Sentenza n.192 del 1987

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 192

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 recante "Attuazione delle direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi", promossi con ricorsi delle regioni Liguria e Lombardia contro il Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 14 gennaio 1983, depositati in cancelleria il 19 e 22 successivi ed iscritti ai nn. 1 e 2 del registro ricorsi 1983;

Visto gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 1987 il giudice relatore Aldo Corasaniti;

Uditi gli avvocati Federico Sorrentino per la regione Liguria, Valerio Onida per la regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 14 gennaio e depositato il 19 gennaio 1983 (R.ric. n. 1/83), la regione Liguria ha impugnato, per violazione degli artt. 76 e 117 Cost., e degli artt. 6 e 101 del d.P.R. n. 616 del 1977, gli artt. 4, lettere a), b), c), d), e), f), 6, lett. f), 32, comma primo, 33 e 34 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, recante "Attuazione delle direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi".

2. - Osserva la ricorrente che il d.P.R. n. 915 non appare rispettoso dei princìpi che reggono il recepimento delle direttive comunitarie, fissati dall'art. 6 del d.P.R. n. 616. Quest'ultima disposizione prevede infatti che le direttive CEE sono fatte proprie dallo Stato con legge che indica espressamente le norme di principio, le quali sono vincolanti per le regioni, mentre le residue norme di dettaglio sono destinate ad essere applicate solo in mancanza della legge regionale, alla quale é pertanto riconosciuta potestà innovativa. Per contro, il decreto impugnato, pur recando una minuziosa normativa, omette di distinguere tra norme di principio e norme di dettaglio, e sembra ritenerle tutte indistintamente vincolanti per le regioni. A queste viene infatti implicitamente negata la competenza ad emanare norme innovative della disciplina statale di dettaglio, riconoscendosi ad esse la sola potestà di emanare norme integrative e di attuazione del decreto (art. 6, lett. f, d.P.R. n. 915). Inoltre, la legislazione statale, anche di dettaglio, é prospettata come prevalente sulla preesistente legislazione regionale, che é fatta salva solo se compatibile con la prima (art. 32 d.P.R. n. 915).

3. - Deduce ancora la regione Liguria che il d.P.R. n. 915 ha operato una restrizione di competenze, nella materia della tutela dell'ambiente dall'inquinamento, rispetto a quanto previsto dal d.P.R. n. 616.

Da un lato, le competenze regionali non sono più configurate secondo il criterio della residualità, per cui sono attribuite alla Regione tutte le funzioni non specificamente riservate allo Stato o ad altri enti, ma sono delimitate con carattere di tassatività (art. 6 d.P.R. n. 915).

Dall'altro, sono ampliate le competenze dello Stato, mediante affidamento di funzioni estranee all'ambito definito dall'art. 102 del d.P.R. n. 616 (art. 4, lettere a, b, c, d, e, f).

4. - Rileva infine la ricorrente che nella specie é ravvisabile anche violazione dell'art. 76 Cost., per eccesso di delega.

Il d.P.R. n. 915, infatti, omettendo di indicare espressamente le norme di principio, e, pretendendo di assoggettare le Regioni all'osservanza di tutte le disposizioni in esso contenute, anche se di dettaglio, ha travalicato i limiti del potere conferito al Governo dalla legge di delega 9 febbraio 1982, n. 42, che aveva imposto, all'art. 3, il rispetto dell'art. 6 del d.P.R. n. 616.

D'altra parte, eccesso di delega é rilevabile anche nelle norme che hanno alterato l'ordine delle competenze, giacché nessuna prescrizione della legge di delega autorizzava innovazioni ai criteri specificati nel d.P.R. n. 616.

5. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'avvocatura dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato non fondato.

Per quanto concerne la dedotta violazione dell'art. 6 del d.P.R. n. 616, osserva l'interveniente che l'omessa formale individuazione, da parte del d.P.R. n. 915, delle norme di principio é ininfluente, poiché siffatto valore non scaturisce da una mera etichettatura, bensì dalla portata obbiettiva della norma. Nell'ambito del provvedimento impugnato, in particolare, sono da ritenere norme di principio, vincolanti per le regioni, quelle la cui modificazione, da parte della legge regionale, comporterebbe una inosservanza della direttiva comunitaria.

