - Considerazioni analoghe valgono per la seconda questione, che concerne il d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13, di "conferma" della Cassa per la formazione della proprietà contadina.
L'attività di questa Cassa rientra, senza dubbio, nella materia dell'agricoltura, materia trasferita alle regioni. La dichiarazione di necessità, e quindi la conferma della Cassa contadina, non precludeva peraltro la "regionalizzazione" della Cassa secondo il procedimento di cui all'art. 113 d.P.R. n. 616 del 1977.
Non vi è dubbio che già con la legge 17 agosto 1971, n. 817, fosse avvenuto il trasferimento alle regioni delle funzioni esercitate dal Ministero dell'agricoltura in materia di "provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice" e può anche ammettersi che tale trasferimento, concernente l'attuazione dell'art. 47 Cost., fosse in ottemperanza dell'art. 117 Cost. Il trasferimento stesso riguardava peraltro funzioni statali e particolarmente quelle esercitate in questa materia dagli organi del Ministero suindicato in distribuzione dei compiti affidati dalla legge n. 590 del 1965 fra gli organi stessi, gli Enti di sviluppo agricolo, e la Cassa contadina.
Né vi è dubbio che, sulla base della legge quadro n. 386 del 1976, la regione Toscana, con la legge regionale 18 settembre 1977, n. 72, abbia istituito il proprio Ente regionale di sviluppo agricolo.
Ma qui si trattava di provvedere su un altro Ente, a carattere già interregionale e successivamente nazionale: appunto la Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina, istituita con l'art. 9 del decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121, con competenza per le regioni e per i territori di cui all'art. 1 dello stesso decreto (Abruzzo e Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sardegna, comuni appartenenti alle province di Latina e Frosinone, nonché dell'Isola d'Elba) e per la Sicilia, competenza estesa all'intero Lazio e alla Maremma toscana con il decreto legislativo 5 maggio 1948, n. 1242 e infine a tutto il territorio della Repubblica con l'art. 5, comma primo, della legge 23 aprile 1949, n. 165.
Ed anche per tale ente, non previsto dalle particolari norme sulla regionalizzazione concernenti gli enti di sviluppo, si aprivano, su piani diversi, da un lato il problema del riordinamento, (attesa la latitudine della formulazione dell'art. 2, comma secondo, del d.P.R. n. 11 del 1972), dall'altro il problema della "regionalizzazione".
La questione, dunque, è pur sempre quella se in vista della "regionalizzazione" fosse illegittima, siccome invasiva della competenza regionale, l'operazione normativa impugnata, eseguita con l'art. unico del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13, in attuazione della delega conferita con l'art. 3 della legge n. 70 del 1975.
E la risposta è anche qui negativa, perché l'operazione in discorso - secondo quanto è stato diffusamente osservato circa le analoghe questioni sollevate dalla regione Toscana con il ricorso sopra esaminato - non è in alcun modo preclusiva della "regionalizzazione".
È appena il caso di notare che tale "regionalizzazione", per la rilevata mancanza di misure normative specifiche avrebbe potuto essere operata anche secondo il modulo di cui al d.P.R. n. 616 del 1977. Che ciò non sia accaduto o che la "regionalizzazione" non sia altrimenti avvenuta, non può comunque ascriversi al d.P.R. n. 13 del 1978, che si è limitato a dichiarare, ex lege n. 70 del 1975, necessaria e a confermare la Cassa medesima, in tal modo - come già osservato circa le analoghe questioni sollevate con l'altro ricorso sopra esaminato - non già "statalizzandola" definitivamente, ma evitandone la soppressione di diritto ex art. 2, comma primo, della legge n. 70 del 1975.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 16 giugno 1977 n. 671 ("Conferma, ai sensi dell'art. 3 della legge 20 marzo 1975, n. 70, dell'Ente Autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria delle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni") proposta in via principale dalla regione Toscana per violazione degli artt. 76, 117, 118 della Costituzione;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13 ( "Conferma, ai sensi dell'art. 3 legge 20 marzo 1975, n. 70, della Cassa per la formazione della proprietà contadina) proposte in via principale dalla regione Toscana per violazione degli artt. 117, 118, 76 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 1988.
Francesco SAJA – Aldo CORASANITI
Depositata in cancelleria il 10 giugno 1988.