Ne deriva che, nell'ambito residuale delle norme di dettaglio, resta ferma - diversamente da quanto ritiene la ricorrente - la competenza legislativa regionale, che solo una lettura distorta degli artt. 6, lett. f), e 32 del d.P.R. n. 915 può condurre ad escludere. La prima delle disposizioni suddette (che demanda alle regioni l'emanazione di norme integrative e di attuazione) non incide, infatti, sulla potestà legislativa ordinaria delle regioni, ex art. 117, comma primo, Cost. La seconda, a sua volta, va intesa nel senso della caducazione delle sole norme regionali preesistenti, non compatibili con le norme di principio, ovvero non idonee ad attuare la direttiva comunitaria, e non anche di quelle in contrasto con norme statali di dettaglio.

Circa la prospettata alterazione del riparto di competenze delineato dal d.P.R. n. 616, oppone l'interveniente che nulla autorizza a ritenere che l'elencazione delle competenze regionali (art. 6 d.P.R. n. 915) sia "tassativa", come lamentato dalla ricorrente, sicché non appare violato il criterio della "residualità" fissato dal d.P.R. n. 616.

D'altra parte, le competenze riconosciute allo Stato (art. 4 d.P.R. n. 915) non esorbitano dall'ambito segnato dall'art. 102 del d.P.R. n. 616, integrato dalla legge n. 319 del 1976 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), espressamente ivi richiamata, rispetto alla quale il d.P.R. n. 915 si pone come normativa contigua e di ampliamento della tutela dell'ambiente fisico. Invero, le funzioni statali contestate (art. 4, lettere a, b, c, d, e, f), trovano corrispondenza nell'art. 2 della legge n. 319 del 1976, ed alcune di esse (lett. c ed e) non attengono alla materia dello smaltimento dei rifiuti.

6. - La regione Lombardia, con ricorso notificato il 14 gennaio e depositato il 22 gennaio 1983 (R.ric. n. 2/1983), ha impugnato gli artt. 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 24, 28, 31, 32 e 33 del d.P.R. n. 915 del 1982, in riferimento agli artt. 117 e 118, nonché 3 e 76 Cost., anche in riferimento agli artt. 6 e 101 del d.P.R. n. 616 del 1977 ed all'art. 3, commi primo e secondo, della legge n. 42 del 1982.

7. - Posto che lo smaltimento dei rifiuti, disciplinato dal d.P.R. n. 915, rientra in materia costituzionalmente attribuita alle regioni - in quanto ricompresa in quelle dell'urbanistica, dell'assistenza sanitaria e dei lavori pubblici di interesse regionale indicate dall'art. 117 Cost. - e ad esse trasferita dall'art. 101 del d.P.R. n. 616, la ricorrente deduce la lesione della competenza legislativa regionale, attuata mediante la violazione dell'art. 6 del d.P.R. n. 616.

Invero, il d.P.R. n. 915 non indica espressamente le norme di princìpio vincolanti per il legislatore regionale, ma contiene in modo indifferenziato disposizioni che possono ritenersi di principio e disposizioni di dettaglio (tra queste ultime sembrano ricompresi gli artt. 3, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 31), senza precisare che le disposizioni di dettaglio sono destinate ad essere osservate solo in mancanza della legge regionale.

Per di più, l'esplicazione della potestà legislativa regionale ordinaria ex art. 117, comma primo, Cost., sembra preclusa dall'art. 6, lett. f), del d.P.R. n. 915, che restringe la competenza normativa regionale alla sola emanazione di norme integrative e di attuazione del decreto.

Inoltre, ai sensi dell'art. 32 del d.P.R. n. 915, le norme regionali preesistenti sono fatte salve solo se compatibili con le norme del decreto, senza distinguere tra norme di principio e norme di dettaglio, sicché anche queste ultime sono destinate a prevalere sulle norme regionali.

8. - Deduce inoltre la ricorrente che il d.P.R. n. 915 é altresì lesivo delle competenze amministrative regionali, sia perché l'art. 6 del suddetto decreto enuncia tassativamente le competenze attribuite alle Regioni, laddove, trattandosi di materia trasferita, tutte le funzioni amministrative sono di spettanza regionale; sia perché vengono estese le competenze statali (art. 4, lettere a, b, c, e, f, d.P.R. n. 915).

Poiché, infine, l'art. 6, comma terzo, fa salve le competenze delle sole regioni a statuto speciale, risulta violato anche l'art. 3 Cost., per illegittima disparità di trattamento fra regioni.

9. - Sono inoltre ritenuti lesivi delle competenze legislativa ed amministrativa regionali gli artt. 24 (esclusa l'ultima parte) e 28 del decreto, in quanto stabiliscono sanzioni amministrative in materia riservata alle Regioni.

10. - Viene, infine, dedotta la violazione dell'art. 76 Cost. in relazione all'art. 3 della legge di delega n. 42 del 1982. Quest'ultima disposizione, infatti, da un lato aveva imposto di far salve le competenze attribuite alle regioni dall'art. 6 del d.P.R. n. 616, il che non é avvenuto secondo quanto sopra esposto; dall'altro, aveva escluso la creazione di nuove strutture statali, mentre il decreto ha costituito un nuovo organo (il Comitato interministeriale: art. 5).

Poiché i su indicati criteri di delega concernono proprio la garanzia delle competenze regionali, la loro violazione ridonda in violazione dell'autonomia regionale ed é pertanto prospettabile da parte della regione in sede di impugnativa del decreto.

11. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'avvocatura dello Stato, il quale ha svolto deduzioni conformi a quelle già riassunte nel precedente n. 5.

12. - La regione Lombardia ha depositato memoria, nella quale, preso atto della interpretazione correttiva del d.P.R. n. 915/1982 formulata dall'Avvocatura dello Stato (e riassunta nel precedente n. 5), ha dichiarato che una sentenza interpretativa della Corte potrebbe soddisfare, sia pur con alcune riserve, le sue esigenze.

Considerato in diritto

1. - La regione Liguria ha impugnato, per violazione degli artt. 76 e 117 Cost., in riferimento agli artt. 6 e 101 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, gli artt. 4, lettere a), b), c), d), e), f), 6, lett. f), 32, comma primo, 33 e 34 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, emanato in base alla delega contenuta nella legge 9 febbraio 1982, n. 42 e recante "Attuazione delle direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi".

La regione Lombardia, a sua volta, ha impugnato gli artt. 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 24, 28, 31, 32 e 33 del su indicato d.P.R. n. 915/1982, in riferimento agli artt. 3, 76, 117 e 118 Cost., anche in riferimento agli artt. 6 e 101 del d.P.R. n. 616/1977 ed all'art. 3, commi primo e secondo, della legge di delega 9 febbraio 1982, n. 42.

I relativi giudizi, per l'identità di alcune questioni e per l'incidenza di entrambi sullo stesso corpo normativo (d.P.R. n. 915/1982), si prestano ad essere esaminati congiuntamente e definiti con unica sentenza.

2. - Entrambe le ricorrenti formulano le seguenti censure:

A) Ai sensi dell'art. 6 del d.P.R.n. 616/1977, il d.P.R. n. 915/1982, nel dare attuazione alle direttive comunitarie in tema di smaltimento dei rifiuti - materia di competenza regionale ex art. 117 Cost., in riferimento all'art. 101 del d.P.R. n. 616/1977 - avrebbe dovuto indicare espressamente le "norme di principio" vincolanti per le regioni, al fine di distinguerle dalle norme di dettaglio, non vincolanti. Il legislatore statale ha invece omesso tale indicazione, così mostrando di voler ritenere il d.P.R. n. 915/1982 vincolante nella sua interezza per le regioni, tanto é vero che la legislazione regionale preesistente é fatta salva solo se compatibile con tutte le disposizioni del decreto (art. 32), e che alle regioni é riconosciuta, per il futuro, soltanto la potestà di emanare norme integrative e di attuazione del decreto (art. 6, lett. f). Ne é derivata, pertanto, lesione della competenza legislativa regionale.

B) Il mancato rispetto dell'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977 si risolve in eccesso di delega (art. 76 Cost.), dal momento che la legge delega n. 42/1982, all'art. 3, comma secondo, tale rispetto imponeva.

C) Il decreto impugnato é lesivo della competenza amministrativa regionale (art. 101 d.P.R. n. 616/1977), sia perché enuncia tassativamente le competenze regionali (art. 6 d.P.R. n. 915/1982), che hanno invece carattere residuale nel sistema del d.P.R. n. 616/1977, sia perché estende le competenze statali (art. 4 d.P.R. n. 915/1982) rispetto a quelle enunciate nell'art. 102 del d.P.R. n. 616/1977.

La sola regione Lombardia formula le seguenti censure:

D) Gli artt. 24 e 28 del d.P.R. n. 915/1982 ledono la competenza legislativa e amministrativa delle regioni, in quanto stabiliscono sanzioni amministrative nella materia dello smaltimento dei rifiuti, materia, questa, rientrante nella suddetta competenza.

E) La normativa impugnata pecca di eccesso di delega (art. 76 Cost.), per avere il decreto impugnato costituito un nuovo organo (Comitato interministeriale: art. 5), mentre l'art. 3, comma primo, della legge delega n. 42/1982 aveva imposto di avvalersi, per l'attuazione dei decreti delegati, delle ordinarie strutture amministrative dei Ministeri.

F) La normativa impugnata é illegittima per ingiustificata disparità di trattamento (art. 3 Cost.), avendo fatte salve le competenze delle sole regioni a statuto speciale (art. 6, comma terzo, d.P.R. n. 915/1982).

3. - L'avvocatura dello Stato ha contestato la fondatezza dei ricorsi, osservando che una corretta interpretazione del d.P.R. n. 915/1982 consente di escludere le prospettate lesioni della competenza regionale.

4. - Ritiene questa Corte che, in effetti, le censure di cui alle lettere A, B e C possono essere dichiarate non fondate attraverso una interpretazione delle disposizioni impugnate conforme a Costituzione.

Quanto alla censura sub A deve riconoscersi che la mancata indicazione espressa, nel d.P.R. n. 915/1982, delle norme di principio, non produce lesione delle competenze regionali perché non rende indistintamente tali, e quindi vincolanti per le regioni, tutte le norme in esso contenute.

Secondo l'opinione prevalente, la accennata indicazione, se é prescritta per agevolare la chiarezza dei rapporti fra Stato e regioni, non attiene alla garanzia costituzionale delle competenze di esse. Deve infatti ritenersi che la qualità di norma di principio o di dettaglio deriva dall'oggettiva natura della norma stessa, e non già da una mera definizione formale, che non sarebbe vincolante, nel caso di contrasto tra Stato e regione, per questa Corte (cfr., in riferimento alle norme fondamentali di grande riforma economico-sociale, le sentt. n. 219/1984 e n. 151/1986).

Può convenirsi con l'avvocatura dello Stato che rivestano portata di norme di principio soltanto le disposizioni che, in stretta correlazione con l'esigenza di dare attuazione alle direttive comunitarie, delineano gli obbiettivi essenziali ed i limiti di operatività della disciplina sullo smaltimento dei rifiuti.

Si tratta, in particolare, delle disposizioni contenute negli artt. 1 e 2, le quali:

a) fissano le regole generali da osservare nello smaltimento dei rifiuti (che si risolvono nell'inderogabile necessità: di salvaguardare la salute e l'incolumità delle persone, nonché la flora e la fauna; di evitare ogni rischio di inquinamento e di degradamento dell'ambiente; di rispettare le esigenze di pianificazione economica e territoriale; di promuovere il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti: art. 1);

b) delimitano l'ambito oggettivo di operatività della disciplina, e quindi della vigenza dei suddetti princìpi, mediante la classificazione dei rifiuti (in urbani, speciali, tossici e nocivi) e la loro definizione (art. 2).

Ne deriva che, fatta salva l'efficacia vincolante per le regioni delle norme di principio dettate dai suddetti artt. 1 e 2, in relazione alla disciplina contenuta nei restanti articoli del d.P.R. n. 915/1982 - che va qualificata come normativa di dettaglio, destinata ad operare solo in mancanza di norme regionali - ben può esplicarsi per converso (ovviamente in assenza di altri limiti), la potestà legislativa regionale innovativa, secondo il meccanismo delineato dall'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977.

Ciò non trova ostacolo, del resto, come ammette l'avvocatura dello Stato, nella previsione dell'art. 6, lett. f), né in quella dell'art. 32, comma primo, del d.P.R. n. 915/1982. Non nella prima, poiché la potestà legislativa integrativa attribuita alle regioni dalla suddetta disposizione si aggiunge e non si contrappone, escludendola, alla potestà legislativa ordinaria delle regioni, come risulta, fra l'altro, dalla distinta considerazione delle due potestà operata dall'art. 32 dello stesso decreto. E neppure nella seconda, poiché l'abrogazione, con essa disposta, della legislazione regionale previgente, fino all'emanazione di una successiva legislazione regionale di dettaglio, deve intendersi riferita soltanto alla ipotesi di incompatibilità della legislazione regionale previgente con le norme statali di principio (artt. 1, n. 5, legge n. 382 del 1975 e 6, comma secondo, d.P.R. n. 616 del 1977).

5. - É conseguenziale alla riscontrata osservanza, da parte del d.P.R. n. 915/1982, di quanto stabilito con l'art. 1, n. 5, l. n. 382 del 1975 e con l'art. 6, comma secondo, del d.P.R. n. 616/1977, a tutela delle competenze regionali in tema di attuazione delle direttive comunitarie, la declaratoria di non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della censura sub B.

6. - Va altresì disattesa la doglianza delle ricorrenti espressa sub C, quanto all'asserita natura tassativa dell'elencazione delle competenze amministrative regionali effettuata dall'art. 6 del d.P.R. n. 915/1982, che avrebbe in tal modo alterato il sistema istituito dal d.P.R. n. 616/1977, che, all'art. 101, comma primo, trasferisce alle regioni tutte le funzioni in materia di tutela ambientale, ad eccezione di quelle specificamente attribuite allo Stato ed agli enti locali.

Nulla autorizza infatti, come espressamente riconosce l'avvocatura dello Stato, a ritenere che la su indicata disposizione abbia inteso limitare la portata generale del trasferimento alle regioni della materia dello smaltimento dei rifiuti effettuato dall'art. 101 del d.P.R. n. 616/1977.

La tecnica del riparto delle competenze adottata dall'impugnato d.P.R. n. 915 (artt. 4, 6, 7 ed 8) risponde invero al preciso dettato delle direttive comunitarie, le quali richiedono agli Stati membri di "stabilire o designare l'autorità o le autorità competenti incaricate, in una determinata zona, di programmare, organizzare, autorizzare e controllare le operazioni di smaltimento dei rifiuti" (art. 5, direttiva n. 75/442; art. 6, direttiva n. 78/319).

Deve peraltro ritenersi, in assenza di una diversa disposizione e, in particolare, in mancanza di una clausola generale di competenza residuale a favore dello Stato, che il riparto delle competenze sia stato effettuato in armonia con l'assetto generale preesistente della materia, quale risultante dal d.P.R. n. 616/1977, sicché non sussiste la restrizione di competenza lamentata dalle regioni.

Va del pari esclusa, in base ad una corretta interpretazione delle norme denunciate, l'asserita dilatazione della competenza statale, che l'art. 4 del d.P.R. n. 915/1982 avrebbe operato rispetto all'art. 102 del d.P.R. n. 616/1977.

Le competenze asseritamente "nuove" che sarebbero previste nelle lettere a), b), c), d) ed f) del suddetto articolo e sulle quali si appuntano le censure delle ricorrenti, infatti, possono essere ricondotte nell'ambito della funzione statale di indirizzo e coordinamento, prevista, in via generale, dall'art. 4 del d.P.R. n. 616/1977, ribadita, nello specifico settore della tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, dall'art. 102, n. 2, del suddetto d.P.R. (sia pure limitatamente al "coordinamento dell'attività di ricerca e sperimentazione tecnico-scientifica"), ed ulteriormente confermata dall'art. 4, lett. a), del d.P.R. n. 915/1982 (non censurato nella parte in cui assegna allo Stato l'indirizzo e coordinamento delle attività previste dal decreto stesso).

In particolare, le funzioni di "promozione" e "consulenza", che l'art. 4, lett. a), del d.P.R. n. 915/1982 affianca all'indirizzo e coordinamento, vanno considerate come aspetti accessori ed ausiliari di quest'ultima funzione, nell'ambito della quale si inseriscono. L'"indirizzo e coordinamento" può invero bene porsi in funzione "promozionale", qualora sia teso a sollecitare l'incremento e lo sviluppo di una determinata attività, così come può sostanziarsi di "consulenza" ove sia diretto, in vista di esigenze di omogeneità dell'azione amministrativa, ad assicurare la uniforme diffusione ed acquisizione di dati tecnici e scientifici.

Per quanto concerne, inoltre, il disposto del su indicato art. 4, lett. b) (predisposizione di "criteri generali" sulle metodologie relative allo smaltimento dei rifiuti, nonché sulle caratteristiche delle zone per l'ubicazione degli impianti di smaltimento), lett. e) (definizione dei "criteri generali" per l'assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, nonché, se necessario, definizione di "norme tecniche" per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi separatamente da ogni altra materia o residuo), e lett. f) (determinazione dei "criteri generali" per il rilascio delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi), non può dubitarsi che la predisposizione di "criteri generali" e (ma solo se necessario) di "norme tecniche" sia espressione della funzione di indirizzo e coordinamento. La suddetta attività va infatti correttamente intesa come volta a definire i princìpi di massima e le norme tecniche generali da osservare nel settore dello smaltimento dei rifiuti, in vista delle indefettibili esigenze di uniformità alle quali deve inspirarsi, almeno nelle sue linee essenziali, la tutela dell'ambiente.

Analoghe considerazioni valgono per il disposto dell'art. 4, lett. c) (determinazione di "misure" dirette a limitare la formazione dei rifiuti, nonché di "norme tecniche" generali relative ai sistemi di smaltimento che favoriscano il riciclaggio dei rifiuti, il recupero delle materie riutilizzabili e la produzione di energia, con promozione, se del caso, di studi e ricerche).

Per altra ragione, va invece ritenuto non censurabile l'art. 4, lett. d), denunciato in quanto, essendo privo della precisazione che i limiti di accettabilità della presenza di talune sostanze o microorganismi contenuti nei rifiuti, la cui determinazione é rimessa allo Stato, sono limiti "minimi", a differenza di quanto prevede l'art. 102, n. 1, del d.P.R. n. 616/1977, avrebbe ampliato i poteri statali. A parte l'esattezza della qualificazione di limiti "minimi" in riferimento a caratteristiche negative, la norma non pregiudica la competenza regionale di prescrivere limiti di maggior rigore. A tale conclusione consente di pervenire l'art. 32, comma primo, del d.P.R. n. 915/1982, il quale espressamente contempla la possibilità di disposizioni e prescrizioni "più restrittive" in funzione degli obbiettivi dei piani regionali.

Anche la censura sub C, va quindi dichiarata non fondata nei sensi di cui in motivazione.

7. - Venendo, infine, all'esame delle censure sub D, E ed F, proposte dalla sola regione Lombardia, sarà sufficiente osservare quanto segue:

a) gli artt. 24 e 28 del d.P.R. n. 915/1982, che stabiliscono sanzioni amministrative, hanno, per quanto sopra rilevato, natura di norme di dettaglio, come tali suscettive di deroga da parte della regione. La questione va quindi dichiarata non fondata nei sensi di cui in motivazione;

b) infondatamente la regione ricorrente lamenta la violazione, da parte dell'art. 5 del d.P.R. n. 915/1982, dell'art. 76 Cost., in riferimento all'art. 3, comma primo, della legge di delega n. 42/1982, che esclude l'istituzione di nuovi organismi, poiché tale disposizione della legge di delega non é dettata a tutela delle competenze regionali, ma concerne la sola amministrazione statale, prevedendo che i Ministeri interessati debbano provvedere all'attuazione dei decreti delegati con le ordinarie strutture amministrative di cui dispongono;

c) la salvezza delle sole competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano (art. 6, ultimo comma, d.P.R. n. 915/1982) trova, infine, adeguata giustificazione nella speciale autonomia degli enti su indicati. La questione va quindi dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi:

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, lett. a), b), c), d), e), f), 6, lett. f), 32, comma primo, 33 e 34 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, recante "Attuazione delle direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento del policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi, sollevate dalla regione Liguria, in riferimento agli artt. 76 e 117 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe, nonché le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 24, 28, 31, 32 e 33 del su indicato d.P.R. n. 915/1982, sollevate dalla regione Lombardia, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 del su indicato d.P.R. n. 915/1982, sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., dalla regione Lombardia, con il medesimo ricorso;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, del su indicato d.P.R. n. 915/1982, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla regione Lombardia con il medesimo ricorso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: CORASANITI

Depositata in cancelleria il 25 maggio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